Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione
Roma, 8 Ott – Il D.Lgs. 231/2001 introduce la responsabilità amministrativa per le aziende derivante da uno o più illeciti conseguenti alla commissione di un reato. E l’ente può essere ritenuto responsabile – con il rischio di sanzioni che colpiscono il patrimonio, l’immagine e l’attività - se, prima della commissione del reato da parte di un soggetto ad esso funzionalmente collegato, non ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a evitare reati della specie di quello verificatosi.
Proprio perché le imprese e le associazioni sono i principali destinatari della disciplina contenuta nel decreto 231, da diversi anni Confindustria ha elaborato Linee Guida in grado di offrire alle imprese, che abbiano scelto di adottare un modello di organizzazione e gestione, una serie di indicazioni e misure che, almeno sul piano metodologico, orientino le imprese nella realizzazione di tali modelli.
Queste Linee guida di Confindustria, dal titolo “Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo. Ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”, sono state aggiornate (marzo 2014) con un “ampio e approfondito lavoro di riesame”.
Divisa sempre in due parti (una Parte Generale ed una Parte Speciale dedicata all'approfondimento dei reati presupposto attraverso appositi case study) la nuova versione non solo adegua il precedente testo del 2008 alle novità legislative, giurisprudenziali e della prassi applicativa, ma aggiunge anche nuovi capitoli al documento.
Queste sono le principali modifiche e integrazioni della Parte generale:
- nuovo capitolo sui lineamenti della responsabilità da reato;
- nuovo capitolo sulla responsabilità da reato nei gruppi di imprese;
- tabella di sintesi dei reati presupposto;
- sistema disciplinare e i meccanismi sanzionatori;
- organismo di vigilanza, con particolare riferimento alla sua composizione.
Inoltre la Parte speciale è stata oggetto di una consistente rivisitazione, volta non soltanto – come indicato sul sito di Confindustria - a “trattare le nuove fattispecie di reato presupposto, ma anche a introdurre un metodo di analisi schematico e di più facile fruibilità per gli operatori interessati”.
E, come già avvenuto per le precedenti versioni, il documento è stato sottoposto al vaglio del Ministero della Giustizia che il 21 luglio 2014 ne ha comunicato l’approvazione, con riferimento a quanto indicato nell'art. 6 del D. Lgs. 231/2001.
Art. 6. Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente (...) 3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati. (...) |
Per dare qualche dettaglio delle novità del nuovo documento ci soffermiamo sui lineamenti della responsabilità da reato dell’ente.
In particolare nel capitolo, per offrire alle imprese una visione più chiara dei presupposti e delle conseguenze dell’illecito dell’ente, “sono individuati gli elementi essenziali del sistema di responsabilità delineato dal decreto 231” ed è presente una dettagliata tabella che individua sinteticamente i reati-presupposto e le sanzioni pecuniarie e interdittive previste per la responsabilità dell’ente.
Prima di concludere la presentazione della nuova versione del documento, rimandando il lettore ad eventuali futuri approfondimenti, rispondiamo alla domanda “chi è destinatario della responsabilità da reato”?
Le linee guida ricordano che il decreto 231 indica come destinatari ‘gli enti forniti di personalità giuridica, le società fornite di personalità giuridica e le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica’. (art. 1, comma 2).
La disciplina non si applica ‘allo Stato, agli enti pubblici-territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonche agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale” (art. 1, comma 3).
E “alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale, nella platea dei destinatari del decreto figurano anche società di diritto privato che esercitino un pubblico servizio - per esempio in base a un rapporto concessorio - e società controllate da pubbliche amministrazioni. In particolare, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 28699 del 2010 hanno ritenuto le s.p.a. a partecipazione mista pubblico-privata soggette al decreto 231. Infatti, considerata la forma societaria, esse sono qualificate come enti a carattere economico che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale, ma al più intercettano nella loro attività valori di rango costituzionale”.
Al contrario – continua il documento – è stato “superato il tentativo di includere le imprese individuali tra i destinatari della disciplina della responsabilità da reato degli enti. La più recente giurisprudenza di legittimità ha infatti confermato che il decreto 231 può applicarsi solo ai soggetti collettivi (Cass., VI sez. pen., 30085/2012)”.
Concludiamo riportando l’indice del documento:
Introduzione
I. I lineamenti della responsabilità da reato dell’ente
II. Individuazione dei rischi e protocolli
1. Premessa
2. La definizione di "rischio accettabile": premessa per la costruzione di un sistema di controllo preventivo
3. Passi operativi per la realizzazione di un sistema di gestione del rischio
4. I principi di controllo
III. Codice etico (o di comportamento) e sistema disciplinare
1. Premessa
2. Contenuti minimi del Codice etico in relazione ai reati dolosi
3. Contenuti minimi del Codice etico in relazione ai reati colposi
4. Sistema disciplinare e meccanismi sanzionatori
IV. L’Organismo di Vigilanza
1. Premessa
2. Individuazione dell’Organismo di vigilanza
2.1. Composizione dell’Organismo di vigilanza
2.2. Compiti, requisiti e poteri dell’Organismo di vigilanza
2.3. Utilizzo di strutture aziendali di controllo esistenti o costituzione di un organismo ad hoc
2.3.1. L’articolo 6, comma 4-bis: la devoluzione delle funzioni di Organismo di vigilanza al Collegio Sindacale
2.3.2. L’attribuzione del ruolo di Organismo di vigilanza al Comitato Controllo e rischi
2.3.3. La compatibilità tra il ruolo di Internal Audit e le funzioni di Organismo di vigilanza
2.3.4. L’istituzione di un Organismo di vigilanza ad hoc
3. Obblighi di informazione dell’Organismo di vigilanza
4. Profili penali della responsabilità dell’Organismo di vigilanza
V. La responsabilità da reato nei gruppi di imprese
1. Premessa
2. La non configurabilità di una responsabilità da reato del gruppo
3. La responsabilità della holding per il reato commesso dalla controllata
4. L’adozione di Modelli organizzativi idonei a prevenire reati-presupposto della responsabilità da reato nel contesto dei gruppi
5. Le peculiarità della responsabilità 231 nei gruppi transnazionali
VI. Modelli organizzativi e soglie dimensionali: una chiave di lettura per le piccole imprese
1. Premessa
2. Individuazione dei rischi e protocolli
3. Codice etico (o di comportamento) e sistema disciplinare
4. L’Organismo di vigilanza
Appendice – Case study (Parte Speciale)
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.