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RSPP e Corte di Cassazione: i profili di responsabilità

RSPP e Corte di Cassazione: i profili di responsabilità

Autore: Carolina Avv. Valentino

Categoria: Sentenze commentate

15/04/2022

Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità può senza dubbio configurarsi la responsabilità del RSPP, entro determinati limiti ed al ricorrere di specifiche condizioni. A cura dell’avv. Carolina Valentino.

Ai sensi dell’art. 2, c. 1, lett. f), D. Lgs. n. 81/2008, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (“RSPP”) è la “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’art. 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi”.

 

In tema di responsabilità di tale figura – ambito su cui ci si propone di indagare nel presente articolo – a ben vedere, all’interno del D. Lgs. n. 81/2008 (di seguito, il “Testo Unico”) non vi sono norme che prevedano sanzioni in capo al RSPP.

Si potrebbe, dunque – dicasi sin da subito, erroneamente – ritenere che il RSPP non risponda del proprio operato.

 

Invero, come affermato da costante giurisprudenza di legittimità, può senza dubbio configurarsi la responsabilità del RSPP, entro determinati limiti ed al ricorrere di specifiche condizioni.

 

Corte di Cassazione - Sentenza n. 49761/2019

Corte di Cassazione - Sentenza n. 11650/2021

Corte di Cassazione - Sentenza n. 11708/2019

Corte di Cassazione - Sentenza n. 37383/2021


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Corte di Cassazione - Sentenza n. 49761/2019

Un lavoratore rimaneva vittima di un infortunio mortale derivante da schiacciamento con un tubo di 600 kg.

 

Nei giudizi di merito, veniva condannato – inter alia – il RSPP, ritenuto responsabile della mancata predisposizione di idonee misure di prevenzione e protezione relative allo svolgimento delle mansioni durante le quali occorreva l’infortunio.

 

Proponeva ricorso in Cassazione la difesa del RSPP, chiedendo l’annullamento della sentenza, stante la ritenuta errata riconduzione della responsabilità dell’evento al proprio assistito.

 

La Suprema Corte affermava che “In materia di infortuni sul lavoro, risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ogni qual volta l'infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro”.

 

In altre parole, avendo, il RSPP, un ruolo consulenziale nei confronti del datore di lavoro ed essendo, egli, chiamato a segnalare situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, nel caso in cui ometta di adempiere diligentemente tale compito, potrà essere chiamato a risponderne.

 

Nella medesima sentenza la Suprema Corte precisa cheil RSPP risponde dell'evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate”.

Egli, dunque, non può essere chiamato a rispondere tout court di eventuali carenze aziendali in materia antinfortunistica, ma solo di quelle riconducibili ai doveri che gli sono propri in forza del ruolo ricoperto.

 

Nella pronuncia in esame, i Supremi Giudici annullavano la sentenza impugnata in quanto i Giudici del merito, che avevano condannato il RSPP in relazione all’infortunio occorso, avevano basato tale pronuncia su un errore derivante dalla confusione tra “il piano intellettivo/valutativo (proprio del RSPP) [e] quello decisionale/operativo (proprio di altri garanti, principalmente il datore di lavoro). Si parla di evento determinato da scelte esecutive sbagliate, ma tali scelte non spettano al RSPP, il quale non è presente tutti i giorni in azienda e non è tenuto a controllare le fasi esecutive delle lavorazioni”.

 

In altri termini, nel caso di specie era emerso dal materiale probatorio che l’evento infortunistico occorso ai danni del lavoratore era stato determinato, non dalla mancata segnalazione, da parte del RSPP, dei rischi relativi alla mansione nello svolgimento della quale avveniva l’infortunio, bensì dalla mancata predisposizione delle relative misure di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro.

 

Dal momento che il RSPP non ha compiti operativi in azienda, il suo ruolo si esaurisce nel dovere di segnalare, ricadendo, poi, in capo al datore di lavoro il compito di predisporre concretamente ed operativamente le relative misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.

In definitiva, con riferimento alla posizione del RSPP, la motivazione della sentenza impugnata è viziata, poiché la sua responsabilità viene individuata, essenzialmente, in un omesso intervento in fase esecutiva che è estraneo alle competenze consultive/intellettive del RSPP, e senza che sia stato adeguatamente argomentato in ordine alla conoscibilità, da parte sua, della situazione oggettivamente pericolosa e del suo dovere di segnalazione del rischio al datore di lavoro, in una fase antecedente alla lavorazione stessa”.

 

Corte di Cassazione - Sentenza n. 11650/2021

Un lavoratore stava procedendo alla sostituzione di due cinghie rotte della macchina macina pneumatici, quando rimaneva incastrato con il mignolo della mano destra tra il rullo e la cinghia, riportando la sub-amputazione P3 del mignolo. Nel merito, era stato accertato che, all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi adottato in azienda, il rischio “schiacciamento” era stato previsto solo per la lavorazione “sostituzione delle lame delle macchine operatrici”, risultando, così, confermata l’omessa valutazione in relazione alla mansione durante lo svolgimento della quale avveniva l’infortunio, “sostituzione delle cinghie”.

 

Nei giudizi di merito, veniva condannato il RSPP, cui veniva ascritto di non aver rilevato il rischio connesso alle operazioni di manutenzione della macchina macina pneumatici e, in specie, all'operazione di sostituzione delle cinghie, pur essenziale per il funzionamento dell’attività condotta dalla società datrice di lavoro dell’infortunato. In tal modo, i Giudici del merito ritenevano che egli fosse venuto meno ai suoi doveri di contribuzione tecnica alla valutazione del rischio ed alla predisposizione di misure organizzative necessarie a fronteggiarlo.

 

Proponeva ricorso in Cassazione la difesa del RSPP, chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.

 

I Supremi Giudici si pronunciavano come segue.

 

“L'insegnamento delle Sezioni Unite indica nel responsabile del servizio di prevenzione e protezione un soggetto tenuto a prestare la propria opera (di supporto tecnico al datore di lavoro in rapporto alla valutazione dei rischi e alla connessa identificazione delle misure prevenzionistiche da adottare), che può essere chiamato a rispondere della sua attività ove svolta in violazione di regole cautelari e causalmente incidente sulla verificazione dell'evento tipico ("In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri”.

 

Sulla base di tali considerazioni, essendo emerso dal materiale probatorio che la mancata predisposizione di idonee misure di prevenzione e protezione era da ricondursi all’omessa valutazione dei rischi relativi alla mansione nello svolgimento della quale avveniva l’infortunio, i Supremi Giudici confermavano la sentenza di merito, rilevando il negligente svolgimento, da parte del RSPP, dei compiti che la legge gli attribuisce.

 

Corte di Cassazione - Sentenza n. 11708/2019

Un lavoratore era intento a posizionare 16 travi metalliche di 74 kg. cadauna su di un carrello elevatore, quando queste scivolavano in avanti, procurando all’operatore un trauma da schiacciamento.

 

Il Tribunale riteneva sussistente la responsabilità del RSPP, poiché il carrello elevatore utilizzato era inadeguato e privo di misure di sicurezza per il tipo di travi movimentate: l'uso di quel carrello elevatore non poteva garantire la stabilità delle predette travi, che erano scivolate in quanto non perfettamente bilanciate a causa delle pale troppo corte.

 

A riprova della inadeguatezza del carrello, si era rilevato che il datore di lavoro si era successivamente dotato di un nuovo strumento di sollevamento, idoneo alla movimentazione delle travi di cui trattavasi.

 

Il RSPP avrebbe avuto l’obbligo di segnalare il rischio e di disporre l’utilizzo di un carrello adeguato alle travi da movimentare.

 

Proponeva ricorso in Cassazione la difesa del RSPP, al fine di ottenere l’annullamento della sentenza che condannava il proprio assistito.

 

I Supremi Giudici si pronunciavano come di seguito.

 

La più avveduta giurisprudenza [di legittimità] ritiene ormai pacificamente configurabile, nella materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro, la colpa professionale specifica del RSPP - in cooperazione con quella del datore di lavoro - ogni qual volta l'infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare. Il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose. Tale figura, pur svolgendo un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. Nel caso di specie, il RSPP ha sottovalutato il rischio riconducibile all'utilizzo di un carrello elevatore inadeguato per la movimentazione di travi aventi lunghezza eccessiva rispetto alla larghezza della forca di sollevamento utilizzata. In tal senso la violazione dei doveri facenti carico al RSPP è stata ricollegata alla omessa indicazione al datore di lavoro delle specifiche misure prevenzionali da adottare in relazione alla lavorazione in questione, stante la palese inadeguatezza del macchinario utilizzato e la semplice risoluzione del problema mediante l'utilizzo di elementi aggiuntivi quale la forca di sollevamento successivamente acquistata dall'azienda. È stato quindi razionalmente considerato che il RSPP si è reso corresponsabile con il datore di lavoro della violazione della normativa prevenzionistica che imponeva di rendere conforme il carrello elevatore ai requisiti di sicurezza, e tale inadempimento ha concretizzato proprio il rischio che la misura prevenzionistica omessa avrebbe dovuto impedire.

 

Corte di Cassazione - Sentenza n. 37383/2021

Un lavoratore, che stava svolgendo le proprie mansioni nei pressi di una gru guidata da un collega, rimaneva investito dalla medesima, mentre questa procedeva in retromarcia.

 

I Giudici del merito condannavano il datore di lavoro, assolvendo il RSPP.

 

Proponeva ricorso in Cassazione l’accusa, al fine di vedersi annullata la sentenza che assolveva il RSPP.

 

La Suprema Corte annullava con rinvio la sentenza, affinché venisse valutato “se, violando gli obblighi imposti dalla legge, il RSPP avesse omesso la necessaria e doverosa attività di segnalazione e stimolo ai fini della rimozione del rischio connesso alla movimentazione della gru e proposto soluzioni appropriate a tal fine”.

 

Il Giudice del rinvio condannava il RSPP, ritenendolo corresponsabile – insieme con il datore di lavoro – dell’infortunio occorso.

 

Ricorreva in Cassazione la difesa del RSPP, al fine di vedersi annullata la sentenza di condanna.

 

I Supremi Giudici si pronunciavano come di seguito.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri”.

 

Ma ancora.

 

“L’attività di segnalazione e stimolo che il RSPP è tenuto a svolgere nei confronti del datore di lavoro attiene […] alla valutazione dei rischi ed alla predisposizione delle adeguate misure di prevenzione degli stessi, sicché, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, egli può rispondere dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato o omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate […] è pacifico […] che il RSPP non è destinatario di poteri decisionali, né operativi, né di doveri di vigilanza sulla corretta applicazione delle modalità di lavoro, […] svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale. […] in materia di infortuni sul lavoro risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro. [Egli] risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate.

 

E infine.

 

La giurisprudenza di legittimità […] è […] orientata […] a collocare gli obblighi della posizione di garanzia che gravano sul RSPP nella fase di individuazione e valutazione del rischio, e ciò in conformità alla disciplina normativa dettata in materia (cfr., in particolare, le previsioni di cui agli artt. 28, 29 e 33, comma 1, lett. a, b, e, d, D. Lgs. n. 81/2008). Si tratta di una linea interpretativa condivisa da questa Corte […] essendosi precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri […]. Per contro, non può affermarsi […] che gravi sul RSPP l’obbligo di controllare e assicurarsi che il datore di lavoro adempia alle misure di precauzione indicate nel DVR e che l’omesso svolgimento di questo compito, che la legge non prevede, faccia sorgere responsabilità per eventuali eventi lesivi […] essendo peraltro chiaro che il consulente non ha alcun potere di porre rimedio a consapevoli inottemperanze del datore di lavoro stesso rispetto alle misure di prevenzione specificamente indicate nel documento”.

 

Senza soffermarsi specificamente sulla motivazione, basti in questa sede rilevare che i Supremi Giudici annullavano la sentenza impugnata con rinvio a nuovo giudizio, in quanto ritenevano che i Giudici del merito non avessero adeguatamente motivato in ordine alla ritenuta responsabilità del RSPP per aver omesso l’adempimento dei propri compiti e come tale omissione fosse da collegare causalmente all’evento infortunistico occorso.

 

 

Avv. Carolina Valentino

 

 

Scarica le sentenze di riferimento:

Corte di Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 37383 del 14 ottobre 2021 - Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione non ha l’obbligo di attuare le misure di prevenzione correttamente segnalate al datore di lavoro e indicate nel dvr ma da questi consapevolmente disattese né di vigilare sulla loro osservanza.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 49761 del 9 dicembre 2019 - Il RSPP risponde, a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro ogniqualvolta un infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 11708 del 18 marzo 2019 - Il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio che abbiano indotto lo stesso a omettere l’adozione delle doverose misure precauzionali.

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV - Sentenza n. 11650 del 29 marzo 2021 - Infortunio con una macchina macina pneumatici: responsabilità del RSPP per non aver valutato il rischio connesso alla sostituzione delle cinghie.

 


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Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0
15/04/2022 (16:08:09)
Eccellente disamina.

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