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L’RLS tra attribuzioni di legge e capacità di esercitarle: sentenze

L’RLS tra attribuzioni di legge e capacità di esercitarle: sentenze
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

26/10/2023

I limiti del perimetro di competenza dell’RLS in relazione al concetto di “attribuzioni”, al contenuto giuridico delle stesse, alla formazione ricevuta, alle conoscenze e a ciò su cui si presume sia competente: pronunce di Cassazione.

 

Con una interessante sentenza di qualche anno fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 19 ottobre 2017 n.48286), la Cassazione si è occupata del delicato tema del perimetro e quindi della definizione dei limiti delle “competenze” del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza sulla base delle attribuzioni previste dall’art.50 D.Lgs.81/08.

 

Nel caso di specie, un datore di lavoro (N.M.), che era stato condannato in Corte d’Appello per le lesioni gravi causate a due lavoratori con due distinti infortuni avvenuti a circa 50 giorni l’uno dall’altro, nel ricorrere in Cassazione aveva addotto - tra i motivi di ricorso - il fatto che uno dei due lavoratori, ovvero “il dipendente A.B.K. - operaio esperto e rappresentante dei lavori per la sicurezza - era stato delegato ad addestrate il lavoratore I.W. [l’altro lavoratore infortunatosi, n.d.r.]”.

 

Il ricorrente ha inoltre aggiunto che il R.L.S. (e cioè il secondo infortunato A.B.K.), dopo l’infortunio verificatosi ai danni del dipendente I.W., avrebbe dovuto informarlo delle modalità con le quali lo stesso si era verificato e della non adeguatezza in termini di sicurezza delle procedure che si stavano utilizzando in azienda per sollevare i carichi, cosa che invece non era avvenuta.”

 

Al datore di lavoro erano state imputate essenzialmente l’omessa fornitura ai lavoratori di attrezzature idonee e la mancata formazione e informazione.

 

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il lavoratore infortunato “I. aveva precisamente affermato di non aver seguito alcun corso di formazione ma di aver ricevuto istruzioni su come agire da parte del più anziano ed esperto A.B.K. dal quale, in particolare, aveva appreso le modalità di aggancio dei lavorati agli uncini e/o (quando il carico del pezzo lo esigeva) di imbracatura con catene perché gli stessi potessero poi essere spostati.”

 

Inoltre, anche A.B.K. aveva “escluso di avere seguito specifici corsi formativi in materia avendo egli seguito solo corsi di formazione di carattere assolutamente generale”.

 

Nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato, la Cassazione si è soffermata in modo particolare sulla figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza così come tratteggiata e concepita dalla normativa prevenzionistica, fornendoci preziose indicazioni.

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Anzitutto la Corte ha ricordato che, tra le varie argomentazioni addotte dal datore di lavoro ricorrente, “neppure poteva valere a scagionare l’imputato, sempre secondo il Tribunale, l’ulteriore argomento difensivo secondo il quale A.B.K., che era rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, mai aveva avvisato N.M. dell’inidoneità dei mezzi di sollevamenti utilizzati per le operazioni di movimentazione dei lavorati”, dal momento che “l’imputato doveva pur sempre considerarsi investito della posizione primaria di garanzia e a lui direttamente faceva carico, ai sensi dell’art.2087 cod.civ. e della normativa infortunistica, l’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee a garantire la loro sicurezza.”

 

La Corte d’Appello, dal canto suo, ha altresì “ricordato l’assunto difensivo, secondo il quale A.B.K., vittima del secondo infortunio, era “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” e tale circostanza avrebbe investito il predetto di precisi obblighi in tema di formazione e informazione dei colleghi circa le corrette e sicure procedure di lavorazione (con la conseguenza, dedotta dalla difesa, che l’imputato avrebbe assolto agli obblighi previsti dall’art.37 d.lgvo n.81 del 2008 semplicemente affidando - con una “delega impropria” - a quegli l’istruzione degli operai).”

 

Con riferimento a tale obbligo formativo, poi, secondo il datore di lavoro “nessun obbligo di formazione poteva esserci nei confronti di chi doveva reputarsi già particolarmente formato [in qualità di RLS, n.d.r.].”

 

La Cassazione Penale ha dato ragione alla Corte d’Appello, che aveva “disatteso la prima parte di detto assunto, in quanto muoveva da una non corretta comprensione delle funzioni e delle attribuzioni proprie del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.”

 

Secondo la Suprema Corte, infatti, tali attribuzioni “sono analiticamente indicate nell’art.50 comma 1 d Lg.vo citato e rendevano “assolutamente chiaro” come quel lavoratore sia chiamato a svolgere, essenzialmente, una funzione di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall’azienda nel settore della sicurezza; non gli competono certamente quella di valutazione dei rischi e di adozione delle opportune misure per prevenirli e neppure quella di formazione dei lavoratori, funzioni che restano entrambe appannaggio esclusivo del datore di lavoro.”

 

Infatti - precisa la Cassazione - “non a caso, con riguardo al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza la fonte normativa parla di “attribuzioni” mentre, in relazione alle condotte del datore di lavoro, si parla di “obblighi”.”

 

Ed “in particolare, per quanto riguarda gli “obblighi” di informazione, formazione e addestramento (art.36 e 37) essi fanno senz’altro capo al datore di lavoro e ai dirigenti come espressamente dispone l’art.18, lett. I, d.lgvo n.81 del 2008. questi precisi obblighi potrebbero essere, neppure in astratto, oggetto di delega al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza perché, altrimenti, si verificherebbe una commistione di funzioni tra di loro inconciliabili (essendo alla figura prevista dall’art.50 affidate funzioni di controllo sull’adempimento degli obblighi datoriali) che negherebbe il sistema stesso delineato nella vigente normativa antinfortunistica (tanto che lo stesso art.50 comma 7 prevede che “l’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione”).” (Si veda, su questa incompatibilità tra RLS ed RSPP, l’ultima sentenza richiamata nel presente contributo.)

 

Inoltre - sottolinea la Suprema Corte - “l’art.50, nel prevedere i requisiti formativi che devono contraddistinguere il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ai commi 10 ed 11, dispone che lo stesso “ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza […]”.”

 

Pertanto, “era di “solare evidenza” che A.B.K. era del tutto sprovvisto di particolare tale formazione che non poteva essere certamente supplita dalla mera anzianità sul lavoro e da una non meglio testata esperienza nelle diverse attività lavorative che si svolgevano in azienda.”

 

Per inciso, poi, è giudicato dalla Corte “significativo” il fatto che, riguardo ad A.B.K., vi fosse “in atti un “attestato di formazione” relativo alla partecipazione dell’operaio a un corso per rappresentante dei lavoratori per la sicurezza tenutosi nel settembre-ottobre 2008”, ma “che la così attestata frequenza era ben anteriore a quella del corso di italiano per stranieri cui lo stesso operaio ebbe infatti a partecipare solo nel 2010, così autorizzandosi più di un dubbio circa l’effettiva preparazione conseguita da A.B.K. nello specifico settore antinfortunistico.”

 

In conclusione, sul punto, “allo stesso non era stata sicuramente impartita una formazione specifica che lo rendesse in grado di esercitare le attribuzioni che a lui competevano ai sensi di legge. Anche per questo, quindi, il costante riferimento da parte della difesa dell’imputato alle capacità professionali e alle conoscenze tecniche del lavoratore, poi infortunatosi, appariva “pretestuoso e comunque non conferente”.”

 

La Cassazione ha, infine, “disatteso anche la seconda parte dell’assunto difensivo (secondo il quale ad A.B.K. avrebbe dovuto esser imputata l’omessa informazione al datore di lavoro delle modalità con le quali si era verificato il precedente infortunio a danno di I.W. e della non adeguatezza in termini di sicurezza delle procedure che si stavano utilizzando in azienda per sollevare i carichi): sia perché A.B.K. non aveva egli stesso - perché mai gli erano state insegnate - le specifiche competenze tecniche per valutare se quelle procedure, che lui stesso peraltro seguiva, fossero o meno congrue e sicure; sia perché gli obblighi di vigilanza sui comportamenti dei dipendenti e di precisa presa di coscienza degli eventuali effetti che tali condotte possono avere sull’incolumità fisica degli operai incombono in prima persona sull’imprenditore e, quindi, nel caso di specie facevano capo proprio all’imputato.”

 

Analizziamo ora molto sinteticamente una seconda pronuncia.

 

Con Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 settembre 2012 n. 16474, la Suprema Corte si è pronunciata in merito all’infortunio mortale occorso al lavoratore C.V. che ricopriva anche il ruolo di RLS.

 

La questione su cui si pronuncia questa sentenza, in particolare, è la seguente: fino anche punto il datore di lavoro può presumere la conoscenza dei rischi lavorativi da parte dell’RLS - quale soggetto consultato sulla valutazione dei rischi - allorché questi operi in contesti esterni/estranei, anche in relazione all’obbligo del datore di lavoro stesso di informare i lavoratori sui rischi specifici?

 

La Società ricorrente faceva valere “l’essere l’infortunato - il quale sin dal 1995 era rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed aveva collaborato alla stesura del documento di valutazione dei rischi - ben a conoscenza dei luoghi e delle loro caratteristiche ed in particolare a conoscenza dei camminamenti in cemento che consentivano di evitare il plexiglass”.

 

Ma secondo la Corte è “irrilevante, rispetto all’affidamento dei suddetti compiti esorbitanti, la circostanza, ampiamente valorizzata dall’odierna ricorrente, che il C. fosse sin dal 1995 rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e per aver collaborato alla stesura del documento di valutazione dei rischi.”

Questo perché “tale circostanza, infatti, evidentemente riferita alla ordinaria attività svolta dal C. (addetto al magazzino) e più in generale dall’azienda (esercente attività di commercializzazione di vernici), non è significativa della specifica conoscenza di rischi presenti in contesti esterni ed estranei a quello di espletamento dei compiti ordinari.”

 

Il che vale a dire che “il ruolo del C. nell’ambito dell’attività propria della V. non esonerava l’amministratore di quest’ultima dall’informare puntualmente detto lavoratore dei rischi specifici ricollegabili alla disposta ed assolutamente contingente attività”.

 

Chiudiamo questa breve rassegna, condotta come sempre senza la pretesa di essere esaustivi sull’argomento, con Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 15 settembre 2006 n.19965, che si è   pronunciata sulla legittimità del licenziamento di un lavoratore che si era rifiutato di svolgere le funzioni di RSPP, affidategli dal datore di lavoro, adducendo che tali mansioni erano incompatibili con quelle di RLS, ruolo di cui questi era stato investito da parte dei lavoratori.

 

Questo pronunciamento della Cassazione sulla incompatibilità tra la funzione di RSPP e quella di RLS, che ha peraltro rappresentato il presupposto giuridico sulla base del quale due anni dopo il D.Lgs.81/08 ha introdotto a livello normativo l’incompatibilità tra tali due ruoli (art.50 c.7 D.Lgs.81/08), ha determinato, nella fattispecie oggetto del giudizio, la legittimità del rifiuto opposto dal lavoratore e quindi l’invalidità del licenziamento intimato dal datore di lavoro.

 

Con questa sentenza, la Corte ha chiarito che l’ RLS “svolge tutta una serie di funzioni […] che possono, in sintesi, definirsi di costante controllo dell’attività svolta, in materia di sicurezza, dal datore di lavoro e dal servizio di prevenzione da questi istituito”.

 

Pertanto, “concentrare nella stessa persona le funzioni di due figure cui il legislatore ha attribuito funzioni diverse, ancorché finalizzate al comune obiettivo della sicurezza del lavoro significa eliminare ogni controllo da parte dei lavoratori, atteso che il controllato ed il controllante coinciderebbero; è come se, nei casi in cui può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10, primo comma), il datore di lavoro fosse eletto dai lavoratori come loro rappresentante per la sicurezza; chiaramente diversa è la volontà della legge, che richiede entrambe le figure per una azione di prevenzione costantemente perseguita da parte datoriale e controllata dai lavoratori.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 48286 del 19 ottobre 2017 - Errate operazioni di movimentazione portano a due distinti infortuni nella stessa ditta. Gli obblighi di formazione non sono certo in capo ad un RLS.

 

Corte di Cassazione Civile, Sez. Lav. – Sentenza n. 16474 del 27 settembre 2012 - Infortunio mortale di un RLS e preteso comportamento abnorme.

 

Corte di Cassazione Civile, Sez. lavoro – Sentenza n. 19965 del 15 settembre 2006 - Mobbing

 





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Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
09/11/2023 (19:45:42)
Tribunale di Trani 19.10.2018 2693/18 Reg. Sent. Giudice Dott.ssa Laura Cantore
Pag. 30 "La responsabilità del [secondo imputato] va affermata alla luce ... sia [n]ella veste di dirigente all'interno dell'azienda sia di RLS, atteso che è pacificamente emerso che egli, nella precipua veste rivestita, e pur essendo bene a conoscenza di tutta la situazione descritta non abbia fatto nulla, pur a conoscenza della nota inviata dal RSPP e tenuto conto della piena consapevolezza della situazione di pericolo evidentemente discendente ANCHE dal ruolo assunto di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza del lavoratori, affinché venissero sollecitate e/o adottate le necessarie contromisure affinché 'evento, del tutto prevedibile ed evitabile, [non] si verificasse".
Pag. 25 [I due imputati] ... i RESPONSABILI AZIENDALI... il primo quale legale rappresentante [il datore di lavoro]. il secondo consigliere membro del C.d.A [Consiglio di Amministrazione] e RLS, della Sidercamma, sempre presenti in azienda, consentivano che le attività di carico/scarico di merci venissero effettuate ... anche con l'ausilio del muletto all'interno di una logica di radicale indifferenza per il rispetto delle regole minime di sicurezza".

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