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D.Lgs. 231/2001: l’efficacia esimente dei modelli organizzativi
Milano, 20 Giu – L’Ente va esente da responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 quando coloro che hanno commesso uno dei cd. reati presupposto, hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Il D.Lgs. 231/2001, nell’ottica di una incentivazione e sensibilizzazione di una cultura aziendale improntata alla prevenzione del rischio di reati, prevede per l’ente una sorta di esonero dalla responsabilità qualora, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, dimostri una serie di condizioni tra cui, in particolare, l’adozione ed efficace attuazione di modelli 231 di
(a)organizzazione,
(b)gestione e
(c)controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (i c.d. compliance programs statunitensi [1]) e
(d) la creazione di un organo interno dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo” per verificare il funzionamento, la corretta ed effettiva attuazione e l’aggiornamento di detti modelli (art. 6 D.Lgs. 231/2001 - il cosiddetto OdV-Organismo di vigilanza 231).
Dunque l’Ente deve aver adottato (formalmente, con delibera del CdA) ed efficacemente attuato (adottando procedure e sistema disciplinare, individuando OdV, formando il personale e gli altri destinatari del modello 231 e elaborando e applicando il codice etico comportamentale, eventualmente e preferibilmente adottando sistemi di gestione certificabili, e magari certificati, praticando audit e controlli a campione e a sorpresa sul rispetto delle procedure gestionali e operative) un Modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire reati della medesima specie di quello in concreto verificatosi.
Il regime è differente a seconda che il reato sia stato commesso:
a) da un soggetto in posizione apicale (art. 6 D.Lgs. 231/01), nel qual caso l'onere della prova dell'idoneità ed efficacia del modello organizzativo è attribuito all'ente;
b) da un soggetto in posizione subordinata (art. 7 D.Lgs. 231/01), nel qual caso l'onere della prova è attribuito all'accusa.
Indubbiamente la posizione difensiva dell’Ente è, astrattamente, più agevole se il reato è commesso dai sottoposti. Anche se in realtà è più frequente la circostanza in cui i reati sono commessi dai soggetti apicali, magari proprio affidando incongruamente incarichi a soggetti sottoposti privi di adeguata idoneità tecnico-professionale.
Nell'ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti aventi posizione apicale che, di certo, non agivano nell'interesse esclusivo proprio o di terzi, l'ente deve senz'altro rispondere a meno che – con riferimento all’articolo 6 D.Lgs. 231/01 citato - non fornisca la prova di avere adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (cfr., Cass. pen., sez. VI, 9.7.2009 n. 36083).
Per quel che riguarda la compatibilità della elusione fraudolenta delle misure con la imputazione colposa dei reati-presupposto di cui agli art. 589 (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose gravi o gravissime), va innanzitutto evidenziato che questo aspetto in ogni caso mette in evidenza che il modello deve essere conformato e strutturato in maniera tale da renderne assai difficile l'elusione.
La misura che costituisce la conditio sine qua non per la contestazione dell'imputazione colposa non coincide con l’adozione del comportamento prescritto dalla legge (norma antinfortunistica), ma è costruita in modo da orientare concretamente il soggetto – salvo che esso non eluda il controllo – all’adozione di quel comportamento, attraverso il rispetto preliminare e preventivo di procedure gestionali e operative, di istruzioni operative e quant'altro serva a garantire una gestione sicura, salubre e a regola d'arte della sicurezza durante tutto lo svolgimento dell'attività intrapresa ovunque ed in qualunque contesto territoriale dall'azienda.
Occorre osservare quanto segue:
- la violazione della misura di prevenzione prevista dal modello e dalle procedure dell'ente può non comportare necessariamente la violazione della norma di legge, ma essere in ogni caso un campanello d'allarme, un evento sentinella che segnala il venir meno del rispetto delle regole, il crearsi di un clima di disaffezione all'azione organizzata e coordinata che può condurre poi sul piano inclinato che porta a violare in futuro anche le norme di legge;
- la violazione della misura di prevenzione prevista dal modello e dalle procedure dell'ente può comportare la violazione della norma di legge, ma questa non determinare necessariamente, secondo le regole del nesso di causalità, il verificarsi dell’evento morte/lesioni che è il solo, in quanto violazione degli articoli 589 e 590 del codice penale, a comportare la responsabilità 231 dell'ente;
- la coscienza e volontà di eludere una misura e la norma correlata non necessariamente si traducono nella coscienza e volontà di determinare il verificarsi dell’evento morte/lesioni, il che comunque non comporta affatto il venir meno della responsabilità prevista dal codice penale, che è appunto colposa, ovvero non intenzionale, ne tanto meno quella dell'ente, che è basata sulla colpa organizzativa, che di manifesta anche nella mancanza di azioni adeguate per prevenire comportamenti volontari di disaffezione procedurale.
Rolando Dubini, avvocato in Milano
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: franco micozzi - likes: 0 | 20/06/2013 (07:37:21) |
sempre preciso e chiaro l'avvocato dubini,saluti |