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Alcol e lavoro: obblighi giuridici e interpretazioni della normativa

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sanità e servizi sociali

08/07/2010

Il punto di vista del giurista e gli obblighi derivanti dalla normativa relativa alla sorveglianza sanitaria per i rischi correlati all’assunzione di alcol. Gli obblighi dei diversi soggetti e le dubbie interpretazioni della normativa.

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Sul sito della Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP) è stato pubblicato il primo estratto di un intervento al convegno “Alcol e lavoro. Analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” che si è tenuto il 14 giugno 2010 a Firenze, organizzato dall’Azienda Sanitaria di Firenze in collaborazione con la Regione Toscana e il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro.

Nel convegno si è ricordato che il Decreto legislativo 81/2008 prevede, con accordo da ratificare in Conferenza Stato Regioni, una rivisitazione delle modalità di accertamento della tossicodipendenza e dell’alcol dipendenza previste nell’ambito della sorveglianza sanitaria.
Accordo che non è stato ancora emanato, ma è assolutamente necessario in quanto – come indicato nella presentazione dell’incontro - “le principali normative in materia (Legge 125/2001, D.L.vo 81/2008, intesa in Conferenza Stato Regioni del 13 Marzo 2006 e del 30/10/2007) sono incoerenti sia per quanto attiene il campo di applicazione che le modalità di accertamento”.





Il primo documento pubblicato è relativo all’intervento “Il punto di vista del giurista: obblighi dei diversi soggetti e aspetti contrattualistici” a cura del procuratore Beniamino Deidda.

Il punto di partenza del relatore è l’articolo 41 del Testo Unico che “nella gerarchia delle fonti giuridiche è la norma primaria alla quale occorre fare riferimento per stabilire gli obblighi di sorveglianza sanitaria in materia di rischi collegati all’alcol”.
Articolo che al comma 4 indica che nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento le visite di cui al comma 2, lett. a), b), d), e) bis e e) ter sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
Inoltre il comma 4 bis aggiunge che entro il 31 dicembre 2009 con accordo in conferenza Stato-Regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e dell’alcoldipendenza.
Il temine del 31 dicembre 2009 è considerabile un termine giuridicamente “ordinatorio”, ordinatorio “nel senso che ha la funzione di coordinare l’attività amministrativa del soggetto a cui è rivolto, soggetto che in questo caso è la conferenza Stato-Regioni. Ciò significa che l’accordo potrà essere emanato anche successivamente e che naturalmente, fino a quando le regole in materia non verranno mutate, restano in vigore quelle attuali previste negli accordi Stato-Regioni”.

Nel suo intervento Deidda affronta diversi nodi spinosi per l’interpretazione e applicazione corretta della normativa.
Ne vediamo alcuni, rimandandovi ad una lettura integrale del documento.
 
Un nodo è posto dall’inciso ‘nei casi e alle condizioni previste dall’ordinamento’.
L’autore precisa che “l’espressione va assunta nel suo significato più ampio esaminando,cioè, quali siano oggettivamente nell’intero nostro ordinamento giuridico i casi e le condizioni che impongano le visite mediche di cui all’art. 41 secondo comma del Testo Unico”.
E “si può dire con certezza che sono in vigore nel nostro Ordinamento due disposizioni strettamente collegate che costituiscono un punto importante per configurare la natura degli obblighi e individuare i soggetti obbligati”.

La prima norma è contenuta nell’art. 15 della Legge n. 125 del 2001 secondo cui “nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza e l’incolumità o la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministro della Sanità … è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”.
Questa norma ha avuto a volte un’interpretazione ristretta, “giacché si è ritenuto che essa significasse semplicemente che sul lavoro è vietato somministrare o assumere bevande alcoliche o superalcoliche”. Ma - continua il relatore – “non occorre molto acume per capire, già dall’incipit dell’articolo, che nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortunio… il legislatore si preoccupa di evitare non solo che sul lavoro non si beva ma soprattutto che non si lavori in condizioni menomate di vigilanza e di attenzione”. Se così non fosse si provocherebbe “la paradossale conclusione che basterebbe ubriacarsi prima di aver vacato l’ingresso del luogo di lavoro, e non dopo, per sfuggire alla sanzione”.

La seconda norma è invece il provvedimento 16 marzo 2006 che contiene l’Intesa in materia di individuazione delle attività lavorative ai fini del divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche emanata ai sensi del 1° comma dell’art. 15 della Legge 125.
Un elenco di 14 attività lavorative che “presenta sorprendenti assenze, giacché l’esperienza suggerisce che sono presenti gravi rischi derivanti dall’assunzione di alcol anche in attività diverse da quelle elencate”.

Riguardo all’attuazione di queste norme, Deidda fa riferimento a diverseinterpretazioni “non sempre logicamente inappuntabili”.
Ad esempio “si è sostenuto che la sorveglianza relativa all’assunzione di alcol può esser fatta solo quando all’interno dell’azienda sia stato già nominato il medico competente in relazione ad altre tipologie di rischi e che non si possa procedere ai controlli previsti dalla legge se non esistono contemporaneamente altri rischi per i quali sia obbligatoria la nomina del medico competente”.
“Interpretazione davvero balzana” – continua – “dal momento che ai sensi del primo comma dell’art. 41 la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente. E non ci sono dubbi che la “legge 125, espressamente applicabile ai luoghi di lavoro, sia una norma vigente che espressamente assegna il compito di procedere ad esame alcolimetrico al medico competente”. Non si può dunque negare “che nelle attività lavorative espressamente indicate dalla norma la sorveglianza sanitaria sia obbligatoria”.

Il procuratore ci ricorda che l’esame approfondito delle norme vigenti ci dice “senza alcun dubbio”:
- “che il legislatore considera il rischio derivante dall’assunzione dell’alcol in tutte le sue forme come pregiudizievole per la sicurezza e per l’igiene del lavoro;
- che per particolari attività lavorative l’assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche determina un elevato rischio di infortuni sul lavoro o per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi e attribuisce all’autorità amministrativa il potere di individuare le attività lavorative per le quali è previsto l’obbligo di controllo e di sorveglianza;
- che la sorveglianza sanitaria per l’assunzione da parte dei lavoratori di bevande alcoliche e superalcoliche deve essere effettuata dal medico competente o dai medici del lavoro appartenenti all’organo di vigilanza delle ASL”.

Da queste conclusioni deriva l’obbligo del medico competente di “procedere alle visite e ai controlli alcolimetrici tutte le volte che il datore di lavoro o un suo delegato gli segnalerà una possibile assunzione di bevande alcoliche da parte dei lavoratori addetti alle particolari lavorazioni come sopra individuate”. Inoltre consegue l’obbligo del medico di “pronunziarsi sull’idoneità del lavoratore a svolgere le mansioni assegnate e di emettere un giudizio di inidoneità temporanea tutte le volte che il lavoratore non appaia in grado di svolgere le sue mansioni senza rischio per sé o per altri”.
 E si conferma che “il datore di lavoro ha il potere-dovere di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria per il rischio alcol, sia con esami programmati sia con accertamenti a sorpresa, sia in fase preventiva, sia in fase preassuntiva”.

L’intervento successivamente tratta anche il problema del consenso del lavoratore agli accertamenti previsti dalla Legge 125 e la rilevanza giuridica dei livelli di alterazione provocati dall’alcool.  

Si conclude indicando che se “le interpretazioni e le prassi correnti sono fortemente condizionate da alcune esigenze pratiche che consigliano grande prudenza”, il compito del giurista “è quello di ricordare che il luogo di lavoro non è il luogo nel quale possa trovare tutela incondizionata la libertà personale di seguire pratiche pericolose per la propria salute, perché tale libertà va contemperata col diritto degli altri lavoratori o dei terzi di non subire pregiudizio a causa del comportamento alterato dall’assunzione di sostanze alcoliche, tenuto da altri lavoratori”.
Si ricorda inoltre che il comma 4-bis dell’art. 41 (il futuro accordo in conferenza Stato-Regioni) offre “un’occasione unica per mettere ordine e razionalità in una materia che finora ha visto molte e disordinate incursioni di amministratori locali, di medici del lavoro, di teorici della sobrietà e di appassionati cultori del buon vino”.
  


Il punto di vista del giurista: obblighi dei diversi soggetti e aspetti contrattualistici”, a cura del procuratore Dr. Beniamino Deidda, intervento al convegno “Alcol e lavoro. analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” (formato PDF, 269 kB).



Tiziano Menduto



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