Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Truck Center di Molfetta: prosegue la vicenda processuale

Truck Center di Molfetta: prosegue la vicenda processuale
Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Sentenze commentate

05/04/2019

La ricostruzione di quanto avvenuto a livello processuale sull’incidente plurimo mortale avvenuto al Truck Center di Molfetta nel 2008. Prima parte: le sentenze relative al primo e al secondo processo.

È indubbio che ci siano sentenze che, come avvenne per quelle relative al gravissimo incidente avvenuto all'acciaieria ThyssenKrupp, sono destinate a stimolare riflessioni sull’evoluzione degli indirizzi giurisprudenziali.

Per questo motivo, dopo aver pubblicato nei giorni scorsi un commento di Anna Guardavilla sulle motivazioni della recente sentenza della Cassazione Penale in relazione a quanto avvenne il 3 marzo 2008 a Molfetta (Truck Center), pubblichiamo oggi la prima parte di un lungo contributo dell’avvocato Rolando Dubini che racconta l’intera storia processuale.

La prima parte riguarda il primo e il secondo processo, la seconda e la terza parte – che saranno pubblicate nei prossimi giorni – riguarda invece un terzo processo, le decisioni della Corte d’Appello e la recente sentenza della Cassazione che ha annullato con rinvio la pronuncia d’appello.

 

Premessa

Il primo processo

Il secondo processo



Pubblicità
Modello DVR
Trasporto Cisterne - Categoria: Procedure Ambienti Confinati

 

Premessa

Tra condanne, assoluzioni, e processi da rifare, non è ancora stata scritta l’ultima parola sulla tragedia di undici anni fa a Molfetta, dove morirono 5 persone alla Truck Center, l’autorimessaggio di Molfetta dove il 3 marzo 2008, per le forti esalazioni di acido solfidrico sprigionatesi da una cisterna di acido solfidrico che dovevano bonificare.

In tale ambiente confinato persero la vita 4 operai, Guglielmo Mangano, di 44 anni, e, nel tentativo di salvarlo, i colleghi Michele Tasca, di 19, Luigi Farinola, di 37, l’autotrasportatore Biagio Sciancalepore (dipendente di una società di trasporti che lì custodiva i mezzi), di 24, e Vincenzo Altomare, di 64 anni, amministratore della stessa Truck Center; unico superstite, ferito, fu Cosimo Ventrella. I processi hanno accertato che si trattò di un'intossicazione acuta da acido solfidrico a provocare la morte dei lavoratori e di Altomare che si calarono nella cisterna l'uno per salvare l'altro.

 

1. Il primo processo (sentenza Tribunale di Trani il 26.10.2009)

La sentenza di primo grado del Giudice Monocratico di Molfetta del 6 ottobre 2009 ha accertato le principali responsabilità connesse alla tragedia del 2008.

 

Sentenza n. 226/09  RGNR  1525/08.

Concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravi con violazione delle norme di prevenzione infortuni (artt. 589 e 590 del codice penale), questi i reati per cui sono stati ritenuti responsabili e condannati a 4 anni di reclusione, a fronte dei 5 chiesti dal pm, Alessandro Buonapane, 44 anni di Salerno, e Mario Castaldo, 55 anni di Nola, quali responsabili della Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical Spa (società del gruppo Ferrovie dello Stato) proprietaria del container di zolfo in rimessaggio alla Truck Center; e Pasquale Campanile, 47, di Bari, legale rappresentante de La Cinque Biotrans di Giuseppe Campanile & C. Snc, incaricata del trasporto della cisterna.

 

I tre sono stati anche interdetti per 5 anni «dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione di documenti societari nonché di ogni altro ufficio con potere di rappresentanza di persone giuridiche».

 

Condanne a pene pecuniarie correlate alla colpa organizzativa di cui al D.Lgs. n. 231/01 (responsabilità amministrativa dell'ente) per le 3 società imputate: 1 milione e 400mila euro per la Fs Logistics; 400mila ciascuno per la Cinque Bio Trans e la Truck Center Sas.

 

Nel processo si erano costituiti parte civile i famigliari delle vittime e l'Inail. Il giudice ha anche disposto, come richiesto dal pm, il trasferimento degli atti alle procure di Taranto, per esaminare eventuali profili di colpa emersi nella fase dibattimentale. Due i punti cruciali: la composizione chimica dello zolfo trasportato e il rispetto, o meno, delle normative di sicurezza, per Eni Spa che ha prodotto lo zolfo, e per la Nuova Solmine, azienda chimica in provincia di Grosseto che lo utilizza per produrre acido solforico per le ipotesi di reato di trasporto di merci pericolose, smaltimento e immissioni di rifiuti pericolosi e violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Stessa decisione è stata presa per Meleam Puglia, che offre un servizio globale alle imprese nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro e della gestione e certificazione aziendale ed è autrice del (carente) piano di sicurezza adottato dalla Truck Center.

 

Assieme alle aziende sono state esaminate nei cosiddetti secondo e terzo processo di merito le posizioni di tutti gli attori coinvolti nei fatti contestati.

 

La procura ha costruito nel secondo e nel terzo processo una ipotesi accusatoria che riguarda anche la posizione di alcuni testimoni delle stesse società che, sentiti in dibattimento nel primo processo, avrebbero reso falsa testimonianza.

 

Il giudice del primo processo ha inoltre disposto il dissequestro dei documenti fatti sequestrare dalla Procura in vari stabilimenti Eni in Italia e il pagamento di provvisionali, da 150.000 a 300.000 euro, in favore di genitori, mogli e fratelli delle vittime conviventi delle vittime costituiti parti civili. I tre imputati condannati, inoltre, dovranno liquidare 50.000 euro ciascuno ai figli di Vincenzo Altomare. Ulteriori somme risarcitorie saranno quantificate dal giudice civile, dove pure saranno determinati i danni patiti dai parenti non conviventi.

 

Il processo di primo grado è stata dunque un’ecatombe giudiziaria da cui si è salvato solo Filippo Abbinante, l’autista dipendente de La Cinque Bio Trans che quel drammatico lunedì pomeriggio trasportò la cisterna assassina a Molfetta per la pulitura: il pm aveva invocato l’assoluzione (cui però si erano opposte le parti civili) «perché il fatto non costituisce reato». Tesi accolta dalla sentenza.

 

È questo solo il primo esito processuale della vicenda del Truck Center  di Molfetta - emessa dal Tribunale di Trani – che, incredibilmente (ed esclusivamente grazie all’efficienza estrema del magistrato giudicante), arriva solo a poco più di un anno e mezzo dalla tragedia avvenuta nell'omonima ditta di lavaggio industriale in cui le esalazioni di acido solfidrico uccisero Vincenzo Altomare, Luigi Farinola, Biagio Sciancalepore, Guglielmo Mangano e Michele Tasca.

 

Il dibattimento si era aperto il 28 marzo 2009 con una sola certezza: era stato l’acido solfidrico o idrogeno solforato (H2S) presente nella cisterna giunta nella zona Asi per la bonifica a causare i decessi.

 

Sul banco degli imputati per omicidio colposo plurimo aggravato dalla violazione delle norme di prevenzione infortuni, ai sensi dell'articolo 589 del codice penale, comma 2, si sono seduti  in cinque: Mario Castaldo (rappresentante legale di Fs Logistica), Alessandro Buonopane (responsabile trasferimento zolfo di Fs Logistica), Pasquale Campanile (committente del trasporto della cisterna e Dirigente de La Cinque Biotrans), poi condannati, e Filippo Abbinante (autista de La Cinque Biotrans che ha condotto la cisterna da Bari a Molfetta).

Imputate per responsabilità amministrativa, e poi condannate, la stessa Truck Center, la Fs Logistica e La Cinque Biotrans.

 

La Procura della Repubblica era rappresentata dal Pubblico Ministero dott. Giuseppe Maralfa. Il giudice monocratico dott. Lorenzo Gadaleta aveva fissato un calendario di  udienze. Fittissimo, con dibattimenti per tutto il mese di giugno e luglio, con l'obiettivo di arrivare alla sentenza in tempi brevissimi.

 

Nella seconda udienza vi era stata la testimonianza dell’unico superstite, Cosimo Ventrella, il quale ha dichiarato che già alle 15.30, mezz’ora prima della tragedia, all’interno dell’autorimessa fortissimo era l’odore di zolfo, probabile indizio dell’apertura del portellone della cisterna-killer.

 

L'indagine ha messo in luce gravissime carenze per quel che riguarda le condizioni di sicurezza sul lavoro e la formazione (omessa) degli operai. Gli interrogativi si addensano anche sulla composizione chimica del contenuto della cisterna-killer. A livello industriale il metodo più efficiente per produrre lo zolfo sfrutta l’acido solfidrico, uno scarto della lavorazione del petrolio, trasformato in zolfo liquido (con eliminazione di acqua) e immagazzinato per il trasporto in cisterne. Una certa percentuale di acido è inevitabile in un carico di zolfo, ma non può superare precisi limiti, il cui rispetto è un'obbligo fondamentale di natura tecnica a tutela della sicurezza degli operatori. Sarà proprio la questione della composizione chimica dell'atmosfera della cisterna killer a costituire uno degli elementi principali dell’intero procedimento, che nel frattempo viene spostato a Trani a causa della mancanza di spazio nell’aula della sezione di Molfetta.

 

La ricerca della verità su quanto accaduto passa attraverso una precisa ricostruzione di tutte le fasi del trasporto dello zolfo, che avviene durante l'udienza del 9 giugno: dallo scalo intermodale Ferruccio di Bari le cisterne si dirigevano, su gomma, allo stabilimento Eni di Taranto, dove avveniva il caricamento con lo zolfo liquido. Successivamente ritornavano nel capoluogo barese e, caricate su un mezzo ferroviario, partivano alla volta di Scarlino, un comune della provincia di Grosseto, dirette alla Nuova Solmine, un’ex azienda mineraria del Gruppo Eni in seguito privatizzata, leader in Italia nella produzione di acido solforico da zolfo.

 

Questo il percorso abituale dei serbatoi verdi carichi di zolfo, mantenuto allo stato liquido da una temperatura che oscilla tra i 110 i 130 gradi centigradi. La Truck Center di Molfetta si inserisce in questo ciclo quando la Cargo Chemical (società poi confluita nella Fs Logistica) del gruppo Ferrovie dello Stato stipula un contratto con la Timac di Barletta per il trasporto di acido solfidrico. Per ripulire le cisterne dello zolfo si affida a La Cinque Biotrans che a sua volta commissiona l’azienda molfettese Truck Center.

 

Emerge successivamente un secondo elemento fondante la responsabilità poi accertata in giudizio: si tratta della scheda di sicurezza dei prodotti pericolosi prevista dalle direttive comunitarie e dalla legislazione italiana, la "scheda a sedici punti", che avrebbe dovuto indicare la pericolosità del prodotto trasportato e che l’Eni avrebbe dovuto rilasciare o avrebbe rilasciato ai conducenti. Di detta scheda non si è mai trovata traccia nella ditta di Molfetta Truck Center.

 

Due dubbi fondamentali alimentano la ricerca della verità processuale, quelli sulla effettiva (e pericolosa) composizione chimica e sulla (mai rintracciata) scheda di sicurezza, che non sono dissipati dalle deposizioni, condite da molti «non ricordo», «non me ne occupavo io» e «che io sappia, no»: il giudice Gadaleta decide di far tornare in aula i testi dell’Eni e della Nuova Solmine.

 

L’unica certezza è rappresentata dalle procedure di sicurezza. Modificate dopo il marzo 2008, giorno del dramma. La domanda spontanea è quindi: se erano inadeguate, perché sono state modificate solo dopo la tragedia? Quel che si è fatto dopo, non poteva farsi prima? La sentenza di condanna, evidentemente, si fonda su una simile considerazione.

 

Altri testi e consulenti vengono ascoltati, e secondo quando dichiarato in aula, l’impianto molfettese Truck Center era privo di autorizzazioni per la bonifica della cisterna, le cisterne che avevano contenuto zolfo liquido non venivano controllate e il documento di valutazione dei rischi della Truck Center era presente ma riguardava solo, per autoparco e autolavaggio, ma non per la pericolosa zona di bonifica industriale.

 

Nel frattempo le indagini della Procura si erano intensificate, disponendo sequestri e acquisizioni di documenti e materiale informatico delle aziende coinvolte nel processo penale e in quello per la responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001. Al centro dei controlli le schede di rischio che accompagnano il trasporto di zolfo liquido in tutto il territorio nazionale e la percentuale di acido solfidrico contenuta nella sostanza. Come detto, queste sono le due questioni cruciali intorno alle quali si è incardinato il processo.

 

I legali rappresentanti delle aziende Nuova Solmine ed Eni vengono anche ascoltati su una  richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti del colosso petrolchimico Eni, a causa della presenza nello zolfo di acido solfidrico in quantità tale da poter forse provocare dei danni all’impianto di lavorazione. Dalle testimonianze emerge che la Nuova Solmine aveva bloccato pagamenti all’Eni per circa 1,6 milioni di euro, una cifra pari ai danni avanzati nella richiesta poi fatta decadere. In più, la stessa Eni non avrebbe percepito altri 1,4 milioni quale premio di qualità finché appunto la qualità della fornitura non fosse stata dimostrata.

 

Su questi punti i testimoni non riescono a fornire risposte chiare e convincenti al giudice che procede all'escussione, e per tale motivo le loro deposizioni sono state trasmesse alla procura per una eventuale incriminazione per falsa testimonianza.

 

L’attenzione del magistrato si sofferma anche sulla costruzione nel petrolchimico tarantino, proprio in concomitanza delle contestazioni processuali per la strage, di un nuovo impianto per la produzione di zolfo stavolta allo stato solido, sottoforma di perline, per evitare la presenza di acido solfidrico.

 

Gli eventi si intrecciano, i tempi inevitabilmente si allungano. Dopo una seduta-fiume in cui vengono ascoltati i consulenti tecnici delle parti in causa.

 

Le emergenze dibattimentali, quanto emerge dalle udienze, getta ombre pesanti sulla gestione corretta e sicura del settore del trasporto di sostanze chimiche pericolose, ed in particolare su quelle che vengono chiamate "esternalizzazioni", outsourcing, regolate dall'articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008, il testo unico di sicurezza del lavoro: i passaggi concatenati di subappalti e contratti a terzi. Si tratta di un tema che richiama alla mente la strage alla stazione di Viareggio, anche in quel caso la causa scatenante fu una cisterna.

 

Per il Pubblico Ministero Giuseppe Maralfa tutti gli imputati, ad eccezione di Abbinante, l’autista, sono colpevoli di omicidio colposo plurimo aggravato dalla violazione delle norme di prevenzione infortuni e il 5 ottobre 2009 chiede la condanna alla pena di cinque anni di reclusione e l'interdizione dalla professione. Sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 sono state richieste per le società coinvolte nella tragedia: la "Fs Logistica" (1,120 milioni di euro), "La Cinque Biotrans" (640mila euro) e la stessa Truck Center (400mila euro).

 

La sentenza del 26 ottobre 2009 del Tribunale di Trani – giudice monocratico Lorenzo Gadaleta – accoglie in pieno l’impianto accusatorio del pubblico ministero Giuseppe Maralfa, anche in ordine al successivo secondo processo «Truck Center Bis».

 

Alla sentenza è seguito da un lato l’appello preannunciato dai difensori dei condannati, ma anche ulteriori aspetti d’indagine ravvisati dal Tribunale e che il pm aveva già in serbo per far luce anche sulle posizioni, e dunque su presunte responsabilità, dell’Eni Spa e della Nuova Solmine Spa, rispettivamente produttrice ed acquirente della fatale partita di zolfo, nonché della società bitontina Meleam Puglia che curò il protocollo di sicurezza della Truck Center. Di qui la trasmissione degli atti in Procura, come richiesto dalla Pubblica Accusa, alla luce di alcune circostanze emerse nel corso del dibattimento ma che le parti civili avevano immediatamente ravvisato. Tant’è che a giugno 2009 ci furono perquisizioni, sequestri ed acquisizioni che interessarono anche la divisione commerciale romana dell’Eni e le sue raffinerie di Taranto e Livorno.

 

Il pm ha anche valutato eventuali reati di falsa testimonianza per alcune deposizioni rese a dibattimento da testimoni-operatori di Eni e Nuova Solmine.

 

Il pubblico ministero Giuseppe Maralfa si è detto “soddisfatto del lavoro svolto e del fatto che l'impianto accusatorio abbia retto subito dopo la lettura della sentenza”. Inoltre, ha aggiunto, “nel corso del processo sono emerse circostanze interessanti. Ora attendiamo le motivazioni del giudice per eventuali decisioni o provvedimenti” (motivazioni entro 90 giorni).

 

«Era una sentenza prevedibile ma questo non vuol dire che ci piaccia» ha dichiarato il legale della Truck Center, Maurizio Altomare.

Di seguito, una dichiarazione dell’assessore al Lavoro, Michele Losappio, all’indomani della sentenza del Tribunale di Trani, sulla vicenda del Truck Center di Molfetta:
“La sentenza del Tribunale, rigorosa nella individuazione delle responsabilità penali e nelle sue motivazioni, va apprezzata dalla pubblica opinione. Non sempre si trovano magistrati in grado di aggredire le cause strutturali delle stragi di lavoro piuttosto che limitarsi a stigmatizzare le disattenzioni dei lavoratori. Ad essi va dunque il plauso ed il sostegno della Regione. Va poi evidenziata la scelta di trasmettere gli atti alla Procura per accertare eventuali nuove responsabilità di colossi societari come ENI e Nuova Solmine. A loro più che ad altri spetta, per il rilievo e la solidità dei Gruppi, assumere misure e procedure di lavoro che tutelino la vita e la salute delle maestranze. Se questo non è accaduto occorre accertarne le cause e le responsabilità”.

 

«La lettura della sentenza - hanno affermato in una nota congiunta Giulia Caradonna, vedova di Luigi Farinola, rappresentata dall’avvocato Marcello Magarelli, e Grazia Sciancalepore, madre di Michele Tasca, assistita dagli avvocati Giacomo Ragno, Maria Rosaria De Cosmo e Pietro Tournier - contribuisce ad alimentare una fiducia incondizionata nella giustizia. Siamo profondamente riconoscenti al giudice, Lorenzo Gadaleta, per il lavoro che ha svolto. In sette mesi è riuscito a fare luce su un’intricata vicenda che ha segnato per sempre le nostre vite».

 

2. Il secondo processo (sentenza del Tribunale di Trani del 11.07.2014)

Solo nel luglio 2014 il Tribunale di Trani ha emesso la sentenza del secondo processo relativo al grave incidente sul lavoro che il 3 marzo 2008 ha causato la morte di cinque persone che stavano bonificando un tank container della FS Logistics. In questo caso, sotto processo erano le società Nuova Solmine e Meleam e le loro figure di vertice.

 

Questa sentenza del secondo filone conclude, almeno in primo grado, la complessa vicenda del Truck Center di Molfetta, un grave incidente sul lavoro nell'ambito dell'autotrasporto. Il primo filone ha analizzato le responsabilità dirette dell'incidente e ha stabilito nuovi accertamenti sulla corresponsabilità di Eni, Nuova Solmine e Meleam.

 

Secondo il pm gli altri responsabili, oltre quelli del primo processo, sono da individuare nella Nuova Solmine di Scarlino, in provincia di Grosseto, dove il carico fu acquistato, e nella società barese Meleam consulente per la sicurezza della Truck center. Dalla Nuova Solmine non si sarebbero attivati perché dopo lo scarico la cisterna fosse adeguatamente bonificata. E infine il rappresentante legale della Meleam Puglia, incaricato dalla ditta di procedere alla valutazione dei rischi derivanti dalle attività svolte dalla società di Molfetta, avrebbe redatto un documento di valutazione del rischio "assolutamente generico".

 

La sezione di Molfetta del Tribunale di Trani ha emesso la sentenza di questo processo bis che riguarda cinque dirigenti e dipendenti – tra cui l'amministratore delegato Ottorino Lolini  e il presidente  Luigi Mansi, nonché il direttore di Stabilimento Giuliano Balestri e i dipendenti Gabriele Pazzagli e Mauro Panichi - della Nuova Solmine di Grosseto, condannandoli tutti a due anni e nove mesi di reclusione.

 

La Nuova Solmine è l'azienda che aveva svuotato il tank container della FS Logistics carico di zolfo liquido proveniente dallo stabilimento Eni di Taranto, che poi è stato inviato vuoto alla bonifica presso il Truck Center di Molfetta.

 

La sesta persona condannata, a due anni di reclusione, ma con pena sospesa, riguarda un reato di falsa testimonianza avvenuta durante il primo processo, mentre la settima condanna riguarda la Nuova Solmine, come società, che dovrà pagare 420mila euro per responsabilità giuridica derivante da colpa organizzativa ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.

 

Il Tribunale ha invece assolto la società Meleam S.p.A. di Bitonto, che certificò l'impianto Truck Center, e che forniva consulenza in materia di sicurezza sul lavoro alla Truck Centers S.a.S. e il suo rappresentante legale, Pasquale Bacco, per non aver commesso il fatto.

 

fine prima parte

 

 

Rolando Dubini, avvocato in Milano, cassazionista

 

 

Nota bene: Questa è solo la prima parte della ricostruzione delle vicende processuali relative al grave incidente di Molfetta. La seconda e la terza parte – che saranno pubblicate nei prossimi giorni – riguardano un terzo processo, le decisioni della Corte d’Appello e la recente sentenza della Cassazione.

 

 

Scarica le sentenze di riferimento:

Sentenza di primo grado del Giudice Monocratico di Molfetta del 6 ottobre 2009 - Sentenza n. 226/09  RGNR  1525/08.

 

Corte di Cassazione Penale Sez. 4 - Sentenza n. 12876 del 25 marzo 2019 - Tragedia Truck Center, tutto da rifare: la Cassazione annulla con rinvio la sentenza di assoluzione



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!