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La qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria del personale dell’Arpa

La qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria del personale dell’Arpa
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

13/03/2017

Le funzioni di vigilanza svolte dai tecnici delle agenzie regionali vanno ricondotte nell’alveo dell’art. 55 c.p.p. e a loro spetta la qualifica di polizia giudiziaria. A cura di Gerardo Porreca.

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E’ stata chiamata la Corte di Cassazione in questa sentenza, a seguito di un ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica, ad esprimersi sul possesso o meno della qualifica di polizia giudiziaria del personale dell’Agenzia regionale per l’ambiente che il Tribunale non ha riconosciuto annullando i provvedimenti dallo stesso adottati e dichiarando il non luogo a procedere nei confronti di un imputato chiamato a rispondere di un reato in materia di rifiuti sulla base degli accertamenti compiuti e degli atti di indagine compilati dal personale stesso ritenuti dal Giudice di merito “radicalmente inutilizzabili” ai fini del procedimento.

 

Contrariamente a quanto deciso dal giudice del Tribunale la Corte suprema ha invece affermato e documentato in maniera articolata che, poiché la tutela dell'ambiente è materia presidiata dalla legge penale, le funzioni di vigilanza e controllo che la normativa statale e anche quella regionale riconosce ai tecnici delle Agenzie Regionali non possono non essere ricondotte nell'alveo della previsione di cui all'art. 55 c.p.p. e, con riferimento alla qualifica spettante ai soggetti che ne sono titolari, alla generale previsione di cui al terzo comma del successivo art. 57 c.p.p. per cui agli stessi spetta la qualifica di polizia giudiziaria.

 

Il caso e il ricorso in Cassazione

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un datore di lavoro imputato per il reato di cui agli artt. 192 e 256 del D. Lgs. 3/4/2006 n. 152 perché il fatto non sussiste. Lo stesso aveva rilevato, al riguardo, che l'accusa era stata fondata esclusivamente su atti di indagine compiuti da personale dell'A.r.pa.t., al quale non può esser riconosciuta la qualifica di polizia giudiziaria, sì da risultare gli atti medesimi “radicalmente inutilizzabili”.

 

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale deducendo, con unico motivo, la violazione dell'art. 57 cod. proc. pen. e del D.M. n. 58 del 1997. Lo stesso, premesso il carattere oggettivamente controverso della questione, specie in ordine all'individuazione dell'autorità competente ad assegnare la qualifica in oggetto, e richiamata la legge regionale che ha espressamente riconosciuto la stessa qualifica, ha  sostenuto che tale qualifica non poteva essere negata in forza di una lettura congiunta ed armonica sia della normativa statale e regionale in vigore che delle disposizioni contrattuali di tale personale a mente dei quali questi, addetti a funzioni di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale, presidiate dalla legge penale, ricoprirebbero senza dubbio la qualifica citata, senza peraltro rendere necessario il conferimento della stessa attraverso espressa previsione normativa. Alla luce di tali considerazioni il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, condividendo le tesi del ricorrente, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione. La stessa, premesso in primo luogo il carattere controverso della questione ed i pareri di segno opposto tra loro emersi in vari pronunciamenti, che hanno prima affermato e poi negato che il personale Arpa abbia ricevuto, da norme di rango statale, la qualifica di u.p.g., e preso atto altresì dell’orientamento assunto dal Tribunale e delle sue motivazioni, non ha condiviso le conclusioni alle quali lo stesso era pervenuto. Occorre muoversi, ha sostenuto la Corte suprema, dall'art. 57 cod. proc. pen., a mente del cui comma 3 "sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'articolo 55", da individuarsi, queste ultime, nel "prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale", nonché nello svolgere "ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria".

 

La stessa Sez. III ha richiamata, altresì, la legge 23/12/1978 n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la quale, all'art. 21 (Organizzazione dei servizi di prevenzione), ha stabilito che "in applicazione di quanto disposto nell'ultimo comma dell'art. 27, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (12/b), spetta al prefetto stabilire, su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo articolo 22 assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro (comma 3). Al personale di cui al comma precedente è esteso il potere d'accesso attribuito agli ispettori del lavoro dall'art. 8, secondo comma, nonché la facoltà di diffida prevista dall'art. 9, D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 (comma 4)”.

 

Tale disposizione, ha proseguito la Corte suprema, sia pur direttamente non riferibile al caso di specie (poiché attinente soltanto alla materia della sicurezza del lavoro), deve però esser letta in combinato disposto con il d.l. 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), convertito nella legge 21/1/1994 n. 61, il cui art. 3 stabilisce che "Per lo svolgimento delle attività di interesse regionale di cui all'articolo 01 e delle ulteriori attività tecniche di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale, eventualmente individuate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le medesime regioni e province autonome con proprie leggi, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, istituiscono rispettivamente Agenzie regionali e provinciali, attribuendo ad esse o alle loro articolazioni territoriali le funzioni, il personale, i beni mobili e immobili, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presidi multizonali di prevenzione, nonché il personale, l'attrezzatura e la dotazione finanziaria dei servizi delle unità sanitarie locali adibiti alle attività di cui all'articolo 01".

 

Lo stesso decreto, ha quindi precisato la Sez. III, al successivo art. 2-bis, prescrive poi che, "nell'espletamento delle funzioni di controllo e di vigilanza di cui al presente decreto, il personale ispettivo dell'ANPA, per l'esercizio delle attività di cui all'articolo 1, comma 1, e delle Agenzie di cui all'articolo 03 può accedere agli impianti e alle sedi di attività e richiedere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni. Tale personale è munito di documento di riconoscimento rilasciato dall'Agenzia di appartenenza. Il segreto industriale non può essere opposto per evitare od ostacolare le attività di verifica o di controllo".

 

Da ultimo, e soltanto per via cronologica, la Corte di Cassazione ha richiamato il decreto ministeriale 17/1/1997 n. 58, contenente il “Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro” con il quale il Ministro della Sanità, prima di elencare tutte le competenze spettanti al tecnico medesimo, ha affermato (art. 1, comma 2) che "Il tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, operante nei servizi con compiti ispettivi e di vigilanza è, nei limiti delle proprie attribuzioni, ufficiale di polizia giudiziaria; svolge attività istruttoria, finalizzata al rilascio di autorizzazioni o di nulla osta tecnico sanitari per attività soggette a controllo".

 

Il citato decreto ministeriale n. 58 del 1997, ha così proseguito la Sez. III, costituisce un imprescindibile e chiaro supporto normativo per affermare la qualifica di cui trattasi in capo al personale in esame, proprio in ragione delle specifiche competenze allo stesso attribuite ed alla rilevanza - anche costituzionale – del bene al quale le stesse attengono, oggetto di tutela penale. In particolare tale decreto ha stabilito (art. 1, comma 1) che "il tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, è responsabile, nell'ambito delle proprie competenze, di tutte le attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene di sanità pubblica e veterinaria".

 

Una competenza ampia, quindi, diffusamente descritta al comma 3 dell'art. 1, a mente del quale il tecnico medesimo: a) istruisce, determina, contesta e notifica le irregolarità rilevate e formula pareri nell'ambito delle proprie competenze; b) vigila e controlla gli ambienti di vita e di lavoro e valuta la necessità di effettuare accertamenti ed inchieste per infortuni e malattie professionali; c) vigila e controlla la rispondenza delle strutture e degli ambienti in relazione alle attività ad esse connesse; d) vigila e controlla le condizioni di sicurezza degli impianti; e) vigila e controlla la qualità degli alimenti e bevande destinati all'alimentazione dalla produzione al consumo e valuta la necessità di procedere a successive indagini specialistiche; f) vigila e controlla l'igiene e sanità veterinaria, nell'ambito delle proprie competenze, e valuta la necessità di procedere a successive indagini; g) vigila e controlla i prodotti cosmetici; h) collabora con l'amministrazione giudiziaria per indagini sui reati contro il patrimonio ambientale, sulle condizioni di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e sugli alimenti. Fino a stabilirsi, quale disposizione di chiusura, che lo stesso tecnico della prevenzione dell'ambiente "vigila e controlla quant'altro previsto da leggi e regolamenti in materia di prevenzione sanitaria e ambientale, nell'ambito delle proprie competenze" (art. 1, comma 3, lett. i), competenze per le quali, ha ribadito la Corte suprema, lo stesso decreto n. 58/1997 riconosce la qualifica di polizia giudiziaria anche al personale dell'A.r.p.a.t. che ha compiuto gli accertamenti di cui al giudizio in esame.

 

Condividendo in definitiva l'assunto del Procuratore ricorrente e accogliendo il suo ricorso la Corte di Cassazione, annullando con rinvio la sentenza impugnata, ha concluso sostenendo che “poiché la tutela dell'ambiente è materia presidiata dalla legge penale, le funzioni di vigilanza e controllo che la citata normativa statale riconosce (e anche la conforme e successiva legislazione regionale) ai Tecnici delle Agenzie Regionali non possono non essere ricondotte nell'alveo della previsione di cui all'art. 55 c.p.p. e, quanto alla qualifica spettante ai soggetti che ne sono titolari, alla generale previsione di cui al citato terzo comma del successivo art. 57 c.p.p.”.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 50352 del 28 novembre 2016 (u. p. 3 novembre 2016) -  Pres. Fiale – Est. Mengoni – Ric. Procuratore della Repubblica - Poiché la tutela dell’ambiente è materia presidiata dalla legge penale le funzioni di vigilanza svolte dai tecnici delle agenzie regionali vanno ricondotte nell’alveo dell’art. 55 c.p.p. per cui agli stessi spetta la qualifica di polizia giudiziaria.


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Rispondi Autore: Giuseppe Scarpino - likes: 0
13/03/2017 (08:58:40)
Concordo. Assolutamente.

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