Una banca dati dei germi resistenti agli antibiotici
Identificati e classificati in una banca dati nazionale, la prima del genere in Europa, tutti i batteri che causano gravi infezioni e che sono resistenti agli antibiotici.
I dati sono ora a disposizione di tutti gli operatori sanitari italiani, grazie al progetto “Patologie Gravi e Farmacoresistenza”, coordinato dall’ISS e co-finanziato dal Ministero della Salute e da una azienda farmaceutica italiana.
Lo studio, che ha isolato circa 6000 ceppi batterici studiandone lo spettro di suscettibilità agli antibiotici, ha evidenziato che oltre un quarto dei batteri che causano infezioni quali setticemie, polmoniti, endocarditi, ascessi profondi e infezioni chirurgiche, sono resistenti ad uno o più antibiotici usati per curare tali malattie. In alcuni batteri, che molto di frequente sono causa di infezioni, quali lo Stafilococco, la resistenza alle penicilline ha raggiunto la soglia dell’80 per cento, mentre nei reparti di terapia intensiva le resistenze agli antibiotici hanno superato il 90 per cento.
Secondo gli esperti, la resistenza agli antibiotici è una delle più gravi minacce alla salute pubblica oggi esistenti.
Il fenomeno dell’antibiotico resistenza ha assunto anche nel nostro Paese una consistenza e una diffusione allarmanti perché aumenta la mortalità dei pazienti ospedalizzati.
“Per alcune infezioni dovute a germi multiresistenti come, per esempio, lo Stafilococco, la morbilità può essere addirittura raddoppiata” – afferma Antonio Cassone, coordinatore del progetto e Direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’ISS – “Questa banca quindi, oltre a fornire informazioni assai rilevanti dal punto di vista scientifico sulle patologie infettive gravi e le loro cause offre anche informazioni utili immediatamente utilizzabili e disponibile per la pratica clinica quotidiana. […]Ogni operatore sanitario, ogni ospedale, e soprattutto ogni terapia intensiva può da adesso disporre di dati che gli consentono di conoscere i germi più comunemente causa di infezioni gravi nel proprio ospedale e di mirare la scelta di una corretta terapia antibiotica”.
In occasione della presentazione dello studio è stata sottolineato inoltre un importante aspetto che coinvolge l’intera popolazione.
La sanità pubblica dovrebbe incoraggiare tutte le forme di educazione al corretto uso degli antibiotici anche per i cittadini nella consapevolezza che “gli antibiotici, a differenza degli altri farmaci, non sono farmaci “individuali”, bensì “societari”, nel senso che l’uso nel singolo paziente influenza profondamente ciò che può succedere nella collettività in cui vive: la famiglia, l’ospedale, la comunità”.
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