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Agenti cancerogeni: gli strumenti per le attribuzioni di esposizione
Civitanova Marche, 30 Mag – Molti convegni in questi anni hanno affrontato il tema della cancerogenesi occupazionale con particolare riferimento alla prevenzione e diagnosi dei tumori, allo sviluppo del sistema MALPROF e alla presentazione di alcuni nuovi strumenti informatici messi a disposizione dei ricercatori e degli operatori della prevenzione, ad esempio per l’attribuzione e qualificazione delle esposizioni attuali e pregresse ad agenti cancerogeni.
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Per conoscere uno di questi strumenti relativi alle esposizioni professionali, ci soffermiamo brevemente su un intervento che si è tenuto al seminario “ Prevenzione e diagnosi precoce dei tumori professionali” che si è tenuto nel 2013 a Civitanova Marche (5-7 marzo 2013).
Già il titolo dell’intervento - “Uno strumento applicativo per le attribuzioni di esposizione ad agenti cancerogeni occupazionali collegato ai sistemi informativi dei Servizi per la Prevenzione e la Sicurezza negli Ambienti di Lavoro” - spiega bene l’obiettivo dello strumento presentato.
Tuttavia prima di arrivare a parlarne, l’intervento, a cura di Roberto Calisti e Cristiana Pascucci, pone alcune importanti domande.
Perché impegnare risorse sul versante delle “attribuzioni di esposizione”?
Quando ci troviamo di fronte agli ambienti di lavoro, “non potrebbero bastarci una buona descrizione dell’assetto produttivo e la letteratura scientifica (PubMed, CarEx, banche-dati dedicate, grandi matrici lavoro-esposizione etc.)”? E “in termini retrospettivi (quando ci troviamo di fronte ai casi di malattia), non potrebbero bastarci una buona anamnesi e la letteratura scientifica (gli stessi strumenti di cui sopra)”?
In effetti – continua l’intervento – “ciò che abbiamo già a disposizione è la base”, ma “purtroppo non basta, o per lo meno non sempre basta”.
E si ricorda le tante volte in cui, “anche in esito a lavori scientifici di altissimo livello sull’eziologia dei tumori, si conclude con ‘ulteriori studi sono necessari’, molto spesso proprio a causa di una ‘insufficiente definizione delle esposizioni’”.
Una buona attribuzione delle esposizioni (natura, modalità, periodo storico di riferimento, durata, intensità, presenza di picchi) “è il requisito indispensabile per delle buone attribuzioni di causa delle patologie tumorali, sia davanti ai casi individuali, sia davanti a popolazioni e gruppi di popolazione”.
Nell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si risponde anche a due diverse domande relative alla definizione delle esposizioni:
- perché in uno studio di coorte la definizione delle esposizioni può rimanere carente (‘poor’)?
- perché la definizione delle esposizioni può rimanere carente (‘poor’) anche negli studi caso-controllo ed anche nei contesti quotidiani di vigilanza e prevenzione così come nell’analisi di singoli casi di malattia e/o di cluster?
Viene posto poi un problema aggiuntivo.
Quando “proviamo a trasferire informazioni da un contesto maggiormente studiato a quello che dobbiamo studiare noi e rispetto al quale le informazioni sono carenti, introduciamo necessariamente delle approssimazioni e delle fonti di possibile bias”.
Ricordiamo che con bias (che si potrebbe tradurre con “distorsione”) si può intendere un errore sistematico presente in uno studio che si ripercuote sui suoi risultati.
Del resto – continuano Calisti e Pascucci – “non vi è dato che non sia gravato dal vincolo dell’essere tempo- e luogo- specifico: ciò che possiamo/dobbiamo provare a fare è renderci consapevoli di quali siano le fonti di bias, cercare di controllarle, rendere ragione a noi stessi e a tutti gli interlocutori delle incertezze e degli errori in cui possiamo essere incorsi. Questo rende le nostre valutazioni non meno affidabili, bensì realmente affidabili”.
Dopo aver riportato alcuni esempi, si arriva all’idea di un piccolo studio-pilota “che testasse la possibilità di sistematizzare e integrare le informazioni da tutte le fonti disponibili, comprese quelle ‘locali’, per costruire dei data-base utili alla definizione di profili di esposizione ad agenti cancerogeni occupazionali tempo- e luogo- specifici, facilmente consultabili e aggiornabili anche in contesti ‘periferici’”.
Che cosa è possibile avere?
Ad esempio:
- “i dati dei documenti aziendali di valutazione del rischio e dei registri aziendali di esposizione a cancerogeni e mutageni;
- i dati della sorveglianza sanitaria condotta dai medici di azienda;
- i dati delle indagini di igiene industriale relativi allo specifico contesto in studio, da qualunque soggetto condotti;
- i dati dei resoconti anamnestici dei lavoratori, in qualunque contesto raccolti;
- i dati d’archivio non derivanti dallo specifico contesto in studio ma in qualunque modo riversabili sullo specifico contesto in studio;
- i dati della letteratura scientifica in qualunque modo riversabili sullo specifico contesto in studio”.
È stato quindi sviluppato un “programma di gestione ordinaria di Servizio (ATTIV) tramite una matrice lavoro-esposizione (CAREX REG) centrata su ditte, comparti, mansioni, persone”.
Un programma che può essere utilizzato sulla base di tre profili: Utilizzatore, Valutatore, Amministratore.
Rimandando all’intervento per i dettagli e gli esempi dell’applicativo, concludiamo ricordando che – come indicato da Calisti e Pascucci – in definitiva la prospettiva è quella di “costruire una rete che raccolga, sistematizzi, si scambi e renda ampiamente disponibili informazioni tempo- e luogo-specifiche sulle esposizioni ad agenti cancerogeni occupazionali”.
“ Uno strumento applicativo per le attribuzioni di esposizione ad agenti cancerogeni occupazionali collegato ai sistemi informativi dei Servizi per la Prevenzione e la Sicurezza negli Ambienti di Lavoro”, a cura di Roberto Calisti e Cristiana Pascucci, intervento al seminario “Prevenzione e diagnosi precoce dei tumori professionali” (formato PDF, 1.04 MB).
RTM
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