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Alcol e lavoro: normativa, sorveglianza e valutazione dei rischi

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

16/07/2010

L’analisi di alcuni elementi della nuova normativa in materia di assunzione di bevande alcoliche. La sorveglianza sanitaria, le patologie alcol correlate, la classificazione del consumo di alcol, la valutazione dei rischi e i lavoratori autonomi.

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Sul sito della Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP) sono stati pubblicati gli atti relativi al convegno “Alcol e lavoro. Analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” che si è tenuto il 14 giugno 2010 a Firenze, organizzato dall’Azienda Sanitaria di Firenze in collaborazione con la Regione Toscana e il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro.
  
Dopo aver presentato un intervento relativo agli obblighi normativi relativi alla sorveglianza sanitaria, ci soffermiamo su un secondo contributo dal titolo “Punti fissi della nuova normativa in materia di assunzione di bevande alcoliche”, a cura di Mara Bernardini, Emilio Cipriani e Giuseppe Petrioli.  




 
Gli autori ricordano che riguardo alla sorveglianza sanitaria (Decreto legislativo 81/2008, art. 41) è “prevista, con Accordo da ratificare in Conferenza Stato Regioni, una rivisitazione delle modalità di accertamento dell’alcol dipendenza”.
In particolare è stato istituito un gruppo di lavoro nell’ambito del Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro che ha affrontato i punti ritenuti essenziali per una normativa mirata sia alla prevenzione dei rischi legati all’assunzione di alcolici che alla tutela dei diritti dei lavoratori e delle terze persone.
 
In questa parte dell’intervento di affrontano - in merito a quanto discusso nel gruppo di lavoro – i problemi e patologie alcolcorrelate (PPAC), intesi come (secondo una definizione della Società Italiana di Alcologia) quei “disturbi a genesi multifattoriale, bio-psico-sociale, associati all’assunzione protratta (episodica o cronica) di bevande alcoliche, con presenza o meno di dipendenza, capaci di provocare una sofferenza multidimensionale che si manifesta in maniera diversa da individuo a individuo”.  Dunque non si parla solo di alcol dipendenza, ma anche di “tutte le altre forme di consumo di bevande alcoliche che possono provocare rischi o causare danni ai lavoratori o a terze persone”.   
 
Ricordando che un’unità alcolica corrisponde circa a 12 grammi di alcol, viene riportata la classificazione del consumo di alcol secondo l’OMS:  
- “a basso rischio: inferiore a 20 grammi di alcol (1-2 U.A.) al giorno per le donne adulte, a 40 grammi (2-3 U.A.) al giorno per gli uomini adulti;  
- a rischio: livello di consumo o modalità di bere che supera le quantità a basso rischio e che può determinare un rischio nel caso di persistenza di tali abitudini;  
- dannoso: modalità di consumo che causa danno alla salute, a livello fisico o mentale. A differenza del consumo a rischio, la diagnosi di consumo dannoso può essere posta solo in presenza di un danno alla salute del soggetto;
- alcoldipendenza: insieme di fenomeni fisiologici, comportamentali e cognitivi in cui l'uso di alcol riveste per l’individuo una priorità sempre maggiore rispetto ad abitudini che in precedenza avevano ruoli più importanti. La caratteristica predominante è il continuo desiderio di bere. Ricominciare a bere dopo un periodo di astinenza si associa spesso alla rapida ricomparsa delle caratteristiche della sindrome”.
  
Il corposo intervento – che vi invitiamo a leggere – tratta poi diversi aspetti del problema alcol:
- inquadramento diagnostico dell’alcol dipendenza;
- gli accertamenti e le procedure (devono garantire la privacy e non devono rappresentare strumenti persecutori lesivi della libertà individuale o tesi ad allontanare la persona dalla sua attività  lavorativa);
- l’anamnesi alcologica integrata con AUDIT, dove AUDIT (Alcohol Use Disorders Identification) è un “test questionario composto da dieci domande le cui prime tre sono sufficienti a definire” se la persona che risponde alle domande presenti una condizione a rischio relativamente all’assunzione di alcol.
 
Gli autori ricordano nell’intervento che:  
- “la sicurezza relativa al consumo di alcol sul luogo di lavoro è una parte del complesso problema della sicurezza sul lavoro aziendale che deve essere garantita in tutti i suoi aspetti”;  
- l’assunzione di alcolici è un “rischio aggiuntivo, di tipo comportamentale, che può incidere in modo significativo sulla salute e sicurezza dei lavoratori e di terze persone;   
- il rischio di andare incontro ad infortuni sul lavoro legati al consumo di bevande alcoliche è proporzionale ai livelli di alcolemia ed aumenta in maniera notevole soprattutto in situazioni di ‘alcolemia elevata’;  
- le situazioni conclamate di dipendenza sono molto meno frequenti e, se in corretta gestione terapeutica, rappresentano un fattore di rischio contenuto”.     
 
Il gruppo di lavoro ha proposto l’estensione della sorveglianza sanitaria obbligatoria alle lavorazioni incluse nell'“Elenco delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi – allegato 1 all’intesa Stato-Regioni e Province Autonome del 16 marzo 2006” (elenco che è riportato per intero nell’intervento).
 
Dopo aver approfondito alcuni aspetti della sorveglianza sanitaria obbligatoria, in relazione a obblighi e funzioni di datore di lavoro e medico competente,  il documento si sofferma anche sulla valutazione dei rischi ricordando che:  
- anche il consumo di bevande alcoliche rientra nella valutazione dei rischi (V.R.);  
- “in presenza di attività lavorative che rientrano nell’allegato dell’intesa del 16 marzo 2006, il Datore di lavoro deve aggiornare la V.R. con la valutazione di questo rischio aggiuntivo non strutturale ma di tipo comportamentale, rappresentato dal consumo di bevande alcoliche;   
- dalla V.R. potranno emergere lavorazioni o mansioni ulteriori rispetto a quelle dell’allegato per le quali si renda necessario avviare l’intera procedura;
- il Datore di lavoro dovrà individuare attività alternative ove collocare utilmente i lavoratori che risultassero portatori di PPAC in funzione dei giudizi di inidoneità del medico competente;
- il Datore di lavoro dovrà inoltre proibire la somministrazione e l’assunzione di bevande alcoliche, anche durante la pause-mensa, ai lavoratori in elenco”.
 
L’intervento – che affronta anche i temi dell’informazione e formazione nei luoghi di lavoro - si conclude facendo riferimento a due specifiche categorie di lavoratori.
Riguardo ai lavoratori autonomi viene indicato che:
- riguardo a questi lavoratori, che svolgono attività che rientrano nell’elenco, “si dovrebbero applicare tutti gli obblighi e le procedure per tutelare la sicurezza, l’incolumità e la salute dei lavoratori stessi e di terze persone”;
- “a tal fine è però necessaria una modifica della normativa vigente non realizzabile con l’accordo in Conferenza Stato Regioni”.   
Inoltre i lavoratori che possono essere chiamati in servizio perché reperibili (lavoratori in reperibilità), se effettuano attività comprese nell’“Elenco delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi”, hanno “gli stessi obblighi, per quanto riguarda il consumo di alcolici, di quando sono in orario ordinario”;  
- “l’obiettivo evidente è che , in caso di attivazione della reperibilità , non vengano svolte dette attività lavorative a rischio sopra i limiti di alcolemia previsti”.   
  
 
Punti fissi della nuova normativa in materia di assunzione di bevande alcoliche”, a cura di Mara Bernardini, Emilio Cipriani e Giuseppe Petrioli, intervento al convegno “Alcol e lavoro. analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” (formato PDF, 634 kB).
 



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