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Sulla responsabilità del dirigente in materia di sicurezza

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Dirigenti

05/12/2011

Fra le figure intermedie nell’ambito di un’azienda, il legislatore ha previsto quella del dirigente chiamato a rispondere, sia pure a un livello inferiore rispetto al datore di lavoro, dell’attuazione delle misure di sicurezza sul lavoro. Di G.Porreca.

 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
Bari, 5 Dic - Le norme antinfortunistiche prevedono nella organizzazione di una azienda la figura del datore di lavoro e di altre figure intermedie quali il dirigente ed il preposto i quali nell’ambito dei poteri gestionali di cui concretamente dispongono e nella loro sfera di competenza possono essere chiamati a rispondere del controllo della applicazione delle disposizioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. La figura intermedia la cui posizione è stata sottoposta  all’esame della suprema Corte  in questa sentenza è il dirigente di un albergo nel quale si è verificato un incendio  per non aver controllato l’attuazione del piano di emergenza che se messo in atto poteva impedire le conseguenze letali di alcuni ospiti dell’albergo stesso.
 

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Il caso e le imputazioni
Il Tribunale, a seguito di un giudizio abbreviato, ha individuata la responsabilità dell’amministratore  e legale rappresentante di una società proprietaria di un albergo presso il quale è avvenuto un incendio, di un amministratore di fatto della stessa società e del direttore dell’albergo nonché capo della squadra di emergenza aziendale, tutti imputati in ordine ai reati di incendio colposo e di omicidio colposo plurimo e li ha condannati alla pena di due anni di reclusione con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, sentenza poi confermata dalla Corte di Appello.
 
Era accaduto che nel corso di una notte due giovani donne ospiti dell'albergo inavvertitamente svuotavano nel cestino dei rifiuti un portacenere con alcuni mozziconi accesi, generando fiamme che innescarono l'incendio dell'edificio. Mentre la maggior parte degli ospiti riuscirono a salvarsi attraverso le uscite di sicurezza, un uomo perse la vita nel tentativo di calarsi a terra dal balcone della sua stanza facendo uso di lenzuola annodate; ed altre due persone vennero meno all'interno del bagno nel quale si erano rifugiate. Il fuoco sviluppatosi dalla stanza delle ragazze era stato alimentato dall'apertura delle porte delle stanze e dalle correnti d'aria; e sia era propagato in modo diffusivo ed aveva altresì dato luogo alla propagazione di fumo attraverso i cavedi destinati al passaggio dell'impiantistica.
 
Il ricorso alla Corte di Cassazione
Tutti gli imputati hanno fatto ricorso in Cassazione adducendo varie motivazioni. Il legale rappresentante ed amministratore della società,  alla quale veniva mosso l'addebito di non aver svolto opera di vigilanza sul rispetto e l'attuazione concreta delle misure previste nel piano di emergenza, compresa l'organizzazione del personale inserito nella stessa squadra e di aver consentito che in orario notturno la vigilanza fosse espletata da due dipendenti non facenti parte della squadra di emergenza, a sua discolpa ha sostenuto di non essere imputabile giacché non aveva assunto su di sé l'obbligo di sovrintendere e coordinare l'impiego del personale addetto all’emergenza gravando tale obbligo interamente sul direttore dell'albergo coordinatore della squadra stessa. D'altra parte, lo stesso ha sostenuto, non è concepibile che potesse essere gravato di un controllo giornaliero delle turnazioni del personale, adempimento non afferente alla veste di legale rappresentante della società tanto più in una struttura complessa come quella in esame.
 
Il direttore dell’albergo, da parte sua, precisando che spettava al datore di lavoro ogni onere in merito alla valutazione dei rischi ed alla individuazione delle misure di prevenzione e protezione, ha sostenuto che nella sua veste di capo squadra antincendio, era solo deputato a coordinare gli addetti alla lotta antincendio in caso di emergenza ma esclusivamente durante i suoi turni di lavoro e poiché al momento dell’accaduto non era in servizio non gli si poteva di conseguenza muovere alcun addebito ed ancora che eventuali carenze organizzative andavano imputate al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, destinatario delle deleghe in materia di sicurezza ed al quale non era stato fatto invece alcun riferimento e non ad un addetto alla gestione delle emergenze, anche se con compiti di caposquadra. Il direttore stesso ha fatto altresì osservare che il comportamento sia del portiere che quello del facchino presenti in albergo al momento dell’incendio  non è stato conforme a quanto previsto dal piano di emergenza, come evidenziato dai consulenti della difesa e che una notevole rilevanza nel determinismo dell'evento ha avuto il ritardo dell'intervento dei vigili del fuoco.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’amministratore di fatto della società proprietaria dell’albergo mentre ha rigettato quello del rappresentante legale della società medesima e del direttore della struttura alberghiera.
 
La Sez. IV ha fatto osservare che l’incendio è stato indiscutibilmente determinato dal comportamento gravemente imprudente delle due giovani cittadine statunitensi ospiti dell’albergo in quanto incongruamente svuotarono il portacenere nel cestino portarifiuti e che era stato redatto un piano di emergenza sottoscritto dall'amministratore unico e legale rappresentante B. nonché dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione in attuazione di quanto previsto dalla normativa ministeriale in ordine alla sicurezza antincendio delle strutture ricettive, piano che prevedeva la costituzione di una squadra di emergenza antincendio composta da 24 persone munite di apposito patentino, rilasciato dopo la frequentazione di corso di addestramento antincendio il cui caposquadra era il direttore dell'albergo. La suprema Corte ha messo altresì in evidenza che la notte in cui accaddero i fatti non era però in servizio alcuno dei componenti della squadra di emergenza, bensì solo il portiere ed un facchino e che dunque il piano era stato sostanzialmente disatteso, che sia il portiere che il facchino erano però privi delle cognizioni e dell'addestramento posseduti dai componenti della squadra di emergenza e che ancora la presenza di personale qualificato avrebbe certamente consentito di utilizzare tempestivamente gli strumenti in dotazione dell'albergo cioè gli idranti e gli estintori, tanto più che l'albergo era conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla legge. In altri termini, ha proseguito la Corte, vi erano tutte le condizioni per neutralizzare l'avvio delle fiamme impedendo così che il fuoco si sviluppasse e coinvolgesse l'intero edificio.
 
Quanto alla posizione del direttore dell’albergo  la Corte di Cassazione, così come aveva fatto la Corte territoriale, ha sostenuto che lo stesso, nella duplice veste di direttore dell'hotel e di responsabile del coordinamento della squadra di emergenza, avrebbe dovuto assicurare la vigilanza antincendi nell'arco dell'intera giornata mediante la predisposizione dei relativi turni diurni e notturni e che quindi gravava in sostanza sullo stesso un obbligo di garanzia volto ad affrontare il prevedibile verificarsi di situazioni di pericolo. “Il direttore di una struttura ricettiva”, ha rimarcato la suprema Corte, “è tenuto a garantire l'incolumità fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell'attività di vigilanza rispettando così oltre alle regole legali anche quelle imposte dalla comune prudenza”. Con riferimento poi all’osservazione fatta dal direttore secondo la quale lo stesso non era destinatario di una posizione di garanzia in qualità di dirigente della struttura alberghiera la Sez. IV ha tenuto a precisare che “il sistema prevenzionistico nell'ambito della sicurezza del lavoro, si fonda da sempre su tre figure cardine: il datore di lavoro, il dirigente, il preposto. Tali figure incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità e sono tenute ad adottare, nell'ambito dei rispettivi ruoli, le iniziative necessarie ai fini dell'attuazione delle misure di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che esse siano costantemente applicate”. “In particolare”, ha proseguito la Corte di Cassazione, “già ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, e del D.lgs. n. 626 del 1994, articolo 1, comma 4 bis, ed infine nell'ambito del Testo unico sulla sicurezza, il datore di lavoro è colui che esercita l'attività, ha la responsabilità della gestione aziendale e pieni poteri decisionali e di spesa. In connessione con tale ruolo di vertice, l'ordinamento prevede numerosi obblighi specifici penalmente sanzionati. Tali norme individuano altresì un livello di responsabilità intermedio, incarnato dalla figura del dirigente, che dirige appunto, ad un qualche livello, l'attività lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali; ma ha poteri posti ad un livello inferiore. Il terzo livello di responsabilità riguarda la figura del preposto, che sovrintende alle attività (per ripetere il lessico del predetto Decreto del Presidente della Repubblica n. 547, articolo 4) e che quindi svolge funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente svolte”.
 
Il dirigente, dunque”, ha quindi concluso la Sez. IV, “ai sensi della normativa richiamata, nell'ambito del suo elevato ruolo nell'organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell'attuazione degli adempimenti che da ultimo l'articolo 4, comma 5, dello stesso Decreto n. 626 demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente”. Ed è in conseguenza del detto ruolo dirigenziale che il direttore dell’albergo avrebbe dovuto senza dubbio attuare il piano antincendio, assicurando la costante presenza nella struttura di personale qualificato, in grado di far fronte all'emergenza per cui tale omissione ha determinata la responsabilità colposa individuata dal giudice di merito.
 
Per quanto riguarda la posizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione chiamato in causa dalla difesa la suprema Corte ha tenuto a precisare in merito in questa circostanza che si è equivocato fra tale figura e quella del responsabile per la sicurezza, che è il soggetto cui il datore di lavoro può delegare incombenze demandategli dal sistema normativo. “Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione”, ha concluso, “non ha un ruolo operativo che possa fondare una autonoma posizione di garanzia. Il servizio di prevenzione e protezione, deve essere composto da persone munite di specifiche capacità e requisiti professionali, adeguati ai bisogni dell'organizzazione; ed ha importanti compiti, previsti dall'articolo 33 del Testo Unico sulla sicurezza (ma già delineati nella precedente normativa), che consistono nella individuazione e valutazione dei rischi, nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28. Tale figura ha quindi importanti funzioni di supporto informativo, valutativo e programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un'autonoma sfera di responsabilità” per cui non si può riversare impropriamente sullo stesso responsabilità istituzionali che fanno capo ad altri soggetti.
 
 
 


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