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Sulla responsabilità del committente dell’opera nei cantieri

Sulla responsabilità del committente dell’opera nei cantieri
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

12/11/2012

Il committente nei cantieri assume una posizione di garanzia particolarmente ampia in quanto è tenuto ad effettuare oltre che verifiche formali anche controlli sostanziali sulla sicurezza dei lavoratori e sulla condotta dei coordinatori. Di G. Porreca.

 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Sempre più rigorosa appare la posizione assunta dalla Corte di Cassazione nei confronti dei committenti nei cantieri temporanei o mobili i quali, secondo la suprema Corte, assumono una posizione di garanzia particolarmente ampia in quanto sono tenuti ad effettuare, oltre che delle verifiche formali sulle ditte appaltatrici e subappaltatrici e sui lavoratori autonomi, anche dei controlli sostanziali per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni e la salute e sicurezza dei lavoratori nonché a controllare il comportamento dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione al fine di verificare se gli stessi adempiano agli obblighi che incombono su di loro. E’ stato ribadito dalla suprema Corte in questa lunga ed articolata sentenza che il committente è il “perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri” e che lo stesso rimane il soggetto obbligato, in via originaria e principale, alla osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro e ancora più significativa appare la posizione assunta in questa sentenza dalla suprema Corte se si considera che la stessa ha annullata la sentenza di assoluzione emessa nei confronti del committente dalla Corte di Appello alla quale ha restituito gli atti per un riesame del procedimento.
 

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L’evento infortunistico e la vicenda giudiziaria
Il rappresentante legale di una società, quale committente dei lavori di recupero di un vecchio casale, assieme al coordinatore della sicurezza nelle fasi di progettazione e di esecuzione, nonché progettista e direttore dei lavori, ed al titolare dell’impresa esecutrice sono stati chiamati a rispondere dei delitti di omicidio colposo in pregiudizio di un lavoratore avente mansioni di manovratore di macchine operatrici e di lesioni personali colpose in pregiudizio di un altro lavoratore con mansioni di custode presso il cantiere in quanto procurate con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nonché del delitto di disastro colposo.
 
Secondo l'accusa, gli imputati, nelle rispettive qualità, per colpa generica e specifica, quest'ultima consistita, quanto al coordinatore per la sicurezza nella violazione degli articoli 4, comma 1, lettera a) e 12 del D. Lgs. n. 494 del 1996, avevano causato, nel corso dei lavori di consolidamento di un pilastro, il crollo dello stesso e del muro perimetrale abbattutisi poi sui due lavoratori. Dalle indagini immediatamente avviate era emerso che, poco prima del crollo, si stava eseguendo, con un piccolo escavatore manovrato da uno degli imputati uno scavo intorno al pilastro, che interessava una superficie di circa 3 metri per 3,20 per una profondità di circa 40 cm dal livello della pavimentazione esistente. Intorno alle ore 8,30 si verificava il crollo del muro che travolgeva i due lavoratori che si trovavano in piedi, l'uno accanto all'altro, sul ciglio dello scavo.
 
La causa del crollo era stata individuata nel collasso della base del pilastro attorno al quale si stava lavorando, dovuto all'esecuzione dello scavo sull'intero perimetro della base, intervento che non avrebbe dovuto essere effettuato in considerazione del degrado dei materiali di cui era costituito il pilastro e dell'assenza di fondazione, rilevabile fin dalle prime fasi dello scavo, nonché del generale stato di abbandono in cui versava il manufatto. Non erano stati comunque riscontrati errori di progettazione, posto che le caratteristiche di costruzione del pilastro non erano note sia perché tutti gli altri pilastri del complesso, anche quelli presenti sullo stesso allineamento, presentavano caratteristiche diverse, sia perché la superficie laterale del pilastro collassato era intonacata, per cui il degrado dei materiali era stato almeno in parte occultato.
 
Il Gup del Tribunale ha assolto il direttore dei lavori ed il responsabile della sicurezza, perché il fatto agli stessi ascritto non costituisce reato ed a tale decisione il giudice era pervenuto rilevando che, in considerazione dell'imprevedibilità delle particolari modalità di costruzione del pilastro, non poteva essere attribuita al progettista alcuna colpa per non avere svolto specifici accertamenti al riguardo mentre aveva riscontrato errori ed omissioni nella fase di esecuzione dei lavori, che avrebbe imposto l'adozione di una serie di misure di sicurezza, in realtà mai adottate. Lo stesso giudice aveva affermata la responsabilità del committente condannandolo alla pena complessiva di un anno, quattro mesi di reclusione ed euro 600,00 di ammenda, con i benefici di legge, nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite. Il giudice aveva inoltre ritenuto, in particolare, che dagli atti fosse emerso che nell'area ove il crollo si era verificato i lavori erano sospesi da alcuni mesi, tanto che la stessa era stata transennata e che l'iniziativa di intervenire sul pilastro poi crollato era stata il frutto di un'autonoma decisione del committente che aveva emanate le relative direttive senza neanche avvisare la direzione dei lavori ed il responsabile della sicurezza, rimasti all'oscuro delle sue decisioni, malgrado la delicatezza dei lavori ed i rischi che ne erano connessi.
 
Su appello proposto dall'imputato, la Corte d'Appello ha assolto il committente perché il fatto non costituisce reato. Inesistente, in particolare, era stato ritenuto il profilo di colpa specifica allo stesso contestato posto che le verifiche dei documenti di cui all’articolo 4, comma 1 lettera a) e b) del D. Lgs. n. 494 del 1996, attribuita al committente o responsabile dei lavori dall'articolo 3 del citato decreto, ha carattere solo formale, essendo la redazione degli stessi demandata ai tecnici all'uopo incaricati dal committente e che a quest’ultimo non è richiesta alcuna competenza tecnica, che sarebbe necessaria per potere valutare nel merito la loro idoneità.
 
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione sia il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello che le parti civili che hanno chiesto l’annullamento della sentenza. Il Procuratore Generale, in particolare, ha contestato le decisioni alle quali era pervenuta la Corte territoriale allorquando ha affermato che il committente svolge un controllo solo formale del piano di sicurezza e di coordinamento e non mirante ad accertare le carenze dello stesso piano, posto che la redazione dello stesso è attribuita a tecnici appositamente incaricati e che la legge non prevede che il committente debba possedere specifiche competenze in materia di sicurezza sul lavoro ma che avrebbe solo il compito di individuare le figure professionali che devono operare nel cantiere, di comunicare agli enti preposti al controllo la verifica della redazione dei piani di sicurezza, di verificare che il tecnico preposto svolga le sue funzioni di controllo dell'operato delle imprese esecutrici, non anche quello di accertarsi del rispetto nel cantiere della normativa antinfortunistica.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha condivise le osservazioni dei ricorrenti ed ha annullata la sentenza di assoluzione del committente rinviando gli atti per un riesame alla Corte di Appello di provenienza. “La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione”, ha sostenuto la Sez. IV, “non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 4, comma 1, e articolo 5, comma 1, lettera a)". Il legislatore, dunque, nella delicata materia della sicurezza dei cantieri e della tutela della salute dei lavoratori, ha ritenuto, oltre che di delineare specificamente gli obblighi del committente -che è il soggetto nel cui interesse sono eseguiti i lavori- e del responsabile dei lavori, anche di ampliarne il contenuto, prevedendo a carico degli stessi un obbligo di verifica dell'adempimento, da parte dei coordinatori, degli obblighi su loro incombenti, qual quello consistente, non solo nell'assicurare ma anche nel verificare il rispetto, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro”. “Al committente, dunque”, ha proseguito la Sez. IV, “specie se, come nel caso oggi in esame, rivesta anche il ruolo di responsabile dei lavori, non è attribuito dalla legge il compito di verifiche solo ‘formali’, bensì di eseguire controlli sostanziali ed incisivi su tutto quanto riguarda i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore e di accertarsi, inoltre, che i coordinatori adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in tale materia”.
 
In altri termini”, ha ancora affermato la suprema Corte, “il legislatore, con la norma richiamata, ha inteso rafforzare la tutela dei lavoratori rispetto ai rischi cui essi sono esposti nell'esecuzione dei lavori, prevedendo, in capo ai committenti ed ai responsabili dei lavori, una posizione di garanzia particolarmente ampia dovendo essi, sia pure con modalità diverse rispetto a datori di lavoro, dirigenti e preposti, prendersi cura della salute e dell'integrità fisica dei lavoratori, garantendo, in caso di inadempienza dei predetti soggetti, l'osservanza delle condizioni di sicurezza previste dalla legge”.
 
La Corte di Cassazione ha rilevato, in conclusione, che la Corte territoriale non aveva tenuto in considerazione quanto più volte è stato affermato dalla stessa Corte suprema e cioè che “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente costituisce il ‘perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri’ ed altresì che ‘il committente rimane il soggetto obbligato, in via originaria e principale, alla osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro”. La Sez. IV ha aggiunto ancora che “il contratto d'appalto non solleva da precise e dirette responsabilità il committente allorché lo stesso assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera; in tal caso, invero, anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, e dunque anche di quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza del cantiere”. ed ancora  che “in materia di lavori svolti in appalto, responsabile di eventuali infortuni, oltre all'imprenditore, è anche il committente che si ingerisca nell'esecuzione dei lavori (Cass. nn. 46383/07, 38824/08). L'ingerirsi nei lavori, dunque, rappresenta, in ogni caso, allorché si determini un evento lesivo, elemento fondante la responsabilità del committente, direttamente chiamato, in tale eventualità, a controllare la presenza di adeguate condizioni di sicurezza del cantiere”.
 
 
 
 
 
 


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Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
12/11/2012 (17:16:02)
La decisione della Cassazione travolge i formalismi dietro ai quali a volte ci si trincera da parte dei soggetti della prevenzione, considerando invece la sostanza degli eventi, ovvero la decisione del committente di procedere nei lavori in un'area comprovatamente pericolosa, e quindi mettendo in moto la catena di cause ed eventi che ha prodotto all'evento tragico. La superficialità e la negligenza, quando si tratta della sicurezza altrui, e da questa ne derivano danni evidenti, è un delitto da codice penale.

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