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Il flop dell’assicurazione contro gli infortuni domestici

Istituita in Italia dalla Legge 493 del 1999 ed entrata in vigore il 1° marzo 2001, l’Assicurazione contro gli infortuni domestici, più comunemente conosciuta come “Assicurazione casalinghe”, era un vanto per il nostro Paese essendo stato il primo in Europa ad emanare una legge che equipara sostanzialmente il lavoro svolto per la cura della casa e del nucleo familiare, al lavoro “normale”, non solo dal punto di vista sociale ma anche economico, riconoscendone il diritto all’indennizzo in caso di infortunio.

La polizza, gestita dall’INAIL, era nata in pratica come assicurazione “grandi rischi” per la tutela dei pericoli presenti nell’ambiente domestico, tant’è che in origine prevedeva come indennizzo esclusivamente una rendita in caso di gravi inabilità permanenti di grado pari o superiore al 33% (corrispondente, ad esempio, alla perdita di un pollice o dell’avampiede).

La polizza, inoltre, è obbligatoria per le persone di età compresa tra i 18 e 67 anni e che, volontariamente e senza vincoli né remunerazione si dedicano, a tempo pieno, alle faccende di  casa.
Il tutto per la modica cifra di 24.000 lire annue (diventate poi 12,91 euro).

All’entrata in vigore, l’assicurazione iniziò a riscuotere un certo successo fino a raggiungere, come accennato, il top di 2,5 milioni di iscritti nel 2005; ma da allora in poi fu un’emorragia continua: 2,0 milioni nel 2009, 1,5 milioni nel 2012, 1 milione nel 2017, 920.000 nel 2018 ed infine il crollo a 600.000 nel 2020, proseguito nel 2021 (500.000) e nel 2022 con 463.000 assicurati. Si consideri che le casalinghe e i casalinghi rilevati dall’ISTAT sono circa 7 milioni e di questi almeno 4 milioni rientrano nella fascia di età assicurabile.

Dunque è evidente che qualcosa non ha funzionato e tuttora non funziona. Eppure l’INAIL aveva cercato di porre rimedio con una serie di interventi migliorativi: nel 2005 la tutela è stata estesa anche al “caso morte”; dal 1° gennaio 2007 il grado minimo di indennizzabilità è stato abbassato dal 33% al 27%;  ma la trasformazione più profonda si è avuta con la Legge di bilancio 2019 che, dal 1° gennaio dello stesso anno, ha innalzato l’età massima da 65 a 67 anni, ha abbassato il grado di inabilità per il diritto alla rendita dal 27% al 16%; ed infine, in conformità con l’assicurazione generale, ha previsto un indennizzo una tantum per i gradi di inabilità compresi tra il 6% e il 15% (un importo di appena 300 euro). 

Quest’ultimo intervento, pur se di ampia e rilevante portata, non sembra tuttavia aver risolto minimamente il problema anzi la perdita di assicurati si è ulteriormente accelerata: dal 2018 al 2022 si sono praticamente dimezzati (da 920.000 a 463.000). Ancora più intensa è stata la perdita nel già esiguo drappello di casalinghi, sceso dai 16.000 iscritti del 2018 ai 6.200 del 2022, passando dal 1,7% al 1,3% del totale degli iscritti. 
E, ad oggi, le prospettive sembrano tutt’altro che incoraggianti.

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La platea degli assicurati è composta, infatti, per quasi il 90% da persone con età superiore ai 50 anni e di queste circa 95.000 hanno un’età compresa tra i 65 e i 67 anni; il che significa che nel giro di 1/2 anni (in pratica già oggi) con l’uscita di queste classi anziane ci sarà un’ulteriore perdita di iscritti di almeno 100.000 unità. 

Non è difficile prevedere, pertanto, che nel 2023/2024 gli assicurati saranno (sono già) ancora meno di 400.000. Né c’è da sperare in un apporto provvidenziale da parte delle classi giovanili: le casalinghe/i della fascia di età 18-34 anni rappresentano appena lo 0,5% del totale, con appena 2.300 iscritti.

Anche gli infortuni domestici, seguendo un percorso pressoché analogo agli iscritti, si sono  quasi dimezzati nel corso dell’ultimo quinquennio, passando da circa 1.000 casi denunciati nel 2018 ai 590 del 2022; in particolare gli infortuni dei casalinghi sono scesi da 13 a 6.

I casi mortali, fortunatamente, si aggirano su una media di 2 casi l’anno: nel quinquennio 2018-2022 se ne sono verificati 10 di cui 2 vittime maschili.

Ma, tornando all’emorragia di assicurati, ci chiediamo cosa c’è che non va; qual è il motivo per cui non c’è un minimo di ricambio generazionale in questa forma di assicurazione che, pur essendo obbligatoria (ma senza previsione di sanzioni), non è mai risultata attrattiva soprattutto per le classi più giovanili? In pratica solo 1 casalinga su 10 si assicura.

Vero è che le ragazze di oggi, in buona parte diplomate o laureate, ambiscono ad un lavoro che sia appagante e adeguato alle loro aspettative, anziché fare la casalinga; ma è pure vero che noi dell’ANMIL, che per decenni ci siamo impegnati in questa battaglia, sembra che l’assicurazione casalinghe abbia smarrito, nel corso degli anni, la sua funzione sociale di tutela delle persone più fragili e maggiormente soggette a rischio di infortunio. 

Il Rapporto ISTAT dal titolo “Le casalinghe in Italia” rivela che le casalinghe di oltre 65 anni, superano i 3 milioni di unità pari al 40,9% del totale e vivono prevalentemente nel Centro-Sud (63,8%), mentre quelle fino a 34 anni sono soltanto l’8,5% (meno di 600.000). 

La politica dell’assicurazione INAIL in questo ambito, sembra invece andare in senso contrario non tenendo conto della specificità di questa particolare tipologia di utenti.

Molto bene quindi l’estensione della tutela al caso morte del 2005, così come l’abbassamento del grado minimo indennizzabile dal 33% al 27% stabilito nel 2007; ma le profonde innovazioni apportate dal 1° gennaio 2019 lasciano un pochino perplessi. 

Innanzitutto si è innalzata l’età assicurabile di soli 2 anni (fino a 67 anni), non tenendo conto che dalle più recenti rilevazioni ISTAT (relative al 2022) risulta che tra le casalinghe la categoria più colpita è proprio quella delle donne anziane, e l’età media delle casalinghe è compresa tra 60 e 65 anni e che il 42% delle donne morte per incidente domestico ha più di 60 anni. 

Inoltre si è voluto arricchire l’offerta indennitaria con una somma una tantum per i casi di inabilità meno gravi o addirittura lievi (fino al 15%), il che ha portato, per legittime esigenze di equilibrio finanziario, a raddoppiare il premio assicurativo. Sarà stata forse una coincidenza, ma da allora il calo degli iscritti si è trasformato in un rapido crollo verticale. 

Non si è praticamente tenuto conto del target dell’utenza potenziale di questo tipo di assicurazione rappresentato prevalentemente da casalinghe donne ed anziane.

Limitare l’accesso alle over 67 anni, appare quasi un controsenso, quando tutti noi siamo a conoscenza di donne di 68/70 anni ed oltre che sono perfettamente in grado di accudire alle cosiddette faccende domestiche. Non si dimentichi che il tenore di vita dell’epoca moderna ha fatto sì che l’età della vecchiaia si sia spostata ai 75 anni (fonte ISTAT).

Non sarebbe sbagliato, secondo noi, abolire del tutto il limite di età che attualmente non fa altro che espellere dall’assicurazione donne anziane ma ancora valide ed attive che svolgono le loro attività domestiche e sono quindi esposte al rischio di infortunio.

Un altro intervento, ancora più incisivo, potrebbe essere quello di abolire i vincoli di esclusività previsti dalla legge, aprendo le porte dell’assicurazione anche alle donne occupate che, notoriamente, oltre al lavoro fuori casa, dedicano molte ore della loro giornata agli impegni casalinghi: donne che praticamente svolgono un “doppio lavoro”.

Si tratta di iniziative che difficilmente troveranno ascolto da parte delle autorità competenti, ma che, secondo noi, potrebbero risollevare le sorti di questa gloriosa assicurazione che purtroppo sembra destinata ad una triste, lenta agonia.   

Franco D’Amico
(Coordinatore dei Servizi Statistico-Informativi ANMIL)

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Rispondi Autore: Giovanna Romiti - likes: 0
02/05/2024 (08:12:48)
Bravi che ve ne occupate. Il tema degli infortuni in casa sembra che non esista. E'forse perchè ci sono meno interessi economici correlati rispetto agli infortuni sul lavoro? Un po' cinica... è vero ma che altre spiegazioni avete? I morti per gli infortuni in casa sono 6 volte tanti quelli dei luoghi di lavoro. Sempre di cittadini italiani si tratta. In più non sono nemmeno pagate (la gran parte sono donne infatti).
Rispondi Autore: LucaVannucchi - likes: 0
02/05/2024 (16:55:27)
Che ci siano ancora 4ML di casalinghe a me pare un dato enorme, forse sono diffuse al sud, qui toscana specialmente nelle citta e paesi limitrofi trovare casalinghe a tempo pieno credo sia una rarità, si lavora marito e moglie, casalinghe/ghi part time tanti, ma a tempo pieno ma dove. Le donne giustamente vogliono la loro indipendenza economica, e lavorano a tempo pieno o part time. Secondo me sono da rivedere i dati e soprattutto la diffusione.

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