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Sull’applicazione del D.Lgs. 231/01 sulla responsabilità amministrativa
Commento a cura di G. Porreca.
E il D. Lgs. 8/6/2001 n. 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti in caso di infortuni sul lavoro gravi e mortali approda in Cassazione sia pure per una rideterminazione delle quote relative alla pena pecuniaria inflitta ad una società. Il caso riguarda in particolare il presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante di una società condannato con riferimento ad un grave infortunio sul lavoro accaduto ad una lavoratrice dipendente durante l’utilizzo di una macchina a seguito del quale lo stesso ha subito delle lesioni gravi. La suprema Corte su ricorso presentato dall’interessato ha provveduto ad annullare la sentenza del Tribunale ed a limitare la pena pecuniaria che superava il limite massimo edittale previsto dalle disposizioni di legge.
Il caso e il ricorso in Cassazione
Il Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante di una società ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale che aveva applicato alla stessa società per il reato ascrittole (art. 25 septies del D. Lgs. 8/6/2001 n. 231 in relazione al reato di cui all'art. 590 c.p., commi 2 e 3) la sanzione pecuniaria di euro 25.800,00. Al legale rappresentante, infatti, era stato contestato il reato di lesioni personali colpose gravi aggravate (art. 590 c.p., commi 2 e 3) perché, nella qualità di datore di lavoro, per colpa generica dovuta a negligenza e per colpa specifica per violazione del combinato disposto degli artt. 70, 71 e 87 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, provocava, per la inadeguatezza di una macchina utensile presso cui operava la dipendente, un incidente sul lavoro a seguito del quale una lavoratrice riportava la amputazione della falange distale del terzo dito della mano sinistra.
La società ricorrente ha censurato la sentenza per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso del legale rappresentante della società è stato accolto dalla Corte di Cassazione. La stessa ha evidenziato che l’art. 25 septies del D. Lgs. n. 231/2001 di cui al capo di imputazione prevede che "in relazione al delitto di cui all'art. 590 c.p., comma 3, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote" per cui, poiché nel procedimento penale "sottostante", si era proceduto proprio in relazione al delitto di cui all'art. 590 comma 3 c.p. non si poteva applicare come pena base per il calcolo della pena finale, la sanzione pecuniaria in misura di 300 quote, poiché la pena edittale massima prevista per questi casi non può essere superiore a 250 quote. Non essendo pertanto legale la pena inflitta la Sez. IV della Corte di Cassazione penale ha annullata la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla misura della sanzione amministrativa pecuniaria che è stata rideterminata in euro 21.500,00.
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