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A quali condizioni il preposto può svolgere anche compiti operativi

A quali condizioni il preposto può svolgere anche compiti operativi
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

10/04/2025

In che modo e con quali strumenti il datore di lavoro deve garantire la vigilanza nel caso in cui ai preposti siano assegnate mansioni operative, dando attuazione al principio per cui la vigilanza ha la priorità: una recente sentenza. 

Si tende a dare per scontato che il preposto sia un soggetto che, oltre ad esercitare l’attività di coordinamento e vigilanza che il Testo Unico gli riconosce e gli attribuisce, possa svolgere anche compiti di natura esecutiva. O meglio - per impostare correttamente la questione - si tende a dare per scontato che la vigilanza predisposta dal datore di lavoro e dal dirigente sia da considerarsi sempre e comunque efficace anche nel caso in cui essa sia organizzata in una maniera tale che i preposti svolgano anche mansioni operative all’interno del luogo di lavoro.

 

Ma in realtà tale questione - sul piano strettamente giuridico - è tutt’altro che ovvia e banale.

 

Secondo la giurisprudenza penale della Suprema Corte, infatti, il datore di lavoro (o il dirigente) può validamente predisporre un sistema organizzativo nel quale i preposti svolgano anche mansioni operative, a patto che egli “regoli” la loro attività attraverso delle specifiche direttive ispirate ai criteri che vedremo.

 

Ciò affinché l’attività di vigilanza sull’osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi di salute e sicurezza e delle relative disposizioni aziendali, esercitata dal preposto sulla base di una norma cogente di natura penale che la rende obbligatoria, non rischi nei fatti di essere depauperata ed erosa dall’attenzione, dal tempo e dalle energie impiegati dal preposto stesso nello svolgimento di compiti operativi. 

 

Prima di esaminare la questione nel dettaglio, attraverso l’analisi di una importante sentenza di poco più di un mese fa, un punto deve essere da subito chiaro: questa tematica non riguarda - se non in maniera meramente collaterale - la responsabilità del preposto, il quale ai sensi dell’art.2 c.1 lett.e) in comb. disp. artt.19 e 56 del D.Lgs.81/08 è chiamato a sovrintendere e vigilare “nei limiti dei poteri” (determinati dal tempo, dall’ampiezza delle aree da sovrintendere, dalle direttive e istruzioni ricevute etc.) realmente detenuti nonché “nei limiti delle proprie attribuzioni e competenze”.

 

Il tema coinvolge piuttosto la responsabilità del datore di lavoro e del dirigente, chiamati - ai sensi dell’art.18 c.1 lett.f) e c.3-bis) del D.Lgs.81/08 - a predisporre un efficiente sistema di vigilanza che tenga conto del principio giurisprudenziale secondo il quale “l’obbligo datoriale di vigilare sull’osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive”; tuttavia, “quanto alle concrete modalità di adempimento dell’obbligo di vigilanza [del datore di lavoro, n.d.r.], esse non potranno essere quelle stesse riferibili al preposto ma avranno un contenuto essenzialmente procedurale, tanto più complesso quanto più elevata è la complessità dell’organizzazione aziendale (e viceversa).” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 4 aprile 2019 n.14915).




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Sotto il profilo della responsabilità del datore di lavoro nella predisposizione di un adeguato sistema di vigilanza, poi, è bene ricordare che la giurisprudenza sottolinea da tempo che le modalità con cui la vigilanza può essere organizzata dal datore di lavoro sono varie.

 

Secondo la Corte, infatti, “sul piano modale, l’obbligo di vigilanza può essere adempiuto, quando la legge non ne preveda di specifici, in differenti modi, dovendosi optare per le forme che appaiono più adeguate allo scopo, nelle circostanze date.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 9 ottobre 2015 n.40719).

 

Tutto ciò premesso e tenendo a mente il principio - su richiamato - in base al quale la vigilanza è un obbligo originario del datore di lavoro e del dirigente, prendiamo ora in esame la recente Cassazione Penale, Sez.IV, 28 febbraio 2025 n.8289, con cui la Corte si è pronunciata sul tema della validità o meno di un sistema di vigilanza predisposto in azienda nel quale ai preposti siano assegnate anche mansioni operative (nella fattispecie: la mansione di carrellista).

 

Con questa sentenza, la Suprema Corte circa un mese fa ha confermato la responsabilità penale dell’amministratore delegato A. per il reato di omicidio colposo commesso con violazione di norme di salute e sicurezza ai danni di B., autista della ditta esterna C.

 

Vediamo cosa si era verificato nello specifico.

 

Era accaduto che, il giorno dell’infortunio, il “B., autista dipendente della ditta “T. Srl”, giunto presso il porto industriale di Livorno per il ritiro di una partita di cellulosa, posizionava il proprio autoarticolato nei pressi della banchina antistante al deposito doganale in concessione alla ditta C.”

 

E’ stato così che, “nel corso delle operazioni di carico di alcune balle, affidate al carrellista D., dipendente della ditta C., il B., spostandosi a piedi presso il terminal, veniva travolto mortalmente dal carrello condotto dal D.”

 

I Giudici di merito avevano “ritenuto che l’evento fosse ascrivibile alla condotta colposa dell’imputato, sebbene determinato da ulteriori concause, tra le quali la condotta gravemente colposa della vittima, inosservante dell’obbligo di trattenersi nei pressi del proprio mezzo durante le operazioni di carico, se non addirittura all’interno della cabina, come previsto nelle regole di comportamento affisse anche nell’ufficio del “terminal C.”.”

 

Si tenga in considerazione che un “fattore determinante dell’evento è stato individuato nel mancato controllo sullo svolgimento dell’attività del carrellista da parte del preposto E.”

 

Risultava dimostrato, infatti, che laddove il preposto fosse stato in condizioni di vigilare e fosse quindi intervenuto, l’evento non si sarebbe verificato.

 

La sentenza sottolinea, a tale proposito, che “tale controllo [del preposto, n.d.r.], secondo i giudici di merito, era risultato, in concreto, inesigibile per colpa del datore di lavoro, odierno ricorrente, a causa del fatto che lo stesso preposto era stato addetto, contestualmente, alle mansioni di carrellista.”

 

Era stato accertato che il preposto, “infatti, al momento del sinistro, era intento a caricare balle di cellulosa su un altro camion parcheggiato dietro a quello del B., omettendo il controllo sulle operazioni svolte dal D.”

 

E’ evidente che, nel caso di specie, trattasi di una responsabilità riconducibile al livello datoriale per una inadeguata organizzazione dell’attività lavorativa sotto il profilo della vigilanza, dal momento che “la doppia mansione, ad avviso dei giudici di merito, aveva determinato l’impossibilità di poter contemporaneamente controllare l’operato dell’altro carrellista; e ciò per una scelta imprenditoriale del datore di lavoro.”

E “conseguentemente, la decisione di affidare al preposto l’obbligo specifico di controllo dell’altro carrellista e quello di eseguire le medesime mansioni di carrellista risultava inadeguata a consentire la sicurezza dell’ambiente di lavoro.”

 

Pertanto, “per le suddette ragioni, è stato ritenuto che il A., nella sua veste di amministratore delegato della ditta C., fosse responsabile di quanto accaduto.”

 

A fronte della contestazione relativa alla mancata vigilanza, il datore di lavoro A. ha ricorso in Cassazione facendo presente che “la motivazione [della sentenza d’appello, n.d.r.] ha incentrato la penale responsabilità sulla circostanza delle doppie funzioni attribuite al preposto E., il quale avrebbe dovuto svolgere funzioni di controllo e compiti operativi, nella specie di carrellista”, laddove invece, secondo l’imputato, “nessuna disposizione di legge prevede l’incompatibilità del ruolo di preposto con altre mansioni affidabili allo stesso.”

Secondo il ricorrente, “d’altro canto, ciò sarebbe ricavabile anche da alcune massime giurisprudenziali che affermano la non necessaria presenza costante e continua dello stesso preposto sui luoghi di lavoro."

 

A parere del datore di lavoro A., “la motivazione offerta dalla Corte fiorentina, relativa alla impossibilità del E. di procedere al controllo, risulterebbe infondata, e comunque non esclusa dalla circostanza che costui avesse svolto anche un ruolo operativo proprio. Tra l’altro, una diversa interpretazione condurrebbe a ritenere che il preposto in azienda debba svolgere solo i compiti connessi al ruolo di vigilanza, slegato da ogni altra mansione, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 19 del decreto legislativo 81/08 che, pur attribuendo obblighi specifici al medesimo, non vieta lo svolgimento di compiti operativi.”

 

Ancora, l’imputato ha fatto presente nel suo ricorso che il preposto “E., dotato di perfetta autonomia gestionale, qualora avesse ritenuto quell’attività particolarmente rischiosa, avrebbe potuto organizzare il lavoro in maniera diversa, non compiendo contestualmente altre operazioni e segnalando al F. (carrellista) il pericolo immediato che in quel momento si stava verificando.”

 

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e confermato la condanna dell’amministratore delegato A.

 

La Cassazione ha ricordato anzitutto che “l’evoluzione della disciplina posta a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori è orientata verso la prevenzione mediante organizzazione” e che “la giurisprudenza ha colto questa evoluzione, enfatizzando la priorità della pretesa ordinamentale ad una efficiente organizzazione prevenzionistica.”

 

Con riferimento al caso di specie, poi, “la relazione istituita tra le fondamentali scelte organizzative e l’evento chiarisce che principalmente nella colpa per difettosa organizzazione si rinviene la ragione del rimprovero al datore di lavoro.”

 

Trovo molto interessante il punto della sentenza in cui la Corte sottolinea che “l’attribuzione di responsabilità per il fatto colposo ha progressivamente spostato la propria attenzione dalla mancata adozione di singole misure di prevenzione alla mancata o inidonea “progettazione” della sicurezza del lavoro”, con la conseguenza che “il deficit organizzativo è divenuto il principale addebito mosso al datore di lavoro.”

Infatti - prosegue la Cassazione - “si pretende da questi la predisposizione di un sistema di gestione della prevenzione, articolato in termini congrui rispetto alle dimensioni e alla complessità dell’organizzazione produttiva, sia quanto alle figure soggettive chiamate a concorrere al funzionamento di tale sistema, sia quanto alle funzioni da assegnare ai diversi ruoli (Cass. sez.4, n.27583 del 13/04/22, pag.13 ss).”

 

A fronte di tale evoluzione normativa e interpretativa, la Cassazione conferma l’impostazione della sentenza d’appello, che aveva sottolineato come “l’aver conferito al preposto anche funzioni operative di carrellista, in quel momento svolte, avesse oggettivamente impedito il controllo sulle operazioni di carico svolte dal collega D. da cui derivò la morte del B.”

 

Dunque, “in tale contesto, è vero che non esiste un divieto di doppia mansione, ma eventuali compiti accessori rispetto a quello principale - che per il preposto, ai sensi dell’articolo 2 citato, è costituito dall’attività di controllo - devono esser individuati ab origine come secondari rispetto alla suddetta attività.”

 

Questo è il passaggio fondamentale della sentenza, nonché il messaggio che occorre trarre da questa pronuncia: l’attività di vigilanza svolta dal preposto è prioritaria rispetto allo svolgimento da parte di quest’ultimo di eventuali compiti operativi.

 

Ragion per cui, a parere della Cassazione, “al preposto, che è pur sempre un dipendente, non possono attribuirsi cumulativamente compiti di controllo e incarichi a svolgere attività operative, qual è ad esempio quella di carrellista, senza alcuna direttiva che garantisca la priorità della vigilanza, in caso di contestualità tra le due funzioni.”

 

E’ interessante, sotto questo profilo, il richiamo operato dalla Corte al “principio secondo cui, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del subordinato, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile (Sez.4, n.4325 del 27/10/2015 dep. il 2016, Zappalà ed altro, Rv.265942).”

 

La Suprema Corte ritiene poi infondato il motivo di ricorso secondo cui “il preposto (E.), dotato di perfetta autonomia gestionale, qualora avesse ritenuto quell’attività particolarmente rischiosa, avrebbe potuto organizzare il lavoro in maniera diversa (pagina 7 del ricorso), non compiendo contestualmente altre operazioni e segnalando al F. (carrellista) il pericolo immediato che in quel momento si stava verificando."

Secondo la Cassazione, infatti, “si tratta evidentemente, come viene evocato dalle stesse espressioni utilizzate dal ricorrente, di profili organizzativi che avrebbero dovuto essere pianificati dal datore di lavoro.”

 

In conclusione, nel caso specifico, “per prevenire la concretizzazione del rischio che si intendeva evitare, il datore di lavoro avrebbe dovuto, a livello organizzativo, garantire la presenza di una persona che vigilasse, senza demandare ad altri la scelta discrezionale di dedicarsi ad impegni alternativi opzionabili dal subordinato.”

 

E “tale garanzia evidentemente non poteva essere assicurata, affidando al preposto una pluralità di compiti, che contestualmente lo impegnavano in altre funzioni, e senza una precisa direttiva a interrompere le accessorie attività operative, in caso fosse risultato necessario dedicarsi alla principale funzione di controllo.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 14915 del 04 aprile 2019 - Operaio travolto da un manufatto in cemento. L'obbligo datoriale di vigilare sull'osservanza delle misure prevenzionistiche può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV - Sentenza n.40719 del 9 ottobre 2015 - Caduta di un palo della linea telefonica a seguito dell'abbattimento di un salice. Responsabilità del datore di lavoro per omessa vigilanza sul corretto svolgimento dell'attività lavorativa.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n.8289 del 28 febbraio 2025 - Autista investito da un carrello durante le operazioni di carico nel porto industriale. Se il preposto è impegnato in altra attività non è garantita la vigilanza. Necessaria un'organizzazione.

 

 




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Rispondi Autore: Paolo - likes: 0
10/04/2025 (08:11:00)
Beh... e poi ci si lamenta se gli imprenditori trasferiscono le imprese all'estero,... fanno solo bene; queste sentenze a dir poco grottesche senza senso e senza alcun senso pratico delle cose che si basano su pricipi ideologici dove se ho ben capito il preposto deve solo ed esclusivamente starsene con le mani in mano ad osservare i lavoratori nella sua santa onnipresenza in ogni dove, si evince molto chiaramente che queste sentenze sono emanate da chi il lavoro operativo nelle Aziende non sa neppure cosa sia, pertanto questi giudici emanano sentenze su cose di cui non sanno assolutamente nulla riempiendosi la bocca di principi teorici pressochè inapplicabili nella loro complessità operativa e organizzativa... non ho parole !!!
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
10/04/2025 (08:39:36)
Buon giorno a tutti.
Per la verità non sarei così tranchant come Paolo.
PREMESSO che il Italia (ma credo un poco dappertutto) nelle piccole e medie aziende il PREPOSTO fa sicuramente altri compiti, diretti, oltre a quelli propri di Preposto in particolare nei reparti operativi.
NON è immaginabile un PREPOSTO che "guarda" solamente...

Ciò detto va ben precisato che le situazioni vanno valutate volta per volta.
Spesso è "l'abitudine" e la "tolleranza" a situazioni di oggettivo pericolo che portano alla condanna sia del DL e sia del Preposto.
Rispondi Autore: Giancarlo Giannone - likes: 0
10/04/2025 (09:52:47)
Mha, la domanda sporge spontanea: allora quali sono i criteri corretti da applicare in merito all'attività di un preposto/lavoratore affinchè egli svolga contemporaneamente attività di vigilanza e attività lavorativa? Qual è il perimetro che consente al datore di lavoro di stare nella legalità?
Rispondi Autore: Fausto Pane - likes: 0
10/04/2025 (17:10:19)
30 Ott 2024 | Newsletter, Sicurezza e Prevenzione Incendi
"La sentenza della Cassazione Penale del 15 dicembre 2015 n. 49361 rappresenta un caso significativo nel diritto del lavoro e nella responsabilità penale in materia di sicurezza sul lavoro.. La decisione ha stabilito importanti principi riguardo al ruolo e alle responsabilità
del capo squadra preposto alla sicurezza in cantiere, delineando i confini dell'obbligo di
vigilanza e di informazione nei confronti dei lavoratori.
La sentenza ha chiarito che il preposto non è tenuto a una sorveglianza costante e
ininterrotta, ma deve assicurare che le norme di sicurezza siano seguite e che i lavoratori
utilizzino adeguatamente gli strumenti di protezione individuale.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che il preposto deve esercitare un controllo diretto,
senza intermediari, ma ciò non implica un obbligo di presenza continua sul luogo di lavoro, consentendogli di dedicarsi anche ad altre attività.
Questa interpretazione alleggerisce il carico di responsabilità penale sulle figure di
preposto, pur mantenendo un alto standard di sicurezza nei luoghi di lavoro. La sentenza
ha inoltre evidenziato l'importanza di una comunicazione efficace e di un'adeguata
formazione dei lavoratori per prevenire incidenti e lesioni. La decisione ha quindi
contribuito a definire più chiaramente i doveri e le aspettative nei confronti dei preposti
alla sicurezza, fornendo una guida preziosa per le imprese e i professionisti del settore
edile."
Voilà, la Cassazione riesce a fare carta straccia delle sue stesse sentenze...
Trovare il perimetro della legalità per il Datore di Lavoro? Finché si sentenzierà scaricando i
lavoratori da ogni loro responsabilità, individuando e condannando solo i soggetti in grado
di risarcire il danno, colpevoli o meno, non importa, il perimetro della legalità per il datore
di lavoro è costituito da una retta.
Tempo fa si ragionava sul fatto: operatore formato ed addestrato, datore di lavoro
indenne da censure. Oggi, veramente, non si sa più cosa consigliare ai propri clienti per
conseguire ALMENO delle valide attenuanti, in caso di infortunio/malattia professionale.
L'art. 20 DLgs 81/08 non l'ho mai visto citato in nessuna sentenza di Cassazione, dal 2008
ad oggi. Cosa vorrà dire?
lo un'idea ce l'avrei...
Saluti a voi
Fausto Pane
Rispondi Autore: Rina C - likes: 0
11/04/2025 (20:46:09)
Trovo molto interessante questo articolo e la sentenza per due motivi: la priorità degli obblighi di controllo in capo al preposto rispetto ai compiti operativi (che la sentenza, mi par di capire, non disconosce ma ribadisce in modo chiaro che in caso di conflitto tra le due istanze - quella del controllo e quella operativa - prevale la prima, cioè l'obbligo di prevenzione. Altro punto rilevante è il fattore di discrezionalità che, per i rischi più importanti, considerati i compiti operativi attribuiti al preposto, non può essere lasciato al questi decidere ma deve essere "organizzato", cioè previsto preliminarmente, dal datore di lavoro). Secondo punto che ritengo utilile sottolineare è la prevalenza per la prevenzione delle misure organizzative. Troppo spesso accade che in caso di inosservanza le misure correttive/migliorative anzichè concentrarsi sulla lavorazione vista nell'insieme, sul contesto organizzativo, si focalizzano sui comportamenti dei singoli fino a tradursi, in molti casi, in azioni di richiamo se non di colpevolizzazione finendo, il lavoratore, non di rado, a chiedere scusa a tutti...

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