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Su cosa si basa il comfort nei luoghi di lavoro e come migliorarlo?

Su cosa si basa il comfort nei luoghi di lavoro e come migliorarlo?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interviste e inchieste

22/11/2019

Il benessere e la salute dei lavoratori dipendono anche dall’attenzione ai fattori di comfort e discomfort, non solo microclimatici, nei luoghi di lavoro. Quali sono? Come valutarli e gestirli? Ne parliamo con Paolo Lenzuni, Inail Toscana.

Bologna, 22 Nov – In questi anni è sempre più diffusa la tendenza a pensare che la prevenzione della salute nei luoghi di lavoro sia correlata non solo alla promozione della salute stessa, ma anche all’attenzione più generale per quello che potremmo chiamare il benessere dei lavoratori. Benessere che, come abbiamo visto in diversi documenti presentati dal nostro giornale, può essere sì correlato a condizioni accettabili dal punto di vista del microclima, ma deve esserlo riguardo anche ad altri aspetti come, ad esempio, la qualità dell’aria e il livello di illuminazione.

 

Proprio per cercare di affrontare il tema del benessere dei lavoratori da un punto di vista più complessivo, durante la manifestazione “ Ambiente Lavoro”, che si è tenuta a Bologna dal 15 al 17 ottobre 2019, abbiamo intervistato Paolo Lenzuni (Inail DR Toscana – UOT di Firenze) che era relatore al workshop Inail “I cinque lati del comfort” con una relazione dal titolo particolare : “Il comfort è uno (strano) pentagono”.

Il workshop Inail ricordava, nella presentazione, come la complessità della quantificazione e della successiva valutazione del comfort in termini oggettivi abbia “da sempre suggerito di procedere scomponendo il comfort in una serie di elementi, ciascuno associato ad una specifica funzione sensoriale uditiva, visiva, olfattiva, termica etc. e fra di loro rigidamente separati”. Ma c’è un altro modo di vedere il comfort, trattandolo come una realtà multidimensionale ricca di interazioni.

 

Cosa si intende con comfort? E quanti “lati” ha il comfort lavorativo?

La misurazione del comfort non presuppone un approccio troppo matematico per una tematica che ha anche a che fare con il mondo delle sensazioni?

 

L’approccio relativo al comfort si applica a tutti gli ambienti di lavoro?

La valutazione del comfort multifattoriale non è una missione impossibile? Non è sufficiente considerare i singoli fattori di discomfort uno ad uno?

Come affrontare la prevenzione? Quali sono le priorità negli interventi per migliorare il comfort sul posto di lavoro? Ci sono esempi di prevenzione possibile?

 

Quali saranno i prossimi passi dell’Inail per continuare nella costruzione di questa immagine multidimensionale del comfort e supportare le aziende a migliorare il comfort lavorativo?

 

L’intervista si sofferma su vari argomenti:



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Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

L’intervista di PuntoSicuro a Paolo Lenzuni

 

 

I cinque lati del pentagono del comfort

Noi in genere quando parliamo di comfort tendiamo spesso a pensare al comfort microclimatico e lei è stato tra gli autori di un libro Inail che ne parlava. Ma il comfort direi che è molto di più…

 

Paolo Lenzuni: Il comfort microclimatico è stato un po' il trampolino per lanciarci in questo oceano del comfort multidimensionale.

Il comfort microclimatico, avendo un minimo di appigli nella legislazione e sicuramente anche nella normativa tecnica ha svolto il ruolo di apripista, ma oggi ha senso che noi consideriamo il comfort in modo molto più aperto, perché naturalmente dentro il nostro organismo non esiste un sensore mirato comfort-termico. Ma esistono molti sensori che elaborano molte informazioni e che alla fine producono una sensazione di benessere collettivo o composito.

Di questo ci interessiamo, oggi, in modo molto embrionale, ma iniziamo almeno a sollevare l'argomento.

 

Parliamo di questo pentagono a cui lei fa riferimento nella sua relazione.

Vediamo di comprendere cosa si intende con questi cinque lati di comfort… E poi visto che si parlava di cinque lati, perché non considerarne invece tre, cento, mille?

 

P.L.: Sono 1000, ma noi iniziamo da 5 perché cinque sono sostanzialmente i fattori di discomfort che possono essere quantificabili in modo abbastanza semplice, con misure.

Sicuramente noi, come lavoratori, come esseri umani, siamo sensibili ad aspetti di tipo termico, acustico, luminoso, di qualità dell'aria e di questi inizieremo a parlare oggi, facendo attenzione sia ai ruoli rispettivi, ai pesi rispettivi - perché sicuramente siamo più sensibili ad alcune cose rispetto ad altre - sia al modo in cui questi si incastrano. Poi al di là di questa sfera, chiamiamola ambientale, esistono molti altri contributi al comfort.

 

Ad esempio molti studi hanno dimostrato che un elemento base nella nostra accettazione di un ambiente è la visione dello spazio: cioè noi non possiamo vivere e lavorare con una parete a 10 cm dalla faccia. (…)

Quindi molti altri elementi cooperano al nostro comfort.

Noi iniziamo da questi perché sono quelli su cui c'è più conoscenza e sono anche quelli su cui è più facile indagare. Perché esistono strumenti che ci possono dare una misura che poi è collegata alla sensazione di comfort.

 

Ripetiamo meglio quali sono questi cinque lati che sono stati scelti tra i tanti….

 

P.L.: In parte li abbiamo già citati.

Sono il comfort termico, la qualità dell'aria, il comfort acustico, il comfort luminoso - quindi visivo - e poi ho inserito anche il comfort vibratorio, che però è una questione particolarmente spinosa (…).

La coincidenza con i cinque sensi è in parte una coincidenza, perché naturalmente alcuni come il gusto non ci stanno. Però 5 è un numero che (…) ci consente di fare ragionamenti su come assemblare questa struttura, almeno le fondamenta di questa struttura.

 

Quindi sì, cinque sono gli elementi più conosciuti della, chiamiamola, chimica-fisica-ambientale, e noi cercheremo di capire come questi elementi inducono discomfort di per sé o in associazione fra di loro.

 

(…)

 

Il comfort negli ambienti di lavoro e la sua valutazione

Parliamo del mondo del lavoro con particolare riferimento al tema del benessere dei lavoratori. L’approccio relativo al comfort si applica a tutti gli ambienti di lavoro?

 

P.L.: Sarebbe bello che si potesse applicare a tutti. In realtà già da alcuni anni chi ci segue sulla via del comfort termico avrà avuto modo di vedere che noi abbiamo fatto una macro-distinzione fra ambienti in cui il comfort è un obiettivo realmente perseguibile ed ambienti in cui non lo è.

Tutti quegli ambienti che noi chiamiamo vincolati, da un punto di vista, termico naturalmente non possono essere ricondotti a comfort, ad esempio per chi lavora nella filiera del freddo manipolando cibi…

 

Stiamo però tornando a fare esempi con il microclima…

P.L.: Questo è vero, ma partiamo da lì perché ci sono più conoscenze.

Ci sono sicuramente mondi lavorativi in cui esistono vincoli - ad esempio l’outdoor che non è solo termico, ha vincoli anche di tipo diverso o (…).

In tutto il mondo invece dell'indoor, degli uffici e delle attività senza rischi specifici, perché no?, proviamo a migliorare il comfort di chi ci lavora. Perché tutto sommato quello è l'aspetto prevalente.

Quindi prima vengano i rischi e risolviamo quelli, ma sicuramente ci sono molti ambienti in cui ha molto senso parlare di comfort o di benessere.

 

Nella presentazione del workshop si indica che, con riferimento ai cinque lati del comfort, bisogna porre l’obiettivo “di costruire il poligono capace di fare sintesi, e dare finalmente un’immagine realistica ad un mondo chiaramente multidimensionale”. Ma non era sufficiente considerare i singoli fattori di discomfort uno ad uno?

 

P.L.: (…) Sì sicuramente l'ingresso in questo mondo è quello che passa per considerare i singoli fattori. Quindi sicuramente oggi, nella prima parte del nostro workshop, affronteremo separatamente questi elementi. Perché prima di montare un motore bisogna sapere come funziona uno spinterogeno, una candela o un carburatore, …

Però, ecco, (…) nel nostro cervello c'è un grande elaboratore e quindi dobbiamo superare questa fase, dobbiamo prendere le conoscenze che abbiamo sui singoli fattori di discomfort e cominciare a costruirci sopra qualcosa di multidimensionale. Qualcosa che in pratica rappresenta la comprensione dei fenomeni di interazione. (…)

Ad esempio la qualità dell'aria e l'aspetto termico si incastrano o c’è diversa sensibilità agli odori a seconda della temperatura o c’è diversa sensibilità alla vibrazione se insieme c’è rumore. Questi sono aspetti abbastanza conosciuti e poi, naturalmente, cercheremo di tracciare la via per aspetti ancora meno conosciuti e più complessi.

 

Ma se ci sono ancora aspetti meno conosciuti e più complessi la valutazione del comfort multifattoriale, in un’azienda, non rischia di essere una missione impossibile?

 

P.L.: Lo è più o meno quanto è un'impresa impossibile il rischio zero.

Tutto in modo massimalista è impossibile, però il nostro messaggio è che non per questo dobbiamo trattenersi dall’iniziare a camminare. Quindi sicuramente non arriveremo presto ad una comprensione profonda dei meccanismi che generano comfort e non riusciremo ad assicurare il comfort ideale a ciascuno di noi.

 

Però di strada se ne può fare e proprio questo nostro workshop è un invito alle aziende a creare condizioni di comfort per il loro addetti proprio perché non è difficile. Basta che ci mettiamo in testa che tutti questi aspetti di comfort fanno parte di un unico mondo e poi cerchiamo di capire come è meglio attaccare il problema – quindi capire quali sono le priorità - e come è meglio spendere le risorse che abbiamo.

 

Gli interventi per migliorare comfort e benessere in azienda

Veniamo ai possibili interventi per migliorare il benessere.

Ci sono priorità? Ci sono esempi che possiamo fare?

 

P.L.: Ci sono sicuramente priorità: le priorità hanno molto a che fare con i pesi con cui noi diamo diversa rilevanza ai diversi aspetti del comfort.

Perché noi siamo stati abituati ad avere molto in testa il comfort termico?

Perché il comfort termico è uno dei due, tre aspetti che noi, come lavoratori, principalmente come lavoratori, consideriamo ineludibili, da cui noi non possiamo prescindere. Su altri si può ragionare, ma il comfort termico insieme al comfort acustico e ad aspetti di tipo visivo, sulla nostra possibilità di vedere, fanno parte di fattori chiamati proprio basic. Molte ricerche lo confermano. Se ci sono bene, ma se non ci sono è una catastrofe. Quindi il comfort termico e il comfort acustico sono sicuramente la base su cui dobbiamo ragionare. 

Però io insisto nel dire che è importante che non torniamo o non rimaniamo fedeli all'approccio tipo “aria condizionata, 23°, 50% e va tutto bene”. Perché la cosa va considerata in modo più complesso, in modo più articolato. Al comfort termico ci ho lavorato in passato, ma adesso cerchiamo di fare qualcosa in più.

 

Esempi? Sì, certo.

Ci sono molte aziende, ad esempio, che oggi hanno preso la via degli open space o, comunque, che disegnano ambienti in cui non ci sono più postazioni di lavoro fisso.

Ecco a tutte queste aziende io suggerisco di considerare fortemente la via del comfort multidimensionale perché in questi ambienti sicuramente diversi aspetti interagiranno ancora di più. Quando si entra in un ambiente in cui c’è molto spazio, molta luce e presumibilmente anche condizioni termiche più difficili da controllare, allora a quel punto sicuramente le cose vanno prese nel loro insieme.

 

(…)

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 



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