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Le elezioni europee del giugno scorso, complici le vacanze estive, sono già finite nel dimenticatoio.
A suonare la sveglia ci ha pensato Mario Draghi, con il suo report sullo stato dell’Ue, e il suo allarme circa la crisi che l’Unione sta vivendo e la conseguente necessità di porvi urgentemente rimedio.
A distanza di tre mesi arriva anche, grazie a Openpolis, la fotografia del nuovo Parlamento, con un focus particolare sulla presenza di giovani e donne.
Diciamo subito che, vista da questa lente, l’assemblea di Strasburgo non si presenta al meglio.
In media l’età anagrafica degli eletti è di 50 anni: bene, ma non benissimo. Leggermente più alta, 52 anni, la media degli eletti italiani.
Decisamente peggio la composizione per quanto riguarda il genere. Tra gli europarlamentari eletti a giugno le donne sono il 38,53%, un dato di per sé già piuttosto deprimente ma oltretutto in diminuzione, sia pur lieve, rispetto alla tornata precedente quando la percentuale era del 39,86%.
C’è da dire che tra le rappresentanze nazionali c’è molta disparità: si va infatti dalla Svezia, dove le donne elette sono il 61,9%, a Cipro, dove sono stati eletti solo uomini (sei su sei).
E l’Italia come si posiziona? Con il 32,89% conquista un poco onorevole diciottesimo posto, ben lontana non solo dalla già citata Svezia, seguita da Finlandia (60%), Francia (50,62%), Spagna (50%) e Paesi Bassi (48,39%), ma anche da Paesi come l’Ungheria (47,62%), la Slovacchia (46,67%), l’Irlanda (42,86%) e la Croazia (41,67%).
Complessivamente il gruppo che esprime un numero maggiore di eurodeputate è quello dei Verdi (27 su 53), al secondo posto La Sinistra (21 su 46) e al terzo Renew (34 su 77). Il Ppe, che pure è rappresentato da due donne nelle massime cariche (Ursula von der Leyen e Roberta Metsola), occupa il posto più basso con 34 eurodeputate su 84.
Lunga appare ancora la strada verso la parità di genere in Europa.
E lo si è visto anche di recente in occasione delle nomine per il rinnovo della Commissione europea. Nonostante la Presidente avesse esplicitamente richiesto che venissero proposti due nomi, uno di genere maschile e uno di genere femminile, la maggior parte dei Paesi Ue ha disatteso il suo invito comunicando un solo nominativo, nella maggior parte dei casi di genere maschile.
Solo quattro – Spagna, Svezia, Finlandia e Croazia – hanno presentato una candidatura femminile, mentre la Bulgaria ha presentato due nomi in rappresentanza di entrambi i generi.
Il mancato rispetto del suo richiamo ha mandato su tutte le furie von der Leyen, che si è vista costretta a sollecitare nuovamente gli Stati membri per un maggiore impegno a questo riguardo.
All’ulteriore sollecitazione hanno risposto positivamente Romania, Belgio e Portogallo, inviando candidature femminili. La Slovenia, dopo aver inizialmente risposto che non avrebbe rinunciato alla candidatura di Tomaz Vesel, ha successivamente cambiato la propria posizione a favore di una donna.
Ursula von der Leyen, che ha sottolineato come il criterio che la guiderà nelle nomine sarà quello della competenza, ha anche denunciato come senza il suo impegno la prossima Commissione sarebbe stata dominata da componenti di genere maschile.
“Per tutta la mia vita politica mi sono battuta affinché le donne avessero accesso a posizioni decisionali e di comando”, ha dichiarato. “In base alla mia esperienza posso dire che non è qualcosa che viene naturale, se non si chiede non si ottiene”.
Fonte: futuranetwork
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