INTERCETTAZIONI E LIBERTA'
Spett.le redazione, non sono d'accordo con il V. articolo sulle intercettazioni/terrorismo.
Ritengo che l'astratta libertà personale debba essere pesata con il bene della società (patria) e che quindi, con le opportune cautele, l'autorità possa vigilare e controllare.
Se non ho la coda di paglia non ho neanche problema di lasciare traccia.
Saluti C. (messaggio firmato)
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Egr. Sig. C.,
grazie per avermi comunicato la sua opinione. Ritengo di fare cosa utile condividendo la sua osservazione e la mia risposta con i lettori di PuntoSicuro, anche per approfondire il pensiero che ha spinto a scrivere l'articolo.
Sono assolutamente d'accordo con lei sull'importanza delle attività di indagine per la protezione della patria. In particolare oggi quando gruppi di criminali dissennati stanno seminando il panico sfruttando proprio le libertà concesse dal nostro sistema che è loro intenzione peggiorare (e ci stanno perfettamente riuscendo!).
Il problema che evidenzio non è solo legato alle indagini quanto invece all'archivio/conservazione delle informazioni che ci riguardano, vedi e-mail, telefonate, sms, pagamenti con carte di credito o bancomat, viaggi ecc. da parte di soggetti terzi come i fornitori di servizi (es. i gestori di telefonia, società autostrade, le banche, i supermercati, le compagnie di viaggio) o sistemi più o meno legittimi di controllo delle comunicazioni (Echelon ad esempio).
Questi archivi tracciano le nostre attività e sono purtroppo troppo facilmente consultabili come dimostrano le frequenti fughe di notizie sulle intercettazioni telefoniche all'onore delle cronache di questi giorni che pare non siano dovute a malafede dell'apparato giudicante quanto a passaggi precedenti.
Le pongo una domanda: lei sarebbe contento di sapere che tutte le sue telefonate sono ascoltabili, le sue e-mail leggibili, i suoi pagamenti con l'elenco delle cose da lei acquistate visionabili da un qualcuno che per qualsiasi motivo le dovesse volere male?
E per fare un esempio sul terrorismo: se io dovessi conoscere una persona che tra 5 anni fa un attentato terroristico ma oggi è un normale cittadino immigrato con regolare permesso di soggiorno e oggi ci scambiassimo amichevoli messaggi; tra 5 anni un giudice mi chiama con la stampa di tabulati di scambi di comunicazione con quel futuro terrorista che io, 5 anni dopo, non saprei minimamente ricordarmi chi era e per questo avrei certamente problemi. Magari anche gravi.
Io penso una cosa: la libertà personale non è un concetto astratto. Io non ho la coda di paglia ma non voglio assolutamente essere spiato e non voglio che le tracce che lascio nel mondo e nei suoi archivi vengano utilizzati, esattamente come fanno i boscimani che quando abbandonano un loro accampamento e non si capisce nemmeno che vi hanno stanziato. Non voglio essere analizzato e devo poter essere libero di non volerlo conservando la libertà di poter utilizzare gli strumenti che l'evoluzione tecnologica dell'uomo mi ha reso disponibili (carte di credito, telefonini, e-mail, web, telepass, ecc.). È compito dell'autorità che governa tutelare la mia libertà e, se non è in grado di farlo, di dirmelo in modo che io possa decidere se rinunciare all'utilizzo di questi strumenti o, come stanno purtroppo cominciando a fare alcuni, andarmene.
Il mio esempio sull'enorme sforzo messo in campo per combattere il terrorismo, paragonato al minimo sforzo che viene fatto per combattere gli infortuni sul lavoro, voleva evidenziare come è contraddittorio questo mondo. Con i soldi spesi per invadere l'Iraq si sarebbero potuti risolvere molti problemi che affliggono il sano sviluppo del nostro piccolo e malato pianeta.
Luigi Matteo Meroni, direttore responsabile di PuntoSicuro.
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