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Gli RLS e la sentenza del 25 settembre 2023: una china pericolosa?

Gli RLS e la sentenza del 25 settembre 2023: una china pericolosa?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: RLS

20/12/2023

L’opinione e le riflessioni di Beniamino Deidda sulla sentenza della Cassazione del 25 settembre 2023 che ha confermato la responsabilità penale di un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Una china pericolosa.

Urbino, 20 Dic  – In relazione al ricco dibattito seguito alla sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914, che ha confermato la responsabilità penale di un RLS in un caso di infortunio mortale di un lavoratore, torniamo a raccogliere nuove opinioni e riflessioni sulla pronuncia della Corte di Cassazione e sugli orientamenti giurisprudenziali in materia.

 

E sicuramente una buona raccolta di riflessioni sul tema, sulla sentenza e sul ruolo del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è offerta dai contributi pubblicati sul numero 2/2023 di “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino.

 

Dopo aver presentato, sempre con riferimento al numero 2/2023 della rivista, alcune note introduttive – in “Per un dibattito sulla responsabilità penale del RLS” – di Paolo Pascucci, direttore della rivista, ci soffermiamo oggi sul contributo di Beniamino Deidda, ex Procuratore generale presso le Corti di Appello di Trieste e di Firenze.

 

Nel presentare il contributo ci soffermiamo, in particolare, sui seguenti temi:

 



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La sentenza n. 38914 e il rivolgimento delle responsabilità

Il contributo, che ha un titolo esplicativo “Una china pericolosa: rovesciare sui lavoratori la responsabilità dell’organizzazione delle misure di sicurezza sul lavoro”, ribadisce che lo scorso 25 settembre 2023 la IV sezione della Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza n. 38914, con la quale si attribuisce al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) la responsabilità dell’omicidio di un lavoratore per “aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti per l’uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del C.C., del carrello elevatore”.

 

L’autore indica che si tratta di una “sentenza di straordinaria rilevanza che, se fosse seguita da altre pronunzie dello stesso tenore, potrebbe aprire ampi spazi per un sostanziale rivolgimento della responsabilità dell’organizzazione e dell’applicazione dei sistemi di sicurezza sui lavoratori. La quale, com’è noto, spetta al datore di lavoro e agli altri soggetti titolari degli obblighi di sicurezza”.

In questo caso sarebbe dunque aperto un “capitolo nuovissimo rispetto al passato: al giudice incomberebbe l’obbligo di valutare non solo il comportamento dei soggetti tenuti, secondo il Testo Unico sulla sicurezza del lavoro” ( Decreto legislativo 81/2008), “ad organizzare ed applicare i sistemi di sicurezza sul lavoro, cioè i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti e così via, ma anche i comportamenti di chi è stato eletto o designato come rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

 

La funzione del RLS e le motivazioni della sentenza

Beniamino Deidda indica che il punto centrale della motivazione della Suprema Corte può essere “brevemente così riassunto”.

Al RLS ricorrente, “che aveva ricordato nel suo ricorso che la legge non prevede alcuna posizione di garanzia in capo al rappresentante dei lavoratori, la Suprema Corte risponde che si tratta di un assunto infondato: “Come è noto, l’art. 50 D.Lgs. n. 81 del 2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò detto, è bene precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) - ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p. E, sotto questo profilo, la sentenza impugnata ...ha osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il C.C. fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal D.D.”

 

Motivazione che, a parere di Beniamino Deidda, “lascia interdetti, perché rivela la totale incomprensione della funzione del RLS all’interno dei luoghi di lavoro”.

 

Si segnala che il ruolo dell’RLS “non consiste nell’esercizio di obblighi di alcun genere, ma solo nella facoltà di intervenire, a nome dei lavoratori, nel procedimento di adozione delle misure e delle cautele per garantire la sicurezza dei lavoratori”. E l’esercizio di queste facoltà “è lasciato alla discrezionalità del RLS, il quale di quell’esercizio rende conto ai lavoratori che lo hanno eletto o designato e non certo al datore di lavoro o al giudice”.

Basta leggere l’art. 50 – continua Deidda – “per rendersi conto che il RLS è titolare di diritti (‘diritto di essere consultato’: lett. b, c , d; ‘diritto di ricevere notizie e documenti’ dal datore di lavoro: lett. f, g; ‘diritti di accesso e di formulazione di proposte’: lett. i, m; ‘diritto di ricorrere all’autorità’: lett. o)”. E leggendo la norma “si trae agevolmente la conclusione che nessuno di questi diritti o facoltà può essere trasformato in un obbligo, perché il loro esercizio è lasciato interamente al giudizio del RLS”.

 

La sentenza, la cooperazione colposa e il nesso causale

Il contributo indica poi che l’estensore della motivazione deve avere intuito la difficoltà indicata sopra. E allora “per sostenere la colpevolezza del RLS sceglie la via della cooperazione colposa di cui all’art. 113 c.p. Ma è agevole osservare che ci vuole pur sempre ‘una colpa’ per affermare la responsabilità penale”.

 

E la colpa in questo caso sarebbe “quella di non avere ‘ottemperato ai compiti che erano stati attribuiti per legge’. Ma la legge all’art. 50 non attribuisce ‘compiti’, ma solo diritti e facoltà. Bisogna inoltre ricordare che l’essenza della colpa consiste pur sempre nella violazione di norme o regolamenti o di regole di prudenza o di perizia o di diligenza. In nessuna di queste categorie rientra ‘l’aver consentito che la vittima fosse adibito a mansioni diverse’, posto che la scelta delle mansioni spetta al datore di lavoro e il RLS non ha alcun diritto di interloquire; oppure il ‘non aver sollecitato in alcun modo da parte del responsabile dell’azienda modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori’: una sollecitazione niente affatto obbligatoria”.

 

Si indica poi che certamente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, a norma dell’art. 50 del TU 81/2008, “‘può’ fornire qualche suggerimento se lo ritiene opportuno, ma non ‘deve’ suggerire alcunchè. Tanto più che non è detto affatto che i suoi suggerimenti saranno accolti e attuati dal datore di lavoro, al quale esclusivamente spetta l’adozione delle misure di sicurezza”. Ed è quello che fa puntualmente osservare il condannato nel suo ricorso, “osservando che ‘è altamente probabile che detta comunicazione non avrebbe avuto alcun riverbero sulle decisioni aziendali, stanti la mancanza di potere in capo all’imputato e la piena conoscenza dell’attività posta in essere dall’infortunato da parte del datore di lavoro’”.

 

Insomma, a parere di Beniamino Deidda, “il nesso causale tra il comportamento del RLS e la morte dell’operaio manca del tutto, non potendosi in alcun modo dimostrare che il semplice suggerimento al datore di lavoro sarebbe sicuramente valso ad evitare l’evento”. E si tratta di “uno scivolone della Suprema Corte, che andrebbe archiviato in tutta fretta”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura di altri nostri approfondimenti che raccolgono opinioni, anche molto diverse, sulla sentenza o, comunque, sull’orientamento giurisprudenziale relativo al perimetro delle competenze e responsabilità degli RLS:

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Università di Urbino Carlo Bo, Osservatorio Olympus, Diritto della sicurezza sul lavoro, “Una china pericolosa: rovesciare sui lavoratori la responsabilità dell’organizzazione delle misure di sicurezza sul lavoro”, a cura di Beniamino Deidda, ex Procuratore generale presso le Corti di Appello di Trieste e di Firenze, Diritto della Sicurezza sul Lavoro (DSL) n. 2/2023.

 

 

Scarica la sentenza citata nell’articolo:

Corte di Cassazione Penale Sezione I - Sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023 (u.p. 27 aprile 2023) - Pres. Di Salvo – Est. Dawan – PM Ceroni - Ric. (omissis). - Risponde il RLS, in concorso con il datore di lavoro, dell’infortunio di un lavoratore se ha omesso di promuovere l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori.

 


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Rispondi Autore: Luca - likes: 0
20/12/2023 (09:14:21)
Concordo col parere dell’autore dell’articolo, come del resto ho già avuto modo di esprimere più volte in altri post su punto Sicuro.
Da RLST non mi fa certo piacere avere questa spada di Damocle sulla testa ma devo prendere atto del fatto che forse sarà utile a non prendere alla leggera il ruolo di RLS o RLST.
Premettendo che è sempre bene leggere per intero le sentenze, al calderone aggiungo che quanto scritto dalla Cassazione nella sentenza n. 47015 del 2022, già qualche dubbio lo metteva (perlomeno a me) anche se non in riferimento all’art. 113 c.p. ma a quello della posizione di garanzia che viene richiamato anche in merito a “poteri sollecitatori”. Riporto l’estratto: “8.2. E' manifestamente infondato, in particolare, l'argomento difensivo secondo il quale è rimasta indimostrata l'efficacia impeditiva dell'evento dell'ordine di sospensione dei lavori. Premesso che nel percorso causale che dall'omissione ascritta al primo garante conduce all'evento non è richiesta la prova che ciascuno dei successivi garanti si sarebbe attivato, e premesso anche che la causalità della colposa omissione dell'obbligo di impedire un evento non deriva esclusivamente dalla titolarità in capo al garante di poteri direttamente impeditivi dello specifico rischio concretizzatosi, potendosi anche affermare sulla base dell'omissione di meri poteri sollecitatori dell'agire altrui”.
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
20/12/2023 (09:55:02)
Non ho molto da aggiungere se non di essere d'accordo, in punta di diritto con l'ex procuratore generale Beniamino Deidda.

Tuttavia non è trascurabile una frase di Luca che ricopre la carica di RLST (e pertanto con un panorama visivi sicuramente superiore al mio "ma devo prendere atto del fatto che forse sarà utile a non prendere alla leggera il ruolo di RLS o RLST. "

Segno che la condizione è abbastanza riscontrabile nei vari contesti lavorativi.

E' chiaro che la figura dell’ RLS, discendendo la una libera elezione o da una designazione da parte sindacale solo e solo ai suoi , ai suoi elettori o designatori dovrebbe rispondere del proprio operato.

Però pur non volendo “scomodare” la Costituzione forse non è inutile ricordare l’art. 54 che al comma due recita
“omissis
“I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

Certo, all’RLS non è richiesto alcun giuramento ma siamo tutti certi dello svolgimento del compito con “onore” o quanto meno qualcosa che si avvicini molto a questo concetto tipo onestà intellettuale?

Ricordando che, nella fattispecie, in secondo grado la condanna dell’RLS era avvenuta in quanto membro anche del consiglio di amministrazione penso che questa volta la Suprema Corte abbia buttato l’acqua sporca ed il bambino.

Staremo a vedere per il futuro.
Rispondi Autore: Fausto Primo - likes: 0
20/12/2023 (10:46:37)
buongiorno
E' qui che mi smarrisco: un RLS, componente del consiglio di amministrazione, (robe da non credere che possano essere solamente pensate...) che ha non ha sollevato al datore di lavoro (che sarà ben lui anche nel medesimo consiglio) le questioni per le quali è stato condannato da un giudice che cambia il senso del testo di legge scambiando una facoltà con un dovere. Smarrito, basito e tremante pensando alla motivazione della prossima sentenza che, ahimé, sicuramente avremo modo di commentare. Poi pretendiamo credibilità oltralpe. Mah! fausto pane
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
20/12/2023 (12:48:22)
Per questa pronuncia della Cassazione Penale potremmo scomodare i Jalisse e dire:
"Fiumi di parole, fiumi di parole tra noi
Prima o poi ci portano via"

La Cassazione Penale, vale la pena ricordarlo, non condanna o assolve nessuno ma va a verificare, in parole povere, se in I Grado e in Appello, è stata applicata la Legge.
Leggendo la sentenza di I grado del Tribunale di Trani, questo soggetto era un "RLS di plastica" , messo lì per non avere, nella percezione del DL, rotture di balle.
Era pure membro del CdA.
Quindi, siamo di fronte ad una colpa generica in quanto per il Giudice monocratico e i Giudici d'Appello, il soggetto avrebbe potuto, vista la duplice veste, adoperarsi affinché l'evento non avvenisse pur non avendo l'obbligo giuridico di farlo.
In Appello e in Cassazione, hanno reputato che l'interpretazione del Giudice di prime cure, fosse corretta.

Questa è una pronuncia che non farà alcuna giurisprudenza in quanto fa riferimento ad un caso estremamente particolare in un contesto altrettanto particolare.
Quindi i veri RLS (non di plastica) e i RLST possono stare tranquilli e continuare a svolgere la propria importante attività.

Quanto stiamo discutendo non è certo una novità per il coinvolgimento di soggetti "non obbligati" o a cui non sono stati attribuiti "compiti".
Tanto per fare un esempio che riguarda situazioni in cui un soggetto non obbligato era stato coinvolto, qualcuno che legge ricorda che ante 626, prevalentemente nelle grandi imprese, c'era quello che veniva chiamato "Addetto alla Sicurezza"?
Questa figura, pur non essendo neanche citata in nessuna legge (altro che obbligo o compiti o attribuzioni), era stato coinvolto e condannato in procedimenti penali per infortunio sul lavoro in quanto i giudici avevano reputato che, essendo presente nell'organigramma aziendale ed occupandosi di SSL, non aveva segnalato alcunché pur avendo avuto piena conoscenza dell'esistenza di una situazione palesemente a rischio o, come in altri casi, avendo redatto una istruzione sicurezza non corretta che aveva concorso a generare l'evento.
Oggi, per questa pronuncia, stiamo cantando la canzone dei Jalisse.
Nulla di più.
Rispondi Autore: Luca - likes: 0
20/12/2023 (13:53:36)
Buongiorno Ing. Catanoso, noi ci siamo incontrati in due o tre occasioni molti anni fa, è un piacere ogni tanto leggere qualche suo intervento.
Molto probabilmente finirà come già detto (fiumi di parole e basta) ma è anche vero che se il RLS è stato condannato in 1° e 2° grado in quanto amministratore è altrettanto vero che la Cassazione ha individuato-confermato la responsabilità dello stesso ma soffermandosi esclusivamente sulla qualità di RLS (le tre domande fatte dall’amministratore-RLS ricorrente riguardavano la sola figura della RLS e così anche la risposta della Cassazione).
Questa decisione lascia aperta la possibilità che si crei una linea giurisprudenziale negativa per i RLS-T ed a questo punto non mi resta che sperare che quanto scritto dall’Ing. Catanoso si avveri. Dopotutto, almeno per i reati di lesioni gravi, gravissime o di omicidio, i giudici di primo grado dovrebbero essere magistrati veri e propri (garanzia di professionalità ed attenzione nelle valutazioni) e non giudici onorari che devono giocoforza emettere sentenze a ripetizione stile “cottimista” per poter campare.
Come dicono qui da noi “tiremm innanz” e vediamo cosa succede (sperando che pronunciare questa frase non ci faccia finire come Amatore Sciesa).
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
20/12/2023 (17:03:01)
Lo strano caso, ma neanche tanto strano, del consigliere membro del consiglio di amministrazione e dirigente della società, nonchè RLS , condannato per cooperazione colposa col datore di lavoro per un infortunio mortale
(per capire meglio una notissima sentenza di Cassazione penale 38914/2023 della quale pochissimi hanno cercato le premesse, che qui presento, e moltissimi hanno fatto disinformazione a piene mani).
Sentenza Tribunale di Trani udienza 19.10.2018 2693/18 Reg. Sent. Giudice Dott.ssa Laura Cantore:
Pagina 30 "La responsabilità del [secondo imputato] va affermata alla luce ... sia [n]ella veste di dirigente all'interno dell'azienda sia di RLS, atteso che è pacificamente emerso che egli, nella precipua veste rivestita, e pur essendo bene a conoscenza di tutta la situazione descritta non abbia fatto nulla, pur a conoscenza della nota inviata dal RSPP e tenuto conto della piena consapevolezza della situazione di pericolo evidentemente discendente ANCHE dal ruolo assunto di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza del lavoratori, affinché venissero sollecitate e/o adottate le necessarie contromisure affinché 'evento, del tutto prevedibile ed evitabile, [non] si verificasse".
Pagina 25 [I due imputati] ... i RESPONSABILI AZIENDALI... il primo quale legale rappresentante [il datore di lavoro]. il secondo consigliere membro del C.d.A [Consiglio di Amministrazione] e RLS, della Sidercamma, sempre presenti in azienda, consentivano che le attività di carico/scarico di merci venissero effettuate ... anche con l'ausilio del muletto all'interno di una logica di radicale indifferenza per il rispetto delle regole minime di sicurezza".

Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
20/12/2023 (17:03:54)
La responsabilità penale del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che fa parte del consiglio di amministrazione della società ove avviene un grave infortunio mortale.
Sentenza della Corte di Appello di Bari, sentenza 1076/2022 depositata l’8 agosto 2022 ["confermata" dalla Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, 25 settembre 2023 (ud. 27 giugno 2023), n. 38914]

Ecco come la Corte d’Appello di Bari ha motivato la condanna del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza: “nel caso di specie risulta che L.S. non ha in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano attribuiti per legge [in qualità di RLS], consentendo che il Piccinini [il lavoratore travolta dai tubolari d'acciaio che lo hanno ucciso] fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza avere ricevuto adeguata formazione, non sollecitando in alcun modo da parte del responsabile dell’azienda l’adozione di modelli organizzativi [l’azienda avava già avuto infortuni simili, e in uno di questi era morto un socio dell’azienda] in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal [RSPP, con nota alla società del 27.1.2009 aveva segnalato la necessità che il muletto venisse assegnato a personale appositamente formato]. Ritiene la Corte del tutto condivisibili le conclusioni cui perveniva il Tribunale di primo grado [di Trani] in merito alla sussistenza in capo alloS. della posizione di garanzia e dunque della ipotizzabilità a suo carico di una cooperazione colposa nella condotta omissiva posta in essere dal legale rappresentante dell’azienda [parimenti condannato, ma con una sanzione più elevata] rivestendo loS. non solo il ruolo di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza ma anche di membro del Consiglio di Amministrazione della S*** S.r.l..

D’altra parte, la condotta totalmente omissiva riscontrabile in capo allo S. risulta comprovata dalla circostanza che alcuni lavoratori dell’azienda non erano neanche a conoscenza del ruolo ricoperto dal predetto imputato, come riferito da [un dipendente] il quale si rendeva conto delle funzioni che avrebbe dovuto esercitare lo L.S. solo successivamente allo svolgimento dei corsi di formazione organizzati dopo il sinistro mortale verificatosi in azienda. Del tutto congruo il trattamento sanzionatorio irrogato dal tribunale di primo grado che ha correttamente graduato la responsabilità degli odierni imputati applicando allo S. una pena più mite, previa concessione delle attenuanti generiche… Non si ritiene di concedere [anche] in favore dell'A. [datore di lavoro] il beneficio della non menzione in ragione della gravità della condotta e della natura delle violazioni poste in essere, anche in considerazione dei pregressi infortuni sul lavoro verificatisi nella stessa azienda, come espressamente indicato nei verbali dello Spresal” [Corte di Appello di Bari, sentenza 1076/2022 depositata l’8 agosto 2022].
Dunque la Corte d'Appello che confermato la condanna di L.S., che era contemporaneamente membro del consiglio di amministrazione e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (funzione ignota ad alcuni lavoratori, in azienda azienda di una ventina di dipendenti)essenzialmente per “cooperazione colposa nella condotta omissiva posta in essere dal legale rappresentante dell’azienda [parimenti condannato, ma con una sanzione più elevata] rivestendo loS. non solo il ruolo di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza ma anche di membro del Consiglio di Amministrazione della S*** S.r.l..”.

La condanna è fondata sul possesso di una duplice qualità: RLS e componente del consiglio di amministrazione della società, in linea con la giurisprudenza, che in passato ha già condannato RLS che erano ad esempio anche preposti: Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2015, n. 11135 - Infortunio mortale e responsabilità di un capo cantiere/RLS.
In tale sentenza la Cassazione ha confermato la condanna del capocantiere e RLS così argomentando: “la Corte territoriale ha considerato, soffermandosi specificamente sulla posizione del capo cantiere per l'esecuzione dei lavori, che la quotidiana presenza del [capocantiere RLS] in cantiere gli imponeva una attenta vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere e sul rispetto delle condizioni di sicurezza.
Al riguardo, la Corte territoriale ha riferito che [il capocantiere RLS] si recava quotidianamente in cantiere, agendo a stretto contatto con gli operai; e che, il giorno in cui il sinistro ebbe verificarsi, [il capocantiere RLS]., del pari presente in cantiere, aveva visionato il ponteggio che C. aveva predisposto, senza ravvisarvi alcuna anomalia”.
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
20/12/2023 (17:54:53)
Per Luca.
Dubini ha detto tutto.

Quindi, per avere una situazione come quella oggetto delle due sentenze e della pronuncia della cassazione Penale, dovremo trovare un altro membro del CdA che svolge anche le funzioni di RLS.
Rispondi Autore: Luca - likes: 0
20/12/2023 (20:27:56)
Premetto che anch’io non affatto convinto di quanto affermato in questo caso dalla Cassazione, concordo con chi ne ha messo in dubbio il ragionamento giuridico e aggiungo che, essendo alla fine una parte interessata in quanto RLST, non amo darmi le martellate sui piedi ma cerco di essere il più obiettivo possibile.
Non sono le condanne di primo e secondo grado che creano problemi ma è ciò che la afferma la Cassazione quando rigetta le tre domande di ricorso che hanno l’esclusivo obiettivo di dimostrare la non responsabilità del RLS. Col rigetto la Corte argomenta solo ed esclusivamente sulla figura del RLS individuandone una responsabilità da art. 113 c.p. e non menziona l’altro ruolo (amministratore).
Giustamente si è detto che la Cassazione non emette condanne in quanto il suo non è un giudizio di merito ma di legittimità ma penso che ciò che afferma ha certamente un peso che potenzialmente può influire su altri futuri giudizi e nei confronti di chi ricopre solo il ruolo di RLS.
Poi posso anche accettare che le possibilità di incappare in un altro caso di responsabilità penale per un RLS sia estremamente improbabile.
Rispondi Autore: C. Catanoso - likes: 0
20/12/2023 (22:52:43)
Dubini, in un suo precedente articolo su Puntosicuro, ha spiegato perché la Cassazione Penale ha respinto il ricorso.
Comunque, a mio parere e per quel che può contare, nel ricorso la difesa del membro del CdA nonché RLS di plastica ha puntato tutto sul solo ruolo di RLS senza neanche citare che il soggetto era anche membro del CdA.
Strategia difensiva che non ha funzionato avendo la Cassazione in mano anche le motivazioni delle delle due sentenze.
Quindi, rimango dell'idea che questa pronuncia non farà assolutamente giurisprudenza.
Rispondi Autore: G. Giannone - likes: 0
27/12/2023 (11:32:27)
Concordo su tutto con l'autore del post. Il problema di questa sentenza è che la motivazione è stata scritta con i piedi, perchè essa ruota esclusivamente sul ruolo del RLS, vedi menzione particolareggiata dell'art. 50, tralasciando la cosa più rilevante dal punto di vista degli obblighi, e cioè che lo stesso era anche un componente del CDA.

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