Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

La trasformazione digitale e l’impatto sul benessere dei lavoratori

La trasformazione digitale e l’impatto sul benessere dei lavoratori
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Digitalizzazione

14/06/2022

Quali sono le conseguenze positive e negative dell’evoluzione tecnologica? Come dovrà essere l’operatore 4.0? Quali sono i possibili rischi? Cosa indicano le indagini e le ricerche? Ne parliamo con Rosina Bentivenga, Inail Dimeila.

Brescia, 14 Giu – Da ormai diversi mesi, attraverso la presentazione di numerosi documenti dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA), stiamo sottolineando come lo sviluppo di tecnologie digitali ( intelligenza artificiale, robotica avanzata, big data, esoscheletri, …) stia cambiando la natura, l’ubicazione, i soggetti, i tempi e le modalità di organizzazione e gestione delle attività lavorative.

E questa evoluzione, il cui ritmo, come indica l’EU-OSHA, “non è mai stato così incalzante”, può portare a diversi vantaggi in termini di salute e sicurezza ma anche a nuove sfide e criticità. Tanto che dal 2023 al 2025 si terrà una nuova campagna europea ‘Ambienti di lavoro sani e sicuri’ che verterà proprio sulla creazione di un futuro digitale sicuro e sano e sulla prevenzione dei rischi connessi all’ evoluzione tecnologica e digitale.

 

Per affrontare questi temi l’Inail ha organizzato ad Ambiente Lavoro il 2 dicembre 2021 il seminario “Trasformazione digitale: impatti sulla salute e sicurezza dei lavoratori” che ha ricordato come la trasformazione digitale non riguarda più solamente i contesti particolarmente innovativi, ma coinvolge ogni azienda, a prescindere dalle dimensioni e dai mercati in cui si opera.

 

Per cercare di comprendere meglio l’impatto di questa trasformazione sui lavoratori e sulle aziende, anche con riferimento alla diffusione del lavoro agile, abbiamo intervistato Rosina Bentivenga (Inail, Dipartimento medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale) che al seminario Inail ha tenuto proprio un intervento dal titolo “Tecnologie e impatto sul benessere dei lavoratori”.   

 

 

A che punto è l’evoluzione tecnologica nel nostro Pease? Quali sono e saranno le conseguenze positive e negative sul mondo del lavoro e sul benessere dei lavoratori?

Come dovrà essere l’operatore 4.0? Come formarlo?

Quali sono i possibili rischi e come possono incidere sugli eventi infortunistici?

Quali sono le conseguenze in positivo e in negativo della diffusione dello smart working?

Ci sono indagini per analizzare gli impatti della trasformazione digitale sulla salute e la sicurezza dei lavoratori?

 

L’intervista si sofferma sui seguenti argomenti:


Pubblicità
Data science - Introduzione ai Big data e all'analisi dei dati - 1 ora
Corso online per il processo di trasformazione tecnologica, analitica e digitale delle imprese. Formazione per tutti i collaboratori aziendali che trattano dati informatici.

 

L’evoluzione tecnologica, i vantaggi per le aziende e l’operatore 4.0

Prima di entrare nel dettaglio delle sfide che ci attendono, in materia di salute e sicurezza, cerchiamo di fornire qualche dato sull’evoluzione tecnologica e digitale che stiamo vivendo…

 

Rosina Bentivenga: In Italia l’uso della tecnologia è sempre più diffuso, se prendiamo in considerazione l’indagine Istat (2020) su imprese e ICT che tiene conto del livello di digitalizzazione, misurato attraverso l’adozione di 12 indicatori tecnologici, emerge che il 97,5% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile. Il 62,6% delle imprese fornisce ai propri addetti dispositivi portatili come computer portatili, smartphone, tablet, ipad, che permettono una connessione mobile a Internet per scopi aziendali e lavorativi. Gli addetti che utilizzano un computer connesso a Internet per svolgere il proprio lavoro è pari al 53,2%. Rispetto al 2019 sono aumentate le imprese con sito web che rendono disponibili informazioni sui prodotti e servizi offerti passando dal 34% del 2019 al 55% del 2020. L’utilizzo di dispositivi mobili e connessioni mobili forniti dalle imprese ai propri addetti è pari al 62,6%, tale percentuale sale fino al 96,0% dei casi quando si prendono in considerazione le grandi imprese.

Nel 2020, infine, l’8,8% delle imprese con almeno dieci addetti ha utilizzato robot industriali multiuso e riprogrammabili che si muovono almeno su tre assi o di servizio. I robot industriali sono più diffusi rispetto a quelli di servizio (rispettivamente 6,7% e 3,1%).

 

Non crede che riguardo a questa evoluzione il nostro Paese in realtà, ad esempio a livello di infrastrutture e di “digital divide”, sia ancora un po’ in ritardo?

 

R.B.: Nonostante l’ampia diffusione del digitale bisogna sottolineare che, come riportato nel rapporto “Il digitale in Italia 2021” di Anitec-Assiform, l’Italia è entrata nell’emergenza sanitaria al 25° posto in UE, su 28 paesi, per livello complessivo di digitalizzazione. Un ritardo profondo dovuto alla sottovalutazione, sia pubblica sia privata, del ruolo dell’innovazione digitale.

Ogni anno, inoltre, il comportamento delle imprese viene valutato rispetto a 12 caratteristiche specifiche che contribuiscono alla definizione dell’indicatore composito di digitalizzazione denominato Digital intensity index utilizzato per identificare le aree nelle quali le imprese italiane incontrano maggiori difficoltà. In generale, circa l’82% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca a un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ nell’adozione dell’ICT, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate; il restante 18% svolge invece almeno 7 delle 12 funzioni, posizionandosi su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione (Istat, 2022).

 

Prima di affrontare le sfide in termini di tutele, cerchiamo innanzitutto di comprendere come la tecnologia possa impattare positivamente sulla sicurezza. Immagino che queste tecnologie possano, ad esempio, evitare ai lavoratori di svolgere compiti ripetitivi ad alto rischio o di operare in ambienti pericolosi. Quali sono gli aspetti positivi della trasformazione digitale?

 

R.B.: Gli effetti a livello organizzativo dell’uso del digitale negli ambienti di lavoro sono molto ampi e indiretti e le conseguenze possono riguardare benefici di business, miglioramento dell’organizzazione aziendale in termini di efficacia ed efficienza e anche di benessere dei lavoratori per lo sviluppo di forme flessibili di lavoro.

Migliorano pure le condizioni di lavoro, si pensi all’uso degli esoscheletri tecnologici che i lavoratori possono indossare e che sono in grado di dare loro più forza e attutire eventuali danni fisici e all’uso dei robot nello svolgimento di lavori estremamente pericolosi.

 

Nella sua relazione lei ha mostrato come l’Industria 4.0 stia rivoluzionando i sistemi produttivi e modificando anche i comportamenti e il modo in cui il lavoro umano viene progettato ed eseguito. Come dovrebbe cambiare anche l’operatore, il lavoratore 4.0?

 

R.B.: Un tema rilevante rispetto all’analisi delle nuove tecnologie che si stanno sviluppando nell’ambito dell’industria 4.0 riguarda l’anticipazione degli effetti sugli operatori. Prevedere determinati eventi, anticipare eventuali sviluppi futuri, che possano comportare potenziali sconvolgimenti, nuovi vincoli, nuove opportunità o il potenziale cambiamento di eventuali situazioni operative rappresentano aspetti necessari per poter sviluppare la resilienza organizzativa.

 

Relativamente a questo aspetto è importante definire i possibili rischi psicologici per gli operatori come ad esempio l’ansia, l’eccessivo carico di lavoro, la depressione, la possibile sensazione di isolamento e l’affaticamento. L’attenzione deve essere posta sulle cause che portano a tali reazioni che possono essere legate alla “dinamica dell’always-on” cioè all’essere sempre connessi, 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e a come ciò possa comportare una sensazione di distacco dalla realtà nei lavoratori.

 

Attualmente i lavoratori hanno un’adeguata formazione per affrontare i nuovi sviluppi tecnologici? E come dovrebbe essere un idoneo piano di formazione per l’operatore 4.0?

 

R.B.: Allo stato attuale, come si evidenzia anche dall’indagine nazionale realizzata insieme alle colleghe Sara Stabile, Emma Pietrafesa ed Edvige Sorrentino, non sempre i lavoratori ricevono una formazione relativamente all’uso della tecnologia. Buona parte della formazione avviene, infatti, in autoapprendimento, ma sarebbe ingenuo pensare di far fronte a questi cambiamenti in maniera adeguata ricorrendo solo alle risorse dei singoli lavoratori, oppure che sia sufficiente il solo investimento tecnologico - tecnologia user friendly- trascurando il fatto che la sfida più che tecnologica è cognitiva e culturale.

A livello nazionale, il rapporto DESI del 2021 riporta che solo il 15 % delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di ICT, cinque punti percentuali al di sotto della media UE.

Bisogna pensare alla formazione come un driver fondamentale nel supportare la transizione digitale.

 

I rischi delle nuove tecnologie, il technostress e gli eventi infortunistici

Veniamo ai rischi delle nuove tecnologie. Lei ha parlato in particolare di effetti sulla salute mentale, di technostress, di sensazione di frustrazione o isolamento, di eccessivo carico “cognitivo”, … Perché questi rischi? Da cosa dipendono?

 

R.B.: L’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro aveva già inserito tra le priorità di ricerca 2013-2020 l’impatto delle ICT mobili sul lavoro, come il carico di lavoro mentale, il processo decisionale, le prestazioni qualificate, l'accessibilità permanente, il work-life balance e le interazioni uomo-computer. E richiedeva che gli aspetti di salute e sicurezza venissero assicurati ed effettivamente integrati nello sviluppo di nuove applicazioni.

 

L’uso assiduo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione può comportare l’esperienza di technostress, stato psicologico negativo associato all’uso della tecnologia, attribuibile ad una serie di fattori psicosociali che riguardano ad esempio il ruolo, l’insicurezza lavorativa, il sovraccarico lavorativo, la mancata integrazione tra vita privata e vita lavorativa e la violazione della privacy.

Gli aspetti che influenzano il technostress possono essere di tipo cognitivo, sovraccarico informativo dovuto a un’informazione caratterizzata da una quantità e una velocità che richiedono un dispendio di risorse cognitive difficilmente gestibile; organizzativo, nuove possibilità di interscambio virtuali che permettono di essere sempre raggiunti; sociali, flusso ininterrotto di comunicazione e il costante contatto tra utenti; culturali, assenza di una cultura della salute e sicurezza relativa a questa nuova realtà.

 

L’uso diffuso della tecnologia digitale può avere un impatto anche a livello relazionale perché le attività diventano più astratte, le interazioni fisiche al lavoro diminuiscono, i dati e le informazioni aumentano in maniera esponenziale. Il lavoratore, inoltre, quotidianamente è impegnato in molteplici comunicazioni contemporaneamente e questo può comportare delle difficoltà nella gestione delle relazioni. Le relazioni mediate prevalentemente dai dispositivi digitali riducono i contatti personali aumentando l’isolamento sociale e peggiorando le relazioni a causa dell’attuazione di comportamenti molesti o offensivi, in questo caso si parla di cyberharassment at work, cyberstalking, cyberbullying. La presenza di sovraccarico relazionale può, dunque, peggiorare la qualità delle comunicazioni e delle informazioni, generare malintesi e aumentare il rischio di inviare o ricevere messaggi negativi.

 

Infine, c’è un altro aspetto che bisogna prendere in considerazione che riguarda la paura di perdere il proprio posto di lavoro in quanto molte attività e operazioni, che prima erano di competenza dei lavoratori, in futuro potranno essere automatizzate.

 

Come questi rischi possono incidere anche sulla sicurezza e sulla frequenza degli eventi infortunistici?

 

R.B.: L’esperienza del technostress può essere correlata all’ansia, all’affaticamento mentale e alla sensazione di inefficienza. L’eccessivo carico cognitivo, legato all’uso della tecnologia può ridurre i livelli di attenzione rispetto al compito principale da svolgere, generare fatica fisica, avere effetti negativi sulla memoria a lungo termine e diminuire l’acutezza mentale. Tutto questo può aumentare in modo significativo il rischio di infortunio. Per questo motivo l’introduzione delle tecnologie digitali in ambito organizzativo deve essere preceduta da un’attenta valutazione dei possibili effetti sulla salute e sicurezza e da un’adeguata formazione dei lavoratori.

 

In particolare, per quanto riguarda l’insorgenza del technostress, nelle nostre ricerche abbiamo individuato cinque fattori di rischio riferiti a techno-overload, techno-invasion, techno-complexity, techno-insicurity e techno-uncertainty (Booker, 2014) ed è emerso che il loro effetto negativo può essere contrastato da tre fattori che invece agiscono positivamente sul benessere dell’individuo e che riguardano la literacy facilitation, il technical support provision, l’involvement facilitation (Ragu-Nathan, 2008).

 

Lo smart working, l’ergonomia e i risultati di un’indagine nazionale

Parliamo anche delle modifiche organizzative connesse all’emergenza pandemica e alla diffusione dello smart working. Quali sono le conseguenze di questa diffusione, in positivo o in negativo, sulla salute e la sicurezza dei lavoratori?

 

R.B.: In Italia durante lo stato di emergenza, in deroga alla normativa, è stata consentita l’attuazione del lavoro agile anche senza la stipula di uno specifico accordo tra le parti, proprio per dare modo alle aziende di rendere più semplici le procedure di avvio di tale modalità di lavoro. È stato così possibile evitare la sospensione delle attività produttive garantendo la continuità della produzione. Per questo motivo è stato rilevato che nel secondo trimestre 2020 il lavoro da casa ha interessato oltre 4 milioni di lavoratori, il 19,4% del totale, mentre nel secondo trimestre 2019 era invece solo il 4,6% (Rapporto congiunto del Gruppo di lavoro tecnico e del Comitato d’Indirizzo dell’Accordo tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, 2021).

 

Lo smart working può rappresentare una modalità di lavoro utile a migliorare la qualità del lavoro e la produttività, a mantenere i rapporti con i colleghi e i contatti con le persone esterne all’azienda grazie all’uso diffuso degli strumenti tecnologici. I lavoratori possono integrare le richieste della vita lavorativa con le esigenze della famiglia e in alcuni casi migliorare le relazioni con i conviventi e i familiari.

 

Alcune criticità, invece, sono riferibili alla postazione di lavoro che in alcuni casi può non rispondere a criteri ergonomici, alla mancata separazione tra vita privata e vita lavorativa all’isolamento e al senso di solitudine.

Il lavoro in smart working nel suo complesso può essere considerato positivamente e in prospettiva potrebbe essere utilizzato alternandolo con il lavoro in presenza in modo da mitigare il senso di solitudine e per soddisfare il bisogno di contatto relazionale e sociale che i luoghi di lavoro offrono.

 

Una slide della sua relazione era dedicata all’approccio proattivo in ergonomia.  L’industria del futuro potrà essere, a suo parere, più proattiva di quella attuale?

 

R.B.: L’ergonomia si basa proprio su questo aspetto. Essere proattivi significa essere in grado di anticipare i problemi per pianificare azioni opportune in grado di evitarli o risolverli. È importante, quindi, identificare e conoscere i rischi futuri per la salute e la sicurezza dei lavoratori in un contesto lavorativo in continuo cambiamento, solo così si potrà attuare un’adeguata prevenzione a tutela dei lavoratori. In futuro le industrie dovranno necessariamente prendere in considerazione un tale approccio per essere competitive in un mercato del lavoro che cambia incessantemente nel rispetto, però, dell’integrità fisica e psichica dei lavoratori.

 

Prima lei ha accennato a una indagine nazionale per analizzare gli impatti della trasformazione digitale sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Concludiamo l’intervista ricordando quali sono i risultati di questa indagine.

 

L’Inail, nell’ambito delle attività di Ricerca Scientifica in collaborazione - BRIC2019, ha finanziato il progetto ID 50 dal titolo “Analisi dei rischi e strumenti di mitigazione per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei contesti lavorativi soggetti a trasformazione digitale”. Il progetto è stato realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale – Sapienza Università di Roma - Responsabile scientifico: Francesco Costantino in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione – Università degli Studi di Torino - Responsabile: Daniela Robasto e il Dipartimento di Giurisprudenza, economia, politica e lingue moderne - Università LUMSA - Responsabile: Fabio Macioce.

 

Tra le varie attività del progetto è stata realizzata un’indagine online per valutare la percezione dei lavoratori rispetto alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro nei contesti soggetti a trasformazione digitale.

All’indagine hanno partecipato 300 soggetti e le aree indagate hanno riguardato l’organizzazione e gestione del lavoro, gli aspetti normativi e di tutela e la formazione e lo sviluppo di competenze.

 

Dall’analisi dei risultati, per quanto riguarda le tecnologie più utilizzate emerge che l’82% dei rispondenti utilizza piattaforme collaborative, con una frequenza d’uso di più volte al giorno nel 58% dei casi e di almeno una volta al giorno nel 21% dei casi. Rispetto alle competenze digitali, il 70% dei rispondenti afferma di possedere competenze digitali di livello intermedio (utilizzo di fogli di calcolo, cloud, piattaforme di collaborazione, social media, presentazioni slide), il 24% competenze digitali di livello avanzato (gestione di siti, dati, programmazione, piattaforme) e il 6% competenze digitali di base.

Per i lavoratori i principali fattori di rischio per la propria salute e sicurezza sul lavoro legati all’uso della tecnologia riguardano: fattori psicologici 31,1%, fattori ergonomici 29,8%; 11% agenti fisici; 9,4% organizzazione del lavoro. In merito alla percezione delle conseguenze nell’uso della tecnologia, il 64% del campione ritiene che questa non comporti infortuni o malattia sul luogo di lavoro, mentre il 29% ritiene che possa causa malattie professionali e solo l’1% infortuni.

 

Per quanto riguarda la formazione, solo il 54 % dei rispondenti dichiara di avere ricevuto una formazione relativamente all’uso della tecnologia, attraverso attività di simulazione (18%), lezioni trasmissive frontali (12%), esercitazioni pratiche (7%), lezioni basate sul dialogo e sul confronto tra docente e discente (7%) e utilizzo alternato di lezioni ed esercitazioni e/o simulazioni (10%), resta, comunque, una quota rilevante di lavoratori (46%) che non ha ricevuto un’adeguata formazione in tal senso. In ogni caso complessivamente il 92% dei rispondenti si ritiene soddisfatto rispetto all’introduzione delle nuove tecnologie in azienda. Ritengono, inoltre, che la tecnologia migliori i processi produttivi, la qualità del proprio lavoro, la propria produttività e aiuti a conciliare le richieste lavorative con quelle familiari, ma anche che aumenti la quantità di lavoro e l’invasione nella vita personale. Se a questi due ultimi aspetti poi si aggiunge l’assenza di un supporto tecnico e organizzativo possono emergere criticità riferite ai modelli di organizzazione del lavoro e all’impatto sulla salute dei lavoratori, in termini di technostress. Tali criticità possono essere affrontate attraverso strategie focalizzate sulla diminuzione delle richieste poste ai lavoratori, sulla riprogettazione del lavoro e della tecnologia in dotazione e sull’implementazione delle risorse in termini di supporto tecnico, formazione e partecipazione dei lavoratori.

 

Ulteriori informazioni sul progetto Tradars (Trasformazione digitale - Analisi - Rischi – Sicurezza) sono disponibili a questo indirizzo.

 

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 


Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!