Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Imparare dagli errori: la gestione della sicurezza al femminile
Brescia, 24 Lug – Diversi documenti hanno sottolineato più volte in questi anni che esistono specifiche differenze tra uomini e donne che influiscono sulla loro salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In particolare, riguardo al benessere psicofisico, nel documento Inail “ Lavoro, sicurezza e benessere al femminile. Il fattore donna al centro delle nuove sfide nel mercato del lavoro” si indica che le patologie psichiche sono prevalenti e molto in crescita tra le donne. “La depressione è la principale causa di disabilità delle donne tra 15 e 44 anni” e “una ricerca effettuata tra i medici di medicina generale rivela che il 20% delle donne del campione usa ansiolitici contro il 9% degli uomini, e il 15% usa farmaci antidepressivi, SSRI (inibitori del reuptake della serotonina) contro il 7% degli uomini”.
Dedichiamo dunque un ultimo “Imparare dagli errori”, rubrica generalmente dedicata al racconto delle dinamiche di incidenti, alla questione di genere. Riportando alcuni dati sui rischi al femminile e, infine, fornendo dei suggerimenti per una valutazione dei rischi in ottica di genere.
Pubblicità
I rischi al femminile
Nel documento Inail già citato sopra sono presenti diverse informazioni sui rischi “tradizionali” presenti in settori ad alta occupazione femminile, ad esempio con riferimento ai rischi legati all’ergonomia e al lavoro ai videoterminali, ai rischi legati alla movimentazione dei carichi e alle posture, al rischio cadute, ai rischi chimici e biologici e ai rischi psico-sociali.
Ad esempio nel documento si ricorda che le posture adottate durante il lavoro “comportano spesso un rischio che può interessare la colonna vertebrale - quando si tratta di compiere sforzi eccessivi come nel caso di spostamento, sollevamento e trasporto manuale di oggetti o persone - oppure essere a carico degli arti superiori, nello specifico mani e avambracci - quando si tratta invece di compiere movimenti ripetitivi che sollecitano alcune strutture in modo eccessivo, come accade nelle operazioni di digitazione sulla tastiera ma anche di confezionamento”. E questo tipo di rischi è “diffuso in svariati settori produttivi, di cui alcuni ancora principalmente appannaggio del sesso maschile ma altri caratterizzati da una forte presenza femminile, come accade ad esempio nel settore della sanità, in cui quotidianamente le infermiere sollevano pesi molto superiori alle loro forze. A questo proposito, un recente rapporto dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute e sul Lavoro ha denunciato un forte aumento delle malattie muscolo-scheletriche nelle lavoratrici, proprio a sfatare lo stereotipo di un lavoro femminile più rilassante sia fisicamente che mentalmente, citando uno studio tedesco che ha dimostrato che gli impiegati nella sanità sollevano più carichi di quanto facciano gli operai occupati nell’edilizia. Un altro lavoro prevalentemente femminile e caratterizzato da un massiccio sollevamento di pesi è quello dell’educatrice negli asili nido, quotidianamente impegnata nel sollevamento di pesi certamente più leggeri (massimo 15-16 chili) ma spesso recalcitranti e che comunque rappresentano un significativo sovraccarico meccanico. La movimentazione dei carichi è anche una delle principali cause di infortunio nei settori della vendita e in quello alberghiero e del catering (HORECA)”. Senza dimenticare che “movimenti rapidi, precisi e ripetitivi uniti al prolungato mantenimento della posizione seduta, fattori analogamente ad alto rischio per quanto riguarda l’insorgere di patologie muscolo-scheletriche, sono all’ordine del giorno per tutti i lavoratori, in prevalenza donne, dei settori dell’imballaggio e del montaggio. Infine anche tutte le lavoratrici impiegate nei servizi alla casa e alla persona sono interessate a questo tipo di problematiche; in particolar modo gli addetti all’assistenza domiciliare, rispetto al contesto ospedaliero, si trovano ad operare con alcuni fattori di rischio amplificati, come la necessità di operare da soli, la presenza di letti non regolabili, l’assenza di strumenti ausiliari per spostare i pazienti, ecc.”.
Riportiamo poi alcune informazioni sui rischi psico-sociali (stress lavoro-correlato, molestie e violenze sul lavoro, ...)
Se in molte attività professionali svolte sia da uomini che da donne è stata riscontrata la presenza di stress correlato al lavoro, l’esposizione femminile allo stress “è molto superiore a causa delle discriminazioni subite sul lavoro e delle maggiori responsabilità domestiche e familiari: monotonia, scarsa autonomia, orari rigidi di lavoro, impiego in mansioni emotivamente gravose (come accade per le infermiere o per le insegnanti che, ad esempio, lavorano molte ore in piedi, in ambienti rumorosi, fattori che già di per sé rappresentano un rischio per la salute, spesso anche a contatto con bambini con disturbi)”: sono tutti “fattori di stress particolarmente onerosi per le donne, proprio alla luce del ruolo sociale che ricoprono”. E se “diverse sono le cause che provocano l’insorgere di stress nei lavoratori appartenenti a sessi diversi, persino quando si trovano ad operare in uno stesso ambiente di lavoro, diverse dovranno essere anche le strategie di prevenzione, che dovranno considerare come fattori di stress anche le molestie sessuali, le discriminazioni, le responsabilità verso la famiglia e altri fattori che colpiscono maggiormente e più direttamente le donne”.
In particolare le molestie sessuali (ad esempio “manifestazioni verbali come battute a sfondo sessuale, non verbali come sguardi fissi e prolungati, e fisiche, come i contatti fisici non richiesti”) sono un “fattore di stress percepito molto più frequentemente dalle donne che dagli uomini e denunciato dal 30-50% delle lavoratrici contro il 10% dei lavoratori, secondo alcuni studi condotti dalla Commissioni Europea Lavoro e Affari Sociali. Ai dati ufficiali va inoltre aggiunta la certezza che spesso le molestie sessuali non vengono denunciate per paura di perdere il posto di lavoro o per il timore di ritrovarsi emarginate dai colleghi. Analogamente, le intimidazioni e il mobbing sono fattori di stress, dagli accertati effetti sintomatologici sul piano della salute fisica, mentale e psicosomatica della vittima che li subisce, quali stress, depressione, diminuzione dell’autostima, sensi di colpa, fobie, disturbi del sonno e degli apparati digestivo e muscolo-scheletrico; anche questo tipo di rischi è percepito con maggiore frequenza rispetto ai colleghi uomini. Quanto alle violenze legate al lavoro, se è vero che esse colpiscono anche gli uomini, è altrettanto vero che le donne ne sono maggiormente esposte; ciò è dovuto anche al loro massiccio impiego in lavori a contatto con il pubblico, dal momento che gli atti violenti sui luoghi di lavoro sono diffusissimi proprio in quelle professioni che prevedono contatto con clienti, pazienti, studenti, ecc.. Nello specifico, gli ambienti più a rischio sono costituiti dal settore terziario, con particolare riferimento alle aziende che operano nel settore sanitario, dei trasporti, della vendita al dettaglio, dell’istruzione e del settore HORECA. Le figure più esposte ai pericoli sono: infermieri, conducenti di mezzi pubblici, cassieri di banche e supermercati, assistenti sociali e personale di bar e ristoranti”.
La valutazione dei rischi
Per concludere e con riferimento a quanto contenuto nei due volumi Inail dal titolo “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Disegno di linee guida e primi strumenti operativi” ricordiamo che una efficace prevenzione in tema di salute e sicurezza sul lavoro (SSL) necessita di un approccio sensibile alle specificità di genere. E in questo senso anche la valutazione dei rischi, malgrado “la maggior parte della legislazione europea in materia di SSL sia neutrale rispetto al genere”, può essere rivista in una prospettiva che tenga conto delle differenze tra lavoratori maschi e femmine.
Suddividendo il processo di valutazione dei rischi in cinque fasi il documento riporta alcuni suggerimenti dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro ( EU-OSHA) per includere nella valutazione gli aspetti di genere.
Passo 1. Individuazione dei rischi:
- “considerare i rischi più frequenti nelle mansioni prevalentemente maschili e in quelle prevalentemente femminili, ad esempio toccando gli ambiti evidenziati in questo documento;
- considerare tanto i rischi per la salute quanto quelli per la sicurezza;
- chiedere in forma strutturata sia alle donne che agli uomini quali problemi incontrano nel lavoro;
- evitare di considerare qualsiasi elemento come scontato o futile in partenza;
- considerare tutta la forza lavoro, ad esempio gli addetti alle pulizie e alla reception;
- non tralasciare i lavoratori part-time, a contratto temporaneo e interinali, né le persone in congedo per malattia nel periodo della valutazione;
- esortare le donne a riferire ogni cosa che, a loro giudizio, potrebbe incidere sulla loro salute e sicurezza sul lavoro, oltre ai problemi di salute che potrebbero collegarsi al lavoro”.
Passo 2. Valutazione dei rischi:
- “considerare le effettive mansioni svolte nel contesto lavorativo reale;
- astenersi dal fare ipotesi riguardo all'esposizione che siano aprioristicamente basate sulla descrizione delle mansioni o sulle qualifiche aziendali;
- esercitare accuratezza nel definire l'incidenza di genere, assegnando priorità ai rischi in termini di alto, medio e basso;
- coinvolgere le lavoratrici nella valutazione dei rischi. Considerare la possibilità di formare circoli della salute e impiegare metodi di mappatura dei rischi. Interventi di stimolo alla partecipazione basati su questioni di ergonomia e stress possono fornire una serie di validi approcci;
- accertarsi che le persone che conducono la valutazione siano sufficientemente informate e preparate sulle problematiche di genere nella SSL;
- accertarsi che gli strumenti impiegati nella valutazione comprendano elementi rilevanti sia per i lavoratori che per le lavoratrici, e in caso contrario procedere al loro adattamento;
- se si ricorre ad aiuti esterni per la conduzione della valutazione dei rischi, informare queste persone che sarà utilizzato un approccio sensibile alle specificità di genere e verificare che siano in grado di utilizzarlo;
- prestare attenzione ad ogni aspetto di genere ove siano in programma modifiche che interessano il posto di lavoro e vengano prese in esame le conseguenze ai fini della SSL”.
Il documento propone alcuni esempi in merito allo stress (la valutazione deve includere interfaccia casa-lavoro e orari di lavoro, sviluppo della carriera, molestie, fattori di stress emotivo, ...), alla salute della sfera riproduttiva e ai disturbi muscolo-scheletrici.
Passo 3 e 4. Decisione e implementazione delle soluzioni:
- “puntare all'eliminazione dei rischi alla fonte, per offrire un ambiente di lavoro sano e sicuro a tutti i lavoratori. in questa azione sono compresi i rischi a carico della sfera riproduttiva;
- prestare attenzione alle diverse popolazioni e adattare il lavoro e le misure preventive al lavoratore, ad esempio a livello di scelta dei dispositivi di protezione in base alle esigenze individuali, ossia adatti alle donne e a quegli uomini che non rientrano nella ‘media maschile’;
- coinvolgere le lavoratrici nelle decisioni relative alle soluzioni e nell'implementazione di queste ultime;
- accertarsi che tanto le lavoratrici quanto i loro colleghi uomini dispongano di informazioni e preparazione sugli aspetti della SSL relativamente ai lavori che svolgono, alle effettive condizioni di lavoro e agli effetti sulla salute. Garantire l'inclusione dei lavoratori part-time, temporanei e interinali”.
Passo 5. Monitoraggio e revisione:
- “accertarsi che le lavoratrici partecipino ai processi di monitoraggio e revisione;
- aggiornarsi rispetto alle nuove informazioni sulle questioni di SSL in relazione al genere”.
Si segnala che sia la valutazione del rischio che il monitoraggio possono rientrare nell'ambito della vigilanza sanitaria e che “l’archiviazione degli incidenti è un aspetto importante sia della valutazione del rischio che del monitoraggio”.
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
Pubblica un commento
Rispondi Autore: Iole Montefusco - likes: 0 | 24/07/2014 (16:30:14) |
un altro punto di vista |