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Europa: lo stato dell’arte dell’attuazione dell’Accordo sullo stress

Europa: lo stato dell’arte dell’attuazione dell’Accordo sullo stress
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio psicosociale e stress

13/11/2017

Un documento correlato al progetto REST@Work riporta indicazioni sulle differenze in otto diversi paesi europei relative al recepimento e all’attuazione dell’Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004.

Europa: lo stato dell’arte dell’attuazione dell’Accordo sullo stress

Un documento correlato al progetto REST@Work riporta indicazioni sulle differenze in otto diversi paesi europei relative al recepimento e all’attuazione dell’Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004.

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Roma, 13 Nov – Il 4 ottobre 2004, come più volte ricordato sul nostro giornale, è stato siglato l’ Accordo Europeo sullo stress sul lavoro che, che non solo ha definito lo stress (‘uno stato, accompagnato da disturbi o disfunzioni fisici, psicologici o sociali che deriva dalla sensazione che gli individui provano di non essere in grado di colmare il divario rispetto alle richieste o alle aspettative riposte su di loro’), ma ha indicato che il rischio stress può riguardare i lavoratori indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività, dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro. E l’Accordo doveva poi essere recepito ed applicato da parte dei singoli paesi firmatari, cosa che è avvenuta in Italia con l’inserimento del riferimento all’Accordo all’interno del D.Lgs. n. 81/2008.

Tuttavia nell’Unione Europea il recepimento dell’Accordo del 2004 è avvenuto a macchia di leopardo…

 

Per comprendere le differenze in alcuni paesi riguardo all’applicazione dell’Accordo in materia di stress lavoro-correlato, facciamo riferimento al contenuto del documento “REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL). Un documento correlato al Progetto REST@Work - Reducing stress at work che, finanziato dall’Unione Europea e sviluppato in Italia dalla UIL, è finalizzato a condurre un’indagine quantitativa e qualitativa sulle misure, le disposizioni e le politiche attuate in merito allo stress lavoro-correlato.

 

Nel documento si presenta dunque lo stato dell’arte dell’attuazione dell’Accordo sullo stress lavoro-correlato, ricordando che il recepimento dell’Accordo a livello nazionale “costituisce uno strumento per rafforzare i vari quadri giuridici e fornisce criteri comuni per individuare lo stress lavoro-correlato ai fini della messa a punto di misure di prevenzione e di criteri che influenzino la giurisprudenza”.

 

Ad esempio si ricorda che ai sensi dell’Articolo 4 dell’Accordo “un’analisi dei problemi connessi allo stress lavoro-correlato può comportare i seguenti fattori: l’organizzazione del lavoro e dei processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro, la comunicazione, i fattori soggettivi”. E l’Accordo stabilisce chiaramente che, “se viene individuato un problema di stress lavoro-correlato, dovrebbero essere adottate misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo” e la responsabilità di determinare le misure appropriate “spetta al datore di lavoro, ma esse devono essere individuate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti”.

E l’Accordo prevede un elenco di “potenziali indicatori, fattori di rischio e misure che dovrebbero informare le misure da attuare a livello aziendale o di singolo stabilimento o impianto”. Ad esempio “alto livello di assenteismo, elevato turnover del personale, frequenti conflitti interpersonali o lagnanze da parte dei lavoratori sono tutti indicatori che devono essere presi in considerazione quali potenziali segnali di stress”.

 

Inoltre si indica che l’Accordo affronta quali fattori di rischio anche “la comunicazione interna, intesa non soltanto come chiarezza dei compiti e delle mansioni, ma anche come effettive prospettive di lavoro, gestione del cambiamento (ad esempio nell’ambito dei processi di ristrutturazione) e fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di non essere in grado di far fronte ad esse, percezione di mancanza di sostegno, ecc.)”. E prevede la “revisione periodica e costante delle misure volte a prevenire o combattere lo stress, tra cui una corretta gestione della comunicazione, un adeguato supporto per i singoli individui e le squadre, la corrispondenza fra responsabilità e controllo sul lavoro, i corsi di formazione, il rispetto dei diritti d’informazione e consultazione dei lavoratori”.

 

Veniamo ora all’attuazione dell’Accordo negli otto paesi europei che partecipano, in partenariato, al progetto REST@Work: Francia, Grecia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria.

 

Queste le indicazioni relative ai singoli paesi:

- in Italia, “l’accordo è stato firmato dalla maggior parte delle parti sociali ed esplicitamente menzionato dal Decreto legislativo 81/2008. Ciò ha reso le sue disposizioni applicabili nei confronti di tutti i datori di lavoro e di tutti lavoratori e non soltanto degli iscritti delle organizzazioni firmatarie”;

- anche in Francia “un accordo collettivo è stato firmato dalla maggior parte delle parti sociali più rappresentative, con la significativa eccezione della Confederazione Generale del Lavoro (CGT), ed è stato poi ampliato ed esteso da un Decreto ministeriale del 23 aprile 2009, divenendo applicabile a tutti i datori di lavoro ed a tutti i lavoratori”;

- in Ungheria, “i contenuti dell’accordo sono stati recepiti nell’ordinamento giuridico a seguito delle consultazioni con le parti sociali, rendendoli vincolanti per tutti i datori di lavoro del Paese”;

- in Spagna le parti sociali “hanno inserito l’Accordo europeo nel CCNL (ANC) del 2005-2006 e nei successivi rinnovi. Questi accordi sono firmati tra i sindacati e le organizzazioni datoriali più rappresentativi e formulano raccomandazioni e priorità sui contenuti dei contratti collettivi stipulati ai livelli inferiori. Pertanto sono soltanto una fonte per l’eventuale inserimento di clausole specifiche riguardanti lo stress lavoro-correlato negli accordi collettivi. In ogni caso va rilevato che, in assenza di un riconoscimento per legge, gli indicatori, i criteri e gli obblighi derivanti dal contratto sono vincolanti soltanto per i datori di lavoro affiliati alle organizzazioni che hanno sottoscritto i contratti collettivi, mentre gli altri restano vincolati soltanto alla definizione giuridica”;

- in Lituania l’accordo “è stato introdotto per legge dopo le consultazioni con le parti sociali. In ogni caso, dal momento che la legge non inserisce i rischi psicosociali tra i rischi professionali, ma le Ordinanze precedentemente menzionate sono da intendersi come mere ‘Linee guida’, rientra nella discrezionalità del datore di lavoro se inserirli nella valutazione dei rischi, eventualmente su richiesta del rappresentante dei lavoratori”;

- in Portogallo, l’accordo “non è stato ancora attuato e non si fa riferimento al concetto di rischi psicosociali nella contrattazione collettiva, né si affrontano rischi analoghi (quali la violenza sul lavoro o le molestie psicologiche). L’Unione Generale dei Lavoratori (UGT), uno dei principali sindacati portoghesi, ha ricordato che una traduzione dell’Accordo in portoghese è stata effettivamente realizzata e diffusa, e che è stato intrapreso un certo numero di iniziative (quali campagne di sensibilizzazione e corsi di formazione). Tuttavia, queste iniziative sono state promosse unilateralmente dai sindacati”;

- in Grecia, le parti sociali hanno convenuto di “attuare l’accordo a livello nazionale nel quadro del rinnovo del contratto collettivo generale nazionale per il 2008-2009”;

- in Romania “la versione nazionale dell’accordo, siglato nel 2007, non è più applicabile. Infatti, la Legge 62/2012 ha abolito la contrattazione collettiva a livello nazionale in Romania, la cui efficacia si estendeva in precedenza a tutti i datori di lavoro ed a tutti i dipendenti. Soltanto gli accordi a livello settoriale ed aziendale possono essere vincolanti per le imprese, a condizione che vengano raggiunte specifiche soglie minime di rappresentatività”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale del documento che riporta anche un breve tabella che “riassume la situazione reale nei paesi esaminati, con riferimento all’esistenza dell’obbligo d’inserire i fattori di rischio psicosociale nella valutazione dei rischi, sulla base del quadro legislativo nazionale, e dell’obbligo di prendere in considerazione i criteri e gli indicatori inseriti nell’Accordo”.

 

Il documento si sofferma poi ampiamente sul tema della rappresentanza specifica in materia di salute e sicurezza nelle micro, piccole e medie imprese e quindi sull’esigibilità dei diritti di informazione, formazione e consultazione con specifico riferimento al rischio stress lavoro-correlato.

 

Infatti si ricorda che la Direttiva in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l’Accordo stabiliscono il “diritto dei rappresentanti dei lavoratori di essere informati e di partecipare alla definizione ed al monitoraggio delle misure di prevenzione destinate ad affrontare i rischi professionali, tra cui lo stress lavoro-correlato”. Ma le modalità di coinvolgimento “differiscono anche in base ai diversi sistemi di relazioni industriali ed alle esperienze nazionali”.

 

Rimandiamo anche in questo caso alla lettura del documento che riporta le differenze nella rappresentanza in materia di salute e sicurezza tra Italia, Francia, Grecia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna e Ungheria.

 

Ricordiamo, infine, che nei prossimi giorni ci soffermeremo, sempre attraverso i risultati dell’indagine “desk” relativa al progetto REST@Work, sulle differenze relative al “sistema sanzionatorio” in materia di valutazione dei rischi e sulle attività di monitoraggio istituzionale sull’applicazione dell’Accordo europeo condotte a livello nazionale.

 

Tiziano Menduto

 

“ REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work - REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL (formato PDF, 3,77 MB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sullo stress e sui rischi psicosociali nei luoghi di lavoro

 

 

 

 



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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Rispondi Autore: cristina ciccarelli immagine like - likes: 0
16/11/2017 (23:50:11)
nata nel 1973 - di stress lavoro correlato ho letto molto da circa 17 anni ma il punto è che Italia non ha professionismo quindi è inutile firmare accordi anche internazionali se poi il nodo dolente è nel territorio nazionale. Per lavorare in sicurezza ci vogliono professionisti - ste e la trasparenza. Italia è sommersa da truffe che dimostrano la dilagante corruzione - di cosa volete parlare ?

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