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Interpello: è possibile adattare la formazione ai rischi effettivi?

Interpello: è possibile adattare la formazione ai rischi effettivi?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Interpelli

11/11/2013

La Commissione per gli interpelli risponde sulla possibilità di prescindere dal settore Ateco e tarare il percorso formativo di un lavoratore sulla effettiva condizione di rischio che si rileva a valle del processo di valutazione.

 
Roma, 11 Nov – Come aveva ricordato Adriano Paolo Bacchetta ai nostri microfoni, una delle future sfide del legislatore è quella di scalare le attività necessarie alla gestione della sicurezza in funzione dell’effettivo rischio dei lavoratori.
Una sfida che si ricollega alle misure di semplificazione del quadro amministrativo e normativo che, con il Decreto del Fare-Legge n. 98/2013, hanno modificato in più punti il D.Lgs. 81/2008. Ad esempio in relazione alla futura individuazione dei settori di attività a basso rischio infortunistico - demandata a un decreto - sulla base di criteri e parametri desunti dagli indici infortunistici di settore dell’Inail.
 
Ma è possibile anche tarare il percorso formativo dei lavoratori sui loro rischi specifici? Lo permettono gli Accordi Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81?
 
È questo il senso del quesito della Federazione Italiana Servizi Pubblici Igiene Ambientale ( Federambiente) che ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione per gli interpelli - prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro. 
 
Commissione che ha risposto in data 24 ottobre 2013 con l’Interpello n. 11/2013sull’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.
 

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Presentiamo innanzitutto il quesito.
 
In particolare Federambiente chiede di conoscere “se la durata ed i contenuti della formazione dei lavoratori possa prescindere dall'appartenenza ad uno specifico settore Ateco e possa essere tarata sulla effettiva condizione di rischio che si rileva, per ciascuna attività lavorativa, a valle del processo di valutazione”.
 
Per rispondere la Commissione riporta quanto previsto dagli Accordi del 21 dicembre 2011.
 
Si ricorda che l' Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 “disciplina la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione. nonché l'aggiornamento dei lavoratori, ai sensi dell'art. 37, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008. La suddetta formazione, come esplicitato nella premessa dell'accordo in parola, da erogare al lavoratore e, per quanto facoltativa nell'articolazione, ai dirigenti e ai preposti, costituisce un percorso minimo da organizzare ed integrare sulla base delle risultanze della valutazione dei rischi”.
 
Successivamente l' Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012, relativo alle linee guida applicative ed integrative dell'accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011, “chiarisce che la classificazione dei lavoratori, può essere fatta anche tenendo conto delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento quanto nella valutazione dei rischi”.
 
Tutto ciò premesso la Commissione fornisce le seguenti indicazioni.
 
Innanzitutto si ribadisce che l'articolo 37, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, prevede che il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai [...] rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
 
E dunque, “alla luce delle vigenti disposizioni normative ed in particolare sulla base di quanto indicato negli accordi Stato-Regioni citati”, la formazione - che deve essere sufficiente ed adeguata – “va riferita all'effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi; pertanto la durata del corso può prescindere dal codice Ateco di appartenenza dell'azienda”.
 
 
 
 
 
 
RTM
 


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Rispondi Autore: Ernesto Cavassa - likes: 0
11/11/2013 (09:29:24)
Questo è un bel passo avanti, peccato che non esiste una definizione oggettiva di rischio "basso", "medio" e "alto" e quindi il DL si trova nella condizione di "poter" valutare lui quale percorso formativo devono intrapendere i propri collobatoratori. Scelta che potrà essere messa in discussione dgli enti di controllo. Quindi, onde evitare successive contestazioni, si rischia di affidarci sempre e comunqe ai codici ATECO.
Colgo l'occasione per segnalare anche l'interpello n. 15/2013, realtivo alle cosi dette "sigarette elettroniche", dove se il DL non vieta l'uso delle stesse deve effettuare apposita valutazione del rischio. Valutazione fondata su quali elementi, quando sull'argomento i pareri scientifici sono discordanti.
Rispondi Autore: Pippo - likes: 0
12/02/2018 (22:17:33)
Devi distinguere fra rischio derivante da DVR e rischio legato all'attività in quanto soggetta ai controlli dei VVF.
A, B o C.
I codici ATECO sono validi ma gli interpelli hanno chiarito che può prevalere la valutazione dei rischi. In pratica posso avere un codice ATECO rischio medio ma dalla valutazione dei rischi emerge un'attività a rischio basso. De gustibus... ;)

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