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L’applicazione del Titolo IV ai lavori edili e impiantistici

L’applicazione del Titolo IV ai lavori edili e impiantistici
Carmelo G. Catanoso

Autore: Carmelo G. Catanoso

Categoria: Sentenze commentate

21/12/2022

La Cassazione Penale, Sez. 4 23/11/2022, n. 44557, si è espressa riguardo un ricorso presentato in merito ad un grave infortunio avvenuto per caduta dall’alto fornendo anche un’interpretazione riguardo il campo di applicazione del Titolo IV.

 

Il fatto

Il procedimento in esame aveva ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi in una cittadina dell’hinterland torinese nel 2015 in una palazzina di uffici che, all'epoca dei fatti, in forza di un contratto di locazione finanziaria, era nella disponibilità di una società assicurativa. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, la società aveva sottoscritto con un’altra società un contratto preliminare per la locazione di una parte della palazzina attribuendo alla promissaria conduttrice (locataria) l'immediata disponibilità dei locali per consentirle di eseguire lavori di manutenzione e adattamento degli stessi in vista di un contratto definitivo che sarebbe stato stipulato successivamente.

 

Dalle sentenze di primo e secondo grado emerge che nella palazzina furono eseguiti lavori di manutenzione straordinaria che coinvolsero l'intera struttura. In particolare, la società assicuratrice stipulò un contratto di appalto con un’azienda impiantistica per la realizzazione, nell'intero stabile, degli impianti di condizionamento; la società locataria incaricò un’altra impresa per la realizzazione delle murature REI e la tinteggiatura dei locali che aveva promesso di prendere in locazione affidando il rifacimento dell’impianto elettrico presente in quei locali ad un’altra impresa impiantistica.

 

Quest’ultima, era già stata incaricata, da inizio 2015, dalla società assicuratrice (locatore) della manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti elettrici dell'intera palazzina. L'infortunio si verificò a fine settembre 2015 quando i lavori affidati alla prima impresa impiantistica erano ormai quasi terminati. Proprio perché i lavori erano quasi finiti, nella palazzina non erano più presenti maestranze della impresa incaricata di eseguire le murature REI; questa aveva lasciato in deposito in un bagno i materiali per la tinteggiatura e una scala di alluminio.

 

Nel pomeriggio del 29 settembre il datore di lavoro di questa impresa incaricò un suo dipendente di recarsi presso la palazzina e prelevare la scala che doveva essere utilizzata altrove. Recatosi sul posto, il dipendente constatò che la scala non era più dove era stata lasciata e, parlando con alcuni lavoratori delle altre imprese presenti, apprese che era stata utilizzata per far passare le tubazioni dell'impianto di condizionamento all'interno di un cavedio cui si poteva accedere attraverso una porticina presente in un bagno al primo piano.

 

La pavimentazione del cavedio era costituita, nella parte iniziale, da un pianerottolo in grigliato metallico e, alla sinistra di quel pianerottolo, c'era un corridoio largo 95 centimetri e lungo 4 metri, privo di illuminazione, la cui pavimentazione era costituita da pannelli in cartongesso e, quindi, palesemente inidonea a sostenere il peso di una persona. Nel punto di passaggio, dal pianerottolo in grigliato metallico al corridoio, era inizialmente collocato un cancelletto di protezione che era stato rimosso nel corso dei lavori. Al di sopra dei pannelli, inoltre, erano presenti tubolari metallici che fungevano da supporti per il posizionamento di tavole sulle quali era possibile camminare nel caso in cui fosse necessario accedere al locale.

 

Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, avendo appreso che la scala si trovava nel cavedio, il dipendente vi entrò. Nessuno lo aveva informato delle caratteristiche del pavimento e per entrare non dovette superare nessun ostacolo perché la porticina di accesso era aperta. Facendosi luce col telefono cellulare, vide la scala, collocata sul fondo del corridoio e andò a prenderla. Mentre tornava indietro, a causa del cedimento della struttura in cartongesso, precipitò nel locale sottostante con un volo di oltre 5 metri riportando gravi lesioni.

 

Il legale rappresentante della società assicuratrice (locatore) era stato accusato di aver provocato l'infortunio, quale committente dei lavori, per non aver provveduto alla nomina di un coordinatore per la progettazione che «redigesse il piano di sicurezza e coordinamento e di un coordinatore per l'esecuzione che vigilasse sulla sicurezza dei lavori verificando i singoli piani operativi di sicurezza delle imprese o società esecutrici».

 

La Corte di appello di Torino aveva condannato il committente alla pena, condizionalmente sospesa, di 20 giorni di reclusione per il reato di cui agli artt. 40, secondo comma, 113, 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. avendo commesso il reato in cooperazione colposa con il datore di lavoro dell’impresa impiantistica a cui erano stati affidati i lavori relativi agli impianti di condizionamento (quest’ultimo giudicato separatamente).


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Il ricorso

L'imputato aveva proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Torino articolandolo in tre motivi:

  • erronea applicazione del titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008, in quanto nel cavedio dovevano passare solo i tubi in rame dell’impianto di riscaldamento fissati solo con qualche tassello e quindi, tra i lavori espressamente esclusi dall’art. 88 comma 2 lett. g-bis del decreto e, inoltre, i lavori di costruzione dei muri REI, erano stati commissionati all’impresa impiantistica dall’azienda locataria;
  • erronea applicazione della legge penale con riferimento all'ipotizzata sussistenza del nesso di causalità, in quanto l’evento era stato causato dall’asportazione delle tavole di copertura sopra il cartongesso e la nomina di un CSP/CSE e la redazione di un PSC non avrebbe certo evitato l’evento trattandosi anche di un rischio proprio dell’impresa da governare con il POS e senza dimenticare che il CSE, in fase esecutiva, non era tenuto al controllo, momento per momento, dell’attività dei lavoratori;
  • violazione di legge, per aver attribuito al legale rappresentante della società assicuratrice (locatore), il ruolo di committente mentre era stata l’azienda locataria che aveva incaricato le due imprese per l’esecuzione dei lavori, compresi i lavori edili di realizzazione delle pareti REI, visto che il committente è definito dall’'art. 89 comma 1 lett. b) del decreto come il “soggetto per conto del quale” l'opera viene realizzata; pertanto, era a carico del legale rappresentante dell’impresa locataria l’obbligo di nomina del CSP e del CSE e la redazione del PSC.

 

[…]

 

L’articolo completo è disponibile per gli abbonati:

Ing. Carmelo G. Catanoso – L’applicazione del Titolo IV ai lavori “misti” (edili e impiantistici) – Commento alla sentenza n. 44557 del 23 novembre 2022. 

 

Carmelo G. Catanoso

Ingegnere Consulente di Direzione

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 44557 del 23 novembre 2022 - Cedimento della struttura in cartongesso e caduta nel vuoto. Responsabilità del committente per omessa nomina del coordinatore per la sicurezza




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Rispondi Autore: giuseppe - likes: 0
21/12/2022 (09:18:17)
Come è andato a finire l'appello? Grazie
Giuseppe
Rispondi Autore: ANDREA MARIA MORO - likes: 0
21/12/2022 (10:36:42)
La sentenza della cassazione è chiara e ovvia. Qualsiasi tecnico esperto della normativa non avrebbe avuto alcun dubbio in merito alla necessità e obbligatorietà della nomina del Coordinatore per la sicurezza visti i presupposti di legge. Invece non è così scontato che un committente dei lavori sia informato sulle norme vigenti in materia sicurezza nei cantieri edili, ma questo non lo esclude dalle proprie responsabilità. Quello che tuttavia mi chiedo è perché ci sono degli avvocati che trascinano il cliente fino al più alto grado di giudizio senza alcuna valida motivazione. Ci sono sicuramente delle risposte e nessuna di queste può gravitare nella sfera dell'ingenuità.

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