Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Sulle responsabilità del direttore dei lavori

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

29/10/2012

Il direttore dei lavori, in relazione al potere di sospensione o di interdizione dei lavori in caso di una evidente pericolosità e di violazioni, assume anche una posizione di garanzia in materia di sicurezza sul lavoro. Di G.Porreca.

 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Altalenante è la posizione assunta dalla Corte di Cassazione per quanto riguarda la responsabilità della figura del direttore dei lavori in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Il direttore dei lavori per conto del committente, sostiene la suprema Corte in questa sentenza, è tenuto a vigilare sulla esecuzione fedele del capitolato d’appalto, ma proprio in relazione al potere di sospensione o di interdizione dei lavori in caso di una evidente pericolosità della organizzazione di cantiere nonché di violazioni delle buone regole dell’arte e di disapplicazione di norme cautelari stabilite a garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori e dei terzi, egli è anche titolare di una posizione di garanzia. E’ stato ribadito anche in questa stessa sentenza il principio in base al quale il preposto è destinatario delle norme antinfortunistiche “iure proprio” ed ha quindi compiti di vigilanza che gli discendono direttamente dalla legge senza la necessità di una apposita delega.
 


Pubblicità
Preposti - Sicurezza sul lavoro - Principi generali - 5 ore
Corso online di formazione generale per i Preposti di tutti i settori o comparti aziendali.

Il caso e l’iter giudiziario
Il Tribunale in composizione monocratica ha dichiarata la penale responsabilità del direttore dei lavori di un cantiere edile nel quale erano in corso dei lavori di costruzione di un casotto di campagna, nonché il caposquadra dello stesso cantiere e di un agente tecnico in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di un lavoratore e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, li condannava alla pena di mesi otto di reclusione, pena sospesa e interamente assoggettata all'indulto, nonché al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite.
 
Ai tre imputati era stato contestato il reato di cui all'articolo 589 cod. pen. aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica per aver cagionato, per colpa, senza avere adottato le necessarie cautele del caso per evitare il verificarsi dell'evento letale, la morte del lavoratore avvenuta a seguito delle lesioni da precipitazione. Lo stesso, infatti, trovandosi sulla sommità del muro posteriore del casotto, intento a far passare del materiale da costruzione nella parte interna verso quella esterna, era caduto a peso morto al suolo decedendo.
 
Avverso la decisione del Tribunale gli imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Appello la quale, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha ridotto a ciascun imputato la pena a sette mesi di reclusione dichiarando, altresì, che la morte dell’infortunato era stata dovuta alla concorrente responsabilità della stessa vittima nella misura del 25%, rimanendo suddivisa in parti uguali tra i tre imputati la quantificazione percentuale residua di colpa. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la responsabilità di tutti e tre gli imputati in quanto gli stessi avevano violato l'articolo 2087 c.c. che impone all'imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. Non ha invece riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa nella misura del 25%.
    
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Avverso la sentenza della Corte di Appello tutti e tre gli imputati, a mezzo dei loro difensori, hanno proposto distinti ricorsi alla Corte di Cassazione chiedendone l'annullamento. I ricorrenti avevano in primo luogo censurata la sentenza impugnata in quanto la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare con più attenzione la condotta colposa della vittima per verificare conseguentemente se fosse stata la sua deliberata condotta di salire sul muro senza alcuna protezione, effettuando un'azione anomala, a determinare in maniera diretta ed immediata il verificarsi dell'incidente. Il direttore dei lavori, in particolare, aveva sostenuto che avendo egli tale qualifica non rientrava tra i suoi obblighi quello di predisporre misure di prevenzione contro gli infortuni, in quanto la sua responsabilità era limitata a garantire la corrispondenza dell'opera al progetto e sostenendo ancora che non era necessaria la sua presenza nel cantiere, non essendo in corso nessuna particolare attività né si comprendeva come un suo sopralluogo prima dell'incidente avrebbe potuto evitare l’infortunio. Il caposquadra, dal canto suo, ha sostenuto che al momento dell’infortunio era impegnato in altra parte del cantiere, che non aveva l’investitura formale di preposto e che la violazione dell’art. 2087 c.c. contestatagli non era applicabile a persona diversa dall’imprenditore.
 
La Corte di Cassazione non ha condiviso la tesi sostenuta dagli imputati secondo la quale la condotta colposa della vittima sarebbe stata da sola sufficiente a determinare l'evento. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha infatti sostenuta la stessa, ha stabilito che, in tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare la salute del lavoratore, è posto in carico al datore di lavoro l'obbligo di adottare le misure di prevenzione specificamente previste dalla legge e in linea generale tutte le obbligazioni di prudenza e di esperienza ampiamente considerate dall'articolo 2087 c.c. e peraltro, in ogni caso, nessuna efficacia causale per escludere la responsabilità del datore di lavoro può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando l'infortunio, come appunto è accaduto nel caso in esame sia da ricondurre comunque alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio dell’evento.
 
Per quanto riguarda la posizione del caposquadra la suprema Corte ha confermata la sua condanna ed ha sostenuto che “è pacifico che egli fosse il caposquadra e pertanto avesse la qualifica di preposto, che è destinatario delle norme antinfortunistiche ‘iure proprio’ e ha quindi compiti di vigilanza che discendono direttamente dalla legge”. Lo stesso inoltre, secondo la Sez. IV, avrebbe dovuto impedire al lavoratore infortunato di porre in essere il comportamento che l'ha portato alla morte, e cioè di salire sulla sommità del tetto per passare agli altri operai il materiale per la costruzione del ponteggio. Né la Sez. IV ha inteso dare importanza alla giustificazione addotta dal caposquadra di essere impegnato in altre aree del cantiere.
 
Circa, infine, il ricorso presentato dal direttore dei lavori la Sez. IV ha annullata la sentenza emessa nei suoi confronti con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio non avendo la stessa tenuto presente la posizione di garanzia dell’imputato in qualità di direttore dei lavori. “Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte”, ha così precisato la Sez. IV, “il direttore dei lavori, per conto del committente, è si tenuto alla vigilanza sull'esecuzione fedele del capitolato di appalto, ma proprio in relazione ai poteri di sospensione o interdizione dei lavori in caso di evidenza di pericolosità della organizzazione di cantiere, di violazione delle buone regole dell'arte e di disapplicazione di norme cautelari stabilite a garanzia della salute dei lavoratori o dei terzi, è anch'egli titolare di una posizione di garanzia sulla quale il giudice di merito non si è motivatamente pronunciato”.
 
 
 


Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Rispondi Autore: stincone giacomo - likes: 0
09/08/2013 (12:17:00)
come al solito le leggi non si fanno per migliorare la qualita del lavoro e la sicurezza ma per trovare sempre e comunque qualche capro espiatorio cosi i sindacati si quietano con la consegna dello scalpo di qualche malcapitato. nei cantieri edili sopratutto quelli piccoli gli operai fanno quello che c... vogliono in spregio alle piu elementari regole di sicurezza, quando poi per colpa solo e solamente loro si ammazzano, subito scatta la caccia al nemico del popolo, magistrati comunisti, ad essere uccisa in italia è l'impresa, e la disperazione e i suicidi degli imprenditori sono causati dal protagonismo parassitario di tutti questi burocrati mantenuti. ecco perche in italia non c'è vera democrazia, e il lavoro nero è diventato per molte piccole imprese e lavoratori l'unica via di scampo, dalla vera e propria caccia all'uomo che si è scatenata a furor di popolo con il ricatto terroristico e stalinista che i sinistri stanno facendo a tutta la societa sana del paese, quella che lavora rischia ci rimette. che schifo l'italia dei vendola, dei napolitano, dei di pietro, d'alemi e mantenuti vari.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!