Consigli pratici per gestire lo stress nelle piccole imprese
Roma, 12 Set – Nelle micro e piccole aziende a volte i rischi psicosociali sono sottovalutati e si tende ad attribuire “maggiore importanza ai conflitti interpersonali piuttosto che a problemi legati all’organizzazione del lavoro”. E nelle piccole aziende è generalmente il datore di lavoro che “crea l’ambiente di lavoro”, e il suo atteggiamento può rendere più difficile “discutere di stress lavoro correlato”. Senza dimenticare le difficoltà “nell’accesso alla formazione e all’informazione” in queste tipologie di aziende.
A parlare in questi termini del rischio stress lavoro correlato e dei rischi specifici delle micro e piccole imprese, è un documento prodotto in relazione al Progetto REST@Work - Reducing stress at work, un progetto portato avanti dall’Unione Italiana del Lavoro ( UIL) che vede una interessante “alleanza strategica” tra le parti interessate (datori di lavoro e loro associazioni, rappresentanti dei lavoratori, lavoratori e loro organizzazioni sindacali). Il progetto, finanziato dall’Unione Europea, è finalizzato a condurre “un’indagine quantitativa e qualitativa sulle misure, le disposizioni e le politiche attuate in merito allo Stress Lavoro-Correlato”.
In un precedente articolo abbiamo già presentato il documento “REST@Work - REducing STress at Work. TOOLKIT - Valutazione e gestione dello stress nelle PMI”, una pubblicazione a cura di Christian Nardella (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli e Paola Mencarelli (UIL), soffermandoci in particolare sulle difficoltà manifestate dalle imprese e sulle specificità di micro e piccole imprese.
Tuttavia, per migliorare la gestione dello stress negli Stati membri, il documento riporta anche alcuni consigli pratici per la gestione dello stress nelle micro e piccole imprese.
Si indica che un approccio efficace alle Pmi implica “una reale presa in considerazione delle loro specificità quando si lancia un messaggio di prevenzione, ed un messaggio efficace implica l’impostazione di un rapporto interpersonale forte, nel cui ambito si realizzeranno gli scambi necessari a creare un clima di fiducia. Ovvero: ‘Fare prevenzione con’, questo è il principio perché si attivi quella condivisione sui temi della prevenzione nel territorio - tra imprenditori e loro Associazioni, lavoratori/loro rappresentanti e Organizzazioni sindacali - che può promuovere la crescita di una comunità responsabilizzata e consapevole in cui i singoli imprenditori possano ritrovare una condizione motivante al ‘cambiamento di atteggiamento’, una sorta di ‘impegno pubblico’ che va ben al di là degli obblighi e delle disposizioni di legge e del timore delle relative sanzioni”.
E riguardo alle argomentazioni, “si dovrà insistere sugli elementi positivi, quali la possibilità di ridurre le assenze per malattia, le prospettive di miglioramento d’immagine dell’azienda ed il benessere dei lavoratori. È invece necessario trattare con accortezza gli argomenti negativi, ed in particolare quelli che insistono sui costi degli infortuni sul lavoro (una PMI può benissimo esserne colpita, ma, di media, essa ha un infortunio ogni quattordici anni, quindi non può ragionare sull’esperienza)”.
Inoltre “bisogna proporre servizi di supporto che seguano nel tempo l’azienda, servizi personalizzati, che tengano conto delle specificità dell’azienda e del suo responsabile. Ovvero: il ‘coinvolgimento preliminare delle aziende in una fase di informazione e assistenza’ è l’elemento che permette di attuare una gradualità dell’intervento, ‘scaglionando le azioni’”.
In particolare “gli incontri di approfondimento o di formazione in cui le aziende vengono preventivamente coinvolte rappresentano situazioni del tipo ‘Inserimento in un gruppo di pari’ poiché, quelli che si assomigliano sono più propensi a modificare il loro punto di vista rispetto a una questione, riprenderanno in considerazione il loro modo di pensare e faranno un’analisi dei loro pregressi comportamenti spontanei.
Ovvero: ‘Cura nel tempo e affiancamento costante delle aziende’, questa modalità rappresenta una delle più efficaci strategie di supporto”.
In definitiva per migliorare la “cultura della sicurezza” aziendale/dell’imprenditore e “modificare i comportamenti di tutti i soggetti, che costituiscono questa unità economica e di vita, le azioni intraprese vanno distribuite nel tempo, organizzandosi adeguatamente per assicurare la continuità del rapporto”. Infatti “considerando come i cambiamenti comportamentali hanno bisogno di rinforzi e condivisione, dal momento che si tratta di stabilire dei cambiamenti duraturi nell’azienda, difficilmente si può sperare di ottenere dei risultati con un intervento estemporaneo. L’azione deve idealmente iscriversi in una strategia e nella continuità nel tempo. Il contatto va mantenuto in un modo o nell’altro. Il messaggio andrà ripetuto sotto altre forme, oppure verrà ripetuto con comunicazioni gradualmente arricchite di contenuti”.
Il documento riporta anche un “Questionario Check-list Stress lavoro-correlato (CSL)” con domande relative agli aspetti positivi e negativi del lavoro in tre ambiti:
- Cultura organizzativa. Queste, a livello esemplificativo, alcune domande: il lavoro assegnato dà soddisfazione? Si è coinvolti quando c’è da prendere decisioni? Si è coinvolti nei cambiamenti che riguardano l’attività lavorativa? Si viene apprezzati quando si svolge un buon lavoro?
- Carico di lavoro. Riprendiamo anche in questo caso alcune domande: si avverte una sensazione costante di pressione per fare di più? Si devono svolgere compiti diversi dalla propria competenza? Viene assegnato troppo lavoro da fare in poco tempo?
- Qualità delle relazioni e sostegno. Le domande: il rapporto con il superiore è “buono”? Il rapporto con i colleghi è “buono”? Si può contare sul sostegno del diretto superiore? Si può contare sul sostegno dei colleghi?
Si indica che una volta che l’analisi dei questionari è stata effettuata è “utile promuovere un gruppo di discussione per assicurare che i risultati rispecchino la realtà aziendale; inoltre, questo gruppo può essere molto utile nel generare soluzioni e idee per gli interventi”.
E il documento riporta alcuni suggerimenti, dei possibili interventi per le tre principali dimensioni della Check-list.
Dimensione 1 - Cultura organizzativa:
a. “Semplici misure, come dire ‘grazie’ al momento opportuno;
b. Formare manager nel dare feedback positivi;
c. Identificare se c’è troppa varietà di compiti o varietà insufficiente;
d. Prendere in considerazione la crescita orizzontale (ad esempio nuove competenze, più autonomia, la diversificazione) in un lavoro se la crescita verticale (livello successivo nella gerarchia organizzativa) non è possibile;
e. Fornire le informazioni opportune per la comprensione delle motivazioni all’origine dei cambiamenti;
f. Garanzia di un supporto adeguato al lavoratore durante la fase di cambiamento per sviluppare in lui la consapevolezza del suo impatto sull’attività lavorativa;
g. Offrire informazioni adeguate per consentire ai lavoratori di comprendere il proprio ruolo e le proprie responsabilità;
h. Assicurarsi che ognuno abbia una chiara descrizione del proprio lavoro / la responsabilità che venga riesaminata regolarmente e aggiornata”.
Dimensione 2- Carico di lavoro:
a. “Fornire formazione/informazione per la sensibilizzazione sullo stress dei dipendenti;
b. Consentire una certa flessibilità nel bilanciamento vita privata/lavoro;
c. Sottocarico e sovraccarico di lavoro (lavoro poco sfidante o risorse insufficienti di tempo, personale o attrezzature);
d. Verificare se le scadenze sono fissate dai clienti interni o esterni e quanto gli obiettivi siano irrealistici;
e. Ricercare un modo più intelligente (e non maggiore) di lavorare;
f. Assicurarsi che i dipendenti sappiano con chiarezza le priorità (per gli individui e per il reparto);
g. Incoraggiare i dipendenti a essere onesti circa la fattibilità di scadenze;
h. Intervenire precocemente (almeno entro 4-6 settimane) per ridurre le assenze a lungo termine”.
Dimensione 3 - Qualità delle relazioni e sostegno:
a. “Formare manager per fornire ai lavoratori un feedback puntuale e costruttivo;
b. Organizzare incontri settimanali regolari tra manager e dipendenti per discutere questioni pratiche/operative;
c. Mettere il lavoratore nella condizione di poter condividere le informazioni relative al proprio lavoro;
d. Consultare i dipendenti circa il modo migliore per comunicare i piani per la gestione delle attività;
e. Dedicare più tempo a festeggiare il successo (pranzi informali, ritrovi fuori ufficio, così come più inserimento formale nelle newsletter / comunicazioni a livello aziendale);
f. Istituire sistemi (o migliorare quelli esistenti) che favoriscano la segnalazione, da parte dei lavoratori, di insorgenza di comportamenti inaccettabili;
g. Selezionare le squadre che uniscono competenza ed esperienza con buone relazioni interpersonali;
h. Realizzazione di politiche scritte per molestie / bullismo con comunicazione ai dipendenti;
i. Incoraggiare i dipendenti a riconoscere i singoli contributi degli altri e dei benefici per tutta la squadra;
j. Disporre job rotation (ove possibile) per consentire ai dipendenti di comprendere al meglio i ruoli reciproci”.
Concludiamo rimandando ad una lettura integrale del documento e sottolineando non solo che i suggerimenti non sono esclusivi (“un intervento per una categoria può anche essere rilevante in un’altra categoria”), ma che, come ricordato dagli autori, un aspetto centrale è il “grado di coinvolgimento, infatti dai risultati dell’analisi il conseguente piano d’azione deve essere concordato con il datore di lavoro e con i rappresentanti dei lavoratori e poi promosso tra i dipendenti”.
“ REST@Work - REducing STress at Work. TOOLKIT - Valutazione e gestione dello stress nelle PMI”, a cura di Christian Nardella (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli e Paola Mencarelli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work - REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL (formato PDF, 980 kB).
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Tiziano Menduto
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