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Responsabilità del CDA anche in caso di delega di gestione

Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Industria

09/11/2010

Condanna della Cassazione per amministratori e dirigenti della Montefibre per la morte di undici operai esposti all’amianto nello stabilimento di Verbania. La responsabilità ricade sull’intero CdA e sui direttori di stabilimento. A cura di A.Guardavilla.


 
A cura di Anna Guardavilla
 
Con la sentenza n. 38991 depositata il 4 novembre 2010, la Quarta Sezione Penale della Cassazione ha condannato 14 imputati che, in qualità di membri del consiglio di amministrazione o dirigenti delle società aventi in carico lo stabilimento della Montefibre di Verbania-Pallanza, dedito alla produzione di fibre di nailon, hanno provocato per colpa la morte di undici lavoratori i quali, in tale stabilimento, avevano inalato fibre di amianto contraendo così malattie quali l’asbestosi e il mesotelioma pleurico che li avevano condotti al decesso.
 
L’addebito che era stato mosso agli imputati consisteva nel fatto che, “in violazione dell’art. 2087 c.c. e di numerose norme dettate in materia di igiene e salubrità dei luoghi di lavoro, avevano omesso di adottare, soprattutto durante i frequenti lavori di manutenzione degli impianti e di decoibentazione e nuova coibentazione, le cautele necessarie per evitare che i lavoratori fossero esposti in modo diretto o indiretto alla inalazione delle polveri di amianto, non dotandoli di dispositivi personali di protezione, non attuando le specifiche norme di igiene, non rendendo edotti i lavoratori del rischio specifico a cui erano esposti, non disponendo di effettuare in luoghi separati le lavorazioni insalubri, non adottando misure per prevenire o ridurre la dispersione e diffusione nei luoghi di lavoro delle polveri e fibre di amianto, soprattutto, come detto, in occasione delle attività di manutenzione delle tubature e degli impianti.”
 
Va ricordato che in primo grado il Tribunale di Verbania nel giugno 2007 aveva assolto con formula piena tutti gli imputati salvo due che erano stati condannati per il decesso di due lavoratori.
Tale pronuncia nel marzo del 2009 era stata però riformata dalla Corte d’Appello di Torino che aveva pronunciato la condanna di tutti gli imputati assolti in primo grado e dei due ricorrenti, aumentando altresì il risarcimento in favore delle costituite parti civili.
 
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Le posizioni di garanzia
Di fondamentale importanza nella sentenza della Cassazione sono i principi espressi dalla Corte con riferimento alla posizione di garanzia degli imputati e più in generale alle responsabilità degli amministratori delegati e dei componenti del Consiglio di Amministrazione in una s.p.a.
 
Va premesso che la Corte di Cassazione in numerose sentenze ha già avuto modo di affermare che “nelle imprese gestite da società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione” (Cass. Pen., Sez. IV, n. 6280/2007, Mantelli).
 
Nella sentenza in commento la Suprema Corte precisa che “anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega.”
 
La Corte richiama in tal senso l’articolo 2392 del codice civile in tema di s.p.a., il quale, nel prevedere che gli amministratori nella gestione della società devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo, stabilisce che anche se alcuni compiti sono attribuiti ad uno o più amministratori, gli altri componenti “sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione…”.
 
E la Cassazione di conseguenza conclude, fornendoci un prezioso criterio per l’identificazione delle responsabilità dei membri del C.d.A. in presenza di delega di gestione, che “in sostanza, in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinati da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione.
Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di totale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangano obblighi di vigilanza e di intervento sostitutivo”.
 
Pertanto “in definitiva, anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa ed organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attengono direttamente alla sfera di responsabilità del datore di lavoro.”
 
Sulla base di tali principi è stata quindi ricondotta nella fattispecie una responsabilità a tutti gli imputati, i quali hanno rivestito la carica di consiglieri, presidenti o amministratori delegati del consiglio di amministrazione della Montefibre e, in aggiunta a questi, anche ai consiglieri di amministrazione della N.I.N. (Società Italiana Nailon) a cui la Montefibre aveva conferito le attività produttive delle fibre poliammidiche e le cui strutture erano collocate nell’ambito degli stabilimenti della Montefibre stessa.
 
In applicazione poi del principio dell’equivalenza delle cause, a fronte del fatto che nelle cariche sociali gli imputati si sono succeduti nel tempo, la Corte ha stabilito che “il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l’evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata”.[1]
 
A tali posizioni di garanzia, così individuate, vanno aggiunte infine quelle dei direttori di stabilimento i quali, “in quanto titolari di poteri di vigilanza ed attuazione delle misure di sicurezza ed igiene, nonché impeditivi anche a costo di interrompere l’attività produttiva (Cass. IV 38009/2008, Pennacchietti), avevano una posizione normativa e funzionale di garanzia dell’incolumità dei lavoratori operanti nell’azienda”.
 
È utile ricordare che vi sono recenti e interessanti precedenti in materia.
 
In Cassazione Penale, Sezione Quarta, sentenza 26 maggio 2010 n. 20052 (che rinvia a sua volta ad altri autorevoli precedenti ed in particolare all’importantissima sent. Cass. IV Pen. 988/2002, Macola), nel pronunciarsi sulle responsabilità per l’infortunio occorso ad una lavoratrice addetta al nastro trasportatore la Corte ha ricordato che “per consolidata, e condivisibile, giurisprudenza di questa Corte, nelle imprese gestite da società di capitali, come nel caso di specie (trattandosi di una società per azioni), gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (così, “ex plurimis”: Sez. 4, n. 988 del 11/07/2002 ud. - dep. 14/01/2003 - Macola ed altri, Rv. 226999; Sez. 4, n. 6280 del 11/12/2007 ud. - dep. 08/02/2008 -Mantelli ed altro, Rv. 238958).
A ciò aggiungasi, “ad abundantiam”, che il G. era stato anche nominato amministratore delegato della società; né il ricorrente ha allegato documentazione da cui poter desumere l’esistenza di una delega specifica al Presidente del Consiglio di Amministrazione in materia di sicurezza del lavoro.”
 
 
La legitimatio ad causam delle parti civili
Nella sentenza n. 38991/2010 è infine contenuto un importante principio in ordine alla legittimazione delle associazioni di fatto a costituirsi parte civile nei processi per infortunio o malattia professionale.
 
La Cassazione ha infatti stabilito che “nel caso di specie, gli Enti di fatto costituitisi Parte Civile (“Medicina Democratica” e “Camera del Lavoro CGIL”) non hanno fatto ingresso nel processo come enti esponenziali di interessi diffusi e collettivi, bensì agendo “iure proprio” in qualità di soggetti danneggiati dal reato, pertanto a loro non vanno applicate le disposizioni di cui agli artt. 91 e ss. ma dell’art. 74 c.p.p.
La legittimazione alla costituzione non è inibita dalla circostanza di essere enti di fatto”.[2]
 
Né la Corte ha ritenuto ostativa, ai fini della legittimazione a costituirsi parte civile, la circostanza che uno di questi Enti (in particolare Medicina Democratica) non fosse ancora operativo al momento dei fatti.
 
Quanto al danno subito dalle due associazioni, la Corte ne ha sancito la sussistenza puntualizzando che “ogni condotta del datore di lavoro idonea a ledere la salute dei lavoratori, soprattutto nei casi in cui ciò si verifica in modo reiterato (es. pluralità di decessi) e in conseguenza di condotte riconducibili a sistematiche e radicate violazioni delle norme di sicurezza e di igiene sul lavoro, determina un danno diretto all’Ente. Esso può essere sia economico […] sia danno non patrimoniale per la lesione dell’interesse statutariamente perseguito di garantire la salute dei lavoratori nell’ambiente di lavoro, presidiato costituzionalmente dagli artt. 2 e 32 Cost.”. 
 
 
 

 
 

 


[1] V., una per tutte, Cass. Pen., Sez. IV, n. 27956/08, Stefanacci.
[2] Cfr. anche, quali precedenti, Cass. III n. 12378/08 e Cass. III n. 38290/07.




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Rispondi Autore: @giannikarl Gianni C. - likes: 0
20/02/2015 (11:05:39)
In caso di dimissioni dell'amministratore unico (e anche datore di lavoro ai fini della sicurezza) che aveva rilasciato regolare delega di funzioni, la delega deve considerarsi decaduta per effetto delle dimissioni del datore di lavoro (vista la complementarietà e interdipendenza delle funzioni di delegante e delegato) o può considerarsi ancora valida?
Rispondi Autore: @giannikarl Gianni C. - likes: 0
20/02/2015 (14:34:23)
In caso di dimissioni dell'amministratore unico (e anche datore di lavoro ai fini della sicurezza) che aveva rilasciato regolare delega di funzioni, la delega deve considerarsi decaduta per effetto delle dimissioni del datore di lavoro (vista la complementarietà e interdipendenza delle funzioni di delegante e delegato) o può considerarsi ancora valida?

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