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Sui limiti delle responsabilità del responsabile dei lavori nei cantieri
Il commento
In questa lunghissima sentenza la Corte di Cassazione penale, con riferimento ad un infortunio sul lavoro accaduto in un cantiere edile, prende lo spunto per fare una rassegna dei compiti e delle responsabilità delle varie figure professionali che devono occuparsi di sicurezza sul lavoro in cantiere temporaneo o mobile oltre a quella del datore di lavoro. Con riferimento in particolare alla figura del responsabile dei lavori, sulla quale si è ritenuto nel commento di focalizzare in modo particolare l’attenzione, la suprema Corte, con una affermazione di discutibile esattezza giuridica e quindi non proprio condivisibile, ha sostenuto che al responsabile dei lavori, così come al committente, oltre ai compiti assegnatigli dal legislatore ed inerenti il controllo dell’operato dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione, compete anche quello di svolgere tutti i compiti propri del datore di lavoro in materia di sicurezza sul lavoro. Lo stesso inoltre ha l'obbligo, secondo la suprema Corte, di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione adottate in favore dei lavoratori nei confronti dei quali assume pertanto una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare. Il responsabile dei lavori, prosegue la suprema Corte, sia pure in termini diversi da quelli previsti per i datori di lavoro e per i dirigenti ed i preposti, devono prendersi cura della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, accertarsi del costante e completo rispetto da parte degli stessi dei presidi antinfortunistici e garantire, in caso di inadempienze, l’osservanza delle norme di sicurezza previste dalla legge.
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Il caso
Il datore di lavoro di un’impresa edile, il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori ed il responsabile dei lavori sono stati chiamati a rispondere del reato di lesioni colpose commesso, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di un lavoratore che, nel corso dei lavori di realizzazione di un ponte su di un torrente, ha subito lesioni, con amputazione dell’arto superiore sinistro, che hanno provocato un periodo di malattia superiore a quaranta giorni. L’infortunio si era verificato nel cantiere installato per la costruzione del ponte sopra indicato, durante le operazioni di varo, cioè di sistemazione del cassone prefabbricato dello stesso ponte nella sua sede definitiva, operazione che veniva eseguita utilizzando una tecnica denominata "varo di punta" (a spinta) e che prevedeva l’utilizzo di slitte di scorrimento e di un’attrezzatura di traino.
Secondo l’accusa, i tre imputati, in cooperazione tra loro, per colpa specifica individuata nella violazione quanto al datore di lavoro degli artt. 12 comma 3 del D. Lgs. n. 494/1996 e 374 del D.P.R. n. 547/1955, quanto al coordinatore dell’art. 5 comma 1 lett. b) del D. Lgs. n. 494/1996 e quanto al responsabile dei lavori dell’art. 6 comma 2 del predetto D. Lgs., avevano cagionato al lavoratore le lesioni sopra descritte. Il Tribunale, in composizione monocratica, ha affermato la responsabilità dei tre imputati e li ha condannati alla pena di due anni di reclusione ciascuno, integralmente condonata, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, complessivamente liquidati in 630.000,00 euro.
Su appello proposto dagli imputati, la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha ridotto, a ciascuno degli appellanti le pene inflitte dal primo giudice a cinque mesi e dieci giorni di reclusione, con sospensione condizionale delle stesse e non menzione delle condanne. La medesima Corte ha invece confermata la condanna, in solido, degli imputati al risarcimento dei danni rimettendo le parti, in punto di liquidazione degli stessi, dinanzi al giudice civile, con assegnazione alla parte civile di una provvisionale di 200.000,00 euro.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte di Appello i tre imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione. In particolare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha sostenuto nel proprio ricorso che il coordinatore assume in cantiere una funzione di alta vigilanza da non confondere con quella del committente, del datore di lavoro e del responsabile dei lavori e che non spetta allo stesso di verificare momento per momento la corretta esecuzione dei lavori, essendo tale compito riservato ad altre figure professionali e di garanzia ed ha sostenuto altresì che lo stesso non è tenuto ad essere costantemente presente in cantiere.
Il responsabile dei lavori dal canto suo ha posto in evidenza che, con l’entrata in vigore del D. Lgs, n. 528/99, i compiti del responsabile dei lavori sono mutati, nel senso che lo stesso è responsabile, non già della verifica dell’adempimento, da parte del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, degli obblighi previsti dagli artt. 4 e 5 del D. Lgs 494/96, ma solo della verifica che il coordinatore adempia ai compiti previsti dal comma 1 lett. a) del citato art. 5 (applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza) e quindi non più di quelli previsti dalla lett. b) (verifica dell’idoneità del piano di sicurezza e della necessità di adeguarlo). Nessuna colpa poteva quindi attribuirsi al responsabile dei lavori con riguardo alla verifica circa eventuali modifiche e adeguamenti al piano di sicurezza originario nel caso di variazione del progetto. La tecnica costruttiva di varo utilizzata dall’impresa per la realizzazione del ponte (varo di punta), ha ancora precisato il ricorrente, è stata del tutto diversa da quella prevista nel progetto appaltato per cui il piano di sicurezza avrebbe dovuto essere adeguato alla nuova metodologia di varo, essendo diverse le attrezzature da impiegare e diversi gli interventi richiesti agli operatori con un adempimento che spettava comunque ad altri. Il fatto quindi che altri non avevano provveduto ad adeguare il PSC non poteva gravare sul responsabile dei lavori che tra l’altro non aveva l’autorità di intervenire in una procedura di progettazione alla quale era del tutto estraneo.
Le decisioni della Corte suprema
La Corte di Cassazione ha ritenuto i ricorsi infondati e, preso atto della intervenuta prescrizione penale, ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata per estinzione del reato confermando invece le statuizioni civili nei confronti del coordinatore e del responsabile dei lavori. La stessa nel prendere le proprie decisioni ha formulato delle considerazioni in merito al ruolo ed alle responsabilità delle varie figure che operano in cantiere. Occorre rilevare, ha sostenuto la Sez. IV, che la normativa concernente il tema della sicurezza del lavoro nel caso di un cantiere edile individua diverse posizioni di garanzia, la principale delle quali certamente riguarda il datore di lavoro, che organizza e gestisce l’esecuzione dell’opera, ma che coinvolgono, oltre al committente, diverse figure professionali, tra le quali vi sono il responsabile dei lavori ed il coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
Per quanto riguarda il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ha osservato la Corte di Cassazione, a tale figura professionale la legge (art. 5 D. Lgs. n. 494/96) attribuisce compiti specifici e precisi obblighi, che lo individuano quale titolare di un’autonoma posizione di garanzia, che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica. In particolare al coordinatore per l’esecuzione dei lavori è attribuito, tra gli altri, il compito di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell’incolumità dei lavoratori. Allo stesso spetta, altresì, di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza e di assicurarne la coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento, di adeguare i piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. Spettava quindi al coordinatore, ha sostenuto la Sez. IV, di aggiornare il piano di sicurezza e coordinamento dopo che la perizia di variante aveva radicalmente modificato le previsioni del piano originario, atteso che detta variante aveva previsto delle modifiche, fra le quali la modifica della tecnica di varo, che rendevano necessario intervenire, anche sotto il profilo della predisposizione dei necessari presidi antinfortunistici, attraverso l’adeguamento del piano di sicurezza.
Quanto al responsabile dei lavori, ha precisato la Corte suprema “ad esso compete di svolgere tutti i compiti propri del datore di lavoro in materia di sicurezza, tra cui quello di verificare l’adempimento, da parte del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, degli obblighi, per quanto oggi interessa, di cui all’art. 5 co. 1 lett. a) del d.lgs n.494/96. Egli ha quindi l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione adottate in favore dei lavoratori, e pertanto assume, nei confronti di questi ultimi, una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare”. “In realtà, in forza di detta qualifica”, ha dedotto la Sez. IV, “a lui incombeva la responsabilità dello svolgimento di tutte le funzioni proprie del datore di lavoro in materia di sicurezza”.
Con riferimento alla figura del responsabile dei lavori la Sez. IV ha quindi ritenuto opportuno richiamare il disposto di cui all’art. 6 comma 2 del D. Lgs n. 494/1996, come modificato dal D. Lgs n. 528/1999, il quale prevede che la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione, non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui all'art. 4, comma 1, e 5, comma 1, lett. a). Il legislatore, infatti, con tali precisi riferimenti, non solo ha delineato in termini specifici gli obblighi dei committenti e dei responsabili dei lavori, ma ne ha anche ampliato i contenuti, disponendo che essi sono chiamati a svolgere una funzione di super-controllo, di verifica che i coordinatori adempiano agli obblighi su loro incombenti, quale quello consistente non solo nel l'assicurare ma anche nel verificare il rispetto, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro.
Le modifiche apportate all’originario testo legislativo, ha quindi proseguito la suprema Corte, hanno quindi rafforzato la tutela dei lavoratori rispetto ai rischi connessi con l’esecuzione dei lavori, avendo delineato per i committenti e per i responsabili dei lavori posizioni di garanzia specifiche e notevolmente ampie, “dovendo essi, sia pure in termini diversi da quelli previsti per i datori di lavoro e per i dirigenti e preposti, prendersi cura della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, accertarsi del costante e completo rispetto, da parte di costoro, dei presidi antinfortunistici e garantire, in caso di inadempienze, l’osservanza delle norme di sicurezza previste dalla legge”. “Al committente ed al responsabile dei lavori”, ha così concluso la Sez. IV, “non è attribuito dalla legge il compito di verifiche meramente formali, ma una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l'esecuzione di controlli sostanziali ed incisivi su tutto quel che concerne i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore, accertando, inoltre, che i coordinatori adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia".
Per quanto sopra detto, ha così sostenuto la Sez. IV, bene ha fatto la Corte territoriale a ribadire la responsabilità del responsabile dei lavori avendo legittimamente ritenuto, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, che lo stesso non abbia svolto con la necessaria attenzione e costanza i compiti di controllo e di garanzia che la legge gli attribuisce e avendo in tal modo cooperato nella produzione dell’evento infortunistico.
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Rispondi Autore: tazio brodolini - likes: 0 | 24/02/2014 (08:18:33) |
Affermazioni "supreme" ma sbagliate, utili solo ad aumentare la risarcibilità del danno, non certo ad aumentare la cultura della sicurezza sul lavoro. Speriamo che queste sentenza non venga usata come esempio in futuro. |
Rispondi Autore: KOtecnico - likes: 0 | 24/02/2014 (09:25:02) |
Sarebbe ora di assicurarsi che il giudicante abbia studiato a fondo la materia. Copia-incolla degli articoli dei vari decreti ed estensioni personali inaccettabili. Individuazione delle posizioni di garanzia ancora una volta sottoposte al giudizio di una comunità tecnica stufa di queste insostenibili argomentazioni. Contrario alla superprocura di Guariniello comincio a cambiare opinione. Campi diversi professionisti (-giudici) diversi. Non resta che aspettare tempi...peggiori. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 24/02/2014 (10:12:37) |
Da quel che sembra leggendo, in sintesi, siamo di fronte: - un CSE che non adeguato il PSC nonostante ci siano stati cambiamenti sostanziali nelle modalità d'esecuzione del lavoro; - un RL che non ha verificato che il CSE facesse il suo lavoro adempiendo agli obblighi previsti dalla normativa vigente. Ora, non so come se la son giocata in primo grado ma il CSE tramite, difensore e CTP, doveva puntare sul fatto che l'evento era avvenuto a causa di un rischio proprio dell'impresa su cui il CSE non deve entrare e che l'adeguamento o meno del PSC, non aveva nesso di causalità efficiente con l'evento stesso. In altre parole, PSC adeguato o meno, visto che il rischio rientrava nella sfera delle responsabilità del datore di lavoro, era questo che se lo doveva gestire. Questa era una possibile strada ma se il CSE era "uccel di bosco" o poco avvezzo al mestiere e non si era preoccupato neanche di fare un aggiornamento di massima del PSC ....... Per quanto riguarda il RL, qui il problema è di mancata verifica dell'operato del CSE. Condivido pienamente il fatto che equiparare il RL al datore di lavoro, sia una cavolata di dimensione galattiche. Resta inteso un concetto: in casi come questi ci si gioca tutto nei primi due gradi. Quando arrivi in Cassazione hai già due condanne sulle spalle ed è difficile venirne fuori. Ogni componente ha la sua pila di casi che analizza e decide di accettare o meno il ricorso. Gli altri condividono. Quindi dipende con quale dei componenti della sezione si capita. Comunque ..... stiamo tranquilli. Tra un po' di tempo vedrete che sempre la stessa sezione dirà esattamente l'opposto. Ormai la Cassazione è come un supermercato. Basta aspettare e si trova di tutto. |
Rispondi Autore: linoemilio - likes: 0 | 24/02/2014 (18:05:19) |
Vero che siamo in ambito 494/528 e di acqua sotto i ponti ne è passata con modifiche e variazioni ma... ...una modifica così importante priva di un preventivo intervento di variante al CSP da parte del CSE (mi sembra difficile ipotizzare l'assenza di importanti fasi/sottofasi di lavoro interferenziali) risulta impossibile da difendere ...considerare gli obblighi in capo al RdL uguali a quelli del DdL è cronico sintomo di malessere della giustizia ...leggere, ancora una volta, che un RdL non ha rispettato gli obblighi di verifica sull'operato del CSE... non mi scandalizza. La mia personale esperienza lo conferma. |
Rispondi Autore: linoemilio - likes: 0 | 24/02/2014 (18:07:08) |
... intendevo "variante al PSC" ... |