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L’attenzione alla questione di genere è un’opportunità per le aziende?

L’attenzione alla questione di genere è un’opportunità per le aziende?

Un intervento si sofferma sulla normativa sulla sicurezza di genere come strumento del diritto antidiscriminatorio. Valutare i rischi in una prospettiva gender sensitive contribuisce al contrasto alle discriminazioni di genere nel lavoro.

Trieste, 4 Ott – Se nel 2010, con un documento dedicato all’Implementazione della Strategia per l’eguaglianza tra donne e uomini, la Commissione europea ha sottolineato la necessità di valorizzare anche una prospettiva di genere nella promozione della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nel nostro Paese l’ approccio di genere in materia di sicurezza “è stato a lungo ignorato”. Tanto che il legislatore si è a lungo “limitato a considerare in modo specifico, in quest’ottica, la posizione delle lavoratrici unicamente con riguardo alla peculiare situazione della gravidanza e del puerperio”.

Tuttavia con l’entrata in vigore del d. lgs. 81/2008 è stata introdotta riguardo alla valutazione dei rischi “una specifica menzione della necessità di considerare, in tale sede, anche l’eventuale impatto delle differenze di genere”, in linea con le indicazioni dell’Unione Europea.

 

A presentare in questo modo la storia della sicurezza di genere e ad affrontare il tema correlato del contrasto alle discriminazioni di genere è un intervento raccolto nel volume “ Sicurezza accessibile. La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere” curato da Giorgio Sclip ( Università degli Studi di Trieste) ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste. Un volume che contiene i contributi del seminario di studi “ La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere. Uomini e donne sono uguali?”, che si è tenuto l’8 marzo 2018 a Trieste.

 

L’intervento “ La normativa sulla sicurezza di genere come strumento del diritto antidiscriminatorio”, a cura di Roberta Nunin (Professoressa associata di Diritto del lavoro – Università di Trieste) non solo racconta la storia dell’attenzione alle questioni di genere, alle gender issues, e presenta alcuni dati Inail sul tema, ma si sofferma sul tema della discriminazione di genere.

 

Valutare i rischi in una prospettiva gender sensitive contribuisce al contrasto alle discriminazioni di genere nel lavoro? Perché l’attenzione alla questione di genere è un’opportunità per le aziende?

 

Gli argomenti affrontati nell'articolo:



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Come leggere i dati in ottica di genere

La relazione si sofferma su alcune significative divergenze che “emergono da una valutazione attenta alla dimensione di genere dei dati periodicamente diffusi dall’INAIL”.

E in estrema sintesi si può dire che, in primo luogo, “è sicuramente vero che le donne subiscono, in media, meno infortuni degli uomini nei luoghi di lavoro e che per loro il vero pericolo è la strada; è infatti proprio lungo il tragitto casa-lavoro (o viceversa) che si registra la metà degli infortuni mortali”. Un dato, questo, su cui “è necessario riflettere”.

 

Poi è evidente che la segregazione occupazionale, legata alla persistente concentrazione delle lavoratrici in alcuni specifici ambiti di attività e/o mansioni (ad esempio i servizi domestici, il settore della sanità e i servizi sociali), “si riflette in modo diretto ed immediato negli andamenti infortunistici”.

 

Infine – continua la relatrice – “non si deve trascurare la significativa presenza femminile in forme di impiego meno tutelate e maggiormente discontinue” e precarie. Si evidenzia “una qualità dei percorsi lavorativi femminili che tende a differenziarsi in peggio rispetto a quelli maschili, sia pure in un’ottica di comune precariato, con una maggior presenza delle donne nell’ambito dei modelli contrattuali nei quali più deboli sono le tutele e maggiore risulta essere la volatilità, e che pure dovrebbero essere oggetto di attenta valutazione per le possibili ricadute negative in tema di sicurezza e di reale possibilità per lavoratori e lavoratrici precari/e di far valere i propri diritti”.

 

La normativa e le questioni di genere

Con il disposto dell’art. 28 del d. lgs. n. 81/2008 che al primo comma, prevede che, riguardo alla valutazione dei rischi, il datore di lavoro debba considerare tutti i rischi per la sicurezza e la salute ‘compresi (…) quelli connessi alle differenze di genere (…)’, si può dire che le gender issues hanno avuto un “riconoscimento di ordine generale”.

La norma, infatti, “imponendo una precisa e puntuale considerazione da parte datoriale delle possibili diverse condizioni di esposizione al rischio per uomini e donne, è tale da consentire, laddove rigorosamente applicata, di individuare e progettare in modo maggiormente accurato ed efficace le necessarie strategie di intervento per prevenire i rischi lavorativi, a partire dai profili di organizzazione del lavoro”.

 

E questo nuovo approccio del legislatore è stato poi confermato anche nel d. lgs. n. 106/2009, il cosiddetto “correttivo” al Testo Unico, che, “da un lato, ha sottolineato la necessità di assicurare una specifica evidenza ai dati relativi alle differenze di genere nell’ambito dei flussi informativi in materia (v. art. 8, comma 6, d. lgs. n. 81/2008, come modificato dal d. lgs. n. 106/2009) e, dall’altro, ha previsto la partecipazione di un rappresentante del Dipartimento per le pari opportunità alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (prevista dall’art. 6 del d. lgs. n. 81/2008)”.

 

La valutazione dei rischi e l’opportunità per le aziende

E dunque il quadro normativo vigente impegna i datori di lavoro “a superare l’impostazione tradizionale, che fino a ieri dedicava mirata attenzione alla posizione delle lavoratrici, in sede di valutazione dei rischi, solo in relazione alle situazioni peculiari (e temporalmente limitate) della gravidanza e dell’allattamento; adesso, infatti, si chiede di considerare, in sede di valutazione dei rischi, una gamma di problematiche ben più ampia, essendo necessario individuare ed evidenziare tutti i rischi per la salute che manifestino una maggior rilevanza statistica (o anche solo probabilistica) per le donne”.

 

Inoltre – continua la relatrice – riguardo alla valutazione dei rischi:

  • “in una valutazione che deve essere necessariamente attenta anche agli aspetti psicosociali e relazionali, i datori di lavoro sono chiamati a dedicare particolare attenzione ai possibili rischi di molestie morali e molestie sessuali (anche quando possano insorgere in relazione all’interazione, nel contesto lavorativo, con soggetti terzi, quali utenti o clienti), tenendo presente che tali ultime condotte possono concretamente realizzarsi anche nelle forme della molestia ambientale”;
  • “adeguata valutazione dovrà trovare anche la possibile differente incidenza di genere dei fenomeni legati allo stress lavoro-correlato, anch’esso ora oggetto di valutazione specifica ad opera del datore di lavoro”.

 

 

Riguardo al tema dello stress si segnala che già nel 2009 l’ISPESL “aveva diffuso dei dati che sottolineavano una significativa maggiore incidenza dei fenomeni di stress sulle donne (con un rapporto di 2:1 rispetto agli uomini)”.

E partendo da questi dati , la valorizzazione di una prospettiva di genere “appare quanto mai utile ed opportuna, anche ai fini della progettazione di misure di prevenzione realmente incisive, attente, ad esempio, all’impatto di alcuni specifici job stressors particolarmente importanti per le lavoratrici, quali possono essere quelli legati alla modulazione, più o meno rigida, dei tempi del lavoro, atteso che le difficoltà di conciliazione dei tempi (di lavoro e vita familiare) gravano in Italia ancora maggiormente sulle donne e generano per molte lavoratrici, come si è osservato, quel  senso di perenne “inassolvenza” legato alla necessità per le donne di essere multitasking, presenti contemporaneamente su più fronti, strette tra le esigenze ed i ritmi del lavoro esterno e quelle, non meno impegnative e faticose, delle attività di cura”.

Una situazione che - indica la relazione – “può tradursi, di fatto, in una fonte di perenne ansietà”.

E forse questo potrebbe spiegare anche perché i dati riferibili agli infortuni “in itinere” “segnalino una maggiore ‘suscettibilità’ femminile al fenomeno e ci parlino indubbiamente anche di una peculiare ‘fatica’ delle donne legata ai tempi del lavoro ed ai relativi non sempre facili equilibrismi nel giocare la difficile partita del work/life balance”.

 

Se il quadro normativo attuale spinge in direzione di un cambiamento “che non può che essere anche culturale, portando ad un generale ripensamento delle strategie prevenzionistiche sino ad oggi adottate”, un positivo supporto in chiave di (ri)orientamento delle scelte e delle politiche aziendali in un’ottica maggiormente attenta alle gender issues potrebbe venire, ad esempio, anche dalla “valorizzazione di buone prassi gender sensitive”, da attuarsi chiamando eventualmente in causa un possibile sostegno delle parti sociali e delle/dei Consigliere/i regionali e (laddove presenti) provinciali di parità, figure istituzionali chiamate a promuovere la cultura delle pari opportunità ed a contrastare le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro.

 

In definitiva – conclude la relazione – “l’integrazione della dimensione di genere anche nella materia della promozione e tutela della salute e sicurezza sul lavoro dovrebbe essere colta da datori di lavoro ed organizzazioni sindacali come una positiva ed importante opportunità per aprire una seria riflessione su cambiamenti – necessari e non più eludibili – di modelli organizzativi e, ancora prima, culturali che contribuiscono tuttora alla persistente presenza di prassi discriminatorie ed alla maggiore debolezza della condizione delle donne lavoratrici”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

La sicurezza sul lavoro e le differenze di genere”, a cura di Giorgio Sclip (curatore della collana “Sicurezzaccessibile”, membro del Network Nazionale Focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Università degli Studi di Trieste), intervento tratto dal volume “Sicurezza accessibile. la sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere”, curato da Giorgio Sclip ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste, correlato al seminario di studio “Sicurezza accessibile. La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere. Uomini e donne sono uguali?” (formato PDF, 784 kB).

 

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