L’importanza dell’analisi dell’attività lavorativa
Il comportamento di un individuo è la parte della sua attività che può essere osservata: postura, movimenti, espressione verbale, modificazioni fisiologiche visibili come il sudore, uso di uno strumento, ecc. Se quando osserviamo un animale possiamo solo ipotizzare cosa abbia determinato il comportamento, nel caso di un individuo si può andare ben oltre il comportamento e domandarsi cosa determini l’attività delle persone che stiamo osservando e cioè provare ad esplorare le dimensioni cognitive e psicosociali che sono all’origine del comportamento osservabile.
Come già detto in un precedente contributo, gli approcci comportamentali della sicurezza sono basati sul modello ABC (Antecedents-Behavior-Consequences).
Secondo questo modello il comportamento (behavior) è considerato come derivante da alcuni antecedenti e da un’anticipazione delle possibili conseguenze. Questo modello è focalizzato sul fatto che le conseguenze anticipate determinano il comportamento più delle cause antecedenti. Inoltre, le conseguenze certe, immediate e positive influenzerebbero i comportamenti più delle conseguenze incerte, differite o negative.
I programmi di miglioramento continuo della sicurezza, basati su questo modello, comportano delle campagne di osservazione del comportamento degli operatori da parte dei loro colleghi o della loro gerarchia, una valorizzazione immediata dei comportamenti giudicati positivi per la sicurezza e una capitalizzazione delle pratiche osservate.
Il principale obiettivo di questo tipo di metodo è la conformità del comportamento alle prescrizioni ed alle regole in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
In molte aziende, quando si parla di “comportamenti” ci si riferisce principalmente ai comportamenti di conformità alle regole prescritte: uso DPI, rispetto delle procedure, ecc.
Indubbiamente sono tutti comportamenti che possono contribuire positivamente o negativamente alla sicurezza. Questo approccio, però, trascura molti altri comportamenti che testimoniano delle iniziative da parte degli operatori rispetto a quanto prescritto. Infatti, essi possono:
- acquisire informazioni in modo non proceduralizzato sul funzionamento di una linea di produzione,
- individuare l’inapplicabilità di una procedura in quanto un materiale è in lavorazione;
- segnalare un rischio e/o fermare un impianto il cui funzionamento è potenzialmente pericoloso;
- suggerire dei miglioramenti;
- trasmettere delle esperienze di prudenza ad un nuovo collega;
- sentirsi responsabili della propria e altrui sicurezza ed agire di conseguenza.
Se da una parte è certa la sussistenza di una correlazione positiva tra “comportamenti di conformità” e “livello di sicurezza”, dall’altra tale correlazione è molto più alta tra il tasso “di iniziativa spontanea di sicurezza” e il “livello di sicurezza”.
Per questo motivo non ci si può limitare a concentrarsi solo sulla conformità dei comportamenti ma è necessario comprendere cosa influenza l’attività.
L’attività di una persona è il coinvolgimento del suo corpo e della sua intelligenza per raggiungere degli obiettivi successivi in un contesto specifico e in condizioni determinate. L’attività comporta, ovviamente, una dimensione visibile e cioè il comportamento e delle dimensioni non visibili come le percezioni, le emozioni, la memoria, le conoscenze, il ragionamento, le decisioni, ecc.
L’attività lavorativa in un momento specifico è una risposta a numerosi fattori determinanti quali gli obiettivi di produzione, gli incarichi da compiere, le regole che li definiscono, e l’interpretazione che la persona ne dà. Altri fattori da considerare sono i mezzi disponibili, le condizioni di realizzazione, le proprietà della materia e dei materiali, l’ambiente, i vincoli temporali. Molto importante è anche il fattore relativo alle caratteristiche ed allo stato psicofisico della persona. Da non dimenticare il bagaglio di conoscenze, capacità e competenze posseduto acquisito sia con apposita attività formativa e addestrativa sia attraverso l’esperienza maturata in determinate situazioni.
Ciascun individuo ha le proprie motivazioni, i propri valori nonché altri obiettivi che influenzano l’attività lavorativa così come fanno anche le risorse rese disponibili dall’organizzazione aziendale e l’attività delle posizioni apicali della stessa. Infine, non vanno dimenticati i valori e la cultura organizzativa dell’azienda tra cui la cultura della sicurezza del reparto.
Nella sua attività, l’operatore cerca di raggiungere gli obiettivi fissati ma tenendo conto delle variabili che intervengono:
- variazioni del contesto,
- stato del processo produttivo,
- mezzi e risorse disponibili,
- variazioni del suo proprio stato (giorno/notte, fatica, dolori…).
Non sempre i vari obiettivi sono facilmente compatibili.
Anche le regole derivanti da servizi diversi possono essere parzialmente contradditorie.
Un evento come un infortunio sul lavoro può essere conseguenza di una combinazione di eventi per ciascuno dei quali esiste una “regola” o una procedura ma che invece manca per la loro combinazione.
Pertanto, ciascun lavoratore con i propri colleghi, dovrà scegliere le “regole” da applicare combinandole tra loro per fornire una risposta, adatta alla situazione reale, per un evento fuori dall’ordinario conosciuto. Di conseguenza, non va commesso l’errore di pensare che l’attività sia la semplice applicazione della procedura.
Infatti, in alcuni casi la procedura viene rigorosamente rispettata ma l’attività ha apportato un valore aggiunto come, ad esempio, la verifica dell’ambiente e delle condizioni di applicazione, la messa in atto di controlli intermedi non prescritti, ecc.
In altri casi, l’attività può essere completamente diversa dalla procedura. In genere, ciò avviene perché la procedura:
- non è chiara oppure non corrisponde esattamente alla situazione del momento;
- il suo rispetto comporta per l’operatore un sovraccarico da lui ritenuto ingiustificato;
- il proprio sapere operatorio gli suggerisce un’altra maniera di operare che gli sembra più pertinente ecc.
Ovviamente, la differenza tra quanto previsto dalla procedura e quanto messo in atto non può essere gestito soltanto in termini di “non-conformità” ma richiede l’individuazione delle cause che ne sono all’origine con la possibile individuazione delle contraddizioni esistenti.
Il comportamento osservato in un certo contesto e momento temporale non è che il risultato della costruzione complessa dell’attività. È profondamente errato pensare che si possa cambiare il comportamento senza agire su ciò che spiega perché l’attività è organizzata in un certo modo.
Pertanto, se si osservasse un comportamento deviante da quanto atteso, allora bisognerà analizzare e comprendere:
- cosa condiziona l’organizzazione dell’attività;
- individuare gli elementi che l’influenzano;
- intervenire per modificare questi elementi.
Si tratta, quindi, di passare da un approccio in termini di comportamento ad un approccio in termini di attività in modo da poter individuare quali sono i fattori più profondi e complessi del comportamento umano che influenza la sicurezza.
In altre parole, si tratta di andare ad analizzare ciò che c’è nella parte immersa dell’iceberg che, come noto, è ben più grande della parte emersa ed osservabile.
È noto agli addetti ai lavori che l’attività svolta da un lavoratore tende a raggiungere degli obiettivi, salvaguardando, finché possibile il proprio stato psicofisico.
Quando la situazione comporta margini di manovra sufficienti, l’operatore può elaborare modi operativi che siano performanti e che tengano conto dei segnali del suo organismo. Invece, quando i margini di manovra diminuiscono, per raggiungere gli obiettivi fissati, deve “farsene carico” e svolgere una modalità operativa che rimane performante ma che è costosa per lui.
I costi possono essere fisici oppure cognitivi (ragionamento difficile, incertezza, numerose decisioni in un breve lasso di tempo), psichici (attacco all’autostima), sociali (tensioni con i colleghi).
Infine, può capitare che, anche facendosene carico, l’operatore non possa produrre nessuna modalità operativa che gli permetta di raggiungere gli obiettivi fissati.
Il risultato raggiunto non riflette quindi il costo umano che la sua realizzazione ha prodotto. Infatti, dei risultati eccellenti, dal punto di vista dei criteri dell’impresa, possono essere stati raggiunti ad un costo elevato per alcuni operatori.
Il fatto di essere arrivati a quanto richiesto non dice nulla su quello che gli è costato.
Se il ritorno di esperienza si fonda unicamente sulla conformità dei risultati agli obiettivi, non ci sarà “niente da segnalare”.
La conseguenza, in questo caso, è che il raggiungimento dei risultati fissati non tiene conto dell’impatto che ciò ha provocato sull’individuo sia dal punto di vista fisico che da quello psichico.
Se il criterio di valutazione è basato solo sul raggiungimento degli obiettivi, questo secondo aspetto sarà sistematicamente trascurato.
Ciò andrà avanti fino a che, la variazione di alcuni fattori determinanti (contesto, competenze individui, ecc.), produrrà uno scostamento che non renderà più possibile il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Pertanto, un’organizzazione illuminata, dovrà sempre valutare il raggiungimento di un obiettivo sia per quanto riguarda il risultato ma anche e soprattutto per quanto riguarda l’impatto psicofisico sugli individui che svolgono le attività.
Seguendo questo approccio, se dovessimo effettuare un’analisi ai fini dell’individuazione dei pericoli e la valutazione dei rischi basata sulla attività dovremmo:
- analizzare l’organizzazione;
- analizzare l’ambiente di lavoro;
- effettuare interviste al personale;
- osservare le attività.
Per quanto riguarda l’analisi dell’organizzazione dovremmo procedere con:
- interviste individuali e di gruppo al fine di comprendere l’organizzazione;
- diagnosi dei vari sottosistemi dell'organizzazione (reparti, ecc.);
- indagine sui processi organizzativi, quali, la presa di decisioni, i modelli e gli stili di comunicazione, la relazione tra gruppi, la gestione dei conflitti, la definizione degli obiettivi, i metodi di pianificazione ed altro;
- esame della situazione infortuni e delle malattie professionali verificatisi/denunciate nei dipartimenti, nei laboratori, agli appaltatori, ecc., almeno negli ultimi cinque anni
La fase successiva dovrà riguardare l’analisi dell’ambiente di lavoro:
- analisi del processo tecnologico;
- definizione del tipo di lavoro (ripetitivo o variabile) e dei posti di lavoro (fissi o provvisori);
- individuazione delle mansioni svolte sul posto di lavoro, intese come l'insieme quali-quantitativo dei compiti attribuiti ed attuati dai vari soggetti;
- osservazione dell'ambiente fisico di lavoro (microclima, attrezzature, macchinari, impianti, vie d'accesso, pavimenti, passaggi, ecc.), utilizzando uno dei tanti tipi di check-list.
- colloquio sul posto di lavoro ai lavoratori, alla presenza del loro capo diretto, al fine di identificare altri particolari rischi, utilizzando un elenco di domande predeterminato;
- misure di prevenzione e protezione dai rischi in atto;
- verifica del rispetto degli standard previsti dalle norme di legge e dalle norme di buona tecnica;
- criteri seguiti per la regolarizzazione in caso di mancata verifica del rispetto degli standard normativi e di buona tecnica;
- criteri seguiti per l’identificazione dei rischi residui e di tutti gli individui che possono essere esposti, direttamente o indirettamente, compresi coloro che possono essere considerati soggetti a maggior rischio, sia per caratteristiche soggettive (portatori di handicap, lavoratori molto giovani o anziani), che per tipologia di lavorazione eseguita (in spazi confinati, manutenzione, ecc.) e per appaltatori e visitatori.
A seguire sarà necessario effettuare interviste al personale per conoscere:
Modalità operative
Oggetto: modalità operative con cui, un soggetto, al proprio posto di lavoro, esegue i compiti abituali.
Scopo: conoscere il parere del diretto interessato riguardo i rischi presenti sul posto di lavoro, individuare ulteriori rischi non evidenziati in precedenza e definire lo scarto esistente tra percezione soggettiva dei rischi e la reale situazione oggettiva.
Modalità operative per attività non ordinarie
Oggetto: modalità operative con cui, ogni soggetto, al proprio posto di lavoro, esegue attività saltuarie ma connesse alla mansione.
Scopo: individuare ulteriori rischi, connessi all’espletamento dell’attività lavorativa, non evidenziati in precedenza.
Informazioni dell’operatore
Oggetto: informazioni possedute dall’operatore riguardo gli incidenti e gli infortuni avvenuti durante lo svolgimento dei compiti tipici della mansione.
Scopo: conoscere il livello quali-quantitativo delle informazioni possedute dall’operatore.
Procedure e istruzioni
Oggetto: informazioni possedute dall’operatore riguardo le procedure per l’esecuzione in sicurezza dei compiti tipici della mansione (modalità operative, protezioni collettive ed individuali, utilizzo delle sostanze e dei materiali, ecc.)
Scopo: definire il livello di conoscenza dell’operatore e, in caso di informazioni carenti e/o distorte, individuarne le cause e definire le azioni correttive più opportune.
Proposte migliorative
Oggetto: proposte dell’operatore riguardo le possibili soluzioni migliorative.
Scopo: coinvolgere l’operatore nello studio dei problemi emersi e nella ricerca delle soluzioni più idonee.
Infine, per l’osservazione dell’attività:
- Per ogni posto di lavoro osservare il lavoratore annotando:
-quale operazione esegue,
-perché esegue l’operazione,
-come esegue l’operazione,
-quando esegue l’operazione,
-con che cosa esegue l’operazione,
-che posizione assume nell’eseguire l’operazione,
-quale è la posizione degli oggetti di cui si serve per eseguire l’operazione.
- Individuare le eventuali differenze tra le attività messe in atto e quanto previsto dalle “regole” procedurali nell’esecuzione della mansione;
- Definire gli interventi da attuare a seguito degli eventuali scostamenti rilevati.
Carmelo Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione
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Rispondi Autore: Mario Ferraioli - likes: 0 | 17/10/2024 (09:26:34) |
Bell articolo, è un po' un integrazione ben fatta al modello del comportamento pianificato (Theory of Planned Behavior, TPB) di Ajzen e al modello della razionalità limitata di Simon. E' un attimo spunto di lavoro |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 17/10/2024 (13:53:26) |
Certamente non è un nuovo approccio. Personalmente, il tema l'avevo già trattato nella terza edizione di un mio libro del 1995 edito dal Sole 24ore (Il responsabile del servizio prevenzione e protezione). |
Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0 | 18/10/2024 (08:50:23) |
Ottimo articolo. |