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Sicurezza sul lavoro: la lezione di Torino

Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Approfondimento

12/12/2008

A un anno di distanza dall’incidente alla ThyssenKrupp cos’è cambiato nella sicurezza sul lavoro? In che modo far applicare il D.Lgs. 81/08 così che incidenti del genere non si ripetano? A cura di Rocco Vitale, presidente Aifos.

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Un anno fa, la notte del 5 dicembre del 2007 si verificava la tragica strage all’interno della ThyssenKrupp di Torino dove morivano 7 operai, bruciati, dal rogo sprigionatosi all’interno dello stabilimento.
Ad una anno da quella terribile strage quale bilancio possiamo fare?
 

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La prima, immediata, risposta è che purtroppo nulla e cambiato e tutto continua come prima. Triste anniversario che vede ai 1170 morti dello scorso anno aggiungersi quelli del 2008 che, ad oggi sono già 987,  sono sempre nella media dei 3 morti al giorno.
Ed i 7 morti di Torino non sono dei privilegiati che meritano qualche manifestazione di più ma restano, nella testimonianza collettiva, un simbolo degli incidenti sul lavoro, così come lo sono stati i 6 morti di Mineo a Catania il 12 giugno di quest’anno. Poi ci si dimentica, perché non fanno notizia, i 9 morti del 17 ottobre avvenuti ciascuno in una azienda diversa ed in diverse regioni italiane.
 
Torino, con le sue tragiche morti, deve quindi servire come esempio e quale monito per tutti. Anche per la giustizia che per la prima volta, in meno di un anno è riuscita a chiudere l’inchiesta. Il processo Thyssen è giunto ad un grande risultato, senza precedenti nella storia della giurisprudenza italiana: i lavoratori vengono ammessi dal Gup come parte lesa e quindi riconosciuti come parte civile in un processo contro i sei dirigenti della multinazionale tedesca per il rischio che hanno occorso a lavorare in un´azienda senza requisiti minimi di sicurezza.
Rischia però, nella ripetizione di un tragico rito di denuncia e di giusto sgomento, di essere dimenticato che proprio quella vicenda ha contribuito, in modo determinante, alla promulgazione del nuovo testo unico della sicurezza sul lavoro quale il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
 
La domanda che, allora, dobbiamo porci è questa: cosa è successo in questi mesi? Il nuovo Decreto ha contribuito a far diminuire i morti e gli infortuni sul lavoro.  Dati i circa 1000 morti di quest’anno vuol dire che poco o nulla e cambiato.
Perché? Anche qui viene sempre data una risposta semplicistica: il Decreto 81/08 è una buona, ottima, legge ma però deve essere applicata.
 
Ma chi la deve applicare?
È normale che deve essere il Datore di lavoro, non solo per il Decreto 81/08 ma anche per l’art. 2087 del Codice Civile del 1942, il primo responsabile della sicurezza sul lavoro e della salute dei lavoratori.
Vorremmo ricordare, come già il Decreto 626/94 e molto meglio e chiaramente il nuovo Decreto 81/08, la sicurezza sul lavoro riguarda il processo organizzativo aziendale cui sono coinvolti tutti i soggetti della sicurezza.
 
Con una riflessione dal caso Thyssen ricordiamo la sorella di un morto bruciato dalle fiamme ha raccontato: “non riesco ancora a credere che mio fratello sia morto per salvare quelle quattro mura e quei macchinari che non funzionavano più…poi gli chiedevo Rosario, ma tu un incendio lo hai mai spento? Sai come fare se scoppia un incendio…”  il vero problema è che il povero Rosario non sapeva nulla e come lui nessuno quella sera sapeva cosa fare.  Come mai?
 
L’inchiesta giudiziaria sarà precisa e puntuale ma non occorre essere giudici o magistrati per sapere cosa non ha funzionato.
Semplicemente la legge non è stata applicata ma bisogna chiedersi come e da parte di chi? Il Decreto 81/08 obbliga il datore di lavoro ha promuovere il sistema della gestione della sicurezza ma se ciò non avviene ci sono tutte le opportunità per intervenire.
In ogni azienda deve essere designato un R.S.P.P. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione che può essere un lavoratore interno o un consulente esterno. Nel caso della Tyssen non abbiamo mai saputo chi è il RSPP.  I lavoratori hanno ricevuto l’informazione di base sui principi dell’antincendio e delle emergenze? Certamente no. Sempre in tema di prevenzione incendi sono stati nominati gli Incaricati che dovevano seguire un corso di formazione di 16 ore con esame finale presso il Comando dei Vigili del Fuoco.? Non è sufficiente rispondere NO. Perché il R.S.P.P. non ha mai controllato l’avvenuta formazione? I lavoratori devono essere rappresentati nel sistema della sicurezza eleggendo un proprio Rappresentante della Sicurezza. Dove erano i R.L.S. aziendali? E se non sono stati nominati perché le OO.SS non sono mai intervenute a denunciare questa carenze. Si ricordi poi che tra i propri compiti il R.L.S. può chiedere, ed ottenere, che l’ASL possa inviare gli Ispettori all’interno dell’azienda.
 
Come detto il Decreto 81/08 è una buona, ottima, legge forse tra le più avanzate d’Europa ma non viene applicata.
Coloro che giustificano la non applicazione della legge ne lamentano il grande aspetto burocratico-cartaceo che ne sta alla base. La sicurezza basata su carte e adempimenti: così si assume un consulente che sistema tutte le carte, produce documenti di centinaia di pagine ed il Datore di lavoro è convinto di “essere a posto”. Valga per tutte ciò che la giurisprudenza ha ormai definito circa l’”effettivita” dell’azione: non bastano le carte ma le azioni per la sicurezza devono essere state effettivamente svolte.
 
Nessuna legge prescrive che il Documento di valutazione dei Rischi debba essere fatto di 300 pagine: personalmente da anni sosteniamo che i documenti non li deve fare il computer ma i soggetti responsabili: bastano 30-50 paginette ma soprattutto serve indicare i metodi e chi fa che cosa.
Anche il sistema di gestione della sicurezza rischia di trasformarsi in una mera applicazione delle norme di qualità laddove viene indicato il continuo ricorso al riesame ed alle non conformità utilizzando un linguaggio, per lo più, incomprensibile o astruso ai lavoratori.
 
Il vero problema e che, spesso, si dimentica per chi si fa il Documento e a cosa serve. Pare che venga scritto per essere letto dagli addetti ai lavori o esibirlo in caso di ispezione facendo vedere che si è previsto e scritto tutto.
Abbiamo visto, in Austria, Documenti di valutazione dei Rischi di 8 pagine ed ogni lavoratore ne aveva una copia: sapeva quale era la politica aziendale. Ve lo vedete, da noi, dare ai lavoratori tomi di 300 pagine. Meglio spendere i soldi delle fotocopie con indennità.
 
Le risposte e le esperienze di “infortuni zero” non mancano come tante sono le aziende e le imprese virtuose. Ma perché non sono valorizzate e soprattutto perché non sono premiate per davvero. L’Inail ha introdotto, per quanto nei suoi compiti e poteri, una riduzione percentuale sul premio assicurativo per quelle aziende che dimostrano di aver fatto sicurezza sul lavoro: qualche migliaio in Italia a fonte di centinaia di migliaia di aziende. Sarebbe interessante vedere perché le aziende italiane non chiedono neppure i rimborsi assicurativi.
 
Il vero problema, a nostro avviso, è che la questione del lavoro deve essere rimessa al centro della questione sicurezza.
Si argomenterà che, con il prossimo anno con la crisi che investirà il 2009, non si possono affrontare costi aggiuntivi per la sicurezza. Ecco il primo e vero errore: non sono costi ma investimenti. La crisi economica creerà, certamente, problemi alle aziende più deboli ed a quei settori di mercato non trainanti ma saranno solo gli investimenti a far superare la crisi economica. E tra gli investimenti deve esserci al primo posto il lavoro collegato alla sicurezza. Deve essere un aspetto inscindibile quello tra lavoro e sicurezza.
 
 
Rocco Vitale 



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Rispondi Autore: Antonio Masala - likes: 0
14/12/2008 (12:02)
Sono un ex ispettore del lavoro, che ha fatto vigilanza in materia di sicurezza per 30 anni. Una possibile soluzione del problema della sicurezza potrebbe essere rappresentata:
1) a lungo termine: la materia deve essere insegnata nelle scuole per formare i futuri cittadini e, quindi, i futuri lavoratori, imprenditori ecc. In altri termini creare la cultura della sicurezza;
2) a medio termine si dobrebbe creare una struttira come gli attuali "organismi notificati" con potere di certificazione delle aziende in materia di sicurezza. Le aziende così certificate dovrebbero avere la preferenza negli appalti pubblici e soprattutto in quelli privati, inoltre dovrebbero godere di consistenti sgravi contributivi del premio INAIL ed a certi livelli di "eccellenza" anche fiscali (tenendo presente che gli "invalidi" costano e non poco alla società). Il o i funzionari certificatori dovrebbero comunicare all'Organo di vigilanza la data di inizio del sopralluogo per il rilascio della certificazione ed una volta ultimato il sopralluogo stesso quella di ultimazione e l'esito della stessa, in maniera tale che il citato Organo di vigilanza sia in grado di eseguire controlli in ordine alla bontà della certificazione rilasciata. Prevedere pesanti sanzioni per i certificatori e per gli Organismi di certificazione che attestano il falso e per le aziende certificate. Le certificazione dovrebbe essere un fatto volontario dell'imprenditore che, ripeto, deve avere dei benefici consistenti in maniera tale che osservare la sicurezza deve essere remunerativo, in alternativa all'attuale sistema "passivo" in termini di "remunerazione" della voce "sicurezza" nel bilancio aziendale. Come si vede la "vigilanza" deve diventare lo spauracchio affinchè siano puniti i trasgressori. Infatti lo "spauracchio" oggi non funziona stante l'esiguo numero degli ispettori in relazione al notevole numero di aziende presenti ed i costi della struttura burocratica della vigilanza. Inoltre gli ispettori non devono procedere solo alle ispezioni ma devono partecipare, per legge, a commissioni come componenti, (es. locali pubblico spettacolo, ecc.), poi si devoni tenere presenti i giorni passati a redigere rapporti informativi alla magistratura e quelli inerenti alle testimonianze da rendere, (tenendo conto dei vari rinvii dei processi). Inoltre l'ispettore singolo, per una corretta applicazione del Decreto 81/08 da parte dell'azienda rende poco in termini di osservanza di tutta la normativa da parte del'azienda ispezionata, stante le diverse discipline che devono essere trattate: (impiantistica, scienze dell costruzioni, chimica, fisica, medicina nelle varie sfaccettature, ergonomia, movimentazione manuale dei carichi ecc. ecc.). L'ispezione per essere pregnante dovrebbe durare diverso tempo ed dovrebbe essere espletata da equipe di funzionari che possano trattare tutti gli aspetti per la tipologia di azienda visitata, altrimenti la stessa diventa pregnante solo nel settore in cui il soggetto ispettore è preparato. La equipe dovrebbe essere dotata di strumentazione tale da poter verificare l'assunto dei consulenti interni o esterni all'azienda, consulenti che hanno proceduto a misurazioni, valutazioni, poi inserite nel documento di valutazione del rischio. In altri termini gli ispettori fanno quello che possono. Scusate per le "chiacchere" in napoletano o "ciaccole" in veneziano ecc. Saluti.
Rispondi Autore: Antonio Masala - likes: 0
14/12/2008 (12:17)
Faccio seguito al mio precedente coommento perchè ho tralasciato un aspetto e cioè che nel mettere in essere il siatema illustrato prima le aziende che appaltano dei lavori ad altre aziende certificate dovrebbero godere anch'esse di sgravi contributivi per lo INAIL ed concedendo l'appalto ad aziende che nella certificazione hanno requisiti d'eccellenza dovrebbero godere di sgravi fiscali, in maniera da innescare un circolo virtuoso, combattendo nel contempo il lavoro cosiddetto "nero" e l'evasione fiscale. Nuovamente saluti.

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