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Sulla responsabilità del datore di lavoro anche nei confronti di terzi

Sulla responsabilità del datore di lavoro anche nei confronti di terzi
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

24/03/2014

Il datore di lavoro nel caso che ometta di segnalare una situazione di pericolo in azienda è responsabile anche nei confronti di terzi: le norme antinfortunistiche sono poste a tutela di chiunque si trovi nel luogo di lavoro. A cura di G. Porreca.

 
Il commento
 
Nel confermare in questa sentenza la responsabilità di un datore di lavoro nel caso che lo stesso non abbia provveduto a disporre la segnaletica di sicurezza nell’ambito della propria azienda, essendo stato vittima di tale omissione un soggetto esterno alla organizzazione dell’azienda stessa, la Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire quando già dalla stessa Corte affermato in precedenti espressioni citando esplicitamente la  sentenza n. 23147 del 17/4/2012, secondo la quale, in tema  di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa ragione per cui, ove in tali luoghi si verifichino a danno di terzi i reati di lesioni o di omicidio colposi legati a violazioni delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è sufficiente che sussista tra la violazione stessa e l'evento dannoso un legame causale e ciò sempre che la presenza del soggetto estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e sempre che la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi.

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Il fatto e il ricorso in Cassazione
 
Il Tribunale ha condannato l’amministratore unico di una azienda alla pena di 6.000,00 euro di ammenda perché ritenuto colpevole, quale datore di lavoro del reato ex art.163 del D. Lgs. n. 81 del 2008 per avere omesso di installare la necessaria cartellonistica che informasse di una situazione di pericolo e, in particolare, della presenza di una piattaforma sovrastante al cancello d'ingresso del piazzale aziendale utilizzato dai mezzi di trasporto, avendo ritenuto il Tribunale stesso che lo scontro avvenuto fra un automezzo in entrata e la piattaforma stessa abbia messo in evidenza l'omessa adozione della necessaria segnaletica di sicurezza.
 
Avverso la decisione del Tribunale l’amministratore unico ha proposto ricorso tramite il difensore, sostenendo che il giudice avesse applicato non correttamente una disposizione di legge, posta alla base del capo di imputazione, che è rivolta ai soli dipendenti del " datore di lavoro" e che non può pertanto avere come riferimento coloro che non sono legati all'azienda da un rapporto di lavoro, come è appunto il conducente di un automezzo di altra ditta che fa ingresso nel piazzale dell’azienda medesima,e sostenendo altresì che nella circostanza non fosse stato preso in considerazione che l'altezza dell'automezzo in entrata era superiore ai limiti fissati dal Codice della strada.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato ponendo in evidenza innanzitutto che l'eventuale violazione delle norme del Codice della Strada commessa dal conducente del mezzo che è entrato in collisione con la piattaforma non fa venire meno l'obbligo per il titolare dell'azienda, se questo sussiste, di provvedere alla segnalazione di un ostacolo anche se solo potenziale. La stessa Corte ha ritenuto, altresì, infondato il ricorso relativo all’applicazione delle norme di sicurezza anche a persone non legate all’azienda con un rapporto di lavoro, e ha ricordato in merito il principio fissato dalla Corte stessa con la sentenza della Sez. IV n. 23147 del 17/4/2012 secondo il quale “In tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa. Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi".
 
È un principio, quello sopraindicato, espresso dalla Corte di Cassazione che la Sez. IV ha inteso condividere anche nel caso in esame e che, secondo la stessa, bene risponde all'esigenza di prevenzione in favore di tutti coloro che vengono in relazione con i luoghi di lavoro, tale dovendosi intendere anche il piazzale e il relativo accesso utilizzati per il transito e lo stazionamento dei mezzi che trasportano beni necessari per l'attività produttiva. È evidente del resto, ha aggiunto la suprema Corte, che “l'accesso di un automezzo non può dirsi occasionale o imprevisto e che non appare né illogico né in contrasto con la volontà della legge la decisione del Tribunale che ha ritenuto omessa la doverosa segnalazione di una piattaforma che lo stesso ricorrente afferma essere di poche decine di centimetri più alta del massimo di trasporto consentito”. E’ evidente, altresì, ha così concluso la Sez. IV, che “al datore di lavoro è fatto obbligo di apporre tutti i segnali stradali necessari alla regolazione del traffico interno al luogo di produzione e all'opificio, cosi confermandosi in modo inequivoco la finalità e il contenuto delle regole di prevenzione che non possono che avere come riferimento tutti coloro che vengono a trovarsi coinvolti nella mobilità interna”.
 
 
 
 
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