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Dal rischio scivolamento al rischio caduta: normativa e valutazione

Dal rischio scivolamento al rischio caduta: normativa e valutazione

Un documento Inail si sofferma sul tema della valutazione del rischio di caduta in piano. Cosa indica la normativa, le criticità e gli obblighi relativi alla valutazione dei rischi normativa e il coefficiente di attrito radente.

Roma, 23 Set – Secondo uno studio pilota sullo stato della sicurezza e della salute sul lavoro nell’Unione europea (Lussemburgo 2001, ISBN 92- 95007-08-5) gli infortuni collegati a scivolamento e caduta sui luoghi di lavoro “rappresentano il maggior numero di infortuni in tutti i settori lavorativi, compreso il lavoro d’ufficio, e sono motivo delle principali assenze dal lavoro superiori ai tre giorni specialmente nelle piccole e medie imprese (PMI)”.

 

A ricordarlo offrendo utili informazioni per valutare il rischio di caduta in piano è il documento “ Valutare il rischio di caduta in piano. Progetto RAS, Ricercare e Applicare la Sicurezza, Volume 1”, primo volume del progetto RAS (Ricercare e Applicare la Sicurezza), promosso da Inail - Direzione regionale Campania e Università degli Studi di Napoli Federico II.

 

Ci siamo già soffermati sul documento in relazione alla dimensione infortunistica e ad alcuni standard per la classificazione delle superfici e presentiamo oggi i seguenti contenuti:   


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Scale: utilizzo in sicurezza
Formazione sui rischi specifici per chi utilizza scale in ufficio, nel magazzino, nella grande distribuzione (Art. 37 D.Lgs. 81/08)

 

Cadute in piano e pavimenti antisdrucciolevoli: la normativa

Il documento – curato da Erminia Attaianese, Gennaro Bufalo, Raffaele d’Angelo, Gabriella Duca, Gabriella De Margheriti, Paola De Joanna, Alfonso Giglio, Liborio Mennella, Ernesto Russo – segnala che l’eventualità che un ambiente possa indurre la caduta accidentale di un lavoratore “non è una condizione di pericolo nuova per la normativa italiana sulla sicurezza sul lavoro”.

 

Si ricorda che il paragrafo 1.3.2. dell’Allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro” del D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza nei Luoghi di lavoro) prevede che “i pavimenti presentino condizioni tali da rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi, prescrivendo che questi siano fissi, stabili ed antisdrucciolevoli, esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, oltre ad essere non ingombrati da materiali che possano ostacolare la normale circolazione”.

In particolare il decreto ministeriale 236/1989 stabilisce che “per pavimentazione antisdrucciolevole si debba intendere una pavimentazione realizzata con materiale il cui coefficiente di attrito (CoF), misurato secondo il metodo della British Ceramic Research Association Ltd. Rep. CEC. 6/81 (BCRA), sia superiore ad un valore minimo determinato”.

 

Riprendiamo dal documento la tabella con i valori del coefficiente di attrito secondo il metodo BCRA (Decreto Ministeriale 14 giugno 1989, n. 236):

 

 

Gli obblighi e le criticità della valutazione del rischio caduta

Il rischio di caduta in piano rappresenta dunque un rischio normato, un rischio “che il datore di lavoro è obbligato a valutare, e in relazione al quale vanno identificate adeguate misure protettive”.

 

A questo proposito si sottolinea che questi rischi pur essendo rischi specifici per alcune categorie di lavoratori e in determinati ambienti di lavoro (“quando cioè le attività svolte determinano piani di calpestio bagnati o resi umidi perché imbibiti da sostanze liquide, grasse o oleose, scivolamento e slittamento sul pavimento), sono anche fattori di rischio di carattere generale, “poiché riguardano tutti i luoghi di lavoro”.

Infatti “in qualsiasi tipologia di ambiente, e in qualsiasi attività”, le condizioni di esercizio “determinano situazioni di usura dei piani di calpestio che influiscono sulla sicurezza di tutte le pavimentazioni compromettendo, di conseguenza, la sicurezza di chiunque transiti, anche di quei lavoratori che indossano dispositivi di protezione individuale (DPI)”.

 

Tuttavia si segnala che, nella pratica corrente, “la valutazione del pericolo caduta viene condotta solo per gli ambienti nei quali questo è riconosciuto come rischio specifico, trascurando quanto imposto dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., che all’art. 2 lettera q, definisce la valutazione dei rischi come la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori”. Inoltre i datori di lavoro “sono chiamati ad assicurare adeguate condizioni di sicurezza e protezione non solo per i propri dipendenti, ma per tutti i soggetti che, per qualsiasi motivo e indipendentemente dal tempo di permanenza, sono presenti nell’ambiente di lavoro. Sempre il d.lgs. 81/2008 e s.m.i., infatti, all’art. 18 comma 1 lettera q, attribuisce al datore di lavoro l’obbligo di prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi, non solo per i propri dipendenti, ma anche per la salute della popolazione, e assicurarsi che le condizioni dei luoghi di lavoro non deteriorino l’ambiente esterno, verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio”. 

 

Pertanto la valutazione del rischio caduta “non può riguardare solo i lavoratori di un’azienda, e questa considerazione diventa ancora più evidente se si osserva che nella quasi totalità delle attività lavorative è prevedibile, se non formalmente previsto, l’accesso oltre ai dipendenti, anche a persone dall’esterno”.

L’estensore del Documento di Valutazione dei Rischi deve tener conto che ai visitatori deve essere “garantita l’accessibilità ai locali nella massima sicurezza,”.

 

In definitiva il problema della valutazione di questo rischio è esteso e non riguarda “solo i luoghi di lavoro manifatturieri, tradizionalmente ritenuti a rischio, ma anche, e principalmente, i contesti del terziario, dove questo rischio è ampiamente sottostimato e spesso assolutamente incontrollato”.

 

Rischio scivolamento e rischio caduta: il coefficiente di attrito

Il documento segnala che gli infortuni provocati da scivolamento o inciampo sulla superficie di calpestio “vengono generalmente ricondotti anche dalla letteratura e dalla normativa tecnica-edilizia al valore della resistenza allo scivolamento delle pavimentazioni”.

Ed in effetti, la caduta sullo stesso livello è prevalentemente riconducibile ad una inadeguata interazione tra la superficie della suola della scarpa e la superficie del pavimento ed è fortemente condizionata, dalla resistenza allo scivolamento della superficie di calpestio”.

 

Riguardo a quest’ultimo aspetto si ricorda che la resistenza allo scivolamento della pavimentazione “attiene alle caratteristiche superficiali del suo rivestimento che possono ostacolare o facilitare lo scorrimento di corpi in movimento su di esso”. E questa qualità è “condizionata principalmente dal controllo dell’attrito radente e dal livello di porosità del trattamento superficiale del rivestimento”.

 

In particolare la resistenza allo scivolamento della superficie di calpestio descrive “le condizioni cinematiche e dinamiche del movimento di un corpo a contatto con essa”. E “il parametro generalmente utilizzato per descrivere il livello di scivolosità di una superficie è il coefficiente di attrito radente statico o dinamico, che corrisponde ad una grandezza adimensionale dipendente dalle caratteristiche dei materiali delle due superfici che vengono a contatto durante il cinematismo (suola scarpa/superficie pavimentazione)”.

È bene poi sapere che “maggiore è il coefficiente di attrito che caratterizza la superficie del rivestimento della pavimentazione, minore è la sua scivolosità”, ma, analogamente, “maggiore è il coefficiente di attrito, maggiore è anche la possibilità di inciampo”.

 

Riportiamo dal documento una tabella sul calcolo del coefficiente di attrito dinamico:

 

 

Ricordando che il coefficiente di attrito è un “valore che dipende dalle caratteristiche dei due corpi che vengono a contatto durante lo spostamento e alle caratteristiche e condizioni in cui tale contatto avviene” (con un valore condizionato da fattori oggettivi - tecnici, ambientali e funzionali-spaziali - e soggettivi - umani/comportamentali), la determinazione del valore del coefficiente d’attrito (“sufficiente ad assicurare adeguati livelli di sicurezza”) dipende da fattori diversi.

 

Ad esempio la determinazione del valore deve:

  • tener conto dell’esposizione “alle condizioni ambientali, quali temperatura, umidità e pioggia”;
  • “distinguere i rivestimenti di pavimentazioni per interni e quelli per esterni”;
  • “considerare le attività insediate e la destinazione d’uso dell’ambiente in cui la pavimentazione è messa in opera, in relazione alla maggiore o minore esposizione di questa ad agenti contaminanti, macchianti, filmanti e alteranti in genere”.

 

A questi vanno, infine, aggiunti “i fattori legati alle caratteristiche fisiche e comportamentali degli utenti, dei quali vanno considerati le abilità fisiche in generale, in termini di abilità motoria, forza muscolare, capacità di equilibrio, funzionalità articolare, resistenza agli sforzi; le abilità percettivo-sensoriali, quali vista, udito, tatto; le abilita psico-cognitive, come la capacità di attenzione, di memoria e ragionamento, la capacità di orientamento, ecc.; nonché i possibili usi impropri degli spazi da parte degli utilizzatori, come il mancato rispetto di regole sull’abbigliamento, il consumo di cibi in luoghi non destinati a tale funzione, cicli irregolari di pulizia ordinaria e straordinaria, ecc”.     

 

Segnaliamo, in conclusione, che il documento, che vi invitiamo a leggere, si sofferma anche sulla sicurezza antincendio sottolineando che “se è pertinente individuare un rischio relativo alla percorribilità degli spazi durante un utilizzo normale dei luoghi, nello svolgimento delle attività, si pone, a maggior ragione, il problema relativo alla percorribilità degli spazi negli stati non ordinari e in emergenza”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail Campania e Università degli Studi di Napoli Federico II, “ Valutare il rischio di caduta in piano. Progetto RAS, Ricercare e Applicare la Sicurezza, Volume 1”, a cura di Erminia Attaianese e Paola De Joanna (Università degli Studi di Napoli Federico II), Gennaro Bufalo (UOT di Certificazione, Verifica e Ricerca di Napoli), Raffaele d’Angelo e Ernesto Russo (Direzione regionale Campania-Contarp), Gabriella Duca e Gabriella De Margheriti (esperti in Fattori Umani), Alfonso Giglio (Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli), Liborio Mennella (Avvocato Civilista, già Delegato OUA Organismo Unitario Avvocatura Italiana), Progetto RAS, volume 1, collana Salute e Sicurezza, edizione 2021 (formato PDF, 1.73 MB).

 

 

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