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Alcol e lavoro: effetti dell’alcol e concetto di idoneita’

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

23/07/2010

L’alcol è a tutti gli effetti una sostanza psicotropa tossica. Gli effetti dell’alcol, i sintomi correlati alla concentrazione nel sangue, il rapporto tra incidenti e tasso alcolemico e l’idoneità alla mansione.

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PuntoSicuro sta presentando in questi mesi gli atti – pubblicati sul sito della Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP) – del convegno “Alcol e lavoro. Analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” che si è tenuto il 14 giugno 2010 a Firenze, organizzato dall’Azienda Sanitaria di Firenze in collaborazione con la Regione Toscana e il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro.
 
 



Dopo parlato di sorveglianza sanitaria e di normativa vigente in materia di assunzione di bevande alcoliche, ci soffermiamo su un contributo dal titolo “Alcol e performance lavorative”, a cura di Valentino Patussi.

Di problemi alcol correlati PuntoSicuro ha parlato molto in questi anni, anche in relazione alla campagna di sensibilizzazione, da noi promossa, “Basta alcol a pausa pranzo”.
L’intervento di Patussi ha una specificità: parla molto chiaro e raccoglie definizioni riguardo all’alcol che raramente vengono divulgate attraverso i nostri mass-media.
Secondo la definizione dell’OMS,  l’alcol è una “sostanza tossica, potenzialmente cancerogena; è una droga capace di indurre dipendenza superiore rispetto alle sostanze o droghe illegali più conosciute”. Una sostanza tossica, inoltre, che “pur apportando circa 7 Kcalorie per grammo, non è un nutriente come le proteine, i carboidrati o i grassi alimentari”.
Non solo viene fatta chiarezza sulla possibilità di trattare l’alcol come una droga, ma l’intervento risponde a una seconda domanda: l’alcol è una sostanza psicotropa?
La risposta è evidente: “anche se non rientra tra le sostanze stupefacenti e psicotrope previste nelle tabelle ministeriali (tabella I, ex D.P.R. 309/90 e succ.), l’alcol è a tutti gli effetti una sostanza psicotropa”.

Qualche informazione sugli effetti dell’alcol al livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC).
L’alcol consumato agisce sul SNC “con un’azione denominata ‘bifasica’, in quanto a piccole quantità l’alcol ha un effetto euforizzante e stimolante, mentre a quantità maggiori l’effetto diviene ipnotico e neuro depressivo”. 
Il documento agli atti riporta la tabella descrittiva dei principali sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica (secondo quanto indicato dall’Art. 6 del decreto legge 3 agosto 2007 n. 117 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 2 ottobre 2007, n. 160).
Da questa tabella emerge che anche sotto il famoso limite legale del tasso alcolemico per la guida (0,5 g/L), l’alcol provoca effetti sensibili.
Ad esempio con una concentrazione di alcol nel sangue di 0.1/0.2 g/L si ha una iniziale “sensazione di ebbrezza” e “riduzione delle inibizioni e del controllo” con la conseguenza  di:
- “affievolimento della vigilanza, attenzione e controllo;
- iniziale riduzione del coordinamento motorio;
- iniziale riduzione della visione laterale;
- nausea”.
Con una concentrazione di 0.3/0.4 g/L si ha invece “sensazione di ebbrezza” e “riduzione delle inibizioni, del controllo e della percezione del rischio” con la conseguenza di:
- “riduzione delle capacità di vigilanza, attenzione e controllo;
- riduzione del coordinamento motorio e dei riflessi;
- riduzione della visione laterale;
- vomito”.

L’intervento continua ricordando che con l’espressione Problemi e Patologie Alcolcorrelate (PPAC) “ci si riferisce a tutte le conseguenze e le complicazioni, di vario ordine e natura, causate e legate all'assunzione episodica o protratta di bevande alcoliche”. Dunque un concetto ben più ampio rispetto a quello tradizionale di alcolismo o alcoldipendenza: le PPAC sono “condizioni estremamente più diffuse nella popolazione rispetto all’alcoldipendenza e richiedono una gestione autonoma, differenziata per professionalità e competenze impiegate e quasi mai connessa alla dipendenza da alcol”.

Senza soffermarci sulla classificazione del consumo di alcol secondo l’OMS (già presentata in un altro intervento al convegno) il documento ricorda che un bicchiere standard (ad esempio 125 ml di vino a 12°) contiene circa 12 grammi di alcol puro (1 Unità Alcolica).
Tuttavia la prevenzione non è solo un problema di quantità: negli “ultimi 40 anni le cosiddette “quantità consentite” sono continuamente diminuite” e oggi l’OMS “le ha abbandonate”: non si “parla più di uso e abuso, ma semplicemente di consumo”.

Se cominciamo poi a parlare del raffronto tra incidenti e tasso alcolemico i dati ACI dimostrano che “il rischio di incidente cresce in maniera notevole all'aumento del tasso alcolemico: fatto pari ad 1 il rischio di quando si è sobri, cresce a 380 quando il tasso alcolemico è pari o superiore a 1,5 g/l: in pratica, l'incidente non è solo molto probabile, ma addirittura quasi sicuro; anche semplicemente con valori compresi tra 0,5 e 0,9 g/l il rischio è 11 volte superiore!”.

Dopo aver riportato l’elenco degli indicatori dell’assunzione acuta e cronica di alcol, l’intervento continua sottolineando che “in ambito lavorativo emerge la necessità di introdurre il concetto di idoneità e non di dipendenza”:   
- “esistono persone con diagnosi di dipendenza da alcol che durante l’orario di lavoro rimangono astinenti;
- esistono altre persone che durante i pasti o nelle pausa di lavoro assumono bevande alcoliche in quantità socialmente condivise, ma che causano di fatto un’importante riduzione delle loro abilità, comportando rischi per se stessi e terze persone”.
Dunque a comportare “rischi per la sicurezza e la salute e a determinare la non idoneità a svolgere una mansione, non sono tanto la dipendenza, il consumo eccessivo o erroneo, l’abuso né l’ebbrezza ma piuttosto il consumo di alcol come stile di vita, spesso normalizzato dalla popolazione generale”.

Diventa a questo punto importante “intercettare precocemente le PPAC nella loro più ampia accezione ed intervenire in maniera specifica su milioni di individui che non sono dipendenti ma che, con il loro comportamento, sono a rischio e possono causare danni”.
Abbiamo già visto, in un precedente articolo, l’importanza a questo proposito dell’Audit (Alcohol Use Disorders Identification) e dell’intervento breve, una “modalità di colloquio rivolta a persone con consumo di alcol a rischio e dannoso”.
In particolare l’intervento breve da parte del medico prevede “l’utilizzo di strumenti di identificazione precoce dei PPAC, validati e standardizzati, e strumenti motivazionali rivolti all’aumento di consapevolezza dei rischi legati al consumo di alcol”.

L’intervento si conclude evidenziando che il consumo di alcol “costituisce uno dei principali rischi aggiuntivi, ‘esterni’ al luogo di lavoro e legati alle abitudini di vita dei lavoratori, capace di comportare infortuni e malattie professionali”.
Per poter valutare e prevenire questi rischi è necessario non solo “indurre nei lavoratori un comportamento consapevole che si riflette anche sulla coscienza dei rischi lavorativi”, ma anche “lavorare sugli stili di vita e sulla cultura dell’organizzazione e della comunità”.   
 
  
Alcol e performance lavorative”, a cura di Valentino Patussi, Centro Alcologico Regionale della Toscana - Centro di Alcologia Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi Firenze  , intervento al convegno “Alcol e lavoro. analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” (formato PDF, 906 kB).
 



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Rispondi Autore: STEFANO STIBILJ - likes: 0
30/10/2010 (18:54:47)
CON 0,3 O 0,4 DI ALCOL NEL SANGUE FORSE SOLTANTO UN BAMBINO PUO VOMITARE....

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