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La responsabilità di un CSE per una carenza strutturale in cantiere

La responsabilità di un CSE per una carenza strutturale in cantiere
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

14/12/2020

Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione risponde della configurazione generale e strutturale del cantiere e del rispetto delle procedure e misure di sicurezza previste nel PSC nonché degli eventuali infortuni legati a una loro carenza.

In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008, ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto). Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori non risponde, pertanto, di quelle violazioni che non siano strutturali, ma solo occasionali ed estemporanee e che non è tenuto a prevenire ed evitare con una presenza assidua e costante sul cantiere; risponde, invece, di quelle macroscopiche lacune nei presidi di sicurezza, in sede esecutiva, che sono state rese possibili proprio dalla sua negligente vigilanza circa la generale configurazione del cantiere. E’ un indirizzo questo ormai consolidato in giurisprudenza che viene richiamato nella sentenza che si commenta la quale cita come una delle precedenti sentenze più significative che hanno sostenuto lo stesso indirizzo la n. 3288 del 23/1/2017 pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ La vigilanza del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione”.

 

La funzione di alta vigilanza del coordinatore, ha ricordato ancora la suprema Corte, ha ad oggetto esclusivamente il rischio cosiddetto generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese per cui ne consegue che lo stesso non risponde degli eventi riconducibili al cosiddetto rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo e più volte non è stato ritenuto responsabile o corresponsabile per un infortunio legato a  un rischio di tale natura.  

 

In questa circostanza però la suprema Corte, proprio in applicazione di tale indirizzo, chiamata a decidere su di un ricorso presentato da un coordinatore in fase di esecuzione condannato nei due primi gradi di giudizio per l’infortunio mortale occorso in un cantiere edile a un lavoratore caduto da una scala in costruzione, risultata priva delle dovute protezioni di sicurezza, pur annullando la sentenza impugnata dal professionista per gli effetti penali per essere intervenuta la prescrizione, ha rigettato il ricorso per gli effetti civili per avere ritenuto il coordinatore responsabile dell’accaduto dovuto a una carenza strutturale nella organizzazione del cantiere in quanto non la sola scala era risultata priva di qualsiasi protezione ma tutto l’intero manufatto era stato trovato privo di quelle opere provvisionali (ponteggi, impalcature, parapetti) che, se fatte realizzare nel corso di una attenta vigilanza, avrebbero impedito il verificarsi dell'evento.

 

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Il fatto, le condanne, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

1. La Corte di Appello ha confermata la sentenza con cui il datore di lavoro di un’impresa e il coordinatore della sicurezza del cantiere in fase esecutiva erano stati condannati alla pena sospesa di un anno di reclusione ed al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile per il reato di omicidio colposo ex artt. 113 e 589, secondo comma, del codice penale per aver posto in essere le condizioni che avevano determinato il decesso di un lavoratore precipitato da una scala in costruzione di circa 5 metri e in particolare il coordinatore in violazione dell'art. 5, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 494 del 1996 per non avere assicurata l'applicazione delle disposizioni contenute nei piani di sicurezza e delle relative procedure di lavoro e per non avere adeguato i piani stessi individuando misure idonee a prevenire i rischi connessi alle attività da svolgere.

 

Il coordinatore ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello, a mezzo del proprio difensore, lamentandosi che il giudice dell'impugnazione non si era pronunciato sull'assoluta adeguatezza del piano di sicurezza, che prevedeva l'installazione di ponteggi intorno al fabbricato in corso di realizzazione e che dalle prove espletate era risultato del tutto idoneo. Non era stata valutata, altresì, la sua posizione di mero coordinatore, tenuto ad un'alta vigilanza, che non può tradursi in un controllo puntuale delle singole attività e non va confuso con la vigilanza operativa, spettante al datore di lavoro, così attribuendogli la responsabilità per un incidente correlato all'estemporaneo sviluppo dei lavori né era stato tenuto conto di quelle prove, evidenziate in appello, da cui si evinceva la sua presenza assidua sul cantiere, anche il giorno prima rispetto a quella del sinistro.

 

Il ricorrente si è lamentato inoltre per l’affermazione fatta in sentenza secondo cui il manufatto, nella sua interezza, era privo di ponteggi, mentre, come era emerso dalla deposizione di un teste, lo stesso mancava solo sulla facciata dove era avvenuto l’infortunio tenendo presente che per smontarlo bastava un solo giorno.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha innanzitutto evidenziato che il reato, oggetto del giudizio, è risultato prescritto per cui ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali. Tuttavia ha esaminato il ricorso agli effettivi civili, ai sensi dell'art. 578 del codice di procedura penale secondo cui, quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata una condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, devono decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

 

In ordine alla responsabilità dell'imputato, nella sua qualità di coordinatore, in considerazione dell'adeguatezza dei piani redatti non necessitanti di alcuna integrazione e della mancata prova dell'omessa alta vigilanza, richiesta a tale figura professionale, alla luce delle risultanze istruttorie, la suprema Corte ha ricordato che in tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art. 92 del D. Lgs. n. 81 del 2008 (già art. 5 del D. Lgs. n. 494 del 1996), ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, cosa che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo, previsto prima dall'art. 5, comma 1, lett. b del D. Lgs. n. 494 del 1996 e ora dall'art. 92, lett. f), del D. Lgs. n. 81, di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate.

 

Pertanto, ha così proseguito la Sez. IV, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori non risponde di quelle violazioni che non siano strutturali, ma solo occasionali ed estemporanee e che non è tenuto a prevenire ed evitare con una presenza assidua e costante sul cantiere mentre risponde di quelle macroscopiche lacune nei presidi di sicurezza, in sede esecutiva, che sono state rese possibili proprio dalla sua negligente vigilanza circa la generale configurazione del cantiere, tra cui sicuramente può ricomprendersi l'assenza dei ponteggi o delle impalcature (su una sola facciata o sull'intero manufatto). La sua funzione di alta vigilanza, ha inoltre ribadito la Sez. IV, ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese per cui ne consegue che non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (Sez. IV, n. 3288 del 27/09/2016).

 

Tuttavia la Corte di Cassazione ha posto in evidenza che nel cantiere, nel caso in esame, secondo quanto emerso nei due primi gradi di giudizio, mancava il parapetto a protezione della scala in costruzione, necessario a evitare il rischio di caduta dall'alto, e che non solo il lato dell'edificio su cui era avvenuto l'infortunio era privo di strutture di protezione ma tutto il manufatto era privo di quelle opere provvisionali (ponteggi, impalcature, parapetti) che se realizzate avrebbero impedito la verificazione dell'evento. La prospettazione difensiva inoltre, ha così concluso la suprema Corte, in base alla quale il ponteggio sarebbe stato smontato nella notte o, comunque, successivamente al suo ultimo accesso in cantiere, è inammissibile in sede di legittimità né il ricorrente è stato in grado di indicare le prove, non valutate dai giudici di merito, idonee a dimostrare tale circostanza.

 

In definitiva la Cassazione, con riferimento alla posizione del coordinatore, ha rigettato il ricorso agli effetti civili e ha annullata la sentenza impugnata agli effetti penali per l'intervenuta prescrizione del reato.

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 33415 del 27 novembre 2020 (u. p. 20 ottobre 2020) - Pres. Izzo – Est. Picardi – P.M. Ceniccola - Ric. L.E.. - Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione risponde della configurazione generale e strutturale del cantiere e del rispetto delle procedure e misure di sicurezza previste nel PSC nonché degli eventuali infortuni legati a una loro carenza.

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 3288 del 23 gennaio 2017 (u.p. 27 settembre 2016) - Pres. Ciampi – Est. Dovere – Ric. B.M. e M.C..  - La funzione di vigilanza del coordinatore per la sicurezza è ‘alta’ ma riguardando la configurazione generale  delle lavorazioni non è da confondere con quella operativa demandata al datore di lavoro e alle figure che da esso ricevono poteri e doveri.




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Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
14/12/2020 (09:45:43)
Un ricorso del collega CSE palesemente senza alcuna speranza.
Però arrivare ad una sentenza definitiva dopo 18 anni, evidenzia la necessità di una profonda riforma del nostro attuale sistema giudiziario.

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