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Imparare dagli errori: se l’indumento non protegge il corpo

Imparare dagli errori: se l’indumento non protegge il corpo
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

20/04/2017

Esempi di infortuni correlati all’inadeguatezza dei DPI per la protezione del corpo. Incidenti in attività forestale, nell’uso di una motosega e in fonderia. La dinamica degli infortuni, i fattori causali e la protezione dai rischi di taglio.

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Sicurezza Forestale - Categoria Istat: A - Agricoltura, Silvicoltura e Pesca

 

Brescia, 20 Apr – Proseguiamo il nostro viaggio, attraverso la rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, sull’eventuale inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuali utilizzati nei luoghi di lavoro.

 

Dopo aver parlato nelle scorse settimane dei dispositivi per la protezione delle mani, del viso e dei piedi, ci soffermiamo oggi sui dispositivi di protezione del corpo, sugli indumenti di protezione, che possono essere necessari negli ambienti di lavoro.

 

I casi d’infortunio presentati sono tratti, come sempre, dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi

 

I casi

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto ad un lavoratore forestale.

Mentre taglia della legna con una motosega, il lavoratore inciampa sul terreno e, cadendo, si trascina addosso la motosega che lo colpisce alla gamba destra.

Il contatto con gli elementi taglienti della macchina gli provocano una ferita lacera a livello del III medio e terzo prossimale con lacerazione muscolare ed interessamento pascolo-nervoso dell’arto.

 

Questi i fattori causali identificati nella scheda:

- “terreno incolto e con eccessive asperità del terreno che fanno inciampare il lavoratore”;

- tuta antitaglio non idonea”.

 

Anche il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto durante l’uso della motosega.

Un lavoratore è raggiunto nella zona inguinale dell'addome dalla catena della motosega, che lo stesso operatore stava manovrando per il taglio di una pianta.

Dalla ricostruzione dell'evento e dalle dichiarazioni rese anche dall'altro collega, l'infortunato ha mal utilizzato la motosega, effettuando tagli ad altezza di circa 1,10 mt. da terra e dirigendo la lama in senso contrario alla normale direzione del taglio. In particolare l'infortunato dirigeva la lama verso la pianta da abbattere, da sinistra verso destra, e riceveva un contraccolpo tale da fargli ruotare la motosega verso il proprio addome. Ciò consentiva alla catena della motosega di tagliare gli indumenti indossati dal lavoratore (salopette e sottotuta) fino a ferirlo profondamente.

Analizzando bene la salopette indossata dall'infortunato, è emerso che il DPI fornito non risulta idoneo allo scopo. In particolare la medesima salopette non è dotata della protezione prevista dalla normativa tecnica, ovvero protezione che dovrebbe essere estesa fino ad almeno 200 mm sopra il cavallo. Nella fattispecie, in quella salopette la protezione era stata applicata solo nella parte inferiore - da metà coscia in giù - ed inoltre non recava marcatura CE.

 

Questi i fattori causali rilevati:

- il lavoratore “eseguiva tagli in maniera contraria al senso di rotazione della lama della motosega, tagliando con la parte superiore della lama”;

- “l'indumento usato non era idoneo al tipo di lavorazione (salopette senza protezione addominale)”.

 

Si segnala tuttavia che, come a noi segnalato da Francesco Neri - ricercatore e formatore forestale della Gesaaf (Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali) dell’Università degli Studi di Firenze - è errato il divieto di tagliare con la parte superiore della lama. Infatti la lama della motosega “consente, da libretto di suo e manutenzione di tutte le motoseghe, il taglio a catena traente con la parte inferiore della lama: la sega viene tirata verso il legno e la segatura è proiettata verso l'operatore ed il taglio a catena spingente con la parte superiore, ove la sega viene spinta fuori dal taglio e la segatura è proiettata lontano dall'operatore”.

 

Il terzo caso riguarda un infortunio avvenuto in una fonderia.

Un lavoratore alimenta manualmente la bocca del forno di fonderia, con i pezzi metallici di scarto.

Durante questa operazione un lapillo di materiale fuso, uscendo dalla bocca del forno, lo investe colpendolo al ginocchio sinistro, e dopo aver forato la tuta ignifuga, precipitando lungo la gamba, si deposita sul collo del piede sinistro.

Il lavoratore riporta una profonda ustione al piede sinistro.

La bocca del forno fusorio non risultava essere protetta da un idoneo schermo o riparo.

 

Questi i fattori causali rilevati:

- la tuta ignifuga “si buca con un lapillo di materiale fuso”;

- “la bocca del forno era priva di schermi di protezione”.

 

La prevenzione

Per raccogliere alcune informazioni sui dispositivi di protezione del corpo possiamo far riferimento al progetto multimediale Impresa Sicura - elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail - che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.

 

Riguardo al rischio di taglio, nel documento “ ImpresaSicura_DPI” – come ricordato anche in una precedente puntata di “ Imparare dagli errori” – si fa riferimento alla protezione per gli utenti di seghe portatili a catena (motoseghe) utilizzate nei settori agricolo e forestale. E si ricorda che, benché nessun dispositivo di protezione individuale “può garantire al 100% una protezione da taglio di una sega a catena portatile”, è possibile “progettare dispositivi di protezione che offrano un certo grado di protezione”.

 

Ad esempio indumenti a:

- protezione delle gambe e del corpo con tuta antitaglio (la protezione antitaglio si compone di fibre tessili o di nylon che sfilacciandosi impediscono l’avanzamento della catena ostruendo ‘spranga di guida’, ‘stella di rinvio’ e ‘rocchetto di trascinamento’ del dispositivo di taglio) o pantaloni o ghette;

- protezione delle mani con guanti antitaglio ed eventualmente antivibrazioni per lo smorzamento delle vibrazioni al ‘sistema mano-braccio’.

 

Inoltre come ricordato da Francesco Neri, i DPI “devono garantire confort all'operatore, non devono essere d'intralcio durante il lavoro e tutti i DPI per la motosega sono concepiti per resistere ad un urto accidentale della lama della motosega. Non sono progettati per resistere ad un urto volontario della lama in piena accelerazione, tanto è che la macchina prova materiali citata nella norma UNI EN 381-5:1996, fa impattare la lama della catena sul provino antitaglio in fase di rilascio dell'acceleratore, quindi non in piena accelerazione. I DPI intervengono per ridurre il rischio residuo e sono efficaci solo se, correttamente manutenuti secondo quanto indicato nella nota informativa del fabbricante (no lavaggi ad alte temperature, no centrifuga, no asciugatrice per es.) e se abbinati ad un comportamento professionale derivante da formazione professionale e soprattutto dall'impiego delle macchine secondo quanto prescritto dal libretto di uso e manutenzione”.

 

Queste sono alcune definizioni relative ai protettori delle gambe:

- protettore delle gambe: “qualunque tipo d’indumento di protezione che copra almeno l’area di protezione specificata, con il livello di resistenza specificato dalla presente norma per le gambe, per esempio, pantaloni, gambali, ecc;

- materiale protettivo: il materiale progettato per la protezione del portatore contro l’effetto del taglio provocato da una sega a catena portatile. Tale materiale protettivo può includere il tessuto dell’indumento;

- rivestimento protettivo: l’area dell’indumento che è rivestita con il materiale protettivo e area di protezione specificata: il rivestimento protettivo richiesto;

- ghetta: la copertura amovibile destinata a proteggere la parte anteriore del piede, la caviglia e la parte bassa della gamba contro i tagli provocati dalle seghe a catena portatili”.

E si indica che l’azione protettiva dei DPI a protezione delle gambe è esplicata “secondo due o più principi:

- mediante scivolamento della catena sulla superficie di protezione non permettendo il taglio del materiale;

- mediante la frenatura della catena per merito delle fibre del materiale protettore che, avendo elevata resistenza al taglio, assorbono l’energia del movimento della catena e ne riducono la velocità;

- mediante un’opportuna scelta costruttiva riguardante le fibre del materiale protettore che sono trascinate dalla catena nell’ingranaggio del motore bloccandone il movimento”.

 

Facciamo, infine, un breve cenno anche ai protettori della parte superiore del corpo per gli utilizzatori di seghe a catena.

Protettori che devono essere:

- “conformi al requisito generale di sicurezza e idoneità per lo scopo”;

- innocui: “in particolare devono essere privi di componenti duri o appuntiti e di superfici ruvide che possano causare abrasioni, contusioni, irritazioni, punture o tagli a un utilizzatore che venga a contatto con essi. Il fabbricante deve fornire istruzioni sulla distruzione e sullo smaltimento sicuri dei prodotti e su eventuali pericoli che possano insorgere durante la distruzione meccanica o l’incenerimento del prodotto;

- ergonomici: gli indumenti di protezione devono essere quanto più leggeri possibile. La loro forma deve essere senza aggiunte che possano rimanere impigliate nel macchinario o nel sottobosco. La costruzione attorno alle maniche deve facilitare la piegatura e il sollevamento del braccio”.

Nel documento di Impresa Sicura sono riportate anche i valori di resistenza al vapore acqueo e i vari requisiti di resistenza e di protezione.

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 771, 1518 e 5924 (archivio incidenti 2002/2012).

 

 

Tiziano Menduto



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