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Come il committente verifica la presenza del preposto dell’appaltatore

Come il committente verifica la presenza del preposto dell’appaltatore
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

30/04/2025

Per quali motivi l’appaltatore o il subappaltatore che comunichi al committente il nominativo del suo lavoratore inviato da solo con la formazione da preposto non soddisfa l’art.26 c.8-bis TU e perché il committente non deve accettarlo.

 

A partire dall’entrata in vigore della Legge n.215/2021, che ha introdotto all’interno dell’art.26 del D.Lgs.81/08 il nuovo comma 8-bis secondo il quale “i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto”, si è posta (o meglio si è accentuata) l’esigenza per i committenti di lavori, servizi o forniture di verificare l’esistenza di un preposto dell’appaltatore.

 

A qualche anno di distanza da tale riforma legislativa, mi sento di dire che questa norma sta conoscendo un’applicazione non sempre lineare e coerente con lo spirito e la finalità che l’hanno animata.

 

Mi trovo infatti in diverse occasioni a riscontrare, allorché -  nell’ambito delle mie interlocuzioni con gli operatori della prevenzione - mi vengono descritte le procedure applicate da committenti, appaltatori e subappaltatori per la gestione degli appalti, che il nuovo art.26 comma 8-bis del Testo Unico viene talora applicato senza tenere in considerazione il fatto che la figura del preposto di se stesso non esiste (su questo punto rinvio al mio contributo “ Il preposto di se stesso non esiste”, pubblicato su Puntosicuro del 30 novembre 2023 n.5515).

 

Detto in maniera un po’ più esplicita, in quelle occasioni mi vengono rappresentate situazioni nelle quali, a fronte della richiesta del committente (in fase di selezione dell’idoneità tecnico-professionale, di attuazione della cooperazione e del coordinamento, etc.) di vedersi indicato chi sia il preposto dell’appaltatore, quest’ultimo comunica il nominativo del medesimo lavoratore incaricato di effettuare il lavoro da solo; un lavoratore che viene qualificato dall’appaltatore stesso come suo preposto, in virtù del fatto che ha ricevuto la formazione che la legge prevede per tale figura.

E mi trovo anche a constatare che spesso il committente accetta come valido questo tipo di configurazione.

 

In casi come questo ci si trova di fronte ad un fraintendimento del contenuto prescrittivo della norma, sia dal punto di vista tecnico-giuridico (trattandosi di vera e propria violazione) che sotto il profilo della funzione della stessa (ovvero della ratio legis).

 

In circostanze come quella descritta, infatti, l’appaltatore non sta indicando il nominativo di un preposto il quale sovrintenderà all’attività di altri lavoratori nell’ambito dello specifico appalto, ma sta comunicando null’altro se non il nominativo dello stesso lavoratore che eseguirà il lavoro, che il  datore di lavoro ha formato come preposto ma che - è bene saperlo - non diventerà per questo motivo un preposto nell’ambito di quell’appalto, dal momento che non si è mai preposti di se stessi ma di (almeno) un’altra persona.

 

Ciò in quanto l’intenzione del legislatore espressa con l’introduzione del comma 8-bis dell’art.26 del T.U. è quella che i lavoratori dell’appaltatore o del subappaltatore si rechino presso il committente con un soggetto (altro da loro, che non coincida con loro) che vigili su di loro: il soggetto A. che vigila sul soggetto B. o il soggetto A. che vigila sui soggetti B., C., D. etc.



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Va da sé, poi, che, nell’ambito di altre situazioni nelle quali tale soggetto si troverà a sovrintendere realmente all’attività di altre persone, egli sarà titolato (quantomeno sotto il profilo formativo) a svolgere il ruolo di preposto nei confronti di altri lavoratori e, ove competente, ove individuato formalmente e così via, potrà essere considerato preposto a tutti gli effetti. Ma mai di se stesso.

 

Tornando all’eventualità - purtroppo ricorrente - in cui l’appaltatore comunichi al committente il nominativo di un lavoratore che si recherà a operare da solo, formato alla stregua di un preposto, qui non si sarà in presenza di un preposto dell’appaltatore ma dello stesso lavoratore chiamato a eseguire l’attività oggetto dell’appalto, dal quale peraltro - nello svolgimento di quello specifico lavoro o servizio o fornitura - si potrà esigere un comportamento diligente in conformità alla rilevante formazione da preposto ricevuta.

 

Come ricordato da Cassazione Penale, Sez.IV, 2 novembre 2018 n.49885, infatti, “il giudizio di responsabilità si fonda sulla ritenuta posizione di garanzia ricoperta dal [lavoratore, che nel caso di specie è S.T.] ai sensi dell’art.20, d.lgs.n.81/2008, che, al primo comma, recita: «Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro».”

 

Da ciò consegue - prosegue la Suprema Corte - che “in materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore, in base al citato disposto normativo, è garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro o di altre persone presenti, quando si trova nella condizione di intervenire per rimuovere le possibili cause di pericolo, in ragione della maggiore esperienza lavorativa”.

 

Ad esempio, nel caso di specie trattato da quella sentenza, è stato ritenuto dai Giudici che “il S.T., quale operaio addetto alla manutenzione, avesse un’anzianità ed una formazione tali da potere apprezzare e cogliere il pericolo creato dalla procedura seguita per calare il macchinario al piano sottostante, in violazione delle disposizioni appena ricevute dal superiore e del disposto normativo dell’art.20, d.lgs.n.81/2008.”

 

Da tutto quanto detto finora consegue che, quando l’appaltatore (o il subappaltatore) comunica al committente il nominativo di un soggetto (ad es. di un tecnico) che andrà ad operare direttamente presso il committente stesso senza avere nessuno sotto di sé su cui vigilare e lo qualifica come “preposto” ai sensi e per gli effetti dell’art.26 c.8-bis del D.Lgs.81/08, l’appaltatore sta violando tale disposizione.

 

Dal canto suo, il committente in quel caso sta abdicando alla sua funzione di garanzia e, al contempo, si sta esponendo ad un’eventuale responsabilità penale in caso di infortunio, dal momento che, come ricordato dalla Suprema Corte in una sentenza di pochi mesi fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 29 gennaio 2025, n.3715), “l’affermazione della responsabilità del committente presuppone la verifica, in concreto, dell’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’ appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”.

 

Per giurisprudenza costante, poi, “in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica […] non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo. (Sez.4 -, n.28728 del 22/09/2020, Olivieri, Rv.280049-01).

Detto controllo formale non può infatti esonerare il committente dalla verifica della concreta capacità della impresa prescelta ad eseguire la tipologia delle lavorazioni appaltate”.

 

A ciò si aggiunga, inoltre, che, secondo un principio generale espresso dalla giurisprudenza, spesso “la mala electio dell’impresa esecutrice si trasforma, in sostanza, nell’ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di “insicurezza”, con la conseguenza dell’assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 7 novembre 2023 n.44625).

 

Esaminando ora la questione dal punto di vista dell’appaltatore (o del subappaltatore), va detto che l’esigenza di quest’ultimo - quale datore di lavoro - di identificare un preposto allorché si trovi ad inviare uno o più lavoratori in esterno presso un committente, è anzitutto derivante dall’art.18 c.1 lett.b-bis) primo periodo del D.Lgs.81/08, il quale impone a ciascun datore di lavoro (o dirigente)  di “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19” (su questo punto, si rinvia al contributo “ Il preposto individuato dall’appaltatore: Legge 215/2021 e sentenze”, pubblicato su Puntosicuro del 13 gennaio 2022 n.5079).

 

Come sottolineato autorevolmente, infatti, “nell’ipotesi in cui nell’ambito di una vicenda processuale relativa a danni da lavoro dovesse essere rilevata, tra le altre cause, anche quella di una mancata attività di vigilanza, in assenza di un atto tracciato di individuazione formale del preposto, sarebbe altamente probabile far risalire a carico dei dirigenti o del datore di lavoro sia l’attribuzione della responsabilità contravvenzionale per la mancata nomina del preposto, sia l’attribuzione della responsabilità per il conseguente delitto di lesioni o di omicidio colposo di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale.” (Relazione finale della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati istituita con deliberazione del Senato della Repubblica del 31 ottobre 2019, p.78.)

 

La medesima Relazione della Commissione di Inchiesta del Senato ha precisato poi, con riferimento all’entrata in vigore della Legge 215 del 2021, che “la riforma non ha innovato le regole in ordine al numero dei preposti che devono essere individuati dai datori di lavoro o dai dirigenti, né ha modificato la natura della vigilanza in ordine ai tempi da dedicare alle attività di controllo.

Nel primo caso, con riferimento al numero dei preposti da individuare, la materia continua ad essere completamente demandata alle scelte gestionali ed organizzative dei datori di lavoro e dei dirigenti, i quali potranno ampliare o diminuire il numero dei preposti sia sulla base della pericolosità delle lavorazioni da effettuare, pericolosità che deve essere ricavata dai documenti di valutazione dei rischi sia sulla base della concreta organizzazione di tale attività.”

 

Di conseguenza - prosegue la Relazione del Senato - “per semplificare, nel caso di attività svolta fuori sede da una squadra può essere opportuno che la squadra abbia un suo preposto; al contrario, nel caso di più squadre che lavorino in uno stesso ambiente circoscritto, si potrà nominare un solo preposto per tutte le squadre” (p.79).

 

Ma qualsiasi sia il sistema di vigilanza predisposto dal datore di lavoro o dal dirigente, la Commissione Parlamentare specifica che “rimane, in ogni caso, confermato che un lavoratore non può essere il preposto di sé stesso, per cui, nel caso di una impresa con un solo lavoratore il ruolo di preposto dovrà essere svolto dal suo datore di lavoro.”

 

La Commissione Parlamentare sottolinea infine che, “anche nel caso di un lavoratore o più lavoratori che normalmente vengano inviati ad effettuare lavori fuori sede senza un preposto, il datore di lavoro o i dirigenti dovranno organizzare un sistema di vigilanza random a cura di un preposto itinerante, in mancanza del quale l’obbligo di vigilanza di cui all’articolo 19, che è un obbligo irrinunciabile, ricadrà sui dirigenti o sullo stesso datore di lavoro” (Relazione finale della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, p.80.)

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 - Sentenza n. 49885 del 02 novembre 2018 - Il lavoratore è garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro quando, in virtù della propria anzianità lavorativa, è in grado di intervenire per rimuovere un pericolo

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale - Sentenza n. 3715 del 29 gennaio 2025 (u. p. 30 ottobre 2024) -  Pres. Bellini – Est. Lauro – PM Mignolo – Ric. PM del Tribunale.  - Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, è riferibile, oltre che all’appaltatore, anche al committente.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 44625 del 7 novembre 2023 (u.p. 17 ottobre 2023) - Pres. Ciampi – Est. Mari - P.M. Ceroni - Ric. omissis. - Una 'mala electio' dell'impresa esecutrice può portare il committente ad assumere su di sé gli oneri del garante della sicurezza posto che una scelta sbagliata non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti che deve essere comunque garantita.




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Rispondi Autore: Giuseppe Zerruso - likes: 0
30/04/2025 (06:48:01)
Perché ci si ostina ad utilizzare il verbo "nominare" quando si parla di preposti? Ai sensi del d.lgs.81/08 il verbo corretto è "individuare". La differenza è abissale. Il datore di lavoro "nomina" e quindi decide e attribuisce a qualcuno un ruolo (Addetti antincendio, primo soccorso, RSPP, Medico Competente), al contrario il datore di lavoro individua (e quindi riconosce) i preposti e i dirigenti nell'ambito della sua Organizzazione, partendo dalla definizione di queste funzioni di garanzia riportate nell'art.2 del d.lgs. 81/08. Continuiamo a farci del male.
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
30/04/2025 (07:42:28)
Buongiorno Dott.Zerruso,
forse nel suo messaggio avrebbe potuto specificare per chiarezza che non sono io, quale autrice dell’articolo, ad aver parlato di nomina del preposto (cosa che non ho mai fatto in nessuno dei miei contributi, dal momento che trattasi di individuazione), bensì le fonti autorevoli che ho citato nell’articolo stesso.
Cordialmente,
Anna Guardavilla
Rispondi Autore: Damiano Guerra - likes: 0
30/04/2025 (07:55:40)
Leggendo il suo articolo sembra che l'appaltatore non possa inviare un lavoratore da solo presso il committente, ma debba sempre dotarlo di preposto oppure debba accompagnarlo personalmente. Solo a conclusione nell'articolo si fa riferimento alla possibilità di un preposto random, ma nel caso di più squadre di lavoratori impegnate in luoghi diversi. Non è ben chiaro: dal committente è permesso vada un solo lavoratore o devono sempre essere almeno in due?
Rispondi Autore: Salvatore Fabbricatore - likes: 0
30/04/2025 (08:39:37)
Riguardo all'individuazione del preposto spesso effettuata in modo non adeguato e che non consente di delimitare i contenuti dell'attività di sorveglianza e altri elementi necessari a definire i profili di responsabilità di questo soggetto. Non è prevista la nomina per il preposto - questo lo abbiamo letto tutti sulla norma - , ma penso sia utile e necessario definire in qualche modo e comunque in merito e sostanza l'attività di sorveglianza che questo soggetto deve effettuare. Io una lettera di incarico ai preposti la faccio fare. E' grave!!!?.
Rispondi Autore: Giacomo - likes: 0
30/04/2025 (10:24:11)
In base a quanto letto chiedo: nella verifica dei requisiti di formazione del lavoratore esterno inviato DA SOLO a compiere un intervento e di cui Ci viene fornita l'evidenza della formazione come preposto, dobbiamo rigettarla ed esigere le attestazioni di formazione lavoratori il corso di validità?
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
30/04/2025 (11:37:50)
Raccomando di leggere:
1) la relazione di accompagnamento della L. N. 215/2021 dove si parla di attività di vigilanza random;
2) le pronunce della Cassazione interamente (si trovano facilmente in rete).

Infine, per chi avesse voglia e tempo, rimando ad un mio articolo su Puntosicuro dal titolo "La scoperta del Preposto", pubblicato il 10 febbraio 2022.
Rispondi Autore: Riccardo Coletti - likes: 0
30/04/2025 (12:05:35)
Personalmente concluderei molto sinteticamente: in caso di un singolo lavoratore mandato a lavorare in cantiere, gli obblighi di sorveglianza spettano al datore di lavoro, che avrà la responsabilità di decidere come esercitarla di fatto (presenza assidua in cantiere, controlli periodici, ecc....).
In questo caso, al committente che chiede chi è il preposto di quel cantiere, l'appaltatore dovrà rispondere: il datore di lavoro stesso
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
30/04/2025 (12:11:48)
La giurisprudenza della Cassazione declina l'individuazione del preposto come nomina. Perché questa non può avvenire all'insaputa dell'interessato.
1. La necessità di una nomina formale
La Cassazione richiede una nomina formale del preposto per diverse ragioni fondamentali:
- Come stabilito in Cassazione penale n. 32490/2019, il preposto è un soggetto che "in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende all'attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
- La nomina serve a definire chiaramente i poteri e le responsabilità del preposto. Come evidenziato in Cassazione penale n. 31146/2024, la mera nomina formale non è sufficiente se non accompagnata dall'effettiva attuazione della vigilanza e dalla predisposizione di procedure che assicurino la conoscenza delle concrete modalità esecutive delle attività.
2. L'impossibilità di una nomina all'insaputa dell'interessato
La nomina non può avvenire all'insaputa dell'interessato per diverse ragioni
- Come chiarito in Cassazione penale n. 1502/2010, il preposto è titolare di una posizione di garanzia autonoma che comporta "poteri originari e specifici" e obblighi diretti la cui inosservanza determina una responsabilità personale. Data la rilevanza di questi obblighi e responsabilità, è necessaria la consapevolezza e l'accettazione dell'incarico da parte dell'interessato.
- Secondo Cassazione penale n. 11513/2023, la mancata nomina del preposto comporta che l'obbligo di vigilanza ricada interamente sul datore di lavoro. Questo principio implica che la nomina deve essere esplicita e accettata, non potendo esistere "vuoti di tutela" nel sistema prevenzionistico.
3. Le conseguenze pratiche
- Come evidenziato in Cassazione penale n. 45603/2021, il datore di lavoro deve controllare che il preposto si attenga alle disposizioni di legge nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli. Questo controllo presuppone necessariamente che il preposto sia consapevole del suo ruolo e delle sue responsabilità.
- La giurisprudenza sottolinea che non è sufficiente una designazione meramente formale: come stabilito in Cassazione penale n. 25836/2019, il preposto deve essere effettivamente messo in condizione di esercitare i poteri di controllo e vigilanza che gli competono.
In conclusione, la necessità di una nomina formale e consapevole del preposto deriva dalla natura stessa della posizione di garanzia che questi assume e dalle responsabilità connesse al ruolo. La giurisprudenza della Cassazione è costante nel richiedere che l'individuazione del preposto avvenga attraverso una nomina esplicita e accettata, in quanto solo così si può garantire l'effettività del sistema di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
01/05/2025 (09:12:04)
Mi domando perché sia complicato comprendere che è l'organizzazione del lavoro del datore di lavoro che porta alla individuazione di un soggetto quale preposto a cui deve seguire un apposito atto formale di nomina.
Per i lavoratori che, in base alla organizzazione del lavoro, operano da soli (ad esempio, quelli che girano per l'Italia con un Fiorino rosso per garantirti di poter comunicare tra noi telefonicamente, ecc.), la vigilanza può tranquillamente essere espletata "random" come detto anche nella relazione della Commissione di inchiesta del Senato.
Rispondi Autore: studiopernechele - likes: 0
05/05/2025 (06:38:21)
Il lavoratore che gira con il "fiorino rosso" nel mio caso è un "lavoratore autonomo", a chi si rivolge per una vigilanza "random", il soggetto ha ricevuto l'incarico dal committente per eseguire in cantiere solo la tinteggiatura come indicato dal PSC.
Grazie. Roberto Pernechele.
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0
05/05/2025 (10:28:21)
Per Roberto Pernechele: il lavoratore autonomo è su questo tema uno dei pochi casi 'facili' dato che, appunto, è autonomo e pertanto non è all'interno di alcuna organizzazione gerarchica strutturata. Non avrà alcun preposto, per definizione. Ovviamente se ha comportamenti 'palesemente' scorretti deve essere richiamato in cantiere da chi ne ha il diritto/dovere (in primis ad es. il capocantiere).

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