
Imparare dagli errori: esempi di infortuni nelle lavanderie industriali

Brescia, 17 Apr – Spesso le puntate della nostra rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, sfruttano le periodiche pubblicazioni prodotte in Italia dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail) per approfondire le dinamiche infortunistiche in specifici comparti lavorativi.
È il caso di questa puntata che si sofferma su un comparto, quello delle lavanderie industriali, che è stato approfondito dall’Inail nel 2022 con il documento “ Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali”, prodotto dalla Contarp (ora Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza – CTSS) e CSA (Consulenza statistico attuariale) dell’Inail in collaborazione con Assosistema Confindustria.
Un comparto che, come raccontato anche nei nostri articoli, impiega molti lavoratori che possono essere esposti a svariate tipologie di rischi per la salute e la sicurezza, anche con riferimento alle attività di manutenzione e all’utilizzo delle attrezzature.
Dedichiamo, dunque, una puntata della nostra rubrica agli infortuni avvenuti nel comparto delle lavanderie industriali, come descritti nelle schede dell’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Questi gli argomenti affrontati oggi:
- Esempi di infortuni di lavoro nelle lavanderie industriali
- I rischi degli operatori delle lavanderie industriali
Esempi di infortuni di lavoro nelle lavanderie industriali
Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto per una presumibile caduta all’interno di una lavanderia industriale.
Si indica che un lavoratore, socio della lavanderia, è da poco arrivato sul posto di lavoro. Dopo qualche tempo, viene ritrovato a terra, ai piedi di una lavacentrifuga su cui era appoggiata una scala a pioli.
Non essendovi testimoni, è stato ricostruito l’evento, basandosi sui rilievi eseguiti.
Il lavoratore “era salito sulla lavacentrifuga mediante la scala a pioli in ferro trovata appoggiata alla macchina. Era sua consuetudine fare questa cosa in quanto sull'estradosso della macchina aveva posizionato delle ceste contenenti stracci puliti”.
È poi entrato “almeno con un piede all'interno della cesta (oltretutto munita di ruote), determinando la rottura del pannello di legno posto a sostituire il fondo rotto della cesta, con verosimile perdita d'equilibrio, rovesciamento della cesta e caduta al suolo da un'altezza di poco superiore” a 2 metri.
Il lavoratore è deceduto “per trauma cranico con frattura della teca cranica frontale e infossamento orbita dx”.
Nella scheda è rilevato un fattore causale:
- l'infortunato “entrava con i piedi in una cesta posta sulla sommità di una lavacentrifuga”.
Anche il secondo caso riguarda un evento incidentale in una lavanderia industriale.
Dopo lo scarico degli automezzi, i carrelli contenenti la biancheria sporca “sono inviati al piano superiore (ad altezza di 2,80 m) tramite una piattaforma elevatrice a pantografo sul soppalco”. Un operaio, dopo aver estratto i carrelli, “esegue una cernita manuale del materiale”.
Si indica che i comandi della piattaforma “sono esterni al vano, dotati di pedaliera uomo presente e dispositivo di arresto d’emergenza. Al piano terra la porta di accesso al vano della piattaforma è dotata di dispositivo di interblocco che ne consente l'apertura solo quando la piattaforma si trova al piano corrispondente”.
Tuttavia al piano soppalcato “la porta scorrevole di accesso al vano era priva del dispositivo di interblocco e nonostante la rimozione del sistema di protezione la macchina funzionava. Era dunque possibile lasciare/aprire il varco sia con la piattaforma in funzione che con la piattaforma posta a livello inferiore e lavorare sul soppalco con varco nel vuoto” ad altezza di 2,80 metri dal pianoterra.
Riguardo all’incidente una lavoratrice viene “rinvenuta entro il vano, sul pianale, a piano terra; a seguito della caduta riportava trauma cranico con ferita lacero contusa. L’infortunata ricorda solo di essere l'unica presente in quel settore dell'azienda e solo lei utilizzava la piattaforma (in quel momento)”.
Questo il fattore causale della scheda, già descritto nella dinamica dell’infortunio:
- “al piano soppalcato, la porta scorrevole di accesso al vano era priva del dispositivo di interblocco e nonostante la rimozione del sistema di protezione la macchina funzionava. Era dunque possibile lasciare/aprire il varco con la piattaforma in funzione”.
I rischi degli operatori delle lavanderie industriali
Il documento Inail descritto in apertura di articolo si sofferma su molti rischi cui possono essere esposti i lavoratori delle lavanderie industriali.
Ad esempio, si parla di rischio biologico, di rischio chimico, di movimentazione manuale dei carichi e di campi elettromagnetici. Vengono poi presi in considerazione anche l’assunzione di posture incongrue e i rischi correlati alle attività di manutenzione delle attrezzature di lavoro.
A titolo esemplificativo, pur in assenza di connessione con le dinamiche degli infortuni presentati, ci soffermiamo su quanto indicato dal documento sulla manutenzione delle attrezzature di lavoro e sui lavori in quota.
Si ricorda, infatti, che il d.lgs. 81/2008 prevede “sia come misura generale di tutela sia come misura specifica che il datore di lavoro sottoponga ‘i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi a regolare manutenzione tecnica affinché vengano eliminati i difetti che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori’ e definisce come attrezzatura di lavoro ‘qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro’”.
Chiaramente le attività di manutenzione possono esporre i lavoratori a varie tipologie di rischi.
Ad esempio:
- rischi di tipo fisico, “ad esempio, per esposizione a rumore o a vibrazioni, come accade durante l’utilizzo di utensili elettrici manuali”;
- rischi di tipo chimico, “ad esempio per esposizione ai fumi metallici o radiazione ultravioletta e visibile durante le operazioni di saldatura”;
- rischi di natura ergonomica, “legati allo spostamento di carichi pesanti o all’assunzione di posture scorrette per lunghi periodi di tempo, in ginocchio o con le mani sopra all’altezza delle spalle, come accade ad esempio durante le operazioni di manutenzione su parti non facilmente accessibili di una macchina, oppure quando si verifica la necessità di fare forza per manipolare parti di macchine o impianti”;
- rischi di esposizione ad agenti biologici, nel caso specifico delle lavanderie industriali, “laddove l’intervento di manutenzione è effettuato su macchine che eseguono il lavaggio e la sterilizzazione del materiale infetto proveniente dagli ospedali o dalle RSA”;
- rischi di natura psicosociale, “legati ad attività di manutenzione che richiedono il montaggio e il rimontaggio di macchine di tecnologia complessa o tempi di intervento ridotti per il rapido ripristino delle attività di produzione o lavori in spazi ristretti”.
Inoltre si ricorda che nel caso dei lavori svolti in quota “le attrezzature di lavoro, quali scale e piattaforme elevabili, devono rispondere ai requisiti previsti dal d.lgs. 81/08, Titolo IV, Capo II, artt. 111, 113 e all’allegato XX”. Ed è importante accertarsi che “anche i lavoratori delle ditte appaltatrici utilizzino per lavori in quota, quali ad esempio i lavori di manutenzione dei tetti dei capannoni, sistemi di protezione contro le cadute dall’alto, come guide o linee vita, installate a regola d’arte, regolarmente manutenute e soggette alle verifiche periodiche di cui all’allegato VII del d.lgs. 81/08”. E altresì importanti sono “l’esistenza e il rispetto delle procedure di sicurezza previste per l’accesso alle coperture e la formazione specifica dei lavoratori sull’utilizzo dei DPI anticaduta”.
Si indica poi che in considerazione che l’obiettivo delle attività di manutenzione è il “mantenimento nel tempo dei requisiti essenziali di sicurezza delle attrezzature di lavoro”, può essere utile “l’adozione di un sistema di gestione che pianifichi gli interventi di manutenzione ordinaria, verifichi le competenze del personale coinvolto nelle attività di manutenzione, programmi una formazione e informazione tale da garantire capacità professionali commisurate alle attività svolte e aggiornate in merito all’evoluzione tecnologica”.
Nel caso di lavori in quota nei quali si utilizzino scale portatili, “è molto importante effettuare un esame a vista della scala prima dell’utilizzo per accertare che nessun elemento sia mancante, che la scala appoggi su un supporto stabile, immobile e resistente, di dimensioni adeguate alla grandezza della scala, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli/gradini. Nel caso di scale composte da due o più elementi innestati l’uno sull’altro, è necessario verificare il fermo reciproco dei vari elementi e che nessun lavoratore si trovi sulla scala quando se ne effettua lo spostamento laterale. Una persona da terra dovrebbe esercitare una continua vigilanza sul lavoratore che utilizza la scala”.
Inoltre durante l’utilizzo “il lavoratore è tenuto a indossare scarpe atte a garantire un appoggio sicuro sui pioli/gradini e a verificare che nelle immediate vicinanze e in alto non ci siano pericoli, quali linee elettriche in tensione, parti elettriche non adeguatamente protette contro i contatti diretti e/o aperture nel vuoto (Amicucci et al., 2019)”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che presenta ulteriori indicazioni sui rischi e sulle misure di prevenzione nel comparto delle lavanderie industriali.
Tiziano Menduto
Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato – le schede di Infor.mo. 11010 e 15841 (archivio incidenti 2002/2022).
Scarica le schede da cui è tratto l'articolo:

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