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RSPP e delega di funzioni: evitiamo fraintendimenti

RSPP e delega di funzioni: evitiamo fraintendimenti
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

09/03/2023

La differenza tra gli effetti della nomina dell’RSPP e la delega di funzioni, i casi in cui all’RSPP viene davvero conferita una delega, le implicazioni del cumulo delle funzioni di RSPP e delegato anche ai fini del D.Lgs.231/01.

Come ricordato costantemente dalla giurisprudenza della Cassazione, “la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (Sez.4, n.24958 del 26/04/2017, Rescio, Rv.270286).”

 

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, infatti, “svolge una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti, sicché il datore di lavoro, è sempre direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio (Sez.4, n.50605 del 05/04/2013, Porcu, Rv.258125).” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 13 settembre 2022 n.33547).

 

Per una applicazione concreta di tali principi, in Cassazione Penale, Sez.IV, 16 dicembre 2013 n.50605, ad esempio, la Corte ha avuto modo di osservare che “la delega risulta priva di data - con conseguente impossibilità di collocarla con certezza in un momento antecedente al sinistro - è finalizzata alla nomina di RSPP e non alla delega della posizione datoriale e non contiene alcuna attribuzione di poteri finanziari né di alcun altro potere proprio del datore di lavoro e tali da consentire al delegato di far fronte, in via diretta, alle esigenze in materia di prevenzione degli infortuni.”

 

Anche questa sentenza ha ricordato che, “infatti, in materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può andare esente da responsabilità, sostenendo esservi stata una delega di funzioni a tal fine utile, per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Difatti la presenza di un RSPP è obbligatoria”.

 

La Corte ha specificato poi così che “nonostante si proceda, come nel caso di specie, alla nomina di un RSPP il datore di lavoro conserva l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e protezione.”

 

Tutto ciò premesso, vi sono alcuni casi concreti in cui l’ RSPP, oltre a svolgere il proprio ruolo per il quale è stato nominato, è effettivamente anche destinatario di una delega di funzioni e di conseguenza, in aggiunta alla funzione di ausilio di natura consulenziale svolta in base al ruolo di RSPP, assume così su di sé anche gli obblighi che gli vengono trasferiti tramite delega conferita sulla base dell’art.16 D.Lgs.81/08.

 

Troviamo una interessante applicazione di questa circostanza in Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2022 n.34943, che ha peraltro, a fronte di un reato commesso da un soggetto che era sia RSPP che delegato aziendale, applicato anche il D.Lgs.231/01 e che quindi, a tale scopo, si è pronunciata sulla ricorrenza o meno nel caso di specie dell’art.5 D.Lgs.231/01 che prevede  che “l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)”.


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Analizziamo il caso specifico.

 

Il Tribunale aveva condannato R., in qualità di delegato alla sicurezza della ditta I. s.r.l., per avere messo a disposizione dei lavoratori una macchina “pericolosa per l’incolumità dei lavoratori, in quanto priva di dispositivi meccanici o elettronici che impedissero alle mani dei lavoratori l’accesso alle parti taglienti in movimento dell’apparato”.

 

Inoltre in primo grado la “I. s.r.l. era riconosciuta responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art.25 septies comma 3 D.Lgs.231/2001 in relazione al delitto di cui sopra, in quanto commesso da soggetto - il R. appunto - che rivestiva la qualifica di rappresentanza e di amministrazione dell’ente e a vantaggio e nell’interesse del medesimo. Veniva disposta altresì la confisca del profitto del reato”.

 

Nel successivo grado di giudizio, la Corte d’Appello “dichiarava non doversi procedere nei confronti di R. per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, mentre confermava le statuizioni emesse nei confronti dell’ente ritenuto responsabile.”

 

Va richiamato il fatto che “la Corte di Appello ha posto in rilievo l’inosservanza del R., quale Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e quale soggetto delegato dal datore di lavoro al settore della sicurezza sul luogo di lavoro, agli obblighi di adeguamento – aggiornamento tecnico del macchinario ritenuto pericoloso dai tecnici dell’ASL e dall’ispettore del lavoro e di adeguata segregazione dell’area di lavoro da possibili interferenze da parte di dipendenti di I. non autorizzati ad accedervi.”

 

Sul piano fattuale, la Corte territoriale accertava che “la mancata predisposizione di presidi di sicurezza della macchina, con esposizione del lavoratore al rischio di infortunio a causa dell’assenza di un sistema di bloccaggio delle lame o di distanziamento tra operatore e apparato, costituiva una specifica inosservanza agli obblighi gravanti sul responsabile per la sicurezza, il quale era venuto meno all’obbligo di adeguamento tecnico dei macchinari alle esigenze di sicurezza, anche a favore dei lavoratori idoneamente formati, a nulla rilevando la riconosciuta conformità della macchina alla normativa CE, che non esonerava il responsabile della sicurezza dagli obblighi di aggiornamento delle misure di prevenzione e alle modifiche organizzative volte alla salvaguardia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.”

 

Inoltre è interessante sottolineare che la Corte d’Appello “escludeva che in ordine alla titolarità dei suddetti obblighi potesse incidere la circostanza che il reparto in cui si era verificato l’infortunio fosse stato dato in appalto ad una cooperativa, in quanto le carenze organizzative che avevano dato luogo all’evento erano immediatamente percepibili e riferibili alla organizzazione aziendale di I. s.r.I., e specificamente segnalate dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in occasione di una riunione in data … con riferimento alla gestione dei rischi determinati da interferenze lavorative.”

 

Veniamo ora al passaggio della sentenza che tratta il tema relativo all’applicazione o meno alla S.r.l. dell’art.5 del D.Lgs.231/01 sulla base delle qualità soggettive dei ruoli ricoperti da R. quale persona fisica.

 

Sotto tale profilo, la Cassazione ha ricordato che, come ricostruito in sede d’appello, sul piano fattuale “R. era stato investito, mediante procura speciale, del potere di compiere scelte decisionali in piena autonomia in materia di sicurezza, esclusa ogni ingerenza dell’organo amministrativo e dotato di mezzi finanziari per l’adempimento dei compiti stessi, nei limiti dell’importo di euro 25.000”.

 

Di conseguenza, secondo la Corte d’Appello, “non risultava pertanto applicabile l’art.7 D.Lgs. citato che escludeva la responsabilità dell’ente in presenza di adozione ed attuazione, da parte di questo, di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati quali quello verificatosi, in quanto tale esimente rileva soltanto in ipotesi di fatti commessi da soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di una delle figure indicate dal precedente art.5.”

 

La Cassazione ha ritenuto però “fondato il secondo motivo di ricorso con il quale viene dedotta [dalla difesa, n.d.r.] violazione di legge e difetto di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova in ordine al riconoscimento in capo a R.P., R.S.P.P. di I. e soggetto delegato alla gestione della sicurezza sul lavoro, di una posizione apicale all’interno della compagine societaria.”

 

Infatti, nell’accogliere il ricorso con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello, la Cassazione ha ricordato che “nel procedimento in oggetto la veste di R.P., Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione all’interno della società I. s.p.a. e all’uopo delegato dall’organo amministrativo alla gestione della sicurezza sul luogo di lavoro, è duplice in quanto da un lato egli è stato giudicato quale imputato del reato di lesioni personali gravi ai danni della persona offesa, rimasta infortunata nell’utilizzo di un macchinario, in dotazione alla società I., ritenuto inadeguato e pericoloso e dall’altra egli viene in considerazione quale soggetto apicale della suddetta ditta, terminale gestionale ed operativo, in grado di riversare gli effetti del proprio operato, sostanzialmente omissivo, nella sfera giuridica dell’ente, secondo il meccanismo delineato dall’art.5 comma 1 lett. a) D.Lgs.231/2001.”

 

Secondo la Corte, “la precisazione si impone in quanto, risultando dato pacifico del giudizio che la società I., ancor prima dell’infortunio si era dotata di un modello organizzativo, di gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello occorso, non avrebbe potuto essere riconosciuta la responsabilità dell’ente in relazione ai reati commessi da persone diverse da quelle apicali, indicate dall’art.5 comma 1 lett.b) testo citato, in quanto sarebbe venuta meno l’inosservanza agli obblighi di direzione e vigilanza, secondo quanto disposto dall’art.6 commi 1, 2 e 3 D.Lgs. n.231/2001 in presenza di modello organizzativo adottato ed efficacemente attuato.”

 

La Cassazione sottolinea che, ai sensi del D.Lgs.231/01, “vi è quindi una importante implicazione nella qualità della persona fisica autrice del reato: ove si tratti di uno dei soggetti indicati dalla lettera a) dell’art.5 del decreto 231, l’adozione e la efficace attuazione di idoneo MOG non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente, ancora occorrendo che esso sia stato fraudolentemente eluso. Nel caso di soggetto sottoposto, secondo la nozione ricavabile dall’art.5 lett.b) del decreto, l’adozione e l’efficace attuazione di idoneo MOG è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente, anche quando il reato sia stato reso possibile dalla violazione degli obblighi di direzione e controllo gravanti sui soggetti apicali.”

 

Ed “ai fini di tale verifica deve essere attentamente esaminato il dato letterale della disposizione (art.5, comma 1 lett.a), la quale non è rivolta ad individuare le posizioni apicali del settore lavoristico (datore di lavoro, dirigente, preposto), bensì a indicare, in termini generali e omnicomprensivi la massima espressione di rappresentanza e di gestione dell’ente-persona giuridica la cui responsabilità è determinata dalla commissione dei reati presupposto.”

 

Di conseguenza, quanto al ruolo di RSPP ricoperto da R., “le stesse decisioni di merito escludono che una delle funzioni apicali sopra indicate possa essere riconosciuta al R. in ragione dalle mansioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione che gli erano state espressamente attribuite nell’organigramma aziendale. Come è noto, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione assume una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione di formazione dei dipendenti”.

 

Dunque, “se al RSPP viene riconosciuta una funzione di ausilio al datore di lavoro, appare evidente che una prestazione di collaborazione resa in ragione del rapporto di ausiliarietà e di subordinazione al datore di lavoro, non può essere ricondotta ad alcuna delle figure comprese nella categoria delle persone dotate di veste apicale, come delineata dall’art.5 comma 1 lett.a) D.Lgs.vo 231/2001.”

 

Dall’altro lato, “non può riconoscersi rilievo decisivo al conferimento mediante atto di delega di specifiche attribuzioni per lo svolgimento di una funzione determinata, anche se nevralgica dell’azienda (come quella prevenzionistica, attinente alla prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi implicati dal processo produttivo e al rispetto delle misure di sicurezza adottate sul luogo di lavoro), per fare assurgere il delegato a soggetto in posizione di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità produttiva, secondo la previsione del citato art. 5 lett. a).”

 

E “ciò in quanto il delegato rimane sottoposto al più ampio potere del delegante, che viene esercitato anche sotto forma di vigilanza; il delegato inoltre è tenuto a rapportarsi e a riferire al delegante (nella specie il datore di lavoro amministratore della società) ai fini dell’adozione di quelle misure di prevenzione o di protezione che sfuggano al suo potere di gestione o di spesa.”

 

Secondo la Corte, in conclusione, “il cumulare i ruoli di responsabile del servizio di prevenzione e protezione e di ‘delegato alla sicurezza’ non fa per ciò solo assumere il ruolo di chi gestisce o dirige l’ente o una ripartizione rilevante di essa come indicata dalla norma; con la conseguenza che i giudici di merito, nella verifica delle condizioni per l’affermazione della responsabilità dell’ente I., avrebbero dovuto accertare se al R. fosse stata riconosciuto in origine, ovvero attribuito con delega, un complessivo assetto di poteri tali da definirne la veste apicale nel senso delineato dall’art.5 lett.a) cit, non limitandosi a considerare se all’esercizio delle specifiche funzioni delegate fossero stati assicurati i correlati poteri, di per sé implicanti una certa misura di indipendenza gestionale, di organizzazione e controllo, e di autonomia di spesa, necessaria ma anche limitata allo svolgimento delle funzioni delegate; si tratta di poteri che costituiscono nulla più che le premesse dell’esercizio della delega, ai sensi dell’art.16 comma 1 lett.c) D.Lgs.81/2008, e dell’esonero di responsabilità del datore di lavoro, ma non indici della ricorrenza di una posizione apicale in capo al delegato.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

  

 

Scarica le sentenze di riferimento:

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 33547 del 13 settembre 2022 - Pres. Ciampi – Est. Esposito – P.M. Costantini - Ric. M. F..  - In una impresa strutturata come persona giuridica, il destinatario della normativa antinfortunistica è il suo legale rappresentante. E’ sullo stesso che ricade l'onere di dimostrare che dalla sua qualifica non discende anche quella di datore di lavoro.

Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 50605 del 16 dicembre 2013 (u. p. 5 aprile 2013) -  Pres. Bianchi – Est. Savino – P.M. Fodaroni - Ric. P.M.A.. - In materia di infortuni sul lavoro il datore di lavoro non può andare esente da responsabilità sostenendo di aver dato una delega di funzioni per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n. 34943 del 21 settembre 2022 - Infortunio durante le prove di taglio della mozzarella e responsabilità di un RSPP. Ambito di operatività della delega di funzioni. Responsabilità amministrativa dell'ente





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