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La salute e la sicurezza nel distacco del lavoratore all’estero

La salute e la sicurezza nel distacco del lavoratore all’estero

Autore: Carolina Avv. Valentino

Categoria: Approfondimento

13/02/2024

L’istituto del distacco e gli aspetti prevenzionistici del distacco all’estero. Legge applicabile, formazione e informazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria. Seconda parte di un contributo a cura dell’avv. Carolina Valentino.

Come ricordato in un recente contributo dell’avv. Carolina Valentino ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 276/2003 si configura il distacco quando un datore di lavoro, “per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.

 

Torniamo dunque a parlare dell’istituto del distacco presentando la seconda parte del contributo dell’avv. Valentino dal titolo “Il distacco: responsabilità del distaccante e del distaccatario. Cenni su aspetti prevenzionistici del distacco all’estero”.

 

Nella prima parte (“ Il distacco: responsabilità del distaccante e del distaccatario”) sono stati affrontati in generale gli aspetti di salute e sicurezza inerenti all'istituto del distacco, mentre nella parte che presentiamo si entra più nello specifico del distacco del lavoratore all’estero.

 


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Datore di lavoro R.S.P.P.
Formazione del Datore di lavoro RSPP - Classe di rischio BASSO (art. 34, D. Lgs. 81/2008, Accordo Stato Regioni 21/12/2011)

Il distacco: responsabilità del distaccante e del distaccatario. Cenni su aspetti prevenzionistici del distacco all’estero

Seconda parte

 

 

Il distacco del lavoratore all’estero

Il ricorso alla disciplina del distacco all’estero pone una serie di problematiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tra cui le seguenti:

  1. in primis, il problema della legge applicabile al contratto di lavoro con il lavoratore distaccato in un Paese straniero;

 

  1. l’adempimento, in capo al distaccante, dell’obbligo di formare ed informare adeguatamente il lavoratore distaccato in ordine ai rischi connessi alla mansione specifica che egli sarà chiamato a svolgere durante il distacco all’estero;

 

  1. la necessità di operare una valutazione dei rischi che consideri l’eventualità che il Paese ospitante presenti delle condizioni peculiari suscettibili di comportare un aumento dei rischi per il lavoratore rispetto a quelli riscontrabili per l’attività lavorativa espletata nel nostro territorio;

 

  1. il ruolo del medico competente e della sorveglianza sanitaria.

 

La legge applicabile: cenni

Il dovere di formazione e informazione in capo al distaccante

La valutazione dei rischi

La sorveglianza sanitaria

 

1 - La legge applicabile: cenni

Cosa fare se il distacco di un lavoratore avviene presso un distaccatario che si trovi in un Paese con una disciplina in materia di salute e sicurezza che offre garanzie inferiori, al lavoratore, rispetto alla normativa italiana?

 

Quale la legge applicabile?

 

Per rispondere a questi quesiti occorre fare riferimento al Regolamento (CE) 593/2018 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008, “sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali” (“Roma I”) [di seguito, il “Regolamento”], che recepisce alcune delle disposizioni della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, avente il medesimo oggetto.

 

Occorre sin da subito evidenziare il carattere universale del Regolamento, laddove, difatti, all’art. 2 prevede che “La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro”.

 

Il principio di base del Regolamento è che la legge da applicare al contratto – ivi incluso quello di lavoro – è rimessa alla libera scelta delle parti, fatta salva un’eccezione.

 

Si legge, in merito, all’art. 8 che “Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti […]. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile […]”.

 

È evidente la ratio della disposizione, volta a garantire che le parti non eludano le norme inderogabili del Paese con il quale il contratto di lavoro presenta un legame più significativo.

 

A tale categoria di norme appartengono certamente quelle in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.

 

Ma vi è di più.

 

Queste sono senz’altro riconducili alla categoria di norme di cui all’art. 9 del Regolamento, “Norme di applicazione necessaria”, che prevede che “Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento”.

 

Diversamente non potrebbe essere, se solo si richiama l’art. 32 della Costituzione italiana, che tutela il diritto alla salute quale uno dei diritti fondamentali del nostro ordinamento.

 

[Per meri fini di completezza sulla legge applicabile al contratto di lavoro, vedasi in nota [1]. Elemento che preme, in ogni caso, evidenziare è che in nessun modo le considerazioni in merito alla necessaria applicazione della normativa italiana in materia di salute e sicurezza possono subire variazioni a seconda del criterio utilizzato per scegliere / stabilire la legge da applicare a un contratto]

 

Senza volere, in questa sede, ripercorrere tutte le modifiche apportate all’istituto del distacco nel corso degli anni sino ad oggi, basti richiamare la modifica avvenuta ad opera del D. Lgs. n. 151/2015 all’art. 2, D.L. n. 317/1987, “Condizioni di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da far trasferire all’estero”, il quale, a seguito della riforma, prevede che “Il contratto di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o trasferire all’estero prevede: […] e) idonee misure in materia di sicurezza”, conferendo, ancora una volta, importanza determinante agli aspetti antinfortunistici dell’impiego di lavoratori all’estero.

 

In conclusione, il fatto che la prestazione sia svolta all’estero da parte di un lavoratore distaccato, non può in alcun modo comportare un’esenzione dall’applicazione (necessaria) della normativa italiana in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

 

Pertanto, anche qualora, sulla base dei richiamati criteri di cui al Regolamento, al contratto di lavoro sia applicata la normativa del Paese ospitante, il datore di lavoro italiano distaccante dovrà comunque assicurarsi che vengano rispettati gli standard di tutela posti dalla normativa antinfortunistica italiana, quali standard minimi ed inderogabili.

 

Di talché, nel caso di conflitto tra le due normative (si pensi ai presidi antincendio, che potrebbero essere diversi tra due Paesi distinti), dovrà condursi un’attenta e puntuale opera di integrazione reciproca, nell’ottica, sempre, di un accrescimento del grado complessivo di tutela del lavoratore.

 

Solo ove il datore di lavoro distaccante possa dimostrare che al lavoratore erano stati garantiti gli standard di tutela minimi previsti dalla normativa italiana, egli potrà andare esente da responsabilità – ricorrendone tutte le altre circostanze – in caso di infortunio del lavoratore distaccato.

 

Focus: Responsabilità del datore di lavoro distaccante per l’infortunio occorso all’estero

Un seppur breve momento di attenzione merita la possibilità che l’infortunio occorso all’estero possa esimere, per ciò solo, il datore di lavoro italiano distaccante da ipotesi di responsabilità.

 

La risposta non può che essere negativa: il fatto che l’infortunio occorra in un Paese straniero non esime ex se il datore di lavoro distaccante dal rispondere dell’evento.

 

Difatti, ai sensi dell’art. 6 c.p., “Reati commessi nel territorio dello Stato”, è previsto che “Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione”.

 

Di talché, se, a titolo meramente esemplificativo, dovesse emergere che l’infortunio sia stato cagionato dalla mancata formazione del dipendente in relazione alle mansioni che egli avrebbe dovuto svolgere, essendo, come abbiamo detto, la formazione del lavoratore distaccato obbligo del datore di lavoro distaccante, quest’ultimo ne sarà chiamato a rispondere poiché l’omissione che ha cagionato l’evento, integrando la fattispecie criminosa, è avvenuta in Italia.

 

Fermo restando quanto sin qui detto, non può non rilevarsi ragionevolmente che le problematiche più evidenti siano suscettibili di verificarsi maggiormente nel caso di invio di personale in Paesi extraeuropei.

 

Difatti, all’interno dell’Unione europea è legittimo aspettarsi degli standard di tutela sostanzialmente equivalenti rispetto agli standard italiani, posta, peraltro, la derivazione europea di gran parte della vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

 

2 - Il dovere di formazione e informazione in capo al distaccante

Ai sensi della normativa in vigore in materia antinfortunistica, la formazione erogata al lavoratore deve avere ad oggetto i rischi non solo correlati all’attività di impresa in generale, ma altresì (e soprattutto) i rischi specifici cui egli sia esposto nello svolgimento delle proprie mansioni.

 

Come anticipato nella presente trattazione, a seguito del ricorso all’ istituto del distacco, in capo al distaccante permangono gli obblighi relativi alla formazione ed informazione del lavoratore.

 

Ma, se tali attività devono essere strettamente correlate alla mansione specifica che il lavoratore sarà chiamato a svolgere in un Paese estero (con tutte le problematiche correlate a tale circostanza), come può il datore di lavoro adempiere a tale obbligo?

 

In caso di distacco all’estero, il datore di lavoro, al fine di fornire al lavoratore informazioni esaustive ed erogare al medesimo una formazione che possa dirsi adeguata ed efficiente, dovrà raccogliere tutte le necessarie informazioni sul contesto in cui si svolgeranno le attività oggetto del distacco, in primis ricorrendo ai siti istituzionali del Paese ospitante.

 

Non solo.

 

Fondamentale importanza riveste, in questo campo, il flusso informativo che deve necessariamente intercorrere tra il distaccante ed il distaccatario, affinché quest’ultimo possa fornire al primo tutte le informazioni necessarie inerenti alla propria organizzazione aziendale, ai rischi relativi all’attività che il lavoratore sarà chiamato ad espletare, nonché a tutte le misure di prevenzione e protezione e a tutte le procedure antinfortunistiche adottate al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

Infine, come infra meglio specificato, il datore di lavoro distaccatario, a seconda del contesto del Paese ospitante, sarà tenuto a fornire al distaccante tutta una serie di informazioni aggiuntive [vedasi, in merito, il paragrafo successivo concernente la valutazione dei rischi].

 

3 - La valutazione dei rischi

È ben nota, nel panorama normativo italiano, l’importanza che riveste la valutazione dei rischi inerenti all’attività lavorativa, elemento imprescindibile per garantire, ab origine, un’adeguata tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

Tale importanza, è ovvio, non viene meno per il fatto che il lavoratore esplichi la propria attività all’estero, non potendo, per ciò solo, il datore di lavoro distaccante disinteressarsene.

 

Anzi!

 

Proprio tale circostanza comporta la necessità di tenere in considerazione anche l’eventualità che il Paese ospitante il lavoratore distaccato presenti delle peculiarità assenti nel territorio italiano, suscettibili di costituire ulteriori rischi per la salute e la sicurezza nell’espletamento dell’attività lavorativa.

 

Tanto premesso, ogni volta che il datore di lavoro dovesse decidere per il distacco di alcuni dei suoi dipendenti, dovrà darne adeguato riscontro all’interno del DVR, dichiarando che essi posseggono le capacità professionali e la specifica esperienza necessarie al fine di essere inviati all’estero, ovvero indicando i percorsi di formazione e, eventualmente, di addestramento attraverso cui sarà possibile fargliele acquisire.

 

Contestualmente, il datore di lavoro dovrà inserire all’interno del DVR le procedure necessarie per assicurare l’attuazione delle specifiche misure di prevenzione e protezione, nonché le figure all’interno dell’organizzazione aziendale chiamate a provvedervi, avendone le competenze e i poteri.

 

Focus: Il distacco all’estero ed il rischio contagio da Covid-19

Seppure considerazioni di cui al presente paragrafo prendano in esame la specifica circostanza del contagio da Covid-19, esse devono ritenersi applicabili a qualsivoglia fattore di rischio presente (presente più diffusamente) nel Paese dove il lavoratore sarà inviato a svolgere la propria prestazione, rispetto al luogo di lavoro presso il datore distaccante.

 

Fermo restando quanto sopra, senza voler, in questa sede, riproporre l’incessante avvicendarsi delle teorie succedutesi in merito alla sussistenza o meno di un obbligo del datore di lavoro di aggiornare il DVR alla luce della pandemia da Covid-19, occorre comunque precisare quanto segue.

La teoria “negazionista” di tale obbligo fonda la propria tesi sul fatto che solo i datori di lavoro che conducono un’attività particolarmente esposta (ad esempio, professioni sanitarie) sono tenuti ad aggiornare il DVR, contrariamente a coloro i quali conducono un’attività per la quale il rischio contagio non si presenta in grado più elevato rispetto alla conduzione della vita quotidiana da parte della generalità della popolazione.

 

A prescindere, ripetasi, dal volersi esprimere nel merito della correttezza o meno di tale teoria, sembra ragionevole affermare che anche se il datore di lavoro avesse deciso di non procedere ad un aggiornamento del DVR nel contesto dell’ordinario svolgimento dell’attività di impresa, nel caso faccia ricorso al distacco all’estero, non potrà non prevedere un aggiornamento di tale Documento con la valutazione del rischio biologico connesso al contagio da Covid-19.

 

E, difatti, se diverse sono le misure anticontagio disposte dai singoli Paesi, è altresì vero che il contagio si diffonde in maniera molto diversa a seconda dei territori e dei periodi temporali.

 

Per tale ragione, si ritiene imprescindibile un aggiornamento del DVR con la valutazione del rischio contagio nel caso di un dipendente distaccato all’estero in Paesi nei quali i rischi di contagio risultino maggiori rispetto a quelli rilevabili nel medesimo periodo in Italia.

 

Peraltro, ad una valutazione inziale rebus sic stantibus, non potrà, nel tempo, che conseguire un aggiornamento periodico, al fine di prevedere, se del caso, un allentamento ovvero una intensificazione delle misure di prevenzione e protezione messe in atto.

 

Focus: I fattori che maggiormente incidono sulla valutazione dei rischi concernenti il distacco all’estero

Di seguito, proponiamo quelli che – inter alia – rappresentano i maggiori fattori capaci di influenzare la valutazione dei rischi concernenti l’attività svolta dal lavoratore distaccato all’estero [2].

  1. fattori ambientali:

comprendono i rischi derivanti dalle malattie endemiche (tipiche quelle della malaria, ovvero quelle cagionate dalla flora e la fauna locali), dalle condizioni meteo-climatiche (dal colpo di calore nel deserto all’ipotermia nei Paesi del nord), dai fenomeno naturali (monsoni, uragani, tempeste tropicali, terremoti, maremoti), dalle condizioni igienico-sanitarie, dalle attività produttive svolte nelle immediate vicinanze del posto di lavoro (come, ad esempio, raffinerie, centrali nucleari, fabbriche conducenti un’attività caratterizzata da particolari tipologie di rischio).

Non meno importante è il problema dell’inquinamento, che registra livelli preoccupanti soprattutto in molti Paesi in via di sviluppo.

  1. fattori culturali:

il processo di globalizzazione mondiale non ha necessariamente standardizzato le culture in molti Paesi in cui i lavoratori possono essere chiamati a operare. Si pensi ai più piccoli gesti di culture diametralmente opposte che possono essere fraintesi e creare momenti di tensione, finanche gravi, poiché ritenuti offensivi.

Tali circostanze possono provocare la messa in atto di comportamenti ostili da parte dei lavoratori locali nei confronti del lavoratore distaccato, che possono provocare problemi non solo alla sicurezza, ma altresì allo status psicologico di questi.

  1. fattori religiosi:

l’estremismo di origine religiosa rappresenta un concreto rischio per tutti i lavoratori occidentali che operano in aree dove questo fenomeno è radicato, ovvero è in nuce, ma in fase di espansione.

V’è da rilevare come, in generale, questa tipologia di rischio sia, invero, poco percepita, sia dai datori di lavoro che dai medesimi lavoratori, a dispetto della sua innegabile rilevanza e potenziale pericolosità.

  1. fattori logistici:

impossibile non considerare che gli standard di vita del Paese dove sono chiamati ad operare i lavoratori distaccati all’estero non sono sempre equivalenti a quelli del Paese di provenienza, in termini di stato di manutenzione delle strade, di traffico, di sicurezza dei mezzi di trasporto.

Non può non considerarsi la necessità di valutare con particolare attenzione, in determinati contesti, il rischio di infortunio in itinere, condizionato dall’utilizzo di veicoli non in condizioni di completa efficienza meccanica, ovvero da conducenti locali non adeguatamente addestrati, o in condizioni psico-fisiche alterate.

  1. fattori socio-politici:

l’atteggiamento delle comunità locali per quanto concerne la percezione dei lavoratori stranieri può variare enormemente a seconda del luogo ove i lavoratori sono chiamati a svolgere la propria attività.

Potrebbero essere visti come “intrusi”, recatisi ad impossessarsi delle risorse del Paese, ovvero a sottrarre posti di lavoro ai locali, oppure, di contro, come valido aiuto per il miglioramento delle condizioni del Paese, con tutte le plausibili sfumature tra questi due approcci diametralmente opposti.

Talvolta, può succedere che il Governo non sia visto dalla popolazione come realmente rappresentativo dei cittadini e, dunque, l’ammissione di lavoratori stranieri può suscitare reazioni violente contro i medesimi, visti come strumenti del Governo.

In tali casi, le ambasciate ed i consolati locali costituiscono una fonte di informazione e supporto per il datore di lavoro distaccante insostituibile.

  1. fattori criminalità e delinquenza:

Non devono essere assolutamente sottovalutati sia i rischi derivanti dalla criminalità organizzata, sia quelli connessi alla delinquenza complessivamente intesa.

Si consideri, sul punto, che sin dal 2002, con la storica sentenza n. 4129, la giurisprudenza della Suprema Corte italiana, chiamata a pronunciarsi sul rapimento di due lavoratori italiani in Etiopia da parte di un gruppo di guerriglieri locali, ritenne che l’obbligo dell’imprenditore di tutelare l’integrità psicofisica dei dipendenti impone di considerare anche il rischio di aggressioni conseguenti ad azioni criminali o terroristiche, trattandosi di rischio prevedibile, incombente sui lavoratori e a fronte del quale occorre predisporre tutte le misure di prevenzione e protezione.

Peraltro, anche la Commissione Interpelli del Ministero del Lavoro, con interpello n. 16/2011 in risposta al quesito “relativo alla valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale [nel caso di specie delle compagnie aeree, ma ciò che rileva è che trattavasi di valutazione dei rischi all’estero] si pronunciava sulla necessità o meno di includere nella valutazione dei rischi anche i “rischi ambientali” (per tali dovendosi intendere – in via meramente esemplificativa – i rischi di natura geo-politica, atti criminali di terzi, belligeranza e, più in generale, tutti i fattori potenzialmente pericolosi per i lavoratori).

Si legge da tale interpello che, alla luce della disposizione di cui all’art. 28, D. Lgs. n. 81/2008, che prevede l’obbligo in capo al datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ed adottare le conseguenti misure di prevenzione e protezione, “la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali, a titolo esemplificativo, i cd. ‘rischi generici aggravati’, legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.

  1. fattori legati a una condizione di stress psicologico del distaccato:

Particolare attenzione va prestata al condizionamento psico-sociale del lavoratore distaccato all’estero: la prolungata sottoposizione ad una situazione di stress può influire in maniera decisiva sulle capacità del lavoratore di percezione e vigilanza dei rischi e di reazione ai pericoli che dovessero presentarsi nello svolgimento delle proprie mansioni.

In questo contesto, notevole importanza può rivestire il fatto che il lavoratore sia mandato insieme ad un gruppo di colleghi, ovvero da solo e, in questo ultimo caso, la durata del periodo di isolamento.

 

Attenzione:

“Una mancata o erronea valutazione [di tali tipologie di rischio] da parte del datore di lavoro non esclude una concorrente responsabilità di dirigenti e preposti, estesa anche al RSPP, qualora si accerti una carente attività consulenziale a lui imputabile

[R. Nunin, “Rischio geopolitico ed attività di ricerca: alcune osservazioni in materia di valutazione, prevenzione e responsabilità, 2017]

 

4 - La sorveglianza sanitaria

Dato l’ampio bacino di rischi aggiuntivi e peculiari che il datore di lavoro distaccante si troverà a dover valutare prima di distaccare un lavoratore all’estero, appare chiara la fondamentale funzione del Medico Competente, chiamato sia a collaborare alla valutazione dei rischi, sia ad effettuare la sorveglianza sanitaria.

 

V’è, in primis, da chiedersi: il Medico Competente è chiamato ad accertare l’idoneità del lavoratore prima che questi venga distaccato all’estero presso il distaccatario?

 

La risposta è positiva, in quanto l’invio all’estero del lavoratore per un periodo di distacco può essere fatto rientrare nelle ipotesi di “cambio mansione” di cui all’art. 41, c. 2, lett. d), “Sorveglianza sanitaria”, ai sensi del quale “La sorveglianza sanitaria comprende: […] d) visita medica in occasione del cambio mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica”.

 

Ad esito di tale visita, il Medico Competente, in ragione dei rischi individuati in relazione alla mansione, nonché al luogo ove il lavoratore dovrà operare, potrà disporre approfondimenti clinici e diagnostici necessari.

 

E al rientro del lavoratore?

 

In questo caso, si deve ritenere applicabile quanto previsto all’art. 41, c. 2, lett. e-ter), D. Lgs. n. 81/2008, ai sensi del quale “La sorveglianza sanitaria comprende: […] e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore a sessanta giorni continuativi, al fine di verificarne l’idoneità alla mansione”.

 

Difatti, a ben vedere le due ipotesi concernono entrambe un’assenza prolungata dal lavoro – nel caso del distacco, presso il datore di lavoro distaccante – per cui le finalità della visita sembrano del tutto sovrapponibili: assicurarsi che dopo la prolungata assenza, il lavoratore sia nelle condizioni psico-fisiche per poter riprendere la propria mansione – nel caso del distacco, presso il distaccante.

 

Anzi: nel caso di lavoratore che rientri da un periodo di distacco all’estero, la visita al rientro ha altresì lo scopo di accertarsi che egli non possa essere fonte di contagio a sfavore di colleghi che non sono stati, come lui, soggetti a specifiche profilassi alla luce di rischi sanitari eventualmente rilevati nel Paese ospitante.

 

Ma ancora.

 

Come può, il Medico Competente, adempiere all’obbligo di cui all’art. 25, c. 1, lett. l), “Obblighi del medico competente”, ai sensi del quale il medico competente è tenuto a visitare “gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi”?

 

Invero, trattasi di un “problema-non problema”, se solo evidenziamo come lo stesso D. Lgs. n. 81/2008 preveda già al proprio interno modalità di controllo delle condizioni di sicurezza da parte del medico competente alternative rispetto alla presenza fisica sul luogo di lavoro.

 

Valga, a titolo di esempio, quanto previsto dall’art. 104, D. Lgs. n. 81/2008, “Modalità attuative di particolari obblighi”, ai sensi del quale “Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai 200 giorni lavorativi e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria […], la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, è sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l’esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza”.

 

Peraltro, si sta assistendo, di pari passo, com’è ovvio, con lo sviluppo del progresso tecnologico, ad un ricorso sempre più ampio ai sopralluoghi “virtuali”, condotti tramite l’utilizzo di sistemi audiovisivi elettronici [3].

 

Dunque, a meno di particolari esigenze, tale dovere potrà ritenersi adempiuto anche per il tramite di un esame della documentazione rilevante ed un sopralluogo “virtuale” dell’area dove il lavoratore sarà chiamato ad operare.

 

* * *

Conclusioni

Quanto sin qui detto, seppur sommariamente e senza pretese di esaustività, in merito ad alcuni aspetti relativi alla salute e la sicurezza sul lavoro quando si faccia ricorso all’istituto del distacco – all’interno del medesimo Paese, ma, soprattutto, all’estero – postula, è evidente, l’esigenza di una solida struttura aziendale, capace di supportare adeguatamente il datore di lavoro in tutte quelle attività – in primis, la valutazione dei rischi – finalizzate alla tutela del lavoratore distaccato.

 

Proprio al fine di garantire la più efficace e sistematica collaborazione a livello aziendale, non può non richiamarsi – tra gli strumenti più validi a tal fine – la riunione periodica ex art. 35, D. Lgs. n. 81/2008, che, per l’appunto, deve tenersi quando intervengano delle modificazioni suscettibili di aggravare i rischi già individuati / introdurre nuovi rischi per i lavoratori, ovvero ancora a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie, condizioni, queste, che facilmente si verranno a verificare con il distacco (soprattutto all’estero) di un lavoratore.

 

In tale contesto, sarebbe utile che si tenesse una riunione periodica al momento in cui si decida di ricorrere all’istituto del distacco – a fortiori se all’estero – al fine di:

  1. condividere le informazioni riguardanti i rischi cui sarà esposto il lavoratore durante il periodo di svolgimento dell’attività presso il distaccatario;

 

  1. discutere delle e individuare le misure di prevenzione e protezione più idonee ed efficaci al fine di tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore distaccato;

 

  1. programmare e definire le informazioni da comunicare e la più idonea formazione da erogare prima del distacco;

 

  1. stabilire il protocollo di sorveglianza sanitaria.

 

Inoltre, la riunione periodica potrebbe essere l’occasione istituzionalmente più appropriata per comunicare e fornire al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza tutte le informazioni e la documentazione che abbia il diritto di acquisire relativamente alla gestione della sicurezza relativa al distacco e, allo stesso tempo, consentirgli di formulare osservazioni e proposte in merito (ex art. 50, D. Lgs. n. 81/2008).

 

 

- fine della seconda e ultima parte -

 

 

 

Link alla prima parte del contributo dell’avv. Carolina Valentino

 

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30

 



[1] Art. 8, Regolamento:

par. 2: “Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo”.

par. 3: “Qualora la legge applicabile non possa essere determinata a norma del paragrafo 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore”.

par. 4: “Se dall’insieme delle circostanze risulta che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 2 o 3, si applica la legge di tale diverso paese”.

[2] Cfr. “Salute e sicurezza del lavoro all’estero: valutazione del rischio”, Puntosicuro, R. Dubini, 2015.

[3] Vedasi, inter alia, Decreto ministeriale Affari Esteri n. 51/2012.



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Rispondi Autore: Natalia Dionisio - likes: 0
22/04/2024 (14:34:57)
un lavoratore distaccato transnazionale (distaccato dalla Spagna all'Italia), può far valere la formazione generale e specifica ex TUSSL fatta nel paese Distaccante? Sono quindi validi gli attestati spagnolo in italia?

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