Lavoro sano e sicuro nell’era digitale: come si svilupperà la nuova campagna?
Bilbao, 6 Ott – Non c’è dubbio che le campagne “ Ambienti di lavoro sani e sicuri” promosse in questi anni dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA) siano state molto importanti non solo per aumentare la consapevolezza su specifici rischi e tematiche, ma anche per coagulare intorno a queste campagne moltissime iniziative che hanno portato questi temi all’attenzione delle aziende, dei professionisti e dei vari Governi dell’Unione europea. Questo è sicuramente uno dei motivi per cui noi, come PuntoSicuro, continuiamo a promuoverle come mediapartner.
Per l’ultima campagna 2023- 2025 sul “ Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”, dopo aver presentato in questi mesi studi, relazioni e approfondimenti sulle situazioni applicative dell’ evoluzione tecnologica/digitale e in attesa del lancio ufficiale (che avverrà il prossimo 25 ottobre), il nostro giornale ha deciso di utilizzare nuovi strumenti per permettere ai nostri lettori di “entrare” nell’Agenzia europea e avere informazioni dirette sullo sviluppo e l’articolazione della nuova campagna.
Per farlo abbiamo intervistato da Bilbao (sede EU-OSHA) Maurizio Curtarelli, Senior Research Project Manager - Prevention and Research Unit dell’Agenzia europea e Content manager della prossima campagna. Lo abbiamo intervistato, tramite piattaforma, raccogliendo informazioni sull’Agenzia, interessanti anticipazioni (ad esempio sul tema della campagna che partirà nel 2026 e che riguarderà la salute mentale e i rischi psicosociali) e indicazioni pratiche sulla campagna “ Safe and healthy work in the digital age”.
Quali sono le funzioni e le attività dell’Agenzia europea?
Quanto è importante, per la politica dell’agenzia, il Quadro strategico della Commissione europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro?
Qual è la situazione dell’Italia in materia di salute e sicurezza rispetto agli altri partner dell’Unione europea?
Quanto sono importanti nell’attività di EU-OSHA le campagne “Ambienti di lavoro sani e sicuri”? Come vengono scelte le tematiche di anno in anno?
Di cosa parla nella nuova campagna e quali sono i punti più importanti che affronterà? Quando sarà ufficialmente lanciata?
Quali ritiene sono gli aspetti e le criticità più rilevanti, in materia di salute e sicurezza, relative ai temi della nuova campagna?
Qual è il target che ritiene più importante raggiungere? Come si articolerà la campagna nel triennio? Quali sono e quali saranno gli spazi a disposizione dei professionisti e delle aziende per eventuali approfondimenti sul tema?
Cosa pensa dell’evoluzione continua dell’intelligenza artificiale e delle eventuali criticità connesse al suo utilizzo? Sono necessarie delle normative specifiche per ridurle?
Come favorire lo sviluppo della tecnologia e della digitalizzazione, cogliendo gli effetti positivi ma governandone sempre i processi e affrontando le sfide dei possibili rischi emergenti?
L’articolo si sofferma su vari argomenti:
- L’importanza delle campagne dell’Agenzia europea su salute e sicurezza
- La nuova campagna sul lavoro sano e sicuro nell’era digitale
- L’evoluzione dell’intelligenza artificiale e lo human centered approach
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Maurizio Curtarelli
L’importanza delle campagne dell’Agenzia europea su salute e sicurezza
(…) Quanto sono importanti nell’attività dell’Agenzia europea le campagne “Ambienti di lavoro sani e sicuri”? Come vengono scelte le tematiche di anno in anno?
Maurizio Curtarelli: (…) Le campagne di sensibilizzazione “ Ambienti di lavoro sani e sicuri” sono una delle attività principali dell'Agenzia, una di quelle che assorbe molte risorse sia umane e sia finanziarie; perché, comunque, ogni campagna, soprattutto negli ultimi anni, è preceduta da un lavoro di ricerca piuttosto intenso e quindi sono sicuramente una delle attività principali e che danno maggior visibilità al lavoro dell'Agenzia.
Le campagne - per far capire quanto sono importanti - sono previste dal Regolamento istitutivo dell'Agenzia, quindi già 25 anni fa, quando la Commissione istituì l'Agenzia, nel regolamento istitutivo erano previste le campagne. Quindi sono un osso importante del nostro lavoro: vogliono essere uno spazio di confluenze e di scambio di punti di vista diversi di tutti gli attori interessati dalla sicurezza e salute sul lavoro su tematiche, ovviamente, specifiche in questo ambito più grande.
Noi come scegliamo le tematiche? Noi proponiamo e scegliamo queste tematiche in collaborazione con la nostra Governance, quindi noi abbiamo un Management board, un consiglio di amministrazione tripartito (ne parla in una precedente risposta, NdR) in cui abbiamo rappresentanti di tutti i paesi, eccetera, in cui noi mettiamo sul tavolo - in linea naturalmente anche con il quadro strategico che segna le priorità a livello europeo - mettiamo sul tavolo delle proposte.
E ovviamente l'ultima parola ce l'hanno il nostro board tripartito che dà un assenso, oppure esprime delle perplessità su determinate tematiche. Quindi è sempre un lavoro interattivo e un lavoro di consultazione che facciamo per definire le priorità, a partire dal basso sentendo i nostri referenti istituzionali del board.
La nuova campagna sul lavoro sano e sicuro nell’era digitale
Veniamo alla nuova campagna. Di cosa parla e quali sono i punti più importanti che la campagna affronterà? E quando sarà ufficialmente lanciata?
M.C.: Perché questa nuova campagna? E di cosa parla?
Beh, adesso stiamo facendo un'intervista su Zoom: ormai le tecnologie digitali stanno trasformando il modo in cui lavoriamo, il modo in cui il lavoro è organizzato, da dove possiamo lavorare, e così via…
Però quello che si sa di meno, anche se le tecnologie sono entrate in maniera molto preponderante nella nostra quotidianità lavorativa, sono le implicazioni in termini di salute e sicurezza sul lavoro.
Quindi le implicazioni di questa trasformazione non sono ancora del tutto conosciute. Ed è importante quindi condurre ricerche e soprattutto sensibilizzare intorno, poi, a quelli che sono i rischi legati alla digitalizzazione.
Noi punteremo anche a far presenti quali sono le opportunità che vengono dalla digitalizzazione e che ci sono, comunque. Però, ovviamente, il nostro interesse è anche quello di portare l'attenzione di tutti sui dischi e capire quali sono gli strumenti più idonei per la prevenzione di questi rischi.
La nuova campagna che si intitola “Lavoro sano e sicuro nell'era digitale” si basa su un'attività pluriennale di ricerca sugli stessi temi. Noi abbiamo iniziato a lavorarci già dal 2019 a questa attività pluriennale di ricerca producendo un buon numero di pubblicazioni, di report di ricerca, di casi di studio, e così via… La campagna promuoverà i risultati di queste ricerche e l'obiettivo è quello di sensibilizzare tutti gli attori - quindi i decisori politici, le istituzioni, gli intermediari, le imprese e i lavoratori - sull'importanza dei rischi connessi alla digitalizzazione ma anche, come ho detto, sulle opportunità.
Questo è il tema della campagna.
Quando si lancerà? Si lancia il 25 ottobre ufficialmente a Bruxelles con la presenza del commissario Schmit e la presenza di Yolanda Diaz, ministro del lavoro spagnolo in quanto rappresentante della Presidenza di turno dell'Unione Europea che in questo momento ce l'ha la Spagna. In Italia invece, anche se la data è da definire, dovrebbe essere il 14 novembre. (…) Quindi io probabilmente sarò a Roma all'INAIL a presentare la campagna e ovviamente invito tutti a seguirla (…).
Quali ritiene sono gli aspetti e le criticità più rilevanti, in materia di salute e sicurezza, relative ai temi della nuova campagna?
M.C.: Dunque la prevenzione dei rischi psicosociali associati all'uso delle tecnologie digitali è, secondo me e diciamo in relazione all'evidenza che abbiamo raccolto in questi anni di lavoro di ricerca, sicuramente uno dei temi più importanti. E è trasversale a tutte le tecnologie e un po' a tutti gli ambienti e tipologie di lavoro, dal momento che le tecnologie digitali comportano spesso, per esempio, un'intensificazione del lavoro, comportano il lavoro in solitudine o, per esempio, permettono l'assegnazione automatica di turni e orari di lavoro senza che ci possa essere una discussione, un dialogo con un manager. O anche porta all'automazione di decisioni riguardanti il lavoratore, con la cosiddetta gestione algoritmica: per cui ci sono dei lavoratori che vengono licenziati in maniera automatica (…) Ad esempio i lavoratori su piattaforma, i vari riders che vediamo in giro nelle nostre città: se non raccolgono una serie di task, eccetera, ad un certo punto il loro account viene immediatamente bloccato e quindi non possono continuare a lavorare. Per esempio con riferimento ai lavoratori da remoto che si trovano spesso ad affrontare i conflitti tra vita privata e lavoro che generano stress. Oppure l'idea di lavorare con tecnologie che raccolgono costantemente dati personali, ma anche dati di comportamento, dati vitali, quindi il battito cardiaco, eccetera, del lavoratore. Sapere che il computer con cui si sta lavorando sta raccogliendo tutte queste informazioni genera stress. C'è poi un’insicurezza lavorativa dietro a tutto ciò, perché comunque molti lavoratori pensano che l'intelligenza artificiale ruberà il loro lavoro e quindi ci si sente minacciati e continuamente in ansia.
Uno dei termini che è stato coniato in questo ambito, che io trovo interessante, è quello di tecnostress che è il termine che viene sempre più utilizzato per indicare lo stress derivante dall'uso delle tecnologie digitali.
Ecco quindi, nell'ambito della digitalizzazione, questi sono alcuni aspetti molto rilevanti. Naturalmente anche gli aspetti ergonomici sono importanti, ma hanno un'importanza, forse, meno marcata. E questo anche se l'utilizzo costante di determinate macchine comporta un movimento innaturale per il lavoratore, l'utilizzo di sensori o di esoscheletri che comportano determinate movimentazioni e non sono naturali e non sono immediatamente ergonomici. Ma sicuramente il rischio psicosociale rimane l'aspetto preponderante.
Come si articolerà la campagna nel triennio? Quali sono e quali saranno gli spazi a disposizione dei professionisti e delle aziende per eventuali approfondimenti sul tema?
M.C.: (…) La campagna che parte adesso e poi si svilupperà per i prossimi due anni sarà articolata in cinque ambiti tematici prioritari.
Abbiamo ovviamente dovuto fare delle scelte per poter creare un momentum attorno a determinate tematiche e quindi abbiamo scelto cinque ambiti tematici prioritari che sono:
- il lavoro su piattaforma digitale
- l'automazione e l'utilizzo di robot per compiti fisici e cognitivi, compiti lavorativi naturalmente
- lavoro da remoto e ibrido
- la gestione dei lavoratori con l'intelligenza artificiale o la gestione algoritmica
- le tecnologie intelligenti per migliorare salute e sicurezza.
Ogni ambito rappresenta un po' una specie di mini-campagna, diciamo così, che si succede dall'inizio dell'anno prossimo per dei periodi di circa tre mesi e mezzo, quattro mesi, nell'ambito dei quali ci sarà sempre un evento di presentazione, una serie di materiali da noi prodotti, come infografiche schede informative e presentazioni in Power Point. Poi tutti i rapporti, articoli, eccetera che abbiamo prodotto come attività di ricerca e che verranno messi a disposizione dei partecipanti a questa sessione, dei nostri punti focali e di chiunque abbia interesse. Molti di questi materiali verranno tradotti in tutte le lingue dell'Unione per essere certi di una maggior capillarità anche nella penetrazione delle informazioni.
L’evoluzione dell’intelligenza artificiale e lo human centered approach
Cosa pensa lei in particolare dell’evoluzione continua dell’intelligenza artificiale e delle eventuali criticità connesse al suo utilizzo? Sono necessarie delle normative specifiche per ridurle?
M.C.: Grazie per la domanda che è sicuramente di grandissima attualità.
Secondo me sull'intelligenza artificiale si è detto e scritto tantissimo, però forse sappiamo ancora poco. C'è un deficit informativo che, secondo me, dovrebbe anche un po' tranquillizzare (…) le persone in generale ma i lavoratori in particolare.
L'intelligenza artificiale ormai è dappertutto. Noi non lo sappiamo ma è anche nei nostri telefoni, ed è alla base di molte delle tecnologie della maggior parte delle tecnologie che analizziamo in questi vari ambiti di ricerca che ho citato poco fa.
Però bisogna tener presente che il suo utilizzo non necessariamente genera i rischi di cui abbiamo parlato, ma può essere anche un'opportunità.
Faccio un esempio i sistemi di gestione automatica dei lavoratori basati sull'intelligenza artificiale possono essere utilizzati anche in maniera positiva. Perché, per esempio, possono rilevare dal tono di voce o dal monitoraggio di funzioni vitali del lavoratore delle situazioni di stress o di malessere fisico, ma anche psicologico del lavoratore. (…) I datori di lavoro che hanno una visione complessiva dello stato fisico e psicologico del lavoratore possono intervenire prontamente, per esempio, per evitarne il burnout e quindi mettere in piedi una serie di azioni.
Quindi è un'opportunità da questo punto di vista. Bisogna lavorarci, naturalmente, e capire come trasformarla in un'opportunità. E sicuramente le normative in materia che sono state introdotte o che sono stabilite anche nelle varie direttive già esistenti in materia di salute e sicurezza del lavoro ci sono, (…) esiste già tanto che può essere applicato. Ciò detto, tutte queste normative che sono tutt'ora in discussione, per esempio a livello europeo, che sono state approvate, vanno tutte nella giusta direzione, perché vogliono ridurre o prevenire le criticità e i rischi. Vogliono, ad esempio, introdurre i concetti di trasparenza algoritmica, l'obbligo dell'informazione ai lavoratori, i principi di consultazione e partecipazione dei lavoratori nel disegno delle tecnologie digitali, dei software, il divieto dell'uso di tecnologie digitali ad alto rischio e così via.
Le normative sono utili e vanno applicate ma non è soltanto quello: c'è anche altro da fare. (…)
In conclusione, come favorire lo sviluppo della tecnologia e della digitalizzazione, cogliendo gli effetti positivi ma governandone sempre i processi e affrontando le sfide dei possibili rischi emergenti?
M.C.: Abbiamo accennato alle normative, abbiamo accennato a diversi aspetti. Ciò che non ho detto però – e che, secondo me, si è un po' perso di vista in tutto questo dibattito - è l'importanza sempre, per far fronte a queste criticità, di porre l'essere umano al centro di questi processi in corso.
Bisogna tener presente che la tecnologia è al servizio dell'essere umano, del lavoratore, ma non ci deve rendere schiavi.
Ecco questo è, secondo me, uno dei punti chiave, uno dei messaggi della nostra campagna: lo “Human Centered Approach”. Ecco questo è assolutamente fondamentale, come fondamentale è coinvolgere i lavoratori nel disegno delle tecnologie e delle decisioni relative alla loro implementazione sul luogo di lavoro. Le imprese devono, inoltre, fare ovviamente la loro parte tenendo conto delle dell'impatto delle tecnologie digitali nella valutazione dei rischi. Cosa che non viene praticamente fatta, mentre invece è importante quando si fa la valutazione dei rischi tener conto anche delle tecnologie digitali.
Infine, come conclusione, è importante adottare un approccio olistico nel riflettere sull'uso delle tecnologie e l'impatto su salute e sicurezza.
Cioè le tecnologie non devono essere considerate in sé per sé, ma le tecnologie devono essere considerate congiuntamente alle dinamiche del luogo di lavoro. Le tecnologie in sé per sé sono neutre. Ma bisogna tener conto della loro interazione con le dinamiche del luogo del lavoro, il modo in cui vengono utilizzate, (…) i processi organizzativi e lavorativi in cui vengono impiegate e in relazione al loro impatto sulle varie categorie di lavoratori. Non dimentichiamo che la diversità dei lavoratori deve essere sempre tenuta presente: adattare le caratteristiche del lavoro al lavoratore è uno dei principi basilari della salute e sicurezza sul lavoro.
Ecco quindi, in conclusione, questi sono gli elementi che mancano nel dibattito e che invece devono essere dei pilastri per capire come la trasformazione digitale può essere sana e salubre per tutti i lavoratori.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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