Le proposte in materia di sicurezza: introdurre il reato di mobbing
Firenze, 5 Mag – Riprendiamo a parlare dei numerosi disegni e proposte di legge che sono depositati o sono in via di deposito alla Camera e al Senato e che riguardano possibili innovazioni nella tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro o eventuali modifiche alla normativa vigente, con particolare riferimento al Decreto legislativo 81/2008.
Proposte che prendono a volte direzioni molto diversificate nell’affrontare il delicato tema della sicurezza sul lavoro, come abbiamo visto con l’ intervista al senatore Giovanni Barozzino sul disegno di legge per l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro e con l’ intervista al senatore Maurizio Sacconi sul disegno di legge tendente al riordino e alla semplificazione del D.Lgs. 81/2008.
Ci soffermiamo invece oggi su un disegno di legge che riguarda l’introduzione del reato di vessazione, di atto persecutorio sul luogo di lavoro, con particolare riferimento al fenomeno del mobbing. Un disegno di legge a cui abbiamo fatto cenno in un recente articolo del nostro giornale e che parte dalla constatazione – come ricordato in un intervento ad un convegno del 2016 dell’Avv. Alessandro Rombolà (Medicina Democratica - Sez. Pietro Mirabelli Firenze - Associazione Italiana Benessere e Lavoro) – che è necessario “un intervento legislativo che dia disciplina unitaria e rigorosa completa a tale problema”: “sino ad oggi l’impressione degli addetti ai lavori è che il mobbing sia un concetto elaborato dalla giurisprudenza ma, colpevolmente, poco considerato dal legislatore”. Manca infatti una precisa definizione da parte del legislatore il quale prende in considerazione e stigmatizza le condotte relative al mobbing ma poi “non ne trae le dovute conseguenze sanzionatorie”.
Per poter conoscere meglio questo disegno di legge abbiamo realizzato una breve intervista proprio all’avvocato Alessandro Rombolà cercando di avere dettagli sul disegno di legge, sui suoi obiettivi e sulla situazione in Italia relativamente al riconoscimento nei tribunali degli atti vessatori che avvengono luoghi di lavoro.
Riportiamo innanzitutto un breve stralcio del disegno di legge che, composto di otto articoli, fa riferimento a:
- Art.1: Definizione e campo di applicazione;
- Art.2: Caratteristiche del reato;
- Art.3: Condotte dei colleghi di lavoro;
- Art.4: Misure di prevenzione ed informazione;
- Art.5: Obblighi del datore di lavoro;
- Art.6: Azioni di tutela giudiziaria;
- Art.7: Inversione dell’onere della prova e tutela della fonte testimoniale;
- Art.8: Responsabilità penale.
Ad esempio queste le definizioni e le caratteristiche del reato contenute nei primi due articoli:
Articolo 1 - Definizione e campo di applicazione S’intende per atto persecutorio sul luogo di lavoro, ogni condotta commissiva od omissiva che sia posta in essere in ambito lavorativo, pubblico o privato, a danno del lavoratore, intendendo con tale termine anche i collaboratori, indipendentemente dalla qualifica, grado e mansione. Per atti persecutori vanno intese tutte le condotte, doloso o colpose, sistematiche e reiterate nel tempo, che comportino molestie fisiche o morali e comunque siano pregiudizievoli per la salute fisica o psichica del lavoratore o che comunque ledano la sua dignità personale.
Articolo 2 - Caratteristiche del reato Per avere il carattere di atto persecutorio, le condotte devono provocare l’effetto di emarginare, discriminare, screditare o comunque arrecare danno alla carriera, all’autorevolezza, al ruolo o al rapporto con gli altri del lavoratore. A solo titolo esemplificativo, le molestie possono avvenire anche attraverso: a) ingiustificata rimozione da incarichi lavorativi; b) svalutazione sistematica del ruolo e dell’attività professionale del lavoratore; c) sovraccarico o sottocarico del lavoro o l’attribuzione di compiti impossibili o inutili; d) l’attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale o alle condizioni fisiche o psichiche del lavoratore; e) il compimento da parte del datore di lavoro o dei suoi incaricati e preposti di azioni discriminatorie o sanzionatorie quali visite di idoneità o fiscali inutilmente reiterate o ravvicinate, contestazioni illegittime, trasferimenti inutili o ingiustificati della sede lavorativa, ingiustificato o immotivato rifiuto di ferie o permessi; f) molestie sessuali; g) offese alla dignità personale del lavoratore poste in essere dal datore di lavoro, dal superiore gerarchico o da suoi collaboratori. |
Rimandando alla lettura integrale del disegno di legge, concludiamo riportando la breve intervista all’Avv. Rombolà.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Cerchiamo di comprendere come si è arrivati al disegno di legge relativo all’introduzione del reato di atto persecutorio sul luogo di lavoro e quale sia il collegamento con il tema del mobbing…
Alessandro Rombolà: “Secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione per atto persecutorio, riferito all’illecito di mobbing, si intende una condotta ripetuta nel tempo (almeno sei mesi) finalizzata dolosamente all’emarginazione della vittima. La condotta si deve comporre di una serie di atti separati ma, al contempo, legati tra loro e finalizzati ad arrecare danno al lavoratore. È necessario il dolo quale elemento soggettivo del reato”.
A suo giudizio nell’attuale ordinamento giuridico italiano la normativa atta a contrastare il mobbing è da ritenersi sufficiente ed efficace? Si riesce a riconoscere nei tribunali l’atto vessatorio e a condannarne i responsabili? Cosa cambierà con l’eventuale introduzione di uno specifico reato su questi temi?
A.R.: “Allo stato attuale è estremamente difficile che la vittima del mobbing ottenga soddisfazione presso gli uffici giudiziari. Ciò vale sia per le cause civili-giuslavoristiche che penali. Tale situazione dipende da diversi fattori. La sottovalutazione del problema da parte di molti giudici, la difficoltà di provare l’atto vessatorio. Infatti, secondo la Cassazione, l’onere della prova ricade per intero sul lavoratore vessato.
Tale difficoltà sul piano processuale scoraggia molte vittime a presentare denuncia ma ciò non vuol dire che il fenomeno sia in una fase di regressione; anzi, secondo la nostra esperienza, il mobbing è sempre più presente sui luoghi di lavoro sia pubblici che privati. L’introduzione del reato di mobbing consentirebbe, oltre all’evidente impatto di prevenzione, di combattere meglio il fenomeno dato che le Procure della repubblica hanno poteri inquisitori che non sono concessi al lavoratore”.
Lei partecipa ad uno sportello che raccoglie il disagio lavorativo di molti lavoratori. Quali sono i racconti che vi arrivano? Riescono ad avere un percorso processuale in sede penale o giuslavorativa?
A.R.: “Da anni partecipo attivamente a Sportelli salute. Innumerevoli sono i casi che trattiamo. Il mobbing colpisce indistintamente lavoratori di genere maschile o femminile (ma negli ultimi tempi le donne vittime stanno aumentando), è presente sia nel pubblico impiego che in quello privato. Quasi sempre il lavoratore si sente isolato e spesso ritine insufficiente la tutela dei sindacati e dei patronati. Quindi senso di frustrazione e abbandono. Come detto in precedenza, le cause civili e penali sono estremamente complesse e difficili anche se abbiamo ottenuto, soprattutto negli ultimi anni, successi importanti. Forse qualcosa sta cambiando”.
Ci racconti quali ritiene siano i punti determinanti della vostra proposta…
A.R.: “I punti salienti del disegno di legge sono: definizione del mobbing quale illecito penale; dovere del datore di lavoro di prevenire il fenomeno; poteri di intervento della magistratura, protezione dei testimoni (reperire testimonianze rappresenta uno dei maggiori ostacoli nella lotta al mobbing)”.
Quali sono nel disegno di legge le responsabilità di coloro, datori o colleghi di lavoro, che mettono in atto azioni persecutorie?
A.R.: “Responsabilità penale sia in caso di condotte commissive che omissive. Questo vale sia per il datore di lavoro (mobbing verticale), sia per i colleghi di lavoro (mobbing orizzontale). Il mancato intervento per stroncare il fenomeno equivale a compierlo sotto il profilo penale”.
Secondo il disegno di legge il datore deve valutare preventivamente il rischio di vessazioni o deve solo attivarsi laddove riceva segnalazioni?
A.R.: “Il datore di lavoro deve adottare tutte le misure per prevenire il fenomeno o per farlo cessare”.
A chi tocca l’onore della prova delle vessazioni nel luogo di lavoro?
A.R.: “Attualmente, anche secondo recenti sentenza della Corte di Cassazione, l’onere della prova è a carico del lavoratore vittima dell’illecito. Nel disegno di legge si prevede l’inversione dell’onere della prova sulla falsariga della legge francese che, attualmente in Europa, mi pare quella più efficace”.
Il 25 gennaio 2016 le principali parti sociali italiane hanno controfirmato all’Accordo quadro sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro firmato il 26 aprile 2007 dalle parti sociali europee. Cosa ne pensa di questo accordo e del ritardo per ratificarlo?
A.R.: “Ho il fondato timore che le leggi attuative saranno molto blande e tardive. Occorre considerare che quasi tutte le forze politiche hanno sempre colposamente avversato misure serie per combattere il mobbing. Ovviamente tengono conto dell’assoluta contrarietà delle rappresentanze datoriali”.
Non pensa che sia improbabile, se ci sono voluti nove anni per ratificare l’accordo europeo, che oggi ci sia la volontà politica di arrivare a questa nuova tipologia di reato?
A.R.: “Mi riporto a quanto detto prima. Non mi pare vi sia allo stato la volontà politica di affrontare seriamente e con misure efficaci il problema. D’altronde quasi tutta la magistratura non ritiene opportuno introdurre nel nostro ordinamento il reato di mobbing ritenendo (a torto a mio parere) che la normativa civilistica sia sufficiente".
Diamo, infine, qualche informazione sull’iter del disegno di legge. Il disegno di legge è già stato depositato?
A.R.: “Il disegno di legge non è ancora stato depositato ma lo stiamo proponendo alle varie forze politiche e sindacali”.
“ Disegno di legge sui reati relativi agli atti persecutori nei luoghi di lavoro”, Associazione Italiana Benessere e Lavoro (formato PDF, 294 kB).
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