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RLS e sentenza di Cassazione n. 38914: nota di analisi

RLS e sentenza di Cassazione n. 38914: nota di analisi

Autore:

Categoria: RLS

19/10/2023

Nota di analisi approfondita a fronte della recente sentenza di Cassazione che ha confermato la responsabilità penale dell’RLS in un caso di infortunio mortale di un lavoratore. A cura di Cinzia Frascheri, responsabile SSL Cisl.

Non c’è dubbio che la recente sentenza della Cassazione Penale n. 38914, che ha confermato la condanna di un RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) per l’infortunio mortale cagionato ad un lavoratore cui era affidato l’uso di un carrello elevatore, abbia suscitato in queste settimane molti commenti e un ampio dibattito sulle motivazioni e conseguenze di questa pronuncia della Corte di Cassazione.

 

Dopo aver pubblicato già diversi articoli in materia, riceviamo e ospitiamo oggi un contributo di Cinzia Frascheri, giuslavorista e responsabile nazionale CISL salute sicurezza sul lavoro, dal lungo titolo esplicativo “Nota di analisi approfondita con rilievi di carattere sindacale a fronte della recente sentenza di Cassazione (26/09/2023) che ha confermato la responsabilità penale dell’RLS in un caso di infortunio mortale di un lavoratore”.


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Nota di analisi approfondita con rilievi di carattere sindacale a fronte della recente sentenza di Cassazione (26/09/2023) che ha confermato la responsabilità penale dell’RLS in un caso di infortunio mortale di un lavoratore

 

Lo scorso giugno, di preciso il giorno 27, veniva pronunciata la sentenza di Cassazione, sezione penale, n.38914, depositata poi di recente, il 26 settembre 2023, quale conclusione di un percorso processuale avviato presso il Tribunale di Trani, e poi in Corte di appello di Bari, scaturito dal decesso di un lavoratore impegnato in mansioni di magazziniere, schiacciato sotto il peso del materiale,  trasportato da lui stesso con carrello elevatore, nello svolgimento delle operazioni di stoccaggio, rimanendone colpito mortalmente.

 

Sentenza sostanzialmente confermativa delle interpretazioni e dei principi affermati da una ormai consolidata giurisprudenza di legittimità espressasi in merito alle responsabilità poste di capo al datore di lavoro in tema di garanzie di tutela della salute e sicurezza sul lavoro e, pertanto, degli obblighi previsti a suo carico da porre preventivamente in essere per realizzare fattivamente i diritti degli occupati. Non altrettanto, invece, sempre nella medesima sentenza, quanto sostenuto in tema di responsabilità penale del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), considerata la conferma delle motivazioni volte all’attribuzione a quest’ultimo – da parte dei giudici di Trani, prima, e di Bari dopo –, della colpa specifica di concorso nell’aver cagionato l’infortunio mortale per non aver svolto a pieno il proprio ruolo. Sentenza che ha richiamato da subito, per il suo portato interpretativo, una rilevante attenzione, ma soprattutto dure reazioni, a partire dagli esperti della materia, per poi approdare ad una più ampia platea attraverso i mezzi di stampa.

 

Dopo però le prime immediate reazioni di presa di distanza dalla sentenza della Suprema Corte, comprensibili nei riguardi della ri-affermata responsabilità penale dell’RLS, e indubbiamente condivisibili  nei riguardi di alcuni passaggi - divenute conosciute in modo più approfondito le ragioni, nel caso di specie, alla base delle sentenze di primo e secondo grado - la rilettura con toni più lievi e all’insegna di una sostanziale riduzione della portata del pronunciamento di legittimità, che di recente da alcuni è stata data, rischia forse, ad oggi, di essere troppo semplicistica o anche solo miope, guardando in prospettiva.

 

Al fine, pertanto, di sviluppare un’analisi argomentata, a fronte dei diversi elementi a disposizione, appare opportuno porre a premessa, prima di esprimere alcune considerazioni a commento di quanto contenuto nelle motivazioni espresse dalla Cassazione, e fare chiarezza sulla natura delle sentenze della Suprema Corte. Non facendosi forviare dal linguaggio comune che attribuisce un “terzo grado” di giudizio alle sentenze di Cassazione, è fondamentale sottolineare che tali pronunciamenti si differenziano sostanzialmente da quelli espressi al termine del primo e secondo grado, tenuto conto che questi sono “di merito”, anziché di “legittimità”. Questo determina, non solo che quanto affermato dalla Cassazione non rappresenta, quindi, un terzo grado di giudizio (imprecisione, come detto, divenuta ormai consuetudine), ma un unico grado di verifica della corretta applicazione della normativa nell’iter processuale e nei pronunciamenti finali espressi nei gradi di giudizio di merito, e soprattutto che l’analisi svolta su quanto argomentato nelle sentenze di legittimità deve prescindere dagli eventi che hanno determinato il caso specifico, ed ancor più dalle pene inflitte ai colpevoli. Per questo tali sentenze non ripercorrono tutti i passaggi che hanno determinato l’evento, ma i soli elementi cardine rilevanti, nel quadro della normativa vigente, sui quali poggiano le argomentazioni espresse dai giudici della Suprema Corte per ritenere valido (come nella sentenza in commento) quanto stabilito dai giudici di merito.

 

Ad essere, difatti, di rilievo ed attenzione è l’interpretazione della normativa vigente che dalle sentenze di Cassazione si ottiene, costituendo pertanto frequente motivo di riflessione e dibattito, al di là del dovuto rispetto (pur se non condivise), ricordando altresì che quanto viene espresso, per il nostro ordinamento, non costituisce precedente giudiziario (a differenza dei sistemi anglosassoni, basati sul modello di common law), pur essendo di frequente culla di principi di diritto a cui nel tempo riferirsi. Fattore quest’ultimo che, proprio nella sentenza in commento, ne promuove la maggior preoccupazione per quanto espresso, in particolare nei riguardi della condanna dell’RLS nei termini del reato di «cooperazione nel delitto colposo» (ex art.113 c.p.). Prima sentenza in questa direzione.

 

Andando al cuore della questione, analizzando quindi i passaggi della sentenza rilevanti ai fini di quanto contestato all’RLS, è quanto mai determinante concentrarsi sui diversi «contegni omissivi» riscontrati nell’esercizio del ruolo dell’RLS, che hanno portato, prima i giudici di merito, poi quelli di legittimità, ad ascrivergli (e poi a confermare) la «colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale».

 

Quanto contestato, nel riferirsi all’aver «omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori», non può che ritenersi indubbiamente corretto sul fronte del perimetro delineato dal legislatore prevenzionale per quanto concerne gli interventi attribuiti a tale specifica figura, nell’ambito degli attori aziendali impegnati sui temi della tutela della salute e sicurezza sul lavoro (come previsto all’art.50, co.1, lett.h del d.lgs.81 del 2008 s.m.).

Nodale è senz’altro delineare i confini e la natura del concetto di “promozione”, in particolare nei riguardi del datore di lavoro. In questo senso, è evidente che dall’RLS ci si aspetti interventi pro-attivi che richiamino il datore di lavoro a mettere in campo tutte le misure di prevenzione adeguate ed idonee; tuttavia, appare altrettanto chiaro, che la “promozione” non arrivi al  contemplare, a fronte delle mancanze da parte datoriale (supportate da precisi obblighi sanzionati penalmente) del doverle mettere in atto in prima persona da parte del Rappresentante o, anche solo, al dover giungere all’assolvimento dell’obbligo da parte dello stesso datore, attuando forme di pressione e costringimento non contemplati dal legislatore nei confronti di un ruolo di “consultazione”, quale è quello dell’RLS  (ribadito anche dai giudici della Suprema Corte, citando l’art.50 del d.lgs.81 del 2008 s.m.). Cosa ben diversa, valida per ogni intervento posto in essere nell’esercizio dei diversi ruoli prevenzionali, compreso pertanto l’RLS, il documentare sempre quanto fatto, compreso l’apporre la data relativa all’azione svolta, al fine di poterne dare conto in ogni momento, sia per utile tracciamento dell’attività messa in atto, che quale prova per contrastare eventuali accuse di “contegni omissivi”, come nel caso di specie, di cui le sentenze qui in commento.

 

Sulla medesima linea – indiscutibilmente sottoscrivibile – è anche il rilievo posto nei riguardi del mancato intervento da parte dell’RLS nel «sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione» del lavoratore, rimasto poi vittima dell’infortunio mortale. Anche nei riguardi di questo contestato contegno omissivo, la sottolineatura che deve essere fatta è a quanto ritenuto oggetto di mancanza, nell’esercizio del ruolo dell’RLS, e quindi, al “mero” «sollecitare» il datore di lavoro, non sicuramente al “garantire” che quest’ultimo ponga in essere (ancor più per effetto di un’azione/pressione  specifica del Rappresentante) quanto oggetto di un proprio obbligo a carattere prevenzionale (ricordando che la formazione è tra le misure prioritarie di tutela), legislativamente ad esso attribuito e sanzionato penalmente.

 

Ulteriormente confermativi, in questo senso, gli specifici richiami agli obblighi posti in capo al datore di lavoro esplicitati dalla sentenza (vedi la valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione e protezione, tra cui la formazione), in totale evidente conferma di quanto dettato dall’articolato di tutela, ad oggi vigente (il d.lgs.81 del 2008 s.m.). Richiami rafforzativi della posizione di garanzia attribuita a tale figura apicale (come anche, nel rispetto della diversità di ruolo, al dirigente e al preposto, così l’art.299), anziché all’RLS (certezza di natura legislativa che è evidente non possa essere messa in dubbio anche in assenza di una ri-espressa precisazione, da parte della Cassazione, sul punto), titolare, quest’ultimo, di un ruolo di carattere “consultivo”,  chiamato per questo al poter esprimere (solo) “pareri” dei quali il datore può anche non tenere conto. Attività, quella consultiva (prevista quale obbligo a carico del datore di lavoro nei riguardi dell’RLS, riferita ai tre ambiti cardine degli interventi di tutela, quali la valutazione dei rischi, la formazione e i ruoli della prevenzione aziendale) che il legislatore ha ben ritenuto di ricondurre sotto quelle che ha identificato come «attribuzioni» dell’RLS (titolo esplicitato dell’art.50), e quindi intendendo conferire precisa natura di sola “possibilità/potere” (tale è il significato del termine) anziché di “vincolo”, escludendo per questo di gravarle di sanzioni, sia di natura amministrativa che, ancor più, penale, nel caso di omesso esercizio.

 

Stridente, in tal senso, la mancata attenzione posta dagli ermellini nella formulazione della sentenza riferendosi più volte ai «compiti» degli RLS (attività proprie, invece, del Servizio di Prevenzione e Protezione – così l’art.33, sempre del d.lgs. 81/2008 s.m. – riconducibili a specifiche responsabilità), come anche al reiterato errore (ad oggi non più accettabile, specie dall’alto del ruolo di giudici di Cassazione) nel riferirsi all’RLS, indicandolo come «Responsabile» dei Lavoratori per la Sicurezza.  Imprecisioni terminologiche che, opportunamente, è preferibile archiviare anziché attribuirgli valore di indizio di quanto andremo di seguito ad evidenziare, oggetto perlomeno di perplessità, ma sicuramente di stimolo verso ampie riflessioni.

 

Quanto fin qui rilevato costituisce base di totale concordia su quanto previsto dover essere alcune delle funzioni da compiere da parte dell’RLS, nell’esercizio del ruolo (confermando con determinazione i termini volontaristici del porle in essere, riferibili sostanzialmente al solo mandato ricevuto da parte dei  lavoratori), pur anche trovandosi nella circostanza di doverlo svolgere in un contesto nel quale il datore di lavoro è evidentemente manchevole verso gli adempimenti previsti a suo carico, a favore della tutela degli occupati.

Tuttavia sono alcuni altri passaggi della sentenza che richiedono evidentemente particolari attenzioni, in specifico considerando le conclusioni a cui i giudici sono giunti: emettendo una condanna di natura penale nei riguardi di un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Condanna ancor più per un reato, quale la «cooperazione nel delitto colposo» (di cui l’art.113 c,p.) che pur nei termini previsti per i reati colposi, ove non è prevista la volontà di giungere ad un evento di pericolo o danno, è disposto che si rilevi una condotta consapevole (in particolare per tale reato, in cooperazione fra più soggetti) del potersi verificare un evento a seguito di una violazione determinata a causa (oltre che di negligenza, imprudenza, o imperizia), del mancato rispetto delle disposizioni vigenti che, nel caso in parola, attengono alle tutele in materia prevenzionale.

 

Da quanto però si legge nella sentenza, nel riconoscere all’RLS un ruolo di «primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza» – concetto di respiro comunitario, già espresso nella direttiva quadro 89/391 – la Cassazione, nel tradurre tale principio in operatività, delinea un ampliamento della funzione, tale da far sorgere dubbi sulla coerenza con quanto disposto dal legislatore sul punto. Indicando l’RLS quale «figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro», pur apprezzandone la visione e l’intento di affermare il modello partecipativo che vede la  collaborazione come “indispensabile” tra tutti gli attori della prevenzione, tra cui l’RLS (così, il Considerando n.12 della Direttiva EU), trasforma tale via d’eccellenza in modalità obbligata, mettendo sullo stesso piano di responsabilità e cogenza nel porla in essere, il datore di lavoro e l’RLS, quale invece figura di rappresentanza.

 

Si è già ricordato che le funzioni previste in capo all’RLS, elencate all’art.50 del d.lgs. 81 del 2008 s.m., sono tutte da ricondurre nel perimetro delineato dal titolo dell’articolo che le classifica come “possibilità/poteri” riferendosi ad «Attribuzioni», dando perciò a quanto previsto nell’elenco di queste un carattere di rilevanza e priorità, ma non di cogenza – riferibile così anche alla funzione indicata alla lett. n) che recita «avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività».

Detto questo il flusso informativo aziendale al quale i giudici fanno riferimento (anche nella contestata specifica omessa azione di «informare i responsabili dell’azienda» da parte dell’RLS dei rischi connessi alla mansione svolta dal lavoratore), ad oggi, in base a quanto il dettato normativo prevede, è ritenuto debba restare – come detto – su di un terreno di volontarietà da parte dell’RLS nel realizzarlo. Indicativa in questo senso la differente procedura prevista nell’art.20, co.2, lett. e), nei riguardi dei lavoratori (soggetti che ricordiamo gravati da obblighi e sanzioni) nel quale si prevede espressamente il flusso informativo vincolato che deve essere rispettato a fronte di una segnalazione dove partendo dai lavoratori deve percorrere la linea gerarchica dell’organigramma della prevenzione (quindi, preposto, dirigente e datore di lavoro), ponendo l’RLS fuori (correttamente) da tale line, indicandolo come figura che si prevede riceva la «notizia». Tutto coerente, in tale senso, con il principio cardine che la rappresentanza (anche specialistica, come quella in materia di salute e sicurezza sul lavoro), è pur sempre una scelta/opportunità libera dei lavoratori, consistendo in un diritto, ancorché insopprimibile.

 

Dal quadro d’insieme, pertanto, appare evidente l’ampio dibattito, dai toni critici, creatosi dopo la pubblicazione della sentenza in commento (soprattutto motivatamente dal fronte sindacale), ancor più considerato che tra le ragioni a supporto della conferma della condanna per cooperazione colposa nei riguardi dell’RLS, reo di non aver «ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge» venga dai giudici sostenuto (francamente inaccettabile) che con tale atteggiamento abbia “consentito” che il lavoratore (poi infortunatosi mortalmente) fosse adibito a mansioni differenti rispetto a quelle contrattuali, senza avere la formazione adeguata. Argomentazioni che la Cassazione – un aspetto questo non certo da porre in secondo piano – riconduce esclusivamente nei termini dell’art.50 del D.Lgs. 81 del 2008 s.m., quindi al ruolo di RLS, non riferendosi, pertanto, ad altre funzioni/posizioni ricoperte in parallelo in azienda da quest’ultimo (che da quanto indicato nelle sentenze di merito, risulterebbe nel caso di specie essere anche componente del CdA), o rimarcando che fosse, o meno (come sempre nel caso di specie), una figura non conosciuta dai lavoratori che, come previsto dalla normativa vigente, sono coloro che lo votano/designano.

 

Ritenendo comunque corretto, anche a fronte dei molteplici rilievi espressi, rispettare quanto deciso dalla Suprema Corte di Cassazione - non potendo escludere che tale linea di giudizio possa reiterarsi e confermarsi, acquisendo le argomentazioni espresse nella sentenza come elementi di stimolo per eventuali riflessioni sullo svolgimento (ed evoluzione) del ruolo del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (aziendale, come anche Territoriale – RLS/RLST) - si ritiene quanto mai necessario puntare ad un rafforzamento di tale figura, quale attore della prevenzione in ambito lavorativo, senza per questo snaturarne la natura di figura di rappresentanza. Detto questo, diviene oltremodo determinante (e da ribadire con permanente immutata forza) che, a partire dalle figure apicali di responsabilità (in primis il datore di lavoro), vi sia un rispetto pieno delle disposizioni volte alla tutela degli occupati, non potendo prescindere, nel perseguire tale fine, dal radicamento fattivo del modello partecipativo che deve costituire un fattore di maggior garanzia per l’applicazione delle tutele….ma non da questo divenire un canale attraverso il quale sviare le responsabilità, disposte per gli uni, e fatte gravare su altri.

 

 

Cinzia Frascheri, Giuslavorista - Responsabile nazionale CISL salute sicurezza sul lavoro

 

 

 

Scarica la sentenza citata nell’articolo:

Corte di Cassazione Penale Sezione I - Sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023 (u.p. 27 aprile 2023) - Pres. Di Salvo – Est. Dawan – PM Ceroni - Ric. (omissis). - Risponde il RLS, in concorso con il datore di lavoro, dell’infortunio di un lavoratore se ha omesso di promuovere l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori.

 


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Rispondi Autore: Francesco Coletta - likes: 0
19/10/2023 (09:28:59)
Non è stato condannato perché RLS ,ma perché egli era parte dell'amministrazione e come ben sappiamo non poteva svolgere il ruolo di RLS perché ovviamente andava a favore di interessi personali e d'azienda cosa che non dovrebbe fare un RLS che,voglio ricordare,deve essere un LAVORATORE che RAPPRESENTA i lavoratori e non ha alcuna responsabilità come previsto e ben inteso nell'81/08
Rispondi Autore: Stefano Beltrani - likes: 0
19/10/2023 (10:34:49)
Quando si suol dire, scrivere tanto per non dire nulla..
Rispondi Autore: Luca - likes: 1
19/10/2023 (11:22:40)
La Cassazione però argomenta in merito alle esclusive responsabilità del RLS (art. 50 dl Dlgs 81/08) e apre pericolosamente la strada in capo al RLS (e aggiungo RLST) della responsabilità penale da art. 113 C.P..
Facendo ciò non si interessa più dell'altro ruolo ricoperto dal condannato (amministratore).
Rispondi Autore: Fausto Pane - likes: 0
19/10/2023 (11:46:19)
Buongiorno a tutti.
Ma se è stato condannato un RLS che non poteva essere RLS perché componente del CDA,
non è I'RLS che è stato condannato! Chi ha detto che costui fosse l'RLS? Lui stesso
medesimo? Il Datore di Lavoro? Era scritto sul DVR? Pare che non l'abbiano detto/eletto i
lavoratori. Ed allora RLS non era, e pertanto condannato non è stato in veste di RLS.
Davvero, tanto ragionar del nulla...
Rispondi Autore: CLAUDIO BENDANTI - likes: 0
19/10/2023 (12:41:53)
Condivido il ragionamento della dottoressa Frascheri. Personalmente ho sempre ritenuto che l'RLS avesse un ruolo di rappresentanza. Al termine "Attribuzioni" ho sempre dato un significato di "potere" e non "dovere"; consultando però la Treccani trovo questo di significato "... 3. Spec. al plur., le funzioni e i doveri proprî di un ufficio determinato..."e la sentenza ha condannato l'RLS nell'ambito delle sue funzioni e attribuzioni, non il componente del c.d.a. (peraltro inopportuno forse, ma non incompatibile con il ruolo di RLS). Se la sentenza "raggiungerà" gli interessati , temo molte dimissioni a breve...
Rispondi Autore: Luca - likes: 0
19/10/2023 (13:26:33)
Giusto per precisazione, e ad integrazione di quanto prima scritto, concordo anch'io con quanto affermato dalla Dott.ssa Frascheri
Rispondi Autore: Maurizio Mazzetti - likes: 1
19/10/2023 (15:50:44)
Se scendiamo dall'empireo del diritto alla realtà pratica, una responsabilità penale dell'RLS in quanto tale presuppone una conoscenza dei comportamenti antigiuridici posti in essere dal datore di lavoro ... e come li conosce un RLS "puro"? Dalla Riunione periodica? Dalla consultazione del DVR? Se non li comunicano i lavoratori (ammesso che li conoscano/se ne rendano conto/vogliano farlo, stante la loro oggettiva debolezza nei confronti del datore di lavoro), che pure l'articolo dice stanno su una line diversa, come li conosce? Quanto alle mansioni superiori, si pretende dall'RLS anche la conoscenza dettagliata del contratto collettivo, quasi fosse un consulente del lavoro? E quanto competente dovrebbe essere, allora, un RLS territoriale o di sito, che magari questi sì i lavoratori per lo più non conoscono, ammesso che ne conoscano l'esistenza? Come dovrebbe un RLS informarsi e poi sollecitare i DL al rispetto dei propri obblighi, ogni anno manda loro una specie di diffida ad adempiere generalizzata? La sentenza della Cassazione resta un brutto scivolone (ed è rivelatore il lapsus Responsabile anziché Rappresentate) di chi, argomentazioni (discutibilissime) giuridiche a parte, non ha la minima idea di come funzionino le cose nella realtà, e neppure ne è consapevole.
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
19/10/2023 (21:53:08)
La responsabilità penale del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che fa parte del consiglio di amministrazione della società ove avviene un grave infortunio mortale.
Sentenza della Corte di Appello di Bari, sentenza 1076/2022 depositata l’8 agosto 2022 ["confermata" dalla Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, 25 settembre 2023 (ud. 27 giugno 2023), n. 38914]

Ecco come la Corte d’Appello di Bari ha motivato la condanna del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza: “nel caso di specie risulta che L.S. non ha in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano attribuiti per legge [in qualità di RLS], consentendo che il Piccinini [il lavoratore travolta dai tubolari d'acciaio che lo hanno ucciso] fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza avere ricevuto adeguata formazione, non sollecitando in alcun modo da parte del responsabile dell’azienda l’adozione di modelli organizzativi [l’azienda aveva già avuto infortuni simili, e in uno di questi era morto un socio dell’azienda] in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal [RSPP, con nota alla società del 27.1.2009 aveva segnalato la necessità che il muletto venisse assegnato a personale appositamente formato]. Ritiene la Corte del tutto condivisibili le conclusioni cui perveniva il Tribunale di primo grado [di Trani] in merito alla sussistenza in capo alloS. della posizione di garanzia e dunque della ipotizzabilità a suo carico di una cooperazione colposa nella condotta omissiva posta in essere dal legale rappresentante dell’azienda [parimenti condannato, ma con una sanzione più elevata] rivestendo lo S. non solo il ruolo di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza ma anche di membro del Consiglio di Amministrazione della S*** S.r.l..
D’altra parte, la condotta totalmente omissiva riscontrabile in capo allo S. risulta comprovata dalla circostanza che alcuni lavoratori dell’azienda non erano neanche a conoscenza del ruolo ricoperto dal predetto imputato, come riferito da [un dipendente] il quale si rendeva conto delle funzioni che avrebbe dovuto esercitare lo L.S. solo successivamente allo svolgimento dei corsi di formazione organizzati dopo il sinistro mortale verificatosi in azienda. [Corte di Appello di Bari, sentenza 1076/2022 depositata l’8 agosto 2022].
Dunque la Corte d'Appello ha confermato la condanna di L.S., che era contemporaneamente membro del consiglio di amministrazione e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (funzione ignota ad alcuni lavoratori, in azienda azienda di una ventina di dipendenti) essenzialmente per “cooperazione colposa nella condotta omissiva posta in essere dal legale rappresentante dell’azienda [parimenti condannato, ma con una sanzione più elevata] rivestendo lo S. non solo il ruolo di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza ma anche di membro del Consiglio di Amministrazione della S*** S.r.l..”..
Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0
20/10/2023 (21:00:24)
Concordo con Beltrani e Pane...tanto scrivere per nulla...e comunque confondere il termine "Rappresentante" con il termine "Responsabile" è stato uno scivolone vergognoso.
Rispondi Autore: Marcello Zirone - likes: 0
21/10/2023 (08:06:59)
Ma un rls oggi, deve essere un giuslavorista? Un penalista? Ma avete mai provato a leggere e capire davvero quanto è scritto su un DVR ben redatto? Avete idea delle inesistenti possibilità di partecipare alle scelte aziendali che ha un rls soprattutto nelle piccole aziende, dove anche per fare pipì devi avere un permesso? Altro che rafforzare il ruolo del RLS... qui bisogna intenderlo come una professione vera, come un compito a tempo pieno. Ma chi c'è lo fa fare di rischiare il proprio lavoro o peggio una condanna penale per niente?
Rispondi Autore: Carmine Dr. Damiano - likes: 0
21/10/2023 (18:49:17)
"Carneade ! ... Chi era costui..."
Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0
09/11/2023 (17:44:20)

Lo strano caso, ma neanche tanto strano, del consigliere membro del consiglio di amministrazione e dirigente della società, nonchè RLS , condannato per cooperazione colposa col datore di lavoro per un infortunio mortale
(per capire meglio una notissima sentenza di Cassazione penale 38914/2023 della quale pochissimi hanno cercato le premesse, che qui presento, e moltissimi hanno fatto disinformazione a piene mani).
Sentenza Tribunale di Trani udienza 19.10.2018 2693/18 Reg. Sent. Giudice Dott.ssa Laura Cantore:
Pagina 30 "La responsabilità del [secondo imputato] va affermata alla luce ... sia [n]ella veste di dirigente all'interno dell'azienda sia di RLS, atteso che è pacificamente emerso che egli, nella precipua veste rivestita, e pur essendo bene a conoscenza di tutta la situazione descritta non abbia fatto nulla, pur a conoscenza della nota inviata dal RSPP e tenuto conto della piena consapevolezza della situazione di pericolo evidentemente discendente ANCHE dal ruolo assunto di [rappresentante] dei lavoratori per la sicurezza del lavoratori, affinché venissero sollecitate e/o adottate le necessarie contromisure affinché 'evento, del tutto prevedibile ed evitabile, [non] si verificasse".
Pagina 25 [I due imputati] ... i RESPONSABILI AZIENDALI... il primo quale legale rappresentante [il datore di lavoro]. il secondo consigliere membro del C.d.A [Consiglio di Amministrazione] e RLS, della Sidercamma, sempre presenti in azienda, consentivano che le attività di carico/scarico di merci venissero effettuate ... anche con l'ausilio del muletto all'interno di una logica di radicale indifferenza per il rispetto delle regole minime di sicurezza".

Chi vuole una copia delle due sentenze di merito, quelle che hanno deciso la condanna dei due imputati, non quella di cassazione che ha solo deciso di respingere il ricorso, nulla mutando nel merito della condanna, può scrivermi.


#rls
#posizionedigaranzia
#dirigente
Rispondi Autore: Giuseppe Vibracci - likes: 0
04/12/2023 (10:43:01)
Scusate, solo un concetto fondamentale: Come è possibile che un componente del CDA (DATORE DI LAVORO PRIMARIO), svolga anche la funzione di RLS (RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI)?
E' inammissibile!

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