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Sulla scorretta applicazione del D. Lgs. n. 758/1994
Commento a cura di G. Porreca.
Siamo ormai a più di diciassette anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. 19/12/1994 n. 758 sull’introduzione delle modifiche arrecate alla disciplina sanzionatoria in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro e lo stesso continua ancora a far parlare di sé e ad essere oggetto di continue sentenze da parte della Corte di Cassazione che ancora una volta in questa sentenza evidenzia una non corretta sua applicazione nell’ambito dei giudizi di primo e secondo grado.
Se il contravventore di una norma in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro non è stato ammesso al pagamento della sanzione in misura ridotta, pur sussistendo le condizioni previste dal citato D. Lgs. n. 758/1994, e di conseguenza lo stesso non è stato messo in condizione di esercitare la facoltà di accedere, anche se tardivamente, al pagamento stesso e quindi alla successiva oblazione in fase amministrativa, la sentenza emessa nei suoi confronti è da ritenersi nulla. Nel caso particolare gli atti del procedimento penale sono stati rinviati al Tribunale di provenienza affinché questi verificasse i termini della vicenda amministrativa ed in particolare se l’imputato fosse stato messo in condizione di accedere all’oblazione.
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La contravvenzione e il ricorso in Cassazione
Il responsabile legale di una azienda ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa da un Tribunale che lo aveva condannato alla pena di euro 1000 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali per il reato di cui all’articolo 8, comma 1 e 5, del D. P. R. n. 547 del 1955, per non aver provveduto affinché i pavimenti ed i passaggi obbligati presso il reparto assemblaggio della stabilimento non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza. L'imputato veniva invece assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'articolo 590 per l'incidente occorso ad una lavoratrice dipendente della società investita in retromarcia da un carrello e dalla contravvenzione di cui all’art. 224 del D.P.R. n. 547/1955 contestata per non aver provveduto affinché nell'area destinata al reparto assemblaggio davanti alle vie pedonali che immettevano direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici fossero disposte barriere atte ad evitare possibili investimenti ovvero adeguate segnalazioni al fine di permettere ai pedoni di circolare in sicurezza rispetto alle zone di transito e di carico scarico dei mezzi.
Nel ricorso l’imputato ha sostenuto una erronea applicazione della legge con riferimento all’art. 8 comma 5 del D. P. R. n. 547/1955 sul rilievo che la contravvenzione de qua non riguardi l'ipotesi in cui le vie di transito dei carrelli siano completamente invase da materiale in lavorazione trattandosi di spostamenti momentanei necessitati dalla lavorazione stessa ed ha evidenziato altresì una erronea applicazione del D. Lgs. n. 758/1994 avendo lo stesso ricorrente adempiuto alle prescrizioni come accertato in sede di sopralluogo dall'ispettorato del lavoro.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La stessa nel premettere che le condotte contestate nel caso in esame benché facessero riferimento agli adempimenti del D.P.R. n. 547/1955, sono previste attualmente come illecito penale anche dagli articoli 63, 64, 68 al D. Lgs. n. 81/2008, che richiamano, in particolare, anche la disciplina contenuta nell'allegato 4 punto 1.4 dello stesso decreto legislativo, per cui l'abrogazione del D. P. R. n. 547/1955 non aveva quindi effetto sulla contestazione stante l'evidente continuità normativa con le disposizioni del Decreto Legislativo n. 81/2008, ha messo in evidenza il mancato accesso nel caso in esame del contravventore alla oblazione. Dall'esame del verbale di ispezione è emerso che benché il contravventore avesse ottemperato alla prescrizione impartitagli lo stesso non era stato ammesso all’oblazione. Il contravventore, infatti, aveva provveduto affinché i pavimenti di passaggi ubicati presso il reparto assemblaggio dello stabilimento non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza.
“Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente Decreto” ha sostenuto la Sez. III, ”nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui all'articolo 20 e segg., Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758” per cui giusta è stata considerata la doglianza del ricorrente di non essere stato messo nelle condizioni di operare il pagamento della somma ridotta tenendo presente peraltro che anche l'adempimento tardivo avrebbe avuto comunque rilevanza in quanto l’articolo 24, comma 3, del D. Lgs. n. 758/1994, stabilisce che l'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'articolo 162 bis c.p. ed in tal caso la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
La suprema Corte ha quindi annullata la sentenza di condanna con rinvio al Tribunale di provenienza al fine di “consentire un corretto esame che consenta di ricostruire con esattezza sul piano fattuale i termini della vicenda amministrativa, verificando se il ricorrente sia stato posto effettivamente in condizione di procedere all'oblazione”.
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