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Il Sistema della Prevenzione: tutto da rifare?

Il Sistema della Prevenzione: tutto da rifare?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

28/04/2015

Come rendere più semplice il compito di tutti gli operatori della prevenzione? A cura di Ernesto Ramistella e Cristiano Mirisola, AProMeL – SIMLII.

 
 
L’insieme degli operatori che si occupano di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali rappresenta molto più di uno specifico settore specialistico, poiché questa attività riguarda larga parte di quel sessanta per cento della popolazione generale che è, al contempo, anche popolazione lavorativa. Operando al confine tra mondo del lavoro e mondo della salute, tali professionisti si trovano in una posizione privilegiata per osservare la complessa macchina di un paese industrializzato in piena attività.
Si tratta di un insieme di funzioni che, opportunamente orientate, potrebbe concorrere non solo a migliorare le condizioni di salute della popolazione ma anche a non ostacolare l’ordinato funzionamento del mercato del lavoro ed a favorire le più adeguate condizioni per un corretto impiego dei lavoratori.


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Una volta tanto, non si tratta qui di introdurre ulteriori argomenti atti a giustificare nuovi tagli di risorse: per queste attività l’impegno economico è già ragguardevole e, anche se è non ancora poco il da farsi, negli ultimi anni una maggiore salubrità dei luoghi di lavoro è stata effettivamente raggiunta. Ma, proprio per questo, saranno difficili da ottenere ulteriori miglioramenti, in quanto sempre più ristretto e più verso il limite superiore è l’ambito di intervento.
 
E' ben noto che la complessa normativa che regola il settore è al tempo stesso ridondante e frammentata; tanto ipertrofica, minuziosa e capillare da non poter essere (quasi) materialmente rispettabile. Tutti gli operatori della prevenzione occupazionale sperimentano quotidianamente la frustrazione di non poter indicare quale sia il livello oltre il quale lavoratori e datori di lavoro possano avere la certezza che gli adempimenti siano stati totalmente soddisfatti.
 
Per meccanismo riflesso si invoca, da qualche tempo (come in altri ambiti e settori) la ricerca della semplificazione. In realtà, da più parti lo si è correttamente affermato, il sistema della prevenzione occupazionale del nostro Paese necessita in primo luogo di un intervento di razionalizzazione e solo al termine di questo processo potrà procedersi a una incisiva semplificazione. Nel caso opposto il rischio che si corre è, per così dire, di girare un po’ a vuoto: di non mantenere né aumentare l'attuale livello di tutela e di non rendere meno aleatorio l’esercizio d’impresa (in questo specifico ambito), di non migliorare, insomma, l’efficienza sociale del sistema. A legislazione invariata, comunque, sarebbe già un notevole passo avanti la messa a regime del Sistema Informativo Nazionale della Prevenzione, che consentirebbe di sviluppare finalmente una Strategia Nazionale degna di questo nome.
 
Non più obbligare e punire. Questa è la riforma che si dovrebbe finalmente auspicare, quella che devolve il controllo del sistema ai veri portatori di interesse, cioè lavoratori e imprese. Quella dove lo Stato si attesta a svolgere funzioni di indirizzo (approntando snelle leggi-quadro che stabiliscano pochi obiettivi generali) e funzioni di legittimazione (recependo dal mondo degli operatori scientifico-professionali validate linee guida e corrette buone prassi, utili a raggiungere gli obiettivi normativi). Solo allora si potrà invocare una reale semplificazione: poche norme omogeneamente interpretabili per pochi obiettivi realmente esigibili, nessun controllo formale in itinere e poche sanzioni molto severe per l’inadempimento sostanziale.
 
Se ciò fosse realizzato, il compito di tutti gli operatori della prevenzione diverrebbe più semplice ed evidente: far dialogare le nostre competenze; renderci interlocutori vieppiù affidabili e leali delle istituzioni, dei lavoratori, delle imprese; soprattutto adoperarci per un innalzamento della sensibilità e della consapevolezza culturale complessiva di tutto il sistema ed, ambiziosamente, del Paese.
 
Ernesto Ramistella
Cristiano Mirisola
AProMeL - SIMLII

 



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Rispondi Autore: GIANNI BONIZZI - likes: 0
28/04/2015 (08:09:23)
Per rendere più semplice il compito degli
operatori basterebbe rispettare le regole
( dopo 60 anni - solo dopoguerra - )
però purtroppo bisognerebbe cambiare mentalità
e sistema economico,tra l'altro ora in crisi
(Troppe micro, troppa concorrenza, troppo sbaraglio,troppo menefreghismo,ecc.ecc.). Quindi non è il sistema della prevenzione da rifare ma il contesto in cui vive.-
Rispondi Autore: Massimo Peca - likes: 0
28/04/2015 (10:45:17)
Sono d'accordo sulla necessita' di razionalizzare e poi semplificare. Iniziamo a ridurre ad uno solo l'organo che controlla e promuove.
Non credo nell'autoregolazione demandata a interssi contrapposti: imprese e lavoratori.
Viviamo ancora in una società, italiana in particoalre, in cui è necessario un garante(lo Stato) per il rispetto delle regole che rendono possibile la civile convivenza. Le altre tesi andrebebro spiegate ai familiari delle vittime degli infortuni e delle malattie professionali.
Rispondi Autore: fabio mapelli - likes: 0
28/04/2015 (14:14:09)
Il sistema prevenzione, fa parte del contesto.
Caro Peca, il sistema attuale che mi sembra tu condivida basta che sia unico e in mano allo stato, è solo e soltanto meramente punitivo, ovvero Prevenzione secondaria, e quando ormai l'infortunio è arrivato, prevenzione terziaria.
Quello che gli estensori dell'articolo, si auspicano, credo d'aver capito, è che lo stato faccia prevenzione PRIMARIA, ovvero come nella salute. cioè lo stato informa, ad esempio la verdura e la frutta aiutano a prevenire i tumori e le malattie cardiovascolari etc.
Nel caso dell sicurezza sul lavoro, lo stato ha anche la possibilità di fare repressione, ma solo e soltanto dopo avere educato datori di lavoro e lavoratori, ovvero aiutarli a cambiare la mentalità "italiana". E' questa la grande innovazione, che in altri paesi europei è già in atto da anni, forse secoli. Senza questo saremmo ancora all'eta della pietra. CAMBIAMENTO.
Ad esempio guardate il calcio.
In inghilterra prima era come da noi, negli stadi violenza scontri con le forze dell'ordine etc.
Ora allo stadio in inghilterra c'è una paratia da 1/2 metro e possono andare anche i bambini. CAMBIAMENTO, solo la REPRESSIONE NON SERVE, vogliamo capirlo.....
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
28/04/2015 (17:09:00)
Ma in Inghilterra, nel calcio, ci sono arrivati con la repressione, mica con i "consigli" e le "assemblee" !!
Il sistema della sicurezza non funziona bene in Italia semplicemente perché i funzionari che controllano guardano solo e soltanto gli aspetti documentali.
Dovrebbero guardarsi intorno e colpire chi lavora a rischio: basta girare per le strade e dare uno sguardo !!!.
Non serve cambiare le leggi o farne altre: basta applicarle con giudizio.
Non come fanno i Comuni con la sicurezza stradale: solo multe per fare cassa !!
Rispondi Autore: Fabio Mapelli - likes: 0
29/04/2015 (14:03:24)
Quello che stai dicendo Roncelli, è di puntare solo e soltanto sulla prevenzione secondaria. Ci vuole, in ogni società serve. Quello che sto dicendo, è che solamente una prevenzione di repressione, è un po come al tempo del fascismo o comunismo. Polizia repressiva. Questo non porta ad una cultura della sicurezza.Come ben sappiamo ogni forma di violenza genera violenza, questa è l'ultima spiaggia, vuole dire che come al solito SIAMO IN EMERGENZA". Non lamentiamoci poi che l'Italia vive sempre in emergenza, forse fa parte proprio della ns mentalità non riusciamo a fare progetti per un futuro e pianificare. Investiamo sulla prevenzione primaria, facciamo crescere la cultura della sicurezza.
Perchè al Nord tutti o quasi sono in giro col casco e al sud pochi sono in giro col casco. Non è questione solo di Multe ma di cultura della sicurezza.
un saluto a tutti
PS vai sul sito www tuttiallostadio it
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
30/04/2015 (09:46:03)
Ma la "prevenzione primaria" dovrebbero farla proprio gli enti di controllo (cioè in sostanza lo stato), che invece preferiscono "monetizzare".
Non siamo noi che dobbiamo cambiare mentalità, bensì questi enti.
E, come ho già detto, non servono nuove leggi: è sufficiente utilizzare quelle esistenti, ma questo, per i burocrati, vuol dire assumersi "responsabilità" per decisioni che non volgiono prendere.
Molto meglio applicare sanzioni esattamente codificate, così certamente non si sbaglia.

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