La vigilanza del datore di lavoro mediante i dirigenti e i preposti
Una sentenza di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.IV, 17 gennaio 2020 n.1683) ribadisce un principio ormai più volte affermato in giurisprudenza, secondo cui, se da un lato è pacifico che “alla luce della normativa prevenzionistica vigente, sul datore di lavoro grava l’obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire alla individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, non mancando di assicurarsi l’osservanza di tali misure da parte dei lavoratori, ciò nondimeno “nella maggioranza dei casi, tuttavia, la complessità dei processi aziendali richiede la presenza di dirigenti e di preposti che in diverso modo coadiuvano il datore di lavoro.”
In particolare - prosegue la Corte - “i primi attuano le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa [art.2, co.1, lett.d), d.lgs.n.81 del 2008]; i secondi sovrintendono alla attività lavorativa e garantiscono l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa [art.2, co.1, lett.e), d.lgs. n.81 del 2008].”
Conseguenza ne è che, “pertanto, già nel tessuto normativo è prevista la vigilanza del datore di lavoro attuata attraverso figure dell’organigramma aziendale che - perché investiti dei relativi poteri e doveri - risultano garanti della prevenzione a titolo originario.”
Il principio sancito da questa pronuncia è chiaro: “il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez.4, n.14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv.275577).”
A questo punto la Cassazione precisa che, così come vale più in generale per gli altri obblighi prevenzionistici, “anche in relazione all’obbligo di vigilanza, le modalità di assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli.
Ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo o di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez.4, n.26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv.272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un’ipotesi di lesioni colpose, Sez.4, n.18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv.228344; principio risalente a Sez.4, n.17941 del 16/11/1989, Raho, Rv.182857).”
Anche in una interessante sentenza dell’anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 4 aprile 2019 n.14915) la Corte ha avuto modo di sottolineare che “è indubbio che, alla luce della normativa prevenzionistica vigente (già ai tempi del commesso reato), sul datore di lavoro gravi l’obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire alla individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, non mancando di assicurarsi che tali misure vengano osservate dai lavoratori. Ma nella maggioranza dei casi la complessità dei processi aziendali richiede la presenza di dirigenti e di preposti che in diverso modo coadiuvano il datore di lavoro. […]
Anche in relazione all’obbligo di vigilanza, le modalità di assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli”.
A questo punto la Cassazione, in questa sentenza del 2019, ha aggiunto quanto segue: “ma quanto alle concrete modalità di adempimento dell’obbligo di vigilanza esse non potranno essere quelle stesse riferibili al preposto ma avranno un contenuto essenzialmente procedurale, tanto più complesso quanto più elevata è la complessità dell’organizzazione aziendale (e viceversa).”
Dunque - ha concluso anche questa sentenza - “l’assunto può essere sintetizzato nel seguente principio di diritto:
"l’obbligo datoriale di vigilare sull’osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi”.
Per quanto riguarda nello specifico l’attività di vigilanza esercitata dal preposto, resta poi fermo il principio secondo cui, come ricordato da un’altra pronuncia dell’anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 18 luglio 2019 n.31863), “il preposto ha la funzione di verificare e garantire il rispetto delle regole di cautela nell’esecuzione delle prestazioni lavorative”.
Laddove un evento lesivo dipenda dalla violazione di questo suo obbligo, “la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile (ex multis Sez.4, n.37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv.254365; conforme Sez.4, n.3787 del 17/10/2014 dep. il 2015, Bonelli, Rv.261946).”
Secondo la Corte, da ciò deriva che “pertanto il limite esogeno delle responsabilità collegate all’esercizio della funzione di preposto deve essere individuato nella abnormità ed eccezionalità della condotta del lavoratore, non essendo ipotizzabile una dismissione della posizione di garanzia in rapporto ad un’attività che è stata comunque svolta dal lavoratore nell’ambito dell’azienda sulla base di direttive impartire dal datore di lavoro o da chi abbia assunto di fatto tale veste.”
E’ importante a questo punto definire il perimetro degli obblighi secondo i dettami giurisprudenziali.
Sul tema della distribuzione delle responsabilità in tema di vigilanza tra datore di lavoro, dirigente e preposto, la Cassazione ribadisce costantemente che “ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa; a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (così questa sez.4, n.24136 del 6/5/2016, Di Maggio ed altri, Rv.266853 nella cui motivazione si è precisato che deve ritenersi, comunque, responsabile il datore di lavoro, per il potere-dovere generale di vigilanza su di lui gravante, in tutte le ipotesi in cui l’organizzazione aziendale non presenta complessità tali da sollevare del tutto l’organo apicale dalle responsabilità connesse gestione del rischio).” (Cassazione Penale, Sez.IV, 1 agosto 2016 n.33630.)
Concludiamo ora questa breve analisi - condotta come sempre senza pretese di esaustività - con due esempi concreti nonché, sotto il profilo del comportamento adottato, di segno opposto in materia di organizzazione della vigilanza da parte del datore di lavoro (riportati in sintesi; per i dettagli si rinvia alle sentenze integrali).
Partendo da Cassazione Penale, Sez.IV, 14 novembre 2019 n.46194, “nel caso di specie, l’obbligo di sorvegliare l’area di lavoro incombeva direttamente al preposto, deputato a governarne gli specifici rischi. L’infortunio, invero, era per l’appunto occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa. In conseguenza, nessun rimprovero può essere mosso al datore di lavoro, atteso che egli aveva redatto un Piano di Sicurezza e nominato i preposti e che il medesimo Piano aveva previsto il rischio di caduta di materiali dall’alto e stabilita una specifica procedura operativa relativa alla pulizia ed allo sgombero dei materiali dalle aree di lavoro, comunicata a tutti i lavoratori, stabilendo uno specifico obbligo di vigilanza in capo ai preposti, cui era demandato il controllo delle aree di lavoro al termine di ogni turno.”
Di converso, in Cassazione Penale, Sez.IV, 19 giugno 2019 n.27210, “l’evento è stato imputato a V.M.D., in qualità di legale rappresentante della società datrice di lavoro, per avere delegato, quale preposto alla sicurezza sul cantiere, un soggetto professionalmente inadeguato (C., neolaureato, privo di altre esperienze di lavoro, che non era tenuto neppure alla presenza quotidiana sul cantiere), per aver organizzato e ripartito il lavoro e le competenze in maniera negligente e poco trasparente, “creando incertezza su chi fosse investito di fondamentali responsabilità prevenzionistiche” (p.14 sentenza primo grado); per non aver vigilato sull’adempimento dei compiti da parte del preposto alla sicurezza C., il quale “nell’ultimo periodo .. si occupava sempre meno persino di partecipare alle riunioni inerenti la sicurezza convocate dal coordinatore della sicurezza, cui faceva partecipare il giovane collaboratore A.R.”.”
In questo caso “i giudici di merito hanno, dunque, congruamente individuato il collegamento eziologico tra la posizione di garanzia di V.M.D., nella sua qualità di legale rappresentante della D. s.p.a., e l’infortunio, riconducendo la violazione della regola cautelare di cui all’art.146 del d.lgs.n.81 del 2008 proprio alla inefficiente organizzazione aziendale, che aveva condotto al conferimento della delega ad un soggetto del tutto inesperto, ed alla omessa vigilanza sull’attività del preposto, peraltro, privo degli adeguati requisiti.
In definitiva, nella ricostruzione dei giudici di merito, l’infortunio era prevedibile ed evitabile con una corretta organizzazione aziendale ed una diligente vigilanza sul preposto alla sicurezza, che, al contrario, V.M.D. non ha assicurato.”
[Per quanto concerne l’esistenza o meno di tale presunta “ delega di funzioni” si rinvia al testo integrale della sentenza che analizza tale questione nel dettaglio; si ritiene qui sufficiente, ai fini dell’esempio, che vengano riscontrate la culpa in eligendo e la culpa in vigilando in capo al datore di lavoro predetto.]
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0 | 11/09/2020 (09:19:57) |
Ovvero, viene ribadito quanto detto sinteticamente dal vecchio articolo 4 del DPR 547/55: "I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che eserciscono, dirigono o sovrintendono ...". Solo che la Corte ha bisogno di decine di pagine per dire le stesse cose. |