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Imparare dagli errori: gli infortuni che avvengono nel settore marittimo

Imparare dagli errori: gli infortuni che avvengono nel settore marittimo
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

07/04/2022

Esempi di infortuni professionali in ambito marittimo e portuale. Focus sugli infortuni su una nave mercantile e un rimorchiatore. Sicurezza della navigazione e del lavoro, rischi trasversali e fattori di fatica.


Brescia, 7 Apr – Se il settore marittimo, in un territorio come l’Italia ricco di coste e porti, rimane, al di là dei problemi causati dalla pandemia da COVID-19, uno dei settori più importanti per la nostra economia, raramente si ricorda che l’attività marittima è anche caratterizzata da elevati rischi che necessitano di adeguate e specifiche misure di prevenzione. Infatti, come ricordato anche in nostri altri articoli su questo comparto, non bisogna dimenticare che una nave è un ambiente isolato e il mare può determinare situazioni impreviste ed imprevedibili.

 

Proprio per cercare di aumentare la consapevolezza dei rischi in questo comparto, iniziamo oggi con la rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto delle dinamiche degli infortuni professionali, un breve viaggio attraverso alcuni infortuni gravi e mortali. E ci facciamo aiutare da un documento Inail del 2018 dal titolo “ Gli infortuni dei lavoratori del mare” che raccoglie i racconti di numerosi infortuni, tratti dagli archivi del Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali sul lavoro, con riferimento al settore marittimo e portuale.

 

In questa prima tappa attraverso i rischi in ambito marittimo e portuale, ci soffermiamo oggi in particolare sul settore marittimo.

 

Questi gli argomenti trattati:


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Interventi in Stiva Nave - Categoria: Procedure Ambienti Confinati

 

Esempi di infortuni che avvengono nel settore marittimo

Riprendiamo alcuni casi di infortunio presentati nella pubblicazione Inail curata da Antonio Leva, Diego De Merich, Mauro Pellicci, Daniele De Santis, Alessandro Di Francesco, Giulia Forte, Claudio Scarici, Rita Vallerotonda, Giuseppe Campo. I casi, come già indicato sopra, sono tratti dalle schede di Infor.mo.

 

Il primo caso riguarda un lavoratore, esperto marittimo, marinaio di coperta, che era imbarcato da molti anni su una nave italiana mercantile. “Si trovava a bordo di una nave italiana uscita da un porto straniero. La nave aveva iniziato la navigazione e il lavoratore doveva recuperare la biscaglina (scala di corda con pioli di legno) e provvedere alla successiva chiusura dello scalandrone. Scendeva, da solo, lungo lo scalandrone sul lato di sinistra della nave e arrivato sulla piattaforma, slegava la parte finale della biscaglina e cadeva in mare. Il corpo del lavoratore è stato rinvenuto la mattina successiva a circa 10 km dal luogo della caduta; la morte è stata attribuita ad annegamento e ipotermia. Non risultano testimoni dell’accaduto. Non indossava l’imbracatura disponibile; a bordo era presente una linea vita cui il marittimo avrebbe potuto assicurarsi; non aveva ricevuto formazione e addestramento sull’utilizzo della imbracatura. Il lavoro che doveva svolgere non era sotteso a nessuna procedura di sicurezza”.

 

Il secondo caso è relativo ad un lavoratore che, in qualità di operatore esperto, “si trovava a bordo di un rimorchiatore per compiere la manovra di traino e spinta di una piattaforma atta al varo di una nave. Durante la fase di tenuta delle cime agganciate tra il rimorchiatore e la piattaforma, il lavoratore è stato spinto e colpito mortalmente all’addome dalla cima, prima andata in bando e successivamente tranciata dall’elica con conseguente colpo di frusta che lo proiettava in mare. Il lavoratore si trovava in una zona del rimorchiatore altamente a rischio nella quale non doveva sostare, durante la manovra di tensionamento. Posizione decisa arbitrariamente dallo stesso”.

 

Nel terzo caso si indica che a bordo di una nave, ormeggiata in porto per riparazioni navali, un operaio “ha la mansione di marinaio di coperta. Era in corso la verifica annuale delle lance di salvataggio della nave, effettuata dal marinaio con un altro addetto di un’impresa meccanica incaricata; dopo i test di verifica, che avevano previsto l’ammaino della scialuppa in mare, si doveva riportare a bordo in posizione la lancia con l’ausilio degli appositi verricelli di bordo. L’operatore, a bordo della lancia, stava provvedendo all’inserimento manuale di un grosso anello metallico detto campanella, collegato al cavo di sollevamento di bordo della nave, nel sistema di aggancio ad uncino della lancia stessa; per far ciò teneva la campanella con entrambe le mani - posizionando la mano sinistra nella zona di contatto tra gancio e campanella - e la accompagnava a inserirsi nel gancio. Mentre faceva ciò un movimento della lancia per la risacca determinava l’intrappolamento di due dita della sua mano sinistra tra la campanella e il gancio, con schiacciamento di esse. Successivamente si rendeva necessaria l’amputazione delle due dita della mano (anulare e mignolo). La manovra con l’uso di accessori di sollevamento avveniva su un mezzo galleggiante: l’infortunio si è determinato per un posizionamento della mano sinistra nella zona di contatto tra gancio e campanella sottoposto al movimento del moto ondoso agente sulla lancia”.

 

Sicurezza della navigazione e del lavoro: rischi e fattori di fatica

Riguardo ai rischi del settore riprendiamo alcune indicazioni tratte sempre dal documento Inail “Gli infortuni dei lavoratori del mare”.

 

Il documento ricorda che, a livello di normativa internazionale, la Convenzione “Maritime labour convention” (Mlc), che “aggiorna ed integra, in un’ottica di miglioramento organizzativo e gestionale dell’impresa marittima, tutte le precedenti convenzioni di settore”, raccomanda la necessità di sviluppare “sistemi di sorveglianza nazionale capaci di monitorare l’andamento delle malattie professionali e degli infortuni tramite indicatori di rischio quantitativi e qualitativi”.

 

Il documento sottolinea poi che se i rischi lavorativi cui sono soggetti i marittimi “dipendono dalle attività svolte dal personale di bordo inquadrato in specifiche qualifiche, dalla tipologia di nave e di navigazione, dai cicli lavorativi e dalla merce trasportata”, vi sono anche, oltre ai rischi specifici connessi alle mansioni, alcuni “rischi ‘trasversali’ cui sono esposti sia i lavoratori che i passeggeri. Ad esempio rischi di collisione, naufragio e incendio. E tale fattispecie di rischi “attiene alla disciplina della sicurezza della navigazione, campo coperto da un corpus normativo molto articolato e pregnante, costituitosi a partire dagli inizi del novecento, rappresentato dal codice della navigazione e regolamentazione internazionale Solas dell’International maritime organization (Imo), caratterizzato nel passato da una notevole autonomia di diritto”.

Se dunque l’area tematica della sicurezza della navigazione “ha notevoli collegamenti con la prevenzione e la sicurezza del lavoro” – con riferimento al d.lgs. 271/1999, al d.lgs. 298/1999 e al d.lgs. 81/2008 - ciò è stato a volte “all’origine di una certa confusione normativa sull’applicabilità diretta ai lavoratori marittimi delle leggi di tutela della salute e sicurezza sul lavoro”.

 

Tuttavia la presenza di questi rischi nelle navi è “l’elemento costitutivo stesso dei compiti del comandante, dei profili professionali marittimi, dell’organizzazione del lavoro a bordo, della costituzione degli equipaggi, della definizione di percorsi abilitanti di formazione e addestramento, oltre che dell’organizzazione di un sistema articolato di gestione delle emergenze e di un complesso sistema di controlli pubblici”.

 

Il documento ricorda poi che un fattore di rischio di tipo organizzativo-psicologico, presente praticamente in tutti i ruoli di bordo e quindi valutabile come fattore di rischio trasversale, “è quello definito dalla stessa normativa specifica d.lgs. 271/1999 come ‘fattore di fatica’. Questo è legato alla particolare organizzazione del lavoro cioè ai turni, alle guardie, al lavoro notturno, alle scarse possibilità di vero recupero psicofisico e di riposo, alle incombenze eccezionali di bordo, alla rigida organizzazione gerarchica, al sovraccarico di responsabilità in termini di sicurezza della nave e, infine, alla natura intrinseca del lavoro marittimo (lunghi periodi di lontananza da casa, vita collettiva coatta, turnover dei compagni di lavoro, fattori ambientali esterni critici)”.

Senza dimenticare, come fattori peggiorativi dei rischi nel comparto delle crociere, “le difficoltà di socializzazione, comunicazione e di rapporti interpersonali, dovute alla presenza di svariate comunità di nazionalità diversa”.

 

In particolare l’impatto dei ritmi, dei turni e del lavoro notturno sul benessere del lavoratore “si manifesta principalmente in tre aspetti relativi al danno atteso:

  • interferenze con l’assetto biologico (ciclo sonno-veglia);
  • efficienza lavorativa;
  • stato di salute (sistema gastrointestinale, cardiovascolare)”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale del documento che riporta indicazioni sui fattori di rischio di malattie professionali e sui principali fattori specifici di rischio infortunistico ai quali i lavoratori del mare possono essere esposti nel corso delle loro attività nelle imbarcazioni.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, “ Gli infortuni dei lavoratori del mare”, a cura di Antonio Leva, Diego De Merich, Mauro Pellicci, Daniele De Santis, Giulia Forte, Claudio Scarici, Rita Vallerotonda, Giuseppe Campo (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale) e Alessandro Di Francesco (Inail - Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici) - edizione 2018 (formato PDF, 1.19 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Sicurezza e infortuni dei lavoratori del mare”.

 


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