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Criticità e prospettive nella gestione algoritmica dell’impresa

Urbino, 2 Lug – Come abbiamo sottolineato con la nostra intervista (“ Le sfide della gestione dei lavoratori con intelligenza artificiale e algoritmi”) a Maurizio Curtarelli ( EU-OSHA), in relazione alla campagna europea 2023-2025 “ Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”, nelle aziende la gestione dei lavoratori con l'intelligenza artificiale (IA) e con algoritmi (AI-based worker management – AIWM) è sempre più diffusa.
L'attuale contesto lavorativo è, infatti, caratterizzato in buona parte dall'interconnessione tra macchine automatizzate, reti di comunicazione e strumenti per lo scambio di informazioni, tecnologie avanzate di elaborazione dati e una robotica evoluta. Un cambiamento che mira a “raggiungere una maggiore efficienza nella gestione delle risorse dell’impresa”. Un modello che “si fonda sul trattamento, l’elaborazione e la trasmissione di tutte le informazioni attinenti al ciclo produttivo ed anche ai soggetti che al suo interno operano (i prestatori di lavoro), che diventano dunque una fonte di dati, che contribuiscono alla produttività ed all’innovazione dell’impresa”.
A ricordarlo in questi termini e a soffermarsi in particolare sul tema della gestione algoritmica è un saggio pubblicato sul numero 2/2024 della rivista “Diritto della sicurezza sul lavoro”, pubblicazione online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino.
In “La gestione algoritmica dell’impresa tra tutele dei lavoratori e prospettive partecipative (sul modello della sicurezza sul lavoro?)” di Michele Giaccaglia (assegnista di ricerca e professore a contratto in Diritto del lavoro presso l’Università Politecnica delle Marche) si ribadisce (come indicato nell’abstract del saggio) che la gestione dell’impresa e del lavoro “è sempre più orientata all’utilizzo di sistemi di management algoritmico, strumenti che supportano il datore di lavoro-imprenditore nell’assunzione di decisioni, grazie alla processazione di una enorme mole di dati”.
Si indica anche che “a fronte di tale potere tecnologico”, il lavoratore “è esposto a sempre maggiori rischi, che forse i diritti di informativa ex ante ed ex post non sono sufficienti a mitigare, e certamente non ad escludere”.
In particolare, il saggio, affrontato il panorama normativo italiano ed europeo, si sofferma sulle criticità, “scaturenti dal management algoritmico dell’impresa e del lavoro, che si ripercuotono sul rapporto di lavoro”. E, infine, si interroga sulla “percorribilità di una soluzione che preveda una forma di partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti alla (co)gestione algoritmica dell’impresa, come strada che consenta a questi ultimi di esercitare un ruolo centrale al fine di garantire un utilizzo trasparente, affidabile e sorvegliato dei meccanismi algoritmici e di intelligenza artificiale in ambito lavorativo, con particolare riguardo al tema della sicurezza sul lavoro”.
Nel presentare brevemente il saggio, l’articolo affronta i seguenti temi:
- Gestione algoritmica dell’impresa: individualizzazione dell’attività lavorativa
- Gestione algoritmica dell’impresa: sistema gerarchico e normativa
- Gestione algoritmica dell’impresa: rischi, dignità e partecipazione
Gestione algoritmica dell’impresa: individualizzazione dell’attività lavorativa
Ci soffermiamo in parte su quanto indicato dall’autore riguardo alla gestione algoritmica dell’impresa e alle conseguenze sul rapporto di lavoro e sulla tutela del lavoratore.
Si indica che le nuove tecnologie, ed in particolare l’intelligenza artificiale, modellano “la società in cui viviamo, e così l’impresa e lo scenario lavorativo, che in alcune realtà cambia costantemente”; scenario che, in alcune esperienze, “da luogo fisico, materiale, diventa luogo digitale, immateriale”.
Gli esempi di questa gestione solo molti. Il saggio ricorda i “lavoratori delle piattaforme digitali” o i lavoratori “impiegati nella consegna merci, che si spostano ed organizzano la propria attività sulla scorta delle indicazioni di un algoritmo che li tiene costantemente localizzati”; oppure si pensa “al lavoro degli addetti agli ordini online, ai quali sono assegnate, dall’algoritmo, le indicazioni relative alla collocazione dei prodotti da spedire”.
La gestione algoritmica (che “può così trasformarsi in vera e propria sorveglianza”) permette di “monitorare il lavoratore mentre esegue la prestazione, consentendo al datore di lavoro di valutarla, controllando modalità e velocità di esecuzione delle attività, così potendo anche ricavare informazioni sulla salute e sullo stato fisico e mentale dei lavoratori, permettendo di controllarne la produttività”. E a ciò si accompagna la “sempre più crescente individualizzazione dell’attività lavorativa, con conseguente aumento del potere datoriale”. Infatti, se nel tempo la debolezza del singolo lavoratore “è stata generalmente riequilibrata per il tramite dell’autonomia collettiva, che traeva linfa vitale dalla circostanza che gli interessi individuali dei lavoratori corrispondevano a quelli collettivi, oggi probabilmente le trasformazioni del mercato e delle condizioni del lavoro nell’economia digitale hanno anche alterato, individualizzandoli, gli interessi dei prestatori di lavoro”.
Tra l’altro se la tecnologia ha favorito il superamento dell’impresa come luogo fisico ove viene resa la prestazione lavorativa e “l’esercizio del potere di gestione e degli altri poteri datoriali può essere effettuato a distanza”, anche “l’assenza di un luogo in cui si sviluppano le relazioni tra lavoratori rende quindi più difficile e complesso l’esercizio dell’azione sindacale”.
Gestione algoritmica dell’impresa: sistema gerarchico e normativa
Si ricorda poi che l’impresa digitale generalmente “richiede meno manodopera rispetto all’impresa ‘tradizionale’, e tale circostanza incide tanto sul corretto svilupparsi dell’azione collettiva, come si è detto, ma anche sull’equilibrio (già precario e incerto) dei poteri delle parti del rapporto di lavoro, riducendo il potere contrattuale del lavoratore a fronte di un datore che può contare su una elevata possibilità di sostituire i propri dipendenti”. E la gestione algoritmica dell’impresa e del lavoro “accentua ancora di più il problema, in quanto la gestione dei lavoratori, il reclutamento e la selezione del personale, l’assegnazione delle mansioni, la valutazione della prestazione sono demandate all’algoritmo”.
Se il sistema gerarchico dell’impresa trova, comunque, al suo apice “l’imprenditore/datore di lavoro, e che sempre a quest’ultimo saranno riconducibili conseguenze ed effetti delle decisioni assunte dall’algoritmo, come accadrebbe per quanto attiene a quelle assunte dai soggetti che fanno parte dell’organigramma dell’impresa”, l’approccio strategico europeo sull’ intelligenza artificiale ha tenuto conto della “necessità di tutelare i lavoratori, ed ha previsto il rispetto di determinati requisiti procedurali che rendono lecito l’utilizzo di tali tecnologie in questo ambito” (Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale - Artificial Intelligence Act)
Si indica che tra gli obblighi imposti al datore di lavoro, quando ricorre all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio (secondo la divisione tra sistemi vietati, ad alto rischio e a basso rischio), “vi è quello di utilizzarlo in maniera conforme rispetto a quanto stabilito dal produttore ed in ogni caso di predisporre un sistema di sorveglianza umana, ovverosia di soggetti (formati, competenti e con poteri di intervento ex art. 26 AI Act) che vigilano l’attività algoritmica. È anche previsto, sempre in capo al datore di lavoro, un obbligo di informazione dei lavoratori, che debbono essere messi al corrente del fatto che l’imprenditore utilizzerà un sistema di intelligenza artificiale nella gestione della propria attività”.
Per i lavoratori, invece, è stato “previsto il diritto di chiedere ed ottenere dal datore di lavoro chiarimenti e spiegazioni sul ruolo che l’ intelligenza artificiale ha avuto nell’assunzione delle decisioni relative al rapporto di lavoro”.
Il saggio si sofferma anche su alcune criticità dell’approccio del legislatore europeo ed italiano, che sembra non tener “pienamente conto del fatto che in tali nuovi contesti di lavoro, non è garantito l’esercizio della rappresentanza dei lavoratori, e viene probabilmente sottostimato il problema della tecnologia quale strumento che consente al datore di aumentare il proprio potere aziendale e le proprie prerogative gestionali”. E anche “se ci si pone dall’angolo prospettico del datore di lavoro, poi, l’apparato normativo sembra presentare alcune criticità”. Ad esempio, se il datore di lavoro “deve fornire ai lavoratori informazioni sulle istruzioni informatiche utilizzate dall’algoritmo per assumere le decisioni relative alla gestione dell’impresa ed alla gestione dei rapporti di lavoro, vede intaccato il nocciolo duro del suo potere di direzione”.
Gestione algoritmica dell’impresa: rischi, dignità e partecipazione
Si indica poi che i rischi per i lavoratori legati alle nuove tecnologie e all’ intelligenza artificiale, con particolare riguardo alla gestione algoritmica dell’impresa, “vanno ben oltre la tutela del dato personale, e si ripercuotono anche sulle questioni economiche e sulle stesse condizioni di lavoro, minandone la stabilità ed aprendo la strada a discriminazioni”.
L’utilizzo degli algoritmi nella gestione del lavoro e dell’impresa impone “un diverso ritmo alla prestazione lavorativa, che può essere ormai svolta, e sempre più spesso accade, anche fuori dei luoghi di lavoro, con la conseguenza che lo stress patito dai lavoratori a causa di questa situazione è idoneo a provocare importanti problemi di salute, tanto a livello mentale quanto fisico”. E a tali rischi vanno poi aggiunti quelli relativi alla “protezione della vita privata e dei dati personali dei lavoratori, dal momento che il ricorso all’algoritmo consente una ‘datificazione’ del rapporto di lavoro, così alterando irrimediabilmente l’equilibrio tra lavoro e vita personale”.
Senza dimenticare che la connettività costante “determina che il lavoratore sia sempre reperibile e controllato; l’orario di lavoro si dilata e si sovrappongono i tempi di lavoro con quelli di non lavoro, tanto che si parla oggi di ‘tecnostress’”.
Si segnala poi che per quanto attiene alla protezione dei dati personali, indispensabili al funzionamento dell’algoritmo, il rischio di “data breach”, di violazione dei dati, “è altrettanto intuitivo e dirompente, in quanto raccogliendo le informazioni relative allo svolgimento dell’attività professionale, alla situazione economica, allo stato di salute, alle preferenze ed agli interessi del lavoratore, si coglie l’essenza della persona nella sua interezza, con conseguente necessità di garantire la dignità, l’identità, la personalità e l’integrità del lavoratore”.
Rimandiamo alla lettura integrale dell’interessante saggio che, anche per quanto riguarda i temi delle conseguenze della gestione algoritmica sulla “dignità del lavoro”, si sofferma su molti altri aspetti anche con riferimento alla normativa europea.
In conclusione - nell’ultimo paragrafo del saggio (“Una possibile soluzione? La partecipazione nella gestione algoritmica dell’impresa”) - l’autore, anche per ridurre i rischi per la tutela dei lavoratori ed “evitare che il ricorso all’algoritmo possa trasformarsi in una fonte inesauribile di contenziosi”, indica che potrebbe essere ipotizzato “un modello di governance dell’impresa al quale partecipano gli stessi rappresentanti dei lavoratori”.
Dunque, in questa fase di evoluzione tecnologica l’eventuale implementazione di sistemi di governance algoritmica dell’impresa potrebbe essere “finalmente l’occasione per prevedere il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della stessa, configurando un sistema che sia idoneo a raggiungere la trasparenza aziendale ed a fornire ai lavoratori maggiori poteri di controllo, allo stesso tempo garantendo così il rispetto delle previsioni legali imposte al datore di lavoro che desidera ricorrere all’intelligenza artificiale nella gestione dell’impresa e dei rapporti di lavoro”.
Tiziano Menduto
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