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Quali sono gli strumenti per la tutela della sicurezza negli appalti?

Quali sono gli strumenti per la tutela della sicurezza negli appalti?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Appalti e costi della sicurezza

07/06/2021

Una pubblicazione dell’Università di Trieste si sofferma sul tema della sicurezza nel mondo degli appalti. Focus sugli strumenti normativi a disposizione: verifica idoneità, coordinamento, rischi interferenziali, DUVRI e costi della sicurezza.

 

Trieste, 7 Giu – Nel mondo degli appalti e subappalti, un ambito lavorativo complesso e articolato e con rischi aggiuntivi per la sicurezza di lavoratori e lavoratrici, la corretta gestione della salute e sicurezza può essere un obiettivo raggiungibile ma “a fronte di un continuo e rigoroso rispetto, da parte di tutti gli attori coinvolti, delle regole esistenti”. Come sottolineato dall’impianto partecipativo imposto dalle direttive europee nel settore della salute e sicurezza sul lavoro, “solo la partecipazione attiva di tutti i soggetti può portare a un ambiente interno ed esterno al luogo di lavoro più salubre, contribuendo anche a ridurre così infortuni e malattie professionali”.

E riguardo alle specifiche condizioni lavorative negli appalti e subappalti è necessario vigilare, ad esempio, “sugli effetti negativi derivanti da aumento dei ritmi, dei carichi, degli orari, della precarietà, delle esternalizzazioni”.

 

A raccontare in questi termini le criticità dei contratti di appalto e subappalto e a mostrare alcuni strumenti normativi di tutela è un intervento raccolto nel volume “Sicurezza accessibile. Sicurezza e appalti: un incrocio pericoloso?” curato da Giorgio Sclip ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste. Il volume raccoglie i contributi della giornata di studi “Sicurezza e appalti: incroci pericolosi? Obblighi e criticità tra il D. lgs 81/08 e il D.lgs 50/2016” che si è tenuta il 22 ottobre 2018 a Trieste.

 

Gli argomenti affrontati nell'articolo:

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Obblighi dell'impresa affidataria nei cantieri e nei contratti di appalto
Corso online di formazione per datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese affidatarie che devono verificare in cantiere il rispetto delle prescrizioni di sicurezza dei lavori affidati.

 

Sicurezza e appalti: la normativa e il processo di gestione

Riguardo al contenuto dell’intervento “Sicurezza e appalti: una strada in salita?”, a cura di Giorgio Sclip (membro del Focal Point per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste), abbiamo già presentato, in un precedente articolo, le definizioni dei contratti di appalto e subappalto e alcune criticità correlate alle condizioni lavorative, a cui si è accennato anche in premessa.

 

Tuttavia l’autore si sofferma anche sugli strumenti a disposizione e ricorda che la disciplina posta dall’art. 26 del D.lgs. n. 81/2008 “prevede un coinvolgimento del datore di lavoro committente nell’attività di prevenzione a favore, oltre che dei propri dipendenti, dei lavoratori autonomi e dei dipendenti delle imprese appaltatrici”.

Si indica che gli obblighi di collaborazione prevenzionale a carico del datore di lavoro committente scattano ‘in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo’. E la responsabilità del datore di lavoro committente non fa riferimento solo agli “appalti interni”, “bensì a tutta la catena dell’appalto e del subappalto, dovendosi intendere in tal senso il riferimento ‘all’intero ciclo produttivo’”. Inoltre il rilievo “è posto più sul profilo funzionale che su quello topologico dell’appalto, venendo ad interessare tutte quelle lavorazioni che risultino necessarie all’organizzazione produttiva del committente, a prescindere dalla collocazione fisica delle stesse (con esclusione di quelle semplicemente preparatorie o complementari dell’attività produttiva in senso stretto)”.

 

In definitiva la previsione è di un “vero e proprio processo di gestione che inizia dalle fasi antecedenti l'affidamento del contratto”.

 

La verifica dell'idoneità, i rischi e la cooperazione e coordinamento

Si indica che la prima fase di questo processo è rappresentata dalla verifica dell'idoneità tecnico-professionale prevista dal comma 1, lettera a), per il datore di lavoro committente di verificare ‘l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione…’.

 

In particolare il datore di lavoro committente “deve verificare che l'impresa o il professionista esterno sia, innanzitutto, in regola con le normative in materia di diritto del lavoro, assicurativo e di salute e di sicurezza sul lavoro. Tale verifica viene effettuata dal datore di lavoro committente, mediante l’acquisizione di due documenti: il certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; un’autocertificazione del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale. Questa verifica costituisce la base per la gestione in sicurezza delle attività affidate all'esterno” e permette al committente di valutare “se l'azienda esterna possieda una struttura interna societaria e un'organizzazione tali da poter eseguire i lavori affidategli in piena sicurezza”.

 

Si segnala tuttavia che, al di là della conformità alla normativa, “l'acquisizione della sola autocertificazione e del certificato della camera di commercio risulta insufficiente per un'efficace valutazione dell'organizzazione in tema di sicurezza dell'impresa esterna. Questa carenza potrebbe risultare particolarmente critica per l'affidamento di lavori complessi, con l'eventuale intervento di più imprese contemporaneamente e in presenza di rischi per la sicurezza significativi. È opportuno quindi in alcuni casi, acquisire ulteriori informazioni”. E può essere utile, a questo proposito, “consultare quanto previsto dall'Allegato XVII al D.Lgs. n. 81/2008 che regolamenta le modalità di verifica di idoneità tecnico professionale delle imprese per attività di cantiere, nel rispetto di quanto previsto dal Titolo IV”.

 

Il contributo si sofferma anche sul tema della definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e ricorda che tuttavia che la previsione “basata sull’assunto secondo cui un’efficace prevenzione presuppone un’adeguata organizzazione qualitativamente apprezzabile” trova “ancora difficoltà applicative”. 

 

La seconda fase del processo di gestione è poi “rappresentata dall'obbligo confermato dall'art. 26, comma 1, lettera b), per il datore di lavoro committente di fornire alle imprese e ai lavoratori autonomi esterni dettagliate informazioni sui rischi presenti negli ambienti di lavoro oggetto dell'appalto dove andranno ad operare e sulle misure di prevenzione e di protezione adottate in relazione alla propria attività”. E il “possesso di informazioni “dettagliate sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate” dovrebbe “consentire ai lavoratori autonomi o ai dipendenti delle imprese appaltatrici, a loro volta appropriatamente informati, di operare con la necessaria prudenza in un ambiente che non è conosciuto”.

 

Si indica poi che lo scopo di questo precetto “è quello di permettere agli appaltatori/ lavoratori autonomi, attraverso l'acquisizione di queste informazioni, di perfezionare la valutazione dei rischi relativi alle proprie attività e di aggiornare le misure di prevenzione e protezione per quelle previste dallo specifico appalto. La naturale collocazione di tale documentazione può essere il capitolato specifico di appalto, documento che contiene le norme che regolano il contratto d’appalto”.

 

Inoltre la terza fase del processo è rappresentata “dagli obblighi stabiliti dai commi 2 e 3, art. 26, in tema di cooperazione e di coordinamento”.

In particolare il comma 2 “prevede che tutti i datori di lavoro, compresi i subappaltatori, devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione dai rischi sul lavoro relativi all’attività lavorativa oggetto dell’appalto, e coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva, ad esempio in caso di pluralità di appalti o di subappalto”. E si sottolinea come la giurisprudenza “abbia esteso tali principi anche ai casi di subappalto, dal momento che la condizione dell’appaltatore rispetto a quella del subappaltatore è sostanzialmente equivalente a quella del committente. Spetta al datore di lavoro committente l’onere di promuovere la cooperazione e il coordinamento, non estendendosi tale obbligo solo ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, rispetto ai quali non si può attribuire una responsabilità al committente”.

 

Il documento unico di valutazione dei rischi e i costi della sicurezza

Veniamo poi alla quarta fase, che fa riferimento ad un tema più volte affrontato anche dal nostro giornale e che deriva dalla “previsione dell’art.26 comma 3”: il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento attraverso l’elaborazione di un ‘documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI) che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze’. Questo documento “deve contenere la valutazione dei rischi di interferenza e le misure atte a eliminarli o, dove ciò non è possibile, ridurli al minimo. Questo adempimento non si applica ai rischi specifici propri delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi per i quali restano inalterati gli obblighi e le responsabilità previste dal D.Lgs. n. 81/2008”.

 

Il legislatore – continua Giorgio Sclip – “ha affidato al datore di lavoro committente il compito di valutare questi rischi interferenziali e di stabilire le conseguenti misure di prevenzione e di protezione. L'assegnazione è giustificata dal fatto che questo soggetto è in possesso di tutte le informazioni necessarie sulle modalità e sulle tempistiche con cui queste interferenze si genereranno, essendo lui stesso l'organizzatore delle attività affidate all'esterno. Il datore di lavoro committente è individuato come il regista del coordinamento per la sicurezza quando si parla di interferenze”.

 

Si sottolinea poi che la cooperazione e, soprattutto, il coordinamento durante l'esecuzione delle attività, “per avere una reale efficacia di prevenzione degli infortuni, si compongono di elementi certamente di alto livello (per esempio, le tempistiche di intervento di ogni impresa nelle diverse aree, l'eventuale utilizzo di impianti comuni, le procedure e i mezzi di gestione delle emergenze ecc.), prevedibili e concordabili anche in fase preliminare all'inizio dei lavori, ma anche di elementi operativi, che possono essere valutati e stabiliti solo, di volta in volta, per la specifica attività, al momento della sua esecuzione. Per quest'ultime, nelle realtà di cantiere, esiste la figura del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) che è specificatamente deputata alla loro gestione. Per gli appalti, è necessario individuare le figure interne aziendali, opportunamente incaricate e formate allo scopo”.

Ed è opportuno “che il sistema di gestione interno aziendale del DUVRI preveda entrambi i livelli. La prima parte del processo potrebbe essere gestita in sinergia dalle funzioni che si occupano di contrattualistica (uffici appalti), da quelle richiedenti le attività da affidare in appalto (responsabili di produzione, di manutenzione, di servizi generali ecc.) e da quelle che si occupano di sicurezza (servizio di prevenzione e di protezione), oltre che dal datore di lavoro committente, in assenza di specifica delega interna”.

 

Si segnala inoltre che un elemento significativo, previsto dal comma 5, art. 26, è “rappresentato dall'obbligo di specificare nei contratti di appalto, di subappalto e di somministrazione i costi della sicurezza o meglio i ‘costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni’, con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. In caso di mancata indicazione dei costi per la sicurezza il contratto è da ritenersi nullo ai sensi dell’art.1418, c.c.39”. E pur in presenza “di opinioni non sempre concordi in merito, i costi della sicurezza da riportare nel contratto devono essere intesi come quelli necessari alla messa in atto delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi interferenziali e, quindi, delle misure di cooperazione e di coordinamento riportate, appunto, nel DUVRI. Tali costi sono solo quelli necessari per eliminare o ridurre rischi dovuti a interferenze delle lavorazioni e non quelli generali propri dell’attività esercitata dal singolo appaltatore/affidatario evidenziati proprio in riferimento a quanto stabilito nel DUVRI. Essi non sono soggetti a ribasso d'asta durante la fase di offerta”. 

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del contributo/intervento che riporta ulteriori dettagli e si sofferma su vari altri aspetti connessi agli strumenti normativi e alla salute e sicurezza negli appalti: costo della manodopera, responsabilità solidale del committente per infortunio sul lavoro, cartellino identificativo dei lavoratori coinvolti nell’appalto, sicurezza sul lavoro negli “ambienti sospetti di inquinamento” e nei “luoghi confinati”.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

EUT - Edizioni Università di Trieste, “Sicurezza accessibile. Sicurezza e appalti: un incrocio pericoloso?”, volume curato da Giorgio Sclip che raccoglie i contributi della giornata di studi “Sicurezza e appalti: incroci pericolosi? Obblighi e criticità tra il D. lgs 81/08 e il D.lgs 50/2016”.

 

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