Campagna europea: quali sono i rischi e le sfide nel lavoro da remoto e ibrido?
Bilbao, 8 Nov – Una delle principali innovazioni connesse alla diffusione delle tecnologie digitali, accentuata durante la pandemia da COVID-19, è la possibilità di lavorare a distanza. Tuttavia il remote working, da molti scoperto durante il tentativo di limitare la trasmissione del virus, ha avuto una diffusione notevole anche in epoca post-emergenziale.
Il problema è comprendere, al di là degli indiscutibili vantaggi connessi al lavoro a distanza, anche quali siano i possibili rischi per i lavoratori e lavoratrici e le possibili sfide per chi deve garantire la tutela della loro salute e sicurezza.
Proprio per affrontare questi temi, promuovere politiche uniformi nell'Unione europea, favorire valutazioni dei rischi accurate e implementare idonee misure preventive anche al di fuori dei locali aziendali, il “lavoro da remoto e ibrido” è il terzo ambito prioritario affrontato dalla campagna europea (2023/2025) “ Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”, promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA) e di cui PuntoSicuro è media partner.
Per conoscere più da vicino questo tema ed evidenziare le sfide possibili e il lavoro dell’Agenzia europea, abbiamo nuovamente intervistato uno dei responsabili dei contenuti della campagna europea, Maurizio Curtarelli, Senior Research Project Manager - Prevention and Research Unit dell’Agenzia europea EU-OSHA.
In questa nuova e lunga intervista, dedicata al tema delle varie forme di lavoro da remoto, di telelavoro e di lavoro ibrido, poniamo al rappresentante dell’Agenza EU-OSHA le seguenti domande:
- La campagna europea “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale” è articolata in cinque diversi ambiti prioritari. Quali sono gli ambiti prioritari e di cosa parleremo oggi?
- Cosa si intende parlando di lavoro da remoto e ibrido?
- Ci sono state delle ricerche in merito alla quantità e tipologia di lavoro da remoto?
- L’agenzia ha affrontato l’uso della Realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR) per il lavoro a distanza. Cosa è stato rilevato?
- Vendiamo alle sfide e ai rischi per la salute e sicurezza, partendo da quelli ergonomici. Perché questi rischi possono essere più rilevanti rispetto ai tradizionali luoghi di lavoro?
- Nel lavoro da remoto e ibrido ci sono anche rischi psicosociali?
- Sono presenti anche rischi specifici connessi all’uso delle tecnologie AR/VR?
- Come Agenzia avete parlato anche dei rischi specifici del lavoro ibrido e delle eventuali differenze di genere. Può fornirci alcune indicazioni su questi temi?
- Cosa possono fare i datori di lavoro e le aziende per migliorare la prevenzione?
- I lavoratori cosa possono fare per ridurre i rischi? Quanto è importante la formazione?
- L’Agenzia europea nelle presentazioni parla di “sana disconnessione”. Cosa si intende?
- Esiste un Accordo quadro europeo sul telelavoro. Che cosa indica e che valore ha nella normativa nazionale?
- Quale sarà il prossimo ambito prioritario che affronterà la campagna “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”?
L’articolo si sofferma su vari argomenti:
- La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: le definizioni e i dati
- La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: i rischi e le sfide
- La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: la prevenzione e la disconnessione
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Maurizio Curtarelli
La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: le definizioni e i dati
Partiamo dalle definizioni. Cosa si intende per lavoro da remoto e lavoro ibrido?
Maurizio Curtarelli: Noi facciamo riferimento al lavoro da remoto per tutte le forme di lavoro rese possibili dall'utilizzo delle tecnologie digitali, per lavorare in un luogo lontano dai locali del datore di lavoro, dall'ufficio, dalla fabbrica, dalla piattaforma logistica, ... (…)
Nell'ambito poi del lavoro da remoto noi facciamo una distinzione da quello che chiamiamo telelavoro, che per noi è lavoro da remoto che viene però condotto dal domicilio del lavoratore, sempre con l'impiego di tecnologie digitali. Vorrei sottolineare che con tecnologie digitali non intendiamo soltanto, naturalmente, l'utilizzo di un computer o di un collegamento ad Internet, ma intendiamo anche, per esempio, l'utilizzo di tecnologie più avanzate come la realtà virtuale o la realtà aumentata che permettono di allargare, diciamo così, i confini del lavoro da remoto travalicando quello che è il lavoro da casa anche per altri tipi di lavoratori. Ad esempio, lavoratori che si occupano della manutenzione di impianti che grazie alla realtà virtuale o aumentata riescono a distanza a effettuare queste manutenzioni utilizzando l'ambiente virtuale.
Oggi si sta affermando molto, sia nella letteratura e sia nell'opinione pubblica, il concetto di lavoro ibrido. Il lavoro ibrido è il lavoro in cui si alterna presenza sul luogo di lavoro, nei locali del datore di lavoro, e presenza in un altro luogo, che può essere da casa o all'esterno dei locali di lavoro, a seconda del tipo di lavoro che viene svolto.
Queste distinzioni sono importanti, perché ovviamente hanno delle implicazioni da un punto di vista di salute e sicurezza sul lavoro, sia per quel che riguarda l'esposizione ai rischi e sia per quel che riguarda tutte le iniziative di prevenzione dei rischi che vanno naturalmente analizzate e promosse in maniera un po’ più articolata.
Come Agenzia avete fatto delle ricerche o ci sono comunque delle ricerche che ci possono far comprendere la quantità e tipologia di lavoro da remoto che è praticato nelle aziende?
Maurizio Curtarelli: Noi abbiamo condotto la nostra ultima indagine OSH Pulse del 2022 e anche altre indagini Esener, di cui però purtroppo non sono ancora pronti i dati del 2024, mentre OSH Pulse la ripeteremo il prossimo anno. Indagini che permettono di rilevare l'utilizzo di lavoro da remoto da parte dei lavoratori o da parte delle imprese.
Il dato dei lavoratori ci dà un quadro abbastanza interessante. Do giusto qualche elemento: mentre per il 65% dei lavoratori il luogo principale di lavoro è presso i locali del datore di lavoro - quindi stiamo parlando dei due terzi del lavoro - per un terzo dei lavoratori europei, invece, si lavora da altri luoghi. Un 17% lavora da casa, il 6% lavora per esempio da un sito di costruzione oppure un campo agricolo oppure nelle strade di una città. Abbiamo poi un 6% che lavora presso i clienti, quindi comunque via dai locali del datore di lavoro. E altre, diciamo percentuali più piccole, riguardano che lavora per esempio in caffè, aeroporti, eccetera,… Sono quelli che noi chiamiamo anche “nomadi digitali”, quelli che per questioni legate al lavoro sono costretti a utilizzare, ad esempio, stazioni ferroviarie o aeroporti e lavorare con i loro laptop mentre raggiungono un altro luogo dove lavoreranno.
(…)
La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: i rischi e le sfide
Veniamo alle sfide e rischi per la salute e sicurezza. Cominciamo a parlare di quelli ergonomici. Perché questi rischi possono essere più rilevanti rispetto ai tradizionali luoghi di lavoro?
Maurizio Curtarelli: In un certo senso la risposta è molto semplice, perché sui tradizionali luoghi di lavoro (…) il datore di lavoro ha un controllo molto più chiaro; quindi può fornire tutta l'attrezzatura necessaria, può attivare tutti i protocolli necessari per verificare che il lavoratore abbia una postura corretta, verificare che la luminosità dell'ambiente sia quello idonea, che non ci siano rumori, che, per chi usa la scrivania, la scrivania abbia una certa altezza, la sedia sia ergonomica, eccetera eccetera. Ovviamente lavorare in un luogo che non è controllato direttamente dal datore di lavoro, racchiude una serie di problemi. Nel senso che lì poi dipende dalla collaborazione tra il lavoratore e il datore di lavoro, il settaggio idoneo della postazione di lavoro. In assenza di questo tipo di interazione, il lavoratore si ritrova a lavorare magari con delle posizioni strane. Lo abbiamo visto nel periodo della pandemia, quando vedevamo le immagini di gente che telelavorava sul divano di casa con il computer sulle ginocchia, oppure in cucine con pile di libri eccetera. E tante persone ne hanno poi pagato le conseguenze nel tempo. (…)
Parliamo dei rischi psicosociali. Quali avete rilevato essere i più diffusi nel lavoro da remoto?
Maurizio Curtarelli: Probabilmente quello che è stato più riportato (…) è l'isolamento del lavoratore che, magari per alcuni è un toccasana perché permette una maggior concentrazione, ma per altri lavoratori, soprattutto quelli che lavorano magari in team più frequentemente, è un problema. La distanza dai colleghi, la distanza dai manager, (…) è un problema, aumenta lo stress, c'è la difficoltà di avere immediatamente un sostegno, un appoggio anche in caso di necessità.
Il tutto viene mediato ovviamente dalle tecnologie digitali che rallentano la comunicazione immediata, soprattutto se non si è particolarmente avvezzi all'utilizzo di queste tecnologie come i software per teleconferenze.
Poi abbiamo rilevato anche tanto stress nei lavoratori che si ritrovano a stare, per esempio, a casa, ma comunque a farsi carico anche della gestione domestica; come è successo soprattutto nel periodo della pandemia in cui appunto si lavorava da casa al 100%. Soprattutto per (…) la donna lavoratrice che lavora fuori casa ma anche dentro casa (…). Nel periodo della pandemia è stato molto più forte questo problema, perché in più c'erano tanti bambini, adolescenti che studiavano da casa. Quindi i genitori, soprattutto le mamme - questo risulta da evidenze empiriche che abbiamo raccolto nel corso delle nostre indagini – erano assolutamente debordate da questo carico di lavoro immenso.
Questi sono i due più importanti problemi di carattere psicosociale.
Va anche detto che con la comunicazione digitale abbiamo riscontrato anche un problema quasi di burnout, in alcuni casi, ma comunque di sovraccarico cognitivo. Questo perché la comunicazione digitale, in ogni caso, permette una maggior circolazione di informazioni, una comunicazione anche più veloce, … (…)
Si è parlato di realtà virtuale, realtà aumentata. Ci sono in questo caso dei rischi specifici?
Maurizio Curtarelli: Sì, in realtà abbiamo individuato diversi rischi specifici, però quello che più spesso viene riferito è il problema legato alla simulazione dei movimenti che dà un senso di malessere molto forte in alcuni lavoratori, un senso di nausea, di sbandamento, eccetera.
Anche un altro rischio, soprattutto per chi usa i visori della realtà virtuale molto a lungo, è la perdita di connessione con la realtà. Cioè, chi fa tanto uso di realtà virtuali inizia ad aver fatica poi a distinguere in maniera chiara la realtà virtuale: ciò che virtuale da ciò che è reale. Bisogna considerare che si tratta di un ambito molto nuovo, anche di studio. È interessante vedere da qui a qualche anno altri studi, anche epidemiologici, che permettono di capire quali sono gli impatti. Però sin qui noi ne abbiamo identificati diversi e li abbiamo discussi in dettaglio in una pubblicazione.
(…)
La campagna e il lavoro da remoto e ibrido: la prevenzione e la disconnessione
Parliamo della prevenzione e dei possibili suggerimenti. Cosa possono fare i datori di lavoro e le aziende per ridurre i rischi?
Maurizio Curtarelli: Un primissimo punto che vorrei trattare è che il datore di lavoro è comunque responsabile della valutazione dei rischi anche al di fuori del luogo di lavoro di cui è responsabile immediatamente. È responsabile quindi della valutazione dei rischi del telelavoratore o del lavoratore da remoto. (…) Ovviamente noi siamo consapevoli del fatto che fare una valutazione di rischi che richiede, per esempio, l'accesso al domicilio del lavoratore non è una cosa facile. Richiede naturalmente la collaborazione del lavoratore, richiede, in alternativa, se non l'accesso al domicilio del lavoratore, comunque l'utilizzo di tecnologie o di strumenti che permettano di effettuare questa valutazione dei rischi.
Noi, da un lato, abbiamo sviluppato uno strumento OIRA, un metodo per effettuare una valutazione dei rischi online dei lavoratori da casa. Dall'altro abbiamo raccolto anche delle esperienze di alcuni paesi, per esempio scandinavi, che hanno sviluppato delle applicazioni attraverso le quali il lavoratore, dal proprio domicilio, può prendere delle misurazioni della luminosità, per esempio, oppure fotografare l'attrezzatura ergonomica che utilizza a casa e trasmetterla al datore di lavoro.
Ripeto, è importante la collaborazione del lavoratore in tutti questi casi. E ovviamente sappiamo che laddove c'è fiducia, laddove c'è informazione, c'è maggior collaborazione da parte del lavoratore.
Noi abbiamo anche sviluppato delle checklist che possono essere utilizzate, sono a disposizione di tutti, sul nostro sul nostro sito, in forma, ovviamente, del tutto gratuita.
(…)
Immagino che sia anche importante nelle aziende, per i lavoratori, una adeguata formazione...
Maurizio Curtarelli: Certo, la formazione sui rischi legati al lavoro da remoto è fondamentale. Formazione sia per i lavoratori e sia, ovviamente, in quanto lavoratori, per i loro manager o superiori.
Da un lato per il lavoratore, per imparare a lavorare anche da casa o da altre località remote, quindi conoscere quali sono i rischi, come fare per prevenirli, cosa fare in caso di un incidente, eccetera eccetera. Dall'altro per il manager, il superiore, che impara a gestire i team e capisce anche quali sono i rischi, soprattutto psicosociali, a cui vanno incontro i lavoratori e che non sono gestiti correttamente a distanza. (…)
Nei documenti dell'Agenzia si parla spesso di un tema importante, si parla di sana disconnessione. Cosa si intende in questo caso?
Maurizio Curtarelli: Il tema della disconnessione è un tema caldo nel dibattito sul lavoro da remoto, sul lavoro da casa, in particolare. Noi intendiamo con sana disconnessione, la necessità, a un certo punto, di disconnettersi dal lavoro, perché il lavoro e le tecnologie digitali permettono una continua reperibilità che fa sì che anche in orari non di lavoro si tenda a collegarsi per controllare le email, … Magari in un momento in cui si è più tranquilli, perché i bambini sono stati messi a letto oppure la cena è stata è stata già consumata, il lavoratore si rimette a lavorare nuovamente. Però questo ha un impatto notevole dal punto di vista dello stress, …. Perché c'è bisogno di pause fisiologiche. Allora la sana disconnessione è organizzare e concentrare il lavoro nelle ore di lavoro e, a un certo punto, discuterne ovviamente con i propri superiori o con i rappresentanti dei lavoratori, discutere della necessità di non essere reperibili 24 ore su 24. Ma soprattutto, in caso in cui non c'è la reperibilità, la sana disconnessione sta nel fatto che il lavoratore stesso deve decidere che ha finito di lavorare in quell'ora e non continuare a collegarsi e controllare le mail di lavoro anche in altri momenti. Ecco, questa è la sana disconnessione.
(…)
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Link alle precedenti interviste sul primo e secondo ambito prioritario della campagna europea:
- Quali sono i vantaggi e svantaggi dell'automazione dei compiti lavorativi?
- Campagna europea: quali sono i rischi connessi al lavoro su piattaforma?
Il link al sito della campagna “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”.